about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books
1.1Oh famelice, inique e fiere arpie
1.2ch'all'accecata Italia e d'error piena,
1.3per punir forse antique colpe rie,
1.4in ogni mensa alto giudicio mena!
1.5Innocenti fanciulli e madri pie
1.6cascan di fame, e veggon ch'una cena
1.7di questi mostri rei tutto divora
1.8ciò che del viver lor sostegno fôra.
2.1Troppo fallò chi le spelonche aperse,
2.2che già molt'anni erano state chiuse;
2.3onde il fetore e l'ingordigia emerse,
2.4ch'ad ammorbare Italia si diffuse.
2.5Il bel vivere allora si summerse;
2.6e la quiete in tal modo s'escluse,
2.7ch'in guerre, in povertà sempre e in affanni
2.8è dopo stata, et è per star molt'anni:
3.1fin ch'ella un giorno ai neghitosi figli
3.2scuota la chioma, e cacci fuor di Lete,
3.3gridando lor: - Non fia chi rassimigli
3.4alla virtù di Calai e di Zete?
3.5che le mense dal puzzo e dagli artigli
3.6liberi, e torni a lor mondizia liete,
3.7come essi già quelle di Fineo, e dopo
3.8fe' il paladin quelle del re etiopo. -
4.1Il paladin col suono orribil venne
4.2le brutte arpie cacciando in fuga e in rotta,
4.3tanto ch'a piè d'un monte si ritenne,
4.4ove esse erano entrate in una grotta.
4.5L'orecchie attente allo spiraglio tenne,
4.6e l'aria ne sentì percossa e rotta
4.7da pianti e d'urli e da lamento eterno:
4.8segno evidente quivi esser lo 'nferno.
5.1Astolfo si pensò d'entrarvi dentro,
5.2e veder quei c'hanno perduto il giorno,
5.3e penetrar la terra fin al centro,
5.4e le bolgie infernal cercare intorno.
5.5- Di che debbo temer (dicea) s'io v'entro,
5.6che mi posso aiutar sempre col corno?
5.7Farò fuggir Plutone e Satanasso,
5.8e 'l can trifauce leverò dal passo. -
6.1De l'alato destrier presto discese,
6.2e lo lasciò legato a un arbuscello;
6.3poi si calò ne l'antro; e prima prese
6.4il corno, avendo ogni sua speme in quello.
6.5Non andò molto inanzi, che gli offese
6.6il naso e gli occhi un fumo oscuro e fello,
6.7più che di pece grave e che di zolfo:
6.8non sta d'andar per questo inanzi Astolfo.
7.1Ma quanto va più inanzi, più s'ingrossa
7.2il fumo e la caligine, e gli pare
7.3ch'andare inanzi più troppo non possa;
7.4che sarà forza a dietro ritornare.
7.5Ecco, non sa che sia, vede far mossa
7.6da la volta di sopra, come fare
7.7il cadavero appeso al vento suole,
7.8che molti dì sia stato all'acqua e al sole.
8.1Sì poco, e quasi nulla era di luce
8.2in quella affumicata e nera strada,
8.3che non comprende e non discerne il duce
8.4chi questo sia che sì per l'aria vada;
8.5e per notizia averne si conduce
8.6a dargli uno o duo colpi de la spada.
8.7Stima poi ch'uno spirto esser quel debbia;
8.8che gli par di ferir sopra la nebbia.
9.1Allor sentì parlar con voce mesta:
9.2- Deh, senza fare altrui danno, giù cala!
9.3Pur troppo il negro fumo mi molesta,
9.4che dal fuoco infernal qui tutto esala. -
9.5Il duca stupefatto allor s'arresta,
9.6e dice all'ombra: - Se Dio tronchi ogni ala
9.7al fumo, sì ch'a te più non ascenda,
9.8non ti dispiaccia che 'l tuo stato intenda.
10.1E se vuoi che di te porti novella
10.2nel mondo su, per satisfarti sono. -
10.3L'ombra rispose: - Alla luce alma e bella
10.4tornar per fama ancor sì mi par buono,
10.5che le parole è forza che mi svella
10.6il gran desir c'ho d'aver poi tal dono,
10.7e che 'l mio nome e l'esser mio ti dica,
10.8ben che 'l parlar mi sia noia e fatica. -
11.1E cominciò: - Signor, Lidia sono io,
11.2del re di Lidia in grande altezza nata,
11.3qui dal giudicio altissimo di Dio
11.4al fumo eternamente condannata,
11.5per esser stata al fido amante mio,
11.6mentre io vissi, spiacevole et ingrata.
11.7D'altre infinite è questa grotta piena,
11.8poste per simil fallo in simil pena.
12.1Sta la cruda Anassarete più al basso,
12.2ove è maggiore il fumo e più martìre.
12.3Restò converso al mondo il corpo in sasso,
12.4e l'anima qua giù venne a patire,
12.5poi che veder per lei l'afflitto e lasso
12.6suo amante appeso poté sofferire.
12.7Qui presso è Dafne, ch'or s'avvede quanto
12.8errasse a fare Apollo correr tanto.
13.1Lungo saria se gl'infelici spirti
13.2de le femine ingrate, che qui stanno,
13.3volesse ad uno ad uno riferirti;
13.4che tanti son, ch'in infinito vanno.
13.5Più lungo ancor saria gli uomini dirti,
13.6a' quai l'essere ingrato ha fatto danno,
13.7e che puniti sono in peggior loco,
13.8ove il fumo gli accieca, e cuoce il fuoco.
14.1Perché le donne più facili e prone
14.2a creder son, di più supplicio è degno
14.3chi lor fa inganno. Il sa Teseo e Iasone
14.4e chi turbò a Latin l'antiquo regno;
14.5sallo ch'incontra sé il frate Absalone
14.6per Tamar trasse a sanguinoso sdegno;
14.7et altri et altre: che sono infiniti,
14.8che lasciato han chi moglie e chi mariti.
15.1Ma per narrar di me più che d'altrui,
15.2e palesar l'error che qui mi trasse,
15.3bella, ma altiera più, sì in vita fui,
15.4che non so s'altra mai mi s'aguagliasse:
15.5né ti saprei ben dir, di questi dui,
15.6s'in me l'orgoglio o la beltà avanzasse;
15.7quantunque il fasto e l'alterezza nacque
15.8da la beltà ch'a tutti gli occhi piacque.
16.1Era in quel tempo in Tracia un cavalliero
16.2estimato il miglior del mondo in arme,
16.3il qual da più d'un testimonio vero
16.4di singular beltà sentì lodarme;
16.5tal che spontaneamente fe' pensiero
16.6di volere il suo amor tutto donarme,
16.7stimando meritar per suo valore,
16.8che caro aver di lui dovessi il core.
17.1In Lidia venne; e d'un laccio più forte
17.2vinto restò, poi che veduta m'ebbe.
17.3Con gli altri cavallier si messe in corte
17.4del padre mio, dove in gran fama crebbe.
17.5L'alto valore e le più d'una sorte
17.6prodezze che mostrò, lungo sarebbe
17.7a raccontarti, e il suo merto infinito,
17.8quando egli avesse a più grato uom servito.
18.1Panfilia e Caria e il regno de' Cilici
18.2per opra di costui mio padre vinse;
18.3che l'esercito mai contra i nimici,
18.4se non quanto volea costui, non spinse.
18.5Costui, poi che gli parve i benefici
18.6suoi meritarlo, un dì col re si strinse
18.7a domandargli in premio de le spoglie
18.8tante arrecate, ch'io fossi sua moglie.
19.1Fu repulso dal re, ch'in grande stato
19.2maritar disegnava la figliuola,
19.3non a costui che cavallier privato
19.4altro non tien che la virtude sola:
19.5e 'l padre mio troppo al guadagno dato,
19.6e all'avarizia, d'ogni vizio scuola,
19.7tanto apprezza costumi, o virtù ammira,
19.8quanto l'asino fa il suon de la lira.
20.1Alceste, il cavallier di ch'io ti parlo
20.2(che così nome avea), poi che si vede
20.3repulso da chi più gratificarlo
20.4era più debitor, commiato chiede;
20.5e lo minaccia, nel partir, di farlo
20.6pentir che la figliuola non gli diede.
20.7Se n'andò al re d'Armenia, emulo antico
20.8del re di Lidia e capital nimico;
21.1e tanto stimulò, che lo dispose
21.2a pigliar l'arme e far guerra a mio padre.
21.3Esso per l'opre sue chiare e famose
21.4fu fatto capitan di quelle squadre.
21.5Pel re d'Armenia tutte l'altre cose
21.6disse ch'acquisteria: sol le leggiadre
21.7e belle membra mie volea per frutto
21.8de l'opra sua, vinto ch'avesse il tutto.
22.1Io non ti potre' esprimere il gran danno
22.2ch'Alceste al padre mio fa in quella guerra.
22.3Quattro eserciti rompe, e in men d'un anno
22.4lo mena a tal, che non gli lascia terra,
22.5fuor ch'un castel ch'alte pendici fanno
22.6fortissimo; e là dentro il re si serra
22.7con la famiglia che più gli era accetta,
22.8e col tesor che trar vi puote in fretta.
23.1Quivi assedionne Alceste; et in non molto
23.2termine a tal disperazion ne trasse,
23.3che per buon patto avria mio padre tolto
23.4che moglie e serva ancor me gli lasciasse
23.5con la metà del regno, s'indi assolto
23.6restar d'ogni altro danno si sperasse.
23.7Vedersi in breve de l'avanzo privo
23.8era ben certo, e poi morir captivo.
24.1Tentar, prima ch'accada, si dispone
24.2ogni rimedio che possibil sia;
24.3e me, che d'ogni male era cagione,
24.4fuor de la ròcca, ov'era Alceste invia.
24.5Io vo ad Alceste con intenzione
24.6di dargli in preda la persona mia,
24.7e pregar che la parte che vuol tolga
24.8del regno nostro, e l'ira in pace volga.
25.1Come ode Alceste ch'io vo a ritrovarlo,
25.2mi viene incontra pallido e tremante:
25.3di vinto e di prigione, a riguardarlo,
25.4più che di vincitore, have sembiante.
25.5Io che conosco ch'arde, non gli parlo
25.6sì come avea già disegnato inante:
25.7vista l'occasion, fo pensier nuovo
25.8conveniente al grado in ch'io lo trovo.
26.1A maledir comincio l'amor d'esso,
26.2e di sua crudeltà troppo a dolermi,
26.3ch'iniquamente abbia mio padre oppresso,
26.4e che per forza abbia cercato avermi;
26.5che con più grazia gli saria successo
26.6indi a non molti dì, se tener fermi
26.7saputo avesse i modi cominciati,
26.8ch'al re et a tutti noi sì furon grati.
27.1E se ben da principio il padre mio
27.2gli avea negata la domanda onesta
27.3(però che di natura è un poco rio,
27.4né mai si piega alla prima richiesta),
27.5farsi per ciò di ben servir restio
27.6non doveva egli, e aver l'ira sì presta;
27.7anzi, ognor meglio oprando, tener certo
27.8venire in breve al desiato merto.
28.1E quando anco mio padre a lui ritroso
28.2stato fosse, io l'avrei tanto pregato,
28.3ch'avria l'amante mio fatto mio sposo.
28.4Pur, se veduto io l'avessi ostinato,
28.5avrei fatto tal opra di nascoso,
28.6che di me Alceste si saria lodato.
28.7Ma poi ch'a lui tentar parve altro modo,
28.8io di mai non l'amar fisso avea il chiodo.
29.1E se ben era a lui venuta, mossa
29.2da la pietà ch'al mio padre portava,
29.3sia certo che non molto fruir possa
29.4il piacer ch'al dispetto mio gli dava;
29.5ch'era per far di me la terra rossa,
29.6tosto ch'io avessi alla sua voglia prava
29.7con questa mia persona satisfatto
29.8di quel che tutto a forza saria fatto.
30.1Queste parole e simili altre usai,
30.2poi che potere in lui mi vidi tanto;
30.3e 'l più pentito lo rendei, che mai
30.4si trovasse ne l'eremo alcun santo.
30.5Mi cadde a' piedi, e supplicommi assai,
30.6che col coltel che si levò da canto
30.7(e volea in ogni modo ch'io 'l pigliassi)
30.8di tanto fallo suo mi vendicassi.
31.1Poi ch'io lo trovo tale, io fo disegno
31.2la gran vittoria insin al fin seguire:
31.3gli do speranza di farlo anco degno
31.4che la persona mia potrà fruire,
31.5s'emendando il suo error, l'antiquo regno
31.6al padre mio farà restituire;
31.7e nel tempo a venir vorrà acquistarme
31.8servendo, amando, e non mai più per arme.
32.1Così far mi promesse, e ne la ròcca
32.2intatta mi mandò, come a lui venni,
32.3né di baciarmi pur s'ardì la bocca:
32.4vedi s'al collo il giogo ben gli tenni;
32.5vedi se bene Amor per me lo tocca,
32.6se convien che per lui più strali impenni.
32.7Al re d'Armenia andò, di cui dovea
32.8esser per patto ciò che si prendea:
33.1e con quel miglior modo ch'usar puote,
33.2lo priega ch'al mio padre il regno lassi,
33.3del qual le terre ha depredate e vòte,
33.4et a goder l'antiqua Armenia passi.
33.5Quel re, d'ira infiammando ambe le gote,
33.6disse ad Alceste che non vi pensassi;
33.7che non si volea tor da quella guerra,
33.8fin che mio padre avea palmo di terra.
34.1E s'Alceste è mutato alle parole
34.2d'una vil feminella, abbiasi il danno.
34.3Già a' prieghi esso di lui perder non vuole
34.4quel ch'a fatica ha preso in tutto un anno.
34.5Di nuovo Alceste il priega, e poi si duole
34.6che seco effetto i prieghi suoi non fanno.
34.7All'ultimo s'adira, e lo minaccia
34.8che vuol, per forza o per amor, lo faccia.
35.1L'ira multiplicò sì, che li spinse
35.2da le male parole ai peggior fatti.
35.3Alceste contra il re la spada strinse
35.4fra mille ch'in suo aiuto s'eran tratti,
35.5e mal grado lor tutti, ivi l'estinse;
35.6e quel dì ancor gli Armeni ebbe disfatti,
35.7con l'aiuto de' Cilici e de' Traci
35.8che pagava egli, e d'altri suoi seguaci.
36.1Seguitò la vittoria, et a sue spese,
36.2senza dispendio alcun del padre mio,
36.3ne rendé tutto il regno in men d'un mese.
36.4Poi per ricompensarne il danno rio,
36.5oltr'alle spoglie che ne diede, prese
36.6in parte, e gravò in parte di gran fio
36.7Armenia e Capadocia che confina,
36.8e scórse Ircania fin su la marina.
37.1In luogo di trionfo, al suo ritorno,
37.2facemmo noi pensier dargli la morte.
37.3Restammo poi, per non ricever scorno;
37.4che lo veggiàn troppo d'amici forte.
37.5Fingo d'amarlo, e più di giorno in giorno
37.6gli do speranza d'essergli consorte;
37.7ma prima contra altri nimici nostri
37.8dico voler che sua virtù dimostri.
38.1E quando sol, quando con poca gente
38.2lo mando a strane imprese e perigliose,
38.3da farne morir mille agevolmente:
38.4ma lui successer ben tutte le cose;
38.5che tornò con vittoria, e fu sovente
38.6con orribil persone e monstruose,
38.7con Giganti a battaglia e Lestrigoni,
38.8ch'erano infesti a nostre regioni.
39.1Non fu da Euristeo mai, non fu mai tanto
39.2da la matrigna esercitato Alcide
39.3in Lerna, in Nemea, in Tracia, in Erimanto,
39.4alle valli d'Etolia, alle Numide,
39.5sul Tevre, su l'Ibero e altrove; quanto
39.6con prieghi finti e con voglie omicide
39.7esercitato fu da me il mio amante,
39.8cercando io pur di torlomi davante.
40.1Né potendo venire al primo intento,
40.2vengone ad un di non minore effetto:
40.3gli fo quei tutti ingiuriar, ch'io sento
40.4che per lui sono, e a tutti in odio il metto.
40.5Egli che non sentia maggior contento
40.6che d'ubbidirmi, senza alcun rispetto
40.7le mani ai cenni miei sempre avea pronte,
40.8senza guardare un più d'un altro in fronte.
41.1Poi che mi fu, per questo mezzo, aviso
41.2spento aver del mio padre ogni nimico,
41.3e per lui stesso Alceste aver conquiso,
41.4che non si avea, per noi, lasciato amico;
41.5quel ch'io gli avea con simulato viso
41.6celato fin allor, chiaro gli esplìco:
41.7che grave e capitale odio gli porto,
41.8e pur tuttavia cerco che sia morto.
42.1Considerando poi, s'io lo facessi,
42.2ch'in publica ignominia ne verrei
42.3(sapeasi troppo quanto io gli dovessi,
42.4e crudel detta sempre ne sarei),
42.5mi parve fare assai ch'io gli togliessi
42.6di mai venir più inanzi agli occhi miei.
42.7Né veder né parlar mai più gli vòlsi,
42.8né messo udi', né lettera ne tolsi.
43.1Questa mia ingratitudine gli diede
43.2tanto martìr, ch'al fin dal dolor vinto,
43.3e dopo un lungo domandar mercede,
43.4infermo cadde, e ne rimase estinto.
43.5Per pena ch'al fallir mio si richiede,
43.6or gli occhi ho lacrimosi, e il viso tinto
43.7del negro fumo: e così avrò in eterno;
43.8che nulla redenzione è ne l'inferno. -
44.1Poi che non parla più Lidia infelice,
44.2va il duca per saper s'altri vi stanzi:
44.3ma la caligine alta ch'era ultrice
44.4de l'opre ingrate, sì gl'ingrossa inanzi,
44.5ch'andare un palmo sol più non gli lice;
44.6anzi a forza tornar gli conviene, anzi,
44.7perché la vita non gli sia intercetta
44.8dal fumo, i passi accelerar con fretta.
45.1Il mutar spesso de le piante ha vista
45.2di corso, e non di chi passegia o trotta.
45.3Tanto, salendo inverso l'erta, acquista,
45.4che vede dove aperta era la grotta;
45.5e l'aria, già caliginosa e trista,
45.6dal lume cominciava ad esser rotta.
45.7Al fin con molto affanno e grave ambascia
45.8esce de l'antro, e dietro il fumo lascia.
46.1E perché del tornar la via sia tronca
46.2a quelle bestie c'han sì ingorde l'epe,
46.3raguna sassi, e molti arbori tronca,
46.4che v'eran qual d'amomo e qual di pepe;
46.5e come può, dinanzi alla spelonca
46.6fabrica di sua man quasi una siepe:
46.7e gli succede così ben quell'opra,
46.8che più l'arpie non torneran di sopra.
47.1Il negro fumo de la scura pece,
47.2mentre egli fu ne la caverna tetra,
47.3non macchiò sol quel ch'apparia, et infece,
47.4ma sotto i panni ancora entra e penètra;
47.5sì che per trovare acqua andar lo fece
47.6cercando un pezzo; e al fin fuor d'una pietra
47.7vide una fonte uscir ne la foresta,
47.8ne la qual si lavò dal piè alla testa.
48.1Poi monta il volatore, e in aria s'alza
48.2per giunger di quel monte in su la cima,
48.3che non lontan con la superna balza
48.4dal cerchio de la luna esser si stima.
48.5Tanto è il desir che di veder lo 'ncalza,
48.6ch'al cielo aspira, e la terra non stima.
48.7De l'aria più e più sempre guadagna,
48.8tanto ch'al giogo va de la montagna.
49.1Zafir, rubini, oro, topazi e perle,
49.2e diamanti e crisoliti e iacinti
49.3potriano i fiori assimigliar, che per le
49.4liete piaggie v'avea l'aura dipinti:
49.5sì verdi l'erbe, che possendo averle
49.6qua giù, ne fôran gli smeraldi vinti;
49.7né men belle degli arbori le frondi,
49.8e di frutti e di fior sempre fecondi.
50.1Cantan fra i rami gli augelletti vaghi
50.2azzurri e bianchi e verdi e rossi e gialli.
50.3Murmuranti ruscelli e cheti laghi
50.4di limpidezza vincono i cristalli.
50.5Una dolce aura che ti par che vaghi
50.6a un modo sempre e dal suo stil non falli,
50.7facea sì l'aria tremolar d'intorno,
50.8che non potea noiar calor del giorno:
51.1e quella ai fiori, ai pomi e alla verzura
51.2gli odor diversi depredando giva,
51.3e di tutti faceva una mistura
51.4che di soavità l'alma notriva.
51.5Surgea un palazzo in mezzo alla pianura,
51.6ch'acceso esser parea di fiamma viva:
51.7tanto splendore intorno e tanto lume
51.8raggiava, fuor d'ogni mortal costume.
52.1Astolfo il suo destrier verso il palagio
52.2che più di trenta miglia intorno aggira,
52.3a passo lento fa muovere ad agio,
52.4e quinci e quindi il bel paese ammira;
52.5e giudica, appo quel, brutto e malvagio,
52.6e che sia al cielo et a natura in ira
52.7questo ch'abitian noi fetido mondo:
52.8tanto è soave quel, chiaro e giocondo.
53.1Come egli è presso al luminoso tetto,
53.2attonito riman di maraviglia;
53.3che tutto d'una gemma è 'l muro schietto,
53.4più che carbonchio lucida e vermiglia.
53.5O stupenda opra, o dedalo architetto!
53.6Qual fabrica tra noi le rassimiglia?
53.7Taccia qualunque le mirabil sette
53.8moli del mondo in tanta gloria mette.
54.1Nel lucente vestibulo di quella
54.2felice casa un vecchio al duca occorre,
54.3che 'l manto ha rosso, e bianca la gonnella,
54.4che l'un può al latte, e l'altro al minio opporre.
54.5I crini ha bianchi, e bianca la mascella
54.6di folta barba ch'al petto discorre;
54.7et è sì venerabile nel viso,
54.8ch'un degli eletti par del paradiso.
55.1Costui con lieta faccia al paladino,
55.2che riverente era d'arcion disceso,
55.3disse: - O baron, che per voler divino
55.4sei nel terrestre paradiso asceso;
55.5come che né la causa del camino,
55.6né il fin del tuo desir da te sia inteso,
55.7pur credi che non senza alto misterio
55.8venuto sei da l'artico emisperio.
56.1Per imparar come soccorrer déi
56.2Carlo, e la santa fé tor di periglio,
56.3venuto meco a consigliar ti sei
56.4per così lunga via, senza consiglio.
56.5Né a tuo saper, né a tua virtù vorrei
56.6ch'esser qui giunto attribuissi, o figlio;
56.7che né il tuo corno, né il cavallo alato
56.8ti valea, se da Dio non t'era dato.
57.1Ragionerem più ad agio insieme poi,
57.2e ti dirò come a procedere hai:
57.3ma prima vienti a ricrear con noi;
57.4che 'l digiun lungo de' noiarti ormai. -
57.5Continuando il vecchio i detti suoi,
57.6fece maravigliare il duca assai,
57.7quando, scoprendo il nome suo, gli disse
57.8esser colui che l'evangelio scrisse:
58.1quel tanto al Redentor caro Giovanni,
58.2per cui il sermone tra i fratelli uscìo,
58.3che non dovea per morte finir gli anni;
58.4sì che fu causa che 'l figliuol di Dio
58.5a Pietro disse: - Perché pur t'affanni,
58.6s'io vo' che così aspetti il venir mio? -
58.7Ben che non disse: egli non de' morire,
58.8si vede pur che così vòlse dire.
59.1Quivi fu assunto, e trovò compagnia,
59.2che prima Enoch, il patriarca, v'era;
59.3eravi insieme il gran profeta Elia,
59.4che non han vista ancor l'ultima sera;
59.5e fuor de l'aria pestilente e ria
59.6si goderan l'eterna primavera,
59.7fin che dian segno l'angeliche tube,
59.8che torni Cristo in su la bianca nube.
60.1Con accoglienza grata il cavalliero
60.2fu dai santi alloggiato in una stanza;
60.3fu provisto in un'altra al suo destriero
60.4di buona biada, che gli fu a bastanza.
60.5De' frutti a lui del paradiso diero,
60.6di tal sapor, ch'a suo giudicio, sanza
60.7scusa non sono i duo primi parenti,
60.8se per quei fur sì poco ubbidienti.
61.1Poi ch'a natura il duca aventuroso
61.2satisfece di quel che se le debbe,
61.3come col cibo, così col riposo,
61.4che tutti e tutti i commodi quivi ebbe;
61.5lasciando già l'Aurora il vecchio sposo,
61.6ch'ancor per lunga età mai non l'increbbe,
61.7si vide incontra ne l'uscir del letto
61.8il discipul da Dio tanto diletto;
62.1che lo prese per mano, e seco scórse
62.2di molte cose di silenzio degne:
62.3e poi disse: - Figliuol, tu non sai forse
62.4che in Francia accada, ancor che tu ne vegne.
62.5Sappi che 'l vostro Orlando, perché torse
62.6dal camin dritto le commesse insegne,
62.7è punito da Dio, che più s'accende
62.8contra chi egli ama più, quando s'offende.
63.1Il vostro Orlando, a cui nascendo diede
63.2somma possanza Dio con sommo ardire,
63.3e fuor de l'uman uso gli concede
63.4che ferro alcun non lo può mai ferire;
63.5perché a difesa di sua santa fede
63.6così voluto l'ha constituire,
63.7come Sansone incontra a' Filistei
63.8constituì a difesa degli Ebrei:
64.1renduto ha il vostro Orlando al suo Signore
64.2di tanti benefici iniquo merto;
64.3che quanto aver più lo dovea in favore,
64.4n'è stato il fedel popul più deserto.
64.5Sì accecato l'avea l'incesto amore
64.6d'una pagana, ch'avea già sofferto
64.7due volte e più venire empio e crudele,
64.8per dar la morte al suo cugin fedele.
65.1E Dio per questo fa ch'egli va folle,
65.2e mostra nudo il ventre, il petto e il fianco;
65.3e l'intelletto sì gli offusca e tolle,
65.4che non può altrui conoscere, e sé manco.
65.5A questa guisa si legge che volle
65.6Nabuccodonosor Dio punir anco,
65.7che sette anni il mandò di furor pieno,
65.8sì che, qual bue, pasceva l'erba e il fieno.
66.1Ma perch'assai minor del paladino,
66.2che di Nabucco, è stato pur l'eccesso,
66.3sol di tre mesi dal voler divino
66.4a purgar questo error termine è messo.
66.5Né ad altro effetto per tanto camino
66.6salir qua su t'ha il Redentor concesso,
66.7se non perché da noi modo tu apprenda,
66.8come ad Orlando il suo senno si renda.
67.1Gli è ver che ti bisogna altro viaggio
67.2far meco, e tutta abbandonar la terra.
67.3Nel cerchio de la luna a menar t'aggio,
67.4che dei pianeti a noi più prossima erra,
67.5perché la medicina che può saggio
67.6rendere Orlando, là dentro si serra.
67.7Come la luna questa notte sia
67.8sopra noi giunta, ci porremo in via. -
68.1Di questo e d'altre cose fu diffuso
68.2il parlar de l'apostolo quel giorno.
68.3Ma poi che 'l sol s'ebbe nel mar rinchiuso,
68.4e sopra lor levò la luna il corno,
68.5un carro apparecchiòsi, ch'era ad uso
68.6d'andar scorrendo per quei cieli intorno:
68.7quel già ne le montagne di Giudea
68.8da' mortali occhi Elia levato avea.
69.1Quattro destrier via più che fiamma rossi
69.2al giogo il santo evangelista aggiunse;
69.3e poi che con Astolfo rassettossi,
69.4e prese il freno, inverso il ciel li punse.
69.5Ruotando il carro, per l'aria levossi,
69.6e tosto in mezzo il fuoco eterno giunse;
69.7che 'l vecchio fe' miracolosamente,
69.8che, mentre lo passâr, non era ardente.
70.1Tutta la sfera varcano del fuoco,
70.2et indi vanno al regno de la luna.
70.3Veggon per la più parte esser quel loco
70.4come un acciar che non ha macchia alcuna;
70.5e lo trovano uguale, o minor poco
70.6di ciò ch'in questo globo si raguna,
70.7in questo ultimo globo de la terra,
70.8mettendo il mar che la circonda e serra.
71.1Quivi ebbe Astolfo doppia maraviglia:
71.2che quel paese appresso era sì grande,
71.3il quale a un picciol tondo rassimiglia
71.4a noi che lo miriam da queste bande;
71.5e ch'aguzzar conviengli ambe le ciglia,
71.6s'indi la terra e 'l mar ch'intorno spande
71.7discerner vuol; che non avendo luce,
71.8l'imagin lor poco alta si conduce.
72.1Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
72.2sono là su, che non son qui tra noi;
72.3altri piani, altre valli, altre montagne,
72.4c'han le cittadi, hanno i castelli suoi,
72.5con case de le quai mai le più magne
72.6non vide il paladin prima né poi:
72.7e vi sono ample e solitarie selve,
72.8ove le ninfe ognor cacciano belve.
73.1Non stette il duca a ricercare il tutto;
73.2che là non era asceso a quello effetto.
73.3Da l'apostolo santo fu condutto
73.4in un vallon fra due montagne istretto,
73.5ove mirabilmente era ridutto
73.6ciò che si perde o per nostro diffetto,
73.7o per colpa di tempo o di Fortuna:
73.8ciò che si perde qui, là si raguna.
74.1Non pur di regni o di ricchezze parlo,
74.2in che la ruota instabile lavora;
74.3ma di quel ch'in poter di tor, di darlo
74.4non ha Fortuna, intender voglio ancora.
74.5Molta fama è là su, che, come tarlo,
74.6il tempo al lungo andar qua giù divora:
74.7là su infiniti prieghi e voti stanno,
74.8che da noi peccatori a Dio si fanno.
75.1Le lacrime e i sospiri degli amanti,
75.2l'inutil tempo che si perde a giuoco,
75.3e l'ozio lungo d'uomini ignoranti,
75.4vani disegni che non han mai loco,
75.5i vani desidèri sono tanti,
75.6che la più parte ingombran di quel loco:
75.7ciò che in somma qua giù perdesti mai,
75.8là su salendo ritrovar potrai.
76.1Passando il paladin per quelle biche,
76.2or di questo or di quel chiede alla guida.
76.3Vide un monte di tumide vesiche,
76.4che dentro parea aver tumulti e grida;
76.5e seppe ch'eran le corone antiche
76.6e degli Assirii e de la terra lida,
76.7e de' Persi e de' Greci, che già furo
76.8incliti, et or n'è quasi il nome oscuro.
77.1Ami d'oro e d'argento appresso vede
77.2in una massa, ch'erano quei doni
77.3che si fan con speranza di mercede
77.4ai re, agli avari principi, ai patroni.
77.5Vede in ghirlande ascosi lacci; e chiede,
77.6et ode che son tutte adulazioni.
77.7Di cicale scoppiate imagine hanno
77.8versi ch'in laude dei signor si fanno.
78.1Di nodi d'oro e di gemmati ceppi
78.2vede c'han forma i mal seguiti amori.
78.3V'eran d'aquile artigli; e che fur, seppi,
78.4l'autorità ch'ai suoi dànno i signori.
78.5I mantici ch'intorno han pieni i greppi,
78.6sono i fumi dei principi e i favori
78.7che dànno un tempo ai ganimedi suoi,
78.8che se ne van col fior degli anni poi.
79.1Ruine di cittadi e di castella
79.2stavan con gran tesor quivi sozzopra.
79.3Domanda, e sa che son trattati, e quella
79.4congiura che sì mal par che si cuopra.
79.5Vide serpi con faccia di donzella,
79.6di monetieri e di ladroni l'opra:
79.7poi vide boccie rotte di più sorti,
79.8ch'era il servir de le misere corti.
80.1Di versate minestre una gran massa
80.2vede, e domanda al suo dottor ch'importe.
80.3- L'elemosina è (dice) che si lassa
80.4alcun, che fatta sia dopo la morte. -
80.5Di varii fiori ad un gran monte passa,
80.6ch'ebbe già buono odore, or putia forte.
80.7Questo era il dono (se però dir lece)
80.8che Constantino al buon Silvestro fece.
81.1Vide gran copia di panie con visco,
81.2ch'erano, o donne, le bellezze vostre.
81.3Lungo sarà, se tutte in verso ordisco
81.4le cose che gli fur quivi dimostre;
81.5che dopo mille e mille io non finisco,
81.6e vi son tutte l'occurrenzie nostre:
81.7sol la pazzia non v'è poca né assai;
81.8che sta qua giù, né se ne parte mai.
82.1Quivi ad alcuni giorni e fatti sui,
82.2ch'egli già avea perduti, si converse;
82.3che se non era interprete con lui,
82.4non discernea le forme lor diverse.
82.5Poi giunse a quel che par sì averlo a nui,
82.6che mai per esso a Dio voti non fêrse;
82.7io dico il senno: e n'era quivi un monte,
82.8solo assai più che l'altre cose conte.
83.1Era come un liquor suttile e molle,
83.2atto a esalar, se non si tien ben chiuso;
83.3e si vedea raccolto in varie ampolle,
83.4qual più, qual men capace, atte a quell'uso.
83.5Quella è maggior di tutte, in che del folle
83.6signor d'Anglante era il gran senno infuso;
83.7e fu da l'altre conosciuta, quando
83.8avea scritto di fuor: "Senno d'Orlando".
84.1E così tutte l'altre avean scritto anco
84.2il nome di color di chi fu il senno.
84.3Del suo gran parte vide il duca franco;
84.4ma molto più maravigliar lo fenno
84.5molti ch'egli credea che dramma manco
84.6non dovessero averne, e quivi denno
84.7chiara notizia che ne tenean poco;
84.8che molta quantità n'era in quel loco.
85.1Altri in amar lo perde, altri in onori,
85.2altri in cercar, scorrendo il mar, richezze;
85.3altri ne le speranze de' signori,
85.4altri dietro alle magiche sciocchezze;
85.5altri in gemme, altri in opre di pittori,
85.6et altri in altro che più d'altro aprezze.
85.7Di sofisti e d'astrologhi raccolto,
85.8e di poeti ancor ve n'era molto.
86.1Astolfo tolse il suo; che gliel concesse
86.2lo scrittor de l'oscura Apocalisse.
86.3L'ampolla in ch'era al naso sol si messe,
86.4e par che quello al luogo suo ne gisse:
86.5e che Turpin da indi in qua confesse
86.6ch'Astolfo lungo tempo saggio visse;
86.7ma ch'uno error che fece poi, fu quello
86.8ch'un'altra volta gli levò il cervello.
87.1La più capace e piena ampolla, ov'era
87.2il senno che solea far savio il conte,
87.3Astolfo tolle; e non è sì leggiera,
87.4come stimò, con l'altre essendo a monte.
87.5Prima che 'l paladin da quella sfera
87.6piena di luce alle più basse smonte,
87.7menato fu da l'apostolo santo
87.8in un palagio ov'era un fiume a canto;
88.1ch'ogni sua stanza avea piena di velli
88.2di lin, di seta, di coton, di lana,
88.3tinti in varii colori e brutti e belli.
88.4Nel primo chiostro una femina cana
88.5fila a un aspo traea da tutti quelli,
88.6come veggiàn l'estate la villana
88.7traer dai bachi le bagnate spoglie,
88.8quando la nuova seta si raccoglie.
89.1V'è chi, finito un vello, rimettendo
89.2ne viene un altro, e chi ne porta altronde:
89.3un'altra de le filze va scegliendo
89.4il bel dal brutto che quella confonde.
89.5- Che lavor si fa qui, ch'io non l'intendo? -
89.6dice a Giovanni Astolfo; e quel risponde:
89.7- Le vecchie son le Parche, che con tali
89.8stami filano vite a voi mortali.
90.1Quanto dura un de' velli, tanto dura
90.2l'umana vita, e non di più un momento.
90.3Qui tien l'occhio e la Morte e la Natura,
90.4per saper l'ora ch'un debba esser spento.
90.5Sceglier le belle fila ha l'altra cura,
90.6perché si tesson poi per ornamento
90.7del paradiso; e dei più brutti stami
90.8si fan per li dannati aspri legami. -
91.1Di tutti i velli ch'erano già messi
91.2in aspo, e scelti a farne altro lavoro,
91.3erano in brevi piastre i nomi impressi,
91.4altri di ferro, altri d'argento o d'oro:
91.5e poi fatti n'avean cumuli spessi,
91.6de' quali, senza mai farvi ristoro,
91.7portarne via non si vedea mai stanco
91.8un vecchio, e ritornar sempre per anco.
92.1Era quel vecchio sì espedito e snello,
92.2che per correr parea che fosse nato;
92.3e da quel monte il lembo del mantello
92.4portava pien del nome altrui segnato.
92.5Ove n'andava, e perché facea quello,
92.6ne l'altro canto vi sarà narrato,
92.7se d'averne piacer segno farete
92.8con quella grata udienza che solete.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)