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1.1Soviemmi che cantare io vi dovea
1.2(già lo promisi, e poi m'uscì di mente)
1.3d'una sospizion che fatto avea
1.4la bella donna di Ruggier dolente,
1.5de l'altra più spiacevole e più rea,
1.6e di più acuto e venenoso dente,
1.7che, per quel ch'ella udì da Ricciardetto,
1.8a devorare il cor l'entrò nel petto.
2.1Dovea cantarne, et altro incominciai,
2.2perché Rinaldo in mezzo sopravenne;
2.3e poi Guidon mi diè che fare assai,
2.4che tra camino a bada un pezzo il tenne.
2.5D'una cosa in un'altra in modo entrai,
2.6che mal di Bradamante mi sovenne:
2.7sovienmene ora, e vo' narrarne inanti
2.8che di Rinaldo e di Gradasso io canti.
3.1Ma bisogna anco, prima ch'io ne parli,
3.2che d'Agramante io vi ragioni un poco,
3.3ch'avea ridutte le reliquie in Arli,
3.4che gli restâr del gran notturno fuoco,
3.5quando a raccor lo sparso campo e a darli
3.6soccorso e vettovaglie era atto il loco:
3.7l'Africa incontra, e la Spagna ha vicina,
3.8et è in sul fiume assiso alla marina.
4.1Per tutto 'l regno fa scriver Marsilio
4.2gente a piedi e a cavallo, e trista e buona.
4.3Per forza e per amore ogni navilio
4.4atto a battaglia s'arma in Barcelona.
4.5Agramante ogni dì chiama a concilio;
4.6né a spesa né a fatica si perdona.
4.7Intanto gravi esazioni e spesse
4.8tutte hanno le città d'Africa oppresse.
5.1Egli ha fatto offerire a Rodomonte,
5.2perché ritorni (et impetrar nol puote),
5.3una cugina sua, figlia d'Almonte,
5.4e 'l bel regno d'Oran dargli per dote.
5.5Non si vòlse l'altier muover dal ponte,
5.6ove tant'arme e tante selle vòte
5.7di quei che son già capitati al passo
5.8ha ragunate, che ne cuopre il sasso.
6.1Già non vòlse Marfisa imitar l'atto
6.2di Rodomonte: anzi com'ella intese
6.3ch'Agramante da Carlo era disfatto,
6.4sue genti morte, saccheggiate e prese,
6.5e che con pochi in Arli era ritratto,
6.6senza aspettare invito, il camin prese:
6.7venne in aiuto de la sua corona,
6.8e l'aver gli proferse e la persona.
7.1E gli menò Brunello, e gli ne fece
7.2libero dono, il qual non avea offeso:
7.3l'avea tenuto dieci giorni e diece
7.4notti sempre in timor d'essere appeso;
7.5e poi che né con forza né con prece
7.6da nessun vide il patrocinio preso,
7.7in sì sprezzato sangue non si vòlse
7.8bruttar l'altiere mani, e lo disciolse.
8.1Tutte l'antique ingiurie gli remesse,
8.2e seco in Arli ad Agramante il trasse.
8.3Ben dovete pensar che gaudio avesse
8.4il re di lei ch'ad aiutarlo andasse:
8.5e del gran conto ch'egli ne facesse,
8.6vòlse che Brunel prova le mostrasse;
8.7che quel di ch'ella gli avea fatto cenno,
8.8di volerlo impiccar, fe' da buon senno.
9.1Il manigoldo, in loco inculto et ermo,
9.2pasto di corvi e d'avoltoi lasciollo.
9.3Ruggier ch'un'altra volta gli fu schermo,
9.4e che 'l laccio gli avria tolto dal collo,
9.5la giustizia di Dio fa ch'ora infermo
9.6s'è ritrovato, et aiutar non puollo:
9.7e quando il seppe, era già il fatto occorso;
9.8sì che restò Brunel senza soccorso.
10.1Intanto Bradamante iva accusando
10.2che così lunghi sian quei venti giorni,
10.3li quai finiti, il termine era, quando
10.4a lei Ruggiero et alla fede torni.
10.5A chi aspetta di carcere o di bando
10.6uscir, non par che 'l tempo più soggiorni
10.7a dargli libertade, o de l'amata
10.8patria vista gioconda e disiata.
11.1In quel duro aspettare ella talvolta
11.2pensa ch'Eto e Piròo sia fatto zoppo;
11.3o sia la ruota guasta, ch'a dar volta
11.4le par che tardi, oltr'all'usato, troppo.
11.5Più lungo di quel giorno a cui, per molta
11.6fede, nel cielo il giusto Ebreo fe' intoppo,
11.7più de la notte ch'Ercole produsse,
11.8parea lei ch'ogni notte, ogni dì fusse.
12.1Oh quante volte da invidiar le diero
12.2e gli orsi e i ghiri e i sonnacchiosi tassi!
12.3che quel tempo voluto avrebbe intero
12.4tutto dormir, che mai non si destassi;
12.5né potere altro udir, fin che Ruggiero
12.6dal pigro sonno lei non richiamassi.
12.7Ma non pur questo non può far, ma ancora
12.8non può dormir di tutta notte un'ora.
13.1Di qua di là va le noiose piume
13.2tutte premendo, e mai non si riposa.
13.3Spesso aprir la finestra ha per costume,
13.4per veder s'anco di Titon la sposa
13.5sparge dinanzi al matutino lume
13.6il bianco giglio e la vermiglia rosa:
13.7non meno ancor, poi che nasciuto è 'l giorno,
13.8brama vedere il ciel di stelle adorno.
14.1Poi che fu quattro o cinque giorni appresso
14.2il termine a finir, piena di spene
14.3stava aspettando d'ora in ora il messo
14.4che le apportasse: - Ecco Ruggier che viene. -
14.5Montava sopra un'alta torre spesso,
14.6ch'i folti boschi e le campagne amene
14.7scopria d'intorno, e parte de la via
14.8onde di Francia a Montalban si gìa.
15.1Se di lontano o splendor d'arme vede,
15.2o cosa tal ch'a cavallier simiglia,
15.3che sia il suo disiato Ruggier crede,
15.4e rasserena i begli occhi e le ciglia;
15.5se disarmato o viandante a piede,
15.6che sia messo di lui speranza piglia:
15.7e se ben poi fallace la ritrova,
15.8pigliar non cessa una et un'altra nuova.
16.1Credendolo incontrar, talora armossi,
16.2scese dal monte e giù calò nel piano;
16.3né lo trovando, si sperò che fossi
16.4per altra strada giunto a Montalbano:
16.5e col disir con ch'avea i piedi mossi
16.6fuor del castel, ritornò dentro invano.
16.7Né qua né là trovollo; e passò intanto
16.8il termine aspettato da lei tanto.
17.1Il termine passò d'uno, di dui,
17.2di tre giorni, di sei, d'otto e di venti;
17.3né vedendo il suo sposo, né di lui
17.4sentendo nuova, incominciò lamenti
17.5ch'avrian mosso a pietà nei regni bui
17.6quelle Furie crinite di serpenti;
17.7e fece oltraggio a' begli occhi divini,
17.8al bianco petto, all'aurei crespi crini.
18.1- Dunque fia ver (dicea) che mi convegna
18.2cercare un che mi fugge e mi s'asconde?
18.3Dunque debbo prezzare un che mi sdegna?
18.4Debbo pregar chi mai non mi risponde?
18.5Patirò che chi m'odia, il cor mi tegna?
18.6un che sì stima sue virtù profonde,
18.7che bisogno sarà che dal ciel scenda
18.8immortal dea che 'l cor d'amor gli accenda?
19.1Sa questo altier ch'io l'amo e ch'io l'adoro,
19.2né mi vuol per amante né per serva.
19.3Il crudel sa che per lui spasmo e moro,
19.4e dopo morte a darmi aiuto serva.
19.5E perché io non gli narri il mio martoro
19.6atto a piegar la sua voglia proterva,
19.7da me s'asconde, come aspide suole,
19.8che, per star empio, il canto udir non vuole.
20.1Deh ferma, Amor, costui che così sciolto
20.2dinanzi al lento mio correr s'affretta;
20.3o tornami nel grado onde m'hai tolto
20.4quando né a te né ad altri era suggetta!
20.5Deh, come è il mio sperar fallace e stolto,
20.6ch'in te con prieghi mai pietà si metta;
20.7che ti diletti, anzi ti pasci e vivi
20.8di trar dagli occhi lacrimosi rivi!
21.1Ma di che debbo lamentarmi, ahi lassa,
21.2fuor che del mio desire irrazionale?
21.3ch'alto mi leva, e sì ne l'aria passa,
21.4ch'arriva in parte ove s'abbrucia l'ale;
21.5poi non potendo sostener, mi lassa
21.6dal ciel cader: né qui finisce il male;
21.7che le rimette, e di nuovo arde: ond'io
21.8non ho mai fine al precipizio mio.
22.1Anzi via più che del disir, mi deggio
22.2di me doler, che sì gli apersi il seno;
22.3onde cacciata ha la ragion di seggio,
22.4et ogni mio poter può di lui meno.
22.5Quel mi trasporta ognior di male in peggio,
22.6né lo posso frenar, che non ha freno:
22.7e mi fa certa che mi mena a morte,
22.8perch'aspettando il mal noccia più forte.
23.1Deh perché voglio anco di me dolermi?
23.2ch'error, se non d'amarti, unqua commessi?
23.3Che maraviglia, se fragili e infermi
23.4feminil sensi fur subito oppressi?
23.5Perché dovev'io usar ripari e schermi
23.6che la somma beltà non mi piacessi,
23.7gli alti sembianti e le saggie parole?
23.8Misero è ben chi veder schiva il sole!
24.1Et oltre al mio destino, io ci fui spinta
24.2da le parole altrui degne di fede:
24.3somma felicità mi fu dipinta,
24.4ch'esser dovea di questo amor mercede.
24.5Se la persuasione, ohimè! fu finta,
24.6se fu inganno il consiglio che mi diede
24.7Merlin, posso di lui ben lamentarmi,
24.8ma non d'amar Ruggier posso ritrarmi.
25.1Di Merlin posso e di Melissa insieme
25.2dolermi, e mi dorrò d'essi in eterno,
25.3che dimostrare i frutti del mio seme
25.4mi fêro dagli spirti de lo 'nferno,
25.5per pormi sol con questa falsa speme
25.6in servitù; né la cagion discerno,
25.7se non ch'erano forse invidiosi
25.8dei miei dolci, sicuri, almi riposi. -
26.1Sì l'occupa il dolor, che non avanza
26.2loco ove in lei conforto abbia ricetto;
26.3ma, mal grado di quel, vien la speranza
26.4e vi vuole alloggiare in mezzo il petto,
26.5rifrescandole pur la rimembranza
26.6di quel ch'al suo partir l'ha Ruggier detto:
26.7e vuol, contra il parer degli altri affetti,
26.8che d'ora in ora il suo ritorno aspetti.
27.1Questa speranza dunque la sostenne,
27.2finito i venti giorni, un mese appresso;
27.3sì che il dolor sì forte non le tenne,
27.4come tenuto avria, l'animo oppresso.
27.5Un dì che per la strada se ne venne,
27.6che per trovar Ruggier solea far spesso,
27.7novella udì la misera, ch'insieme
27.8fe' dietro all'altro ben fuggir la speme.
28.1Venne a incontrare un cavallier guascone
28.2che dal campo african venìa diritto,
28.3ove era stato da quel dì prigione,
28.4che fu inanzi a Parigi il gran conflitto.
28.5Da lei fu molto posto per ragione,
28.6fin che si venne al termine prescritto.
28.7Domandò di Ruggiero, e in lui fermosse;
28.8né fuor di questo segno più si mosse.
29.1Il cavallier buon conto ne rendette,
29.2che ben conoscea tutta quella corte:
29.3e narrò di Ruggier, che contrastette
29.4da solo a solo a Mandricardo forte;
29.5e come egli l'uccise, e poi ne stette
29.6ferito più d'un mese presso a morte:
29.7e s'era la sua istoria qui conclusa,
29.8fatto avria di Ruggier la vera escusa.
30.1Ma come poi soggiunse, una donzella
30.2esser nel campo, nomata Marfisa,
30.3che men non era che gagliarda, bella,
30.4né meno esperta d'arme in ogni guisa;
30.5che lei Ruggiero amava e Ruggiero ella,
30.6ch'egli da lei, ch'ella da lui divisa
30.7si vedea raro, e ch'ivi ognuno crede
30.8che s'abbiano tra lor data la fede;
31.1e che come Ruggier si faccia sano,
31.2il matrimonio publicar si deve;
31.3e ch'ogni re, ogni principe pagano
31.4gran piacere e letizia ne riceve,
31.5che de l'uno e de l'altro sopraumano
31.6conoscendo il valor, sperano in breve
31.7far una razza d'uomini da guerra
31.8la più gagliarda che mai fosse in terra;
32.1(credea il Guascon quel che dicea, non senza
32.2cagion; che ne l'esercito de' Mori
32.3openione e universal credenza,
32.4e publico parlar n'era di fuori.
32.5I molti segni di benivolenza
32.6stati tra lor facean questi romori;
32.7che tosto o buona o ria che la fama esce
32.8fuor d'una bocca, in infinito cresce.
33.1L'esser venuta a' Mori ella in aita
33.2con lui, né senza lui comparir mai,
33.3avea questa credenza stabilita;
33.4ma poi l'avea accresciuta pur assai,
33.5ch'essendosi del campo già partita
33.6portandone Brunel, come io contai,
33.7senza esservi d'alcuno richiamata,
33.8sol per veder Ruggier v'era tornata.
34.1Sol per lui visitar, che gravemente
34.2languia ferito, in campo venuta era,
34.3non una sola volta, ma sovente;
34.4vi stava il giorno e si partia la sera:
34.5e molto più da dir dava alla gente,
34.6ch'essendo conosciuta così altiera,
34.7che tutto 'l mondo a sé le parea vile,
34.8solo a Ruggier fosse benigna e umìle);
35.1come il Guascon questo affermò per vero,
35.2fu Bradamante da cotanta pena,
35.3da cordoglio assalita così fiero,
35.4che di quivi cader si tenne a pena.
35.5Voltò, senza far motto, il suo destriero,
35.6di gelosia, d'ira e di rabbia piena;
35.7e da sé discacciata ogni speranza,
35.8ritornò furibonda alla sua stanza.
36.1E senza disarmarsi, sopra il letto,
36.2col viso volta in giù, tutta si stese,
36.3ove per non gridar, sì che sospetto
36.4di sé facesse, i panni in bocca prese;
36.5e ripetendo quel che l'avea detto
36.6il cavalliero, in tal dolor discese,
36.7che più non lo potendo sofferire,
36.8fu forza a disfogarlo, e così a dire:
37.1- Misera! a chi mai più creder debb'io?
37.2Vo' dir ch'ognuno è perfido e crudele,
37.3se perfido e crudel sei, Ruggier mio,
37.4che sì pietoso tenni e sì fedele.
37.5Qual crudeltà, qual tradimento rio
37.6unqua s'udì per tragiche querele,
37.7che non trovi minor, se pensar mai
37.8al mio merto e al tuo debito vorai?
38.1Perché, Ruggier, come di te non vive
38.2cavallier di più ardir, di più bellezza,
38.3né che a gran pezzo al tuo valore arrive,
38.4né a' tuoi costumi, né a tua gentilezza;
38.5perché non fai che fra tue illustri e dive
38.6virtù, si dica ancor ch'abbi fermezza?
38.7si dica ch'abbi inviolabil fede?
38.8a chi ogn'altra virtù s'inchina e cede.
39.1Non sai che non compar, se non v'è quella,
39.2alcun valore, alcun nobil costume?
39.3come né cosa (e sia quanto vuol bella)
39.4si può vedere ove non splenda lume.
39.5Facil ti fu ingannare una donzella
39.6di cui tu signore eri, idolo e nume,
39.7a cui potevi far con tue parole
39.8creder che fosse oscuro e freddo il sole.
40.1Crudel, di che peccato a doler t'hai,
40.2se d'uccider chi t'ama non ti penti?
40.3Se 'l mancar di tua fé sì leggier fai,
40.4di ch'altro peso il cor gravar ti senti?
40.5Come tratti il nimico, se tu dai
40.6a me, che t'amo sì, questi tormenti?
40.7Ben dirò che giustizia in ciel non sia,
40.8s'a veder tardo la vendetta mia.
41.1Se d'ogn'altro peccato assai più quello
41.2de l'empia ingratitudine l'uom grava,
41.3e per questo dal ciel l'angel più bello
41.4fu relegato in parte oscura e cava;
41.5e se gran fallo aspetta gran flagello
41.6quando debita emenda il cor non lava;
41.7guarda ch'aspro flagello in te non scenda,
41.8che mi se' ingrato e non vuoi farne emenda.
42.1Di furto ancora, oltre ogni vizio rio,
42.2di te, crudele, ho da dolermi molto.
42.3Che tu mi tenga il cor, non ti dico io;
42.4di questo io vo' che tu ne vada assolto:
42.5dico di te, che t'eri fatto mio,
42.6e poi contra ragion mi ti sei tolto.
42.7Renditi, iniquo, a me; che tu sai bene
42.8che non si può salvar chi l'altrui tiene.
43.1Tu m'hai, Ruggier, lasciata: io te non voglio,
43.2né lasciarti volendo, anco potrei;
43.3ma per uscir d'affanno e di cordoglio,
43.4posso e voglio finire i giorni miei.
43.5Di non morirti in grazia sol mi doglio;
43.6che se concesso m'avessero i dèi
43.7ch'io fossi morta quando t'era grata,
43.8morte non fu giamai tanto beata. -
44.1Così dicendo, di morir disposta,
44.2salta del letto, e di rabbia infiammata
44.3si pon la spada alla sinistra costa;
44.4ma si ravvede poi che tutta è armata.
44.5Il miglior spirto in questo le s'accosta,
44.6e nel cor le ragiona: - O donna nata
44.7di tant'alto lignaggio, adunque vuoi
44.8finir con sì gran biasmo i giorni tuoi?
45.1Non è meglio ch'al campo tu ne vada,
45.2ove morir si può con laude ognora?
45.3Quivi, s'avvien ch'inanzi a Ruggier cada,
45.4del morir tuo si dorrà forse ancora:
45.5ma s'a morir t'avvien per la sua spada,
45.6chi sarà mai che più contenta muora?
45.7Ragione è ben che di vita ti privi,
45.8poi ch'è cagion ch'in tanta pena vivi.
46.1Verrà forse anco che prima che muori
46.2farai vendetta di quella Marfisa
46.3che t'ha con fraudi e disonesti amori,
46.4da te Ruggiero alienando, uccisa. -
46.5Questi pensieri parveno migliori
46.6alla donzella; e tosto una divisa
46.7si fe' su l'arme, che volea inferire
46.8disperazione e voglia di morire.
47.1Era la sopraveste del colore
47.2in che riman la foglia che s'imbianca
47.3quando del ramo è tolta, o che l'umore
47.4che facea vivo l'arbore le manca.
47.5Ricamata a tronconi era, di fuore,
47.6di cipresso che mai non si rinfranca,
47.7poi c'ha sentita la dura bipenne:
47.8l'abito al suo dolor molto convenne.
48.1Tolse il destrier ch'Astolfo aver solea,
48.2e quella lancia d'or, che, sol toccando,
48.3cader di sella i cavallier facea.
48.4Perché la le diè Astolfo, e dove e quando,
48.5e da chi prima avuta egli l'avea,
48.6non credo che bisogni ir replicando.
48.7Ella la tolse, non però sapendo
48.8che fosse del valor ch'era, stupendo.
49.1Senza scudiero e senza compagnia
49.2scese dal monte, e si pose in camino
49.3verso Parigi alla più dritta via,
49.4ove era dianzi il campo saracino;
49.5che la novella ancora non s'udia,
49.6che l'avesse Rinaldo paladino,
49.7aiutandolo Carlo e Malagigi,
49.8fatto tor da l'assedio di Parigi.
50.1Lasciati avea i Cadurci e la cittade
50.2di Caorse alle spalle, e tutto 'l monte
50.3ove nasce Dordona, e le contrade
50.4scopria di Monferrante e di Clarmonte,
50.5quando venir per le medesme strade
50.6vide una donna di benigna fronte,
50.7ch'uno scudo all'arcione avea attaccato;
50.8e le venian tre cavallieri a lato.
51.1Altre donne e scudier venivano anco,
51.2qual dietro e qual dinanzi, in lunga schiera.
51.3Domandò ad un che le passò da fianco,
51.4la figliola d'Amon, chi la donna era;
51.5e quel le disse: - Al re del popul franco
51.6questa donna, mandata messaggiera
51.7fin di là dal polo artico, è venuta
51.8per lungo mar da l'Isola Perduta.
52.1Altri Perduta, altri ha nomata Islanda
52.2l'isola, donde la regina d'essa,
52.3di beltà sopra ogni beltà miranda,
52.4dal ciel non mai, se non a lei, concessa,
52.5lo scudo che vedete, a Carlo manda;
52.6ma ben con patto e condizione espressa,
52.7ch'al miglior cavallier lo dia, secondo
52.8il suo parer, ch'oggi si trovi al mondo.
53.1Ella, come si stima, e come in vero
53.2è la più bella donna che mai fosse,
53.3così vorria trovare un cavalliero
53.4che sopra ogn'altro avesse ardire e posse:
53.5perché fondato e fisso è il suo pensiero,
53.6da non cader per cento mila scosse,
53.7che sol chi terrà in arme il primo onore,
53.8abbia d'esser suo amante e suo signore.
54.1Spera ch'in Francia, alla famosa corte
54.2di Carlo Magno, il cavallier si trove,
54.3che d'esser più d'ogn'altro ardito e forte
54.4abbia fatto veder con mille prove.
54.5I tre che son con lei come sue scorte,
54.6re sono tutti, e dirovvi anco dove:
54.7uno in Svezia, uno in Gotia, in Norvegia uno,
54.8che pochi pari in arme hanno o nessuno.
55.1Questi tre, la cui terra non vicina,
55.2ma men lontana è all'Isola Perduta
55.3(detta così, perché quella marina
55.4da pochi naviganti è conosciuta),
55.5erano amanti, e son, de la regina,
55.6e a gara per moglier l'hanno voluta;
55.7e per aggradir lei, cose fatt'hanno,
55.8che, fin che giri il ciel, dette saranno.
56.1Ma né questi ella, né alcun altro vuole,
56.2ch'al mondo in arme esser non creda il primo.
56.3"Ch'abbiate fatto prove (lor dir suole)
56.4in questi luoghi appresso, poco istimo;
56.5e s'un di voi, qual fra le stelle il sole,
56.6fra gli altri duo sarà, ben lo sublimo:
56.7ma non però che tenga il vanto parme
56.8del miglior cavallier ch'oggi port'arme.
57.1A Carlo Magno, il quale io stimo e onoro
57.2pel più savio signor ch'al mondo sia,
57.3son per mandare un ricco scudo d'oro,
57.4con patto e condizion ch'esso lo dia
57.5al cavalliero il quale abbia fra loro
57.6il vanto e il primo onor di gagliardia.
57.7Sia il cavalliero o suo vasallo o d'altri,
57.8il parer di quel re vo' che mi scaltri.
58.1Se, poi che Carlo avrà lo scudo avuto,
58.2e l'avrà dato a quel sì ardito e forte,
58.3che d'ogn'altro migliore abbia creduto,
58.4che 'n sua si trovi o in alcun'altra corte,
58.5uno di voi sarà, che con l'aiuto
58.6di sua virtù lo scudo mi riporte;
58.7porrò in quello ogni amore, ogni disio,
58.8e quel sarà il marito e 'l signor mio".
59.1Queste parole han qui fatto venire
59.2questi tre re dal mar tanto discosto,
59.3che riportarne lo scudo, o morire
59.4per man di chi l'avrà, s'hanno proposto. -
59.5Ste' molto attenta Bradamante a udire
59.6quanto le fu da lo scudier risposto;
59.7il qual poi l'entrò inanzi, e così punse
59.8il suo cavallo, che i compagni giunse.
60.1Dietro non gli galoppa né gli corre
60.2ella; ch'adagio il suo camin dispensa,
60.3e molte cose tuttavia discorre,
60.4che son per accadere: e in somma pensa
60.5che questo scudo in Francia sia per porre
60.6discordia e rissa e nimicizia immensa
60.7fra paladini et altri, se vuol Carlo
60.8chiarir chi sia il miglior, e a colui darlo.
61.1Le preme il cor questo pensier; ma molto
61.2più le lo preme e strugge in peggior guisa
61.3quel ch'ebbe prima, di Ruggier, che tolto
61.4il suo amor le abbia e datolo a Marfisa.
61.5Ogni suo senso in questo è sì sepolto,
61.6che non mira la strada, né divisa
61.7ove arrivar, né se troverà inanzi
61.8commodo albergo ove la notte stanzi.
62.1Come nave, che vento da la riva
62.2o qualch'altro accidente abbia disciolta,
62.3va di nochiero e di governo priva
62.4ove la porti o meni il fiume in volta;
62.5così l'amante giovane veniva,
62.6tutta a pensare al suo Ruggier rivolta,
62.7ove vuol Rabican; che molte miglia
62.8lontano è il cor che de' girar la briglia.
63.1Leva al fin gli occhi, e vede il sol che 'l tergo
63.2avea mostrato alle città di Bocco,
63.3e poi s'era attuffato, come il mergo,
63.4in grembo alla nutrice oltr'a Marocco:
63.5e se disegna che la frasca albergo
63.6le dia ne' campi, fa pensier di sciocco;
63.7che soffia un vento freddo, e l'aria grieve
63.8pioggia la notte le minaccia o nieve.
64.1Con maggior fretta fa movere il piede
64.2al suo cavallo; e non fece via molta,
64.3che lasciar le campagne a un pastor vede,
64.4che s'avea la sua gregge inanzi tolta.
64.5La donna lui con molta instanzia chiede
64.6che le 'nsegni ove possa esser raccolta
64.7o ben o mal; che mal sì non s'alloggia,
64.8che non sia peggio star fuori alla pioggia.
65.1Disse il pastore: - Io non so loco alcuno
65.2ch'io vi sappia insegnar, se non lontano
65.3più di quattro o di sei leghe, for ch'uno
65.4che si chiama la ròcca di Tristano.
65.5Ma d'alloggiarvi non succede a ognuno;
65.6perché bisogna, con la lancia in mano
65.7che se l'acquisti e che se la difenda
65.8il cavallier che d'alloggiarvi intenda.
66.1Se, quando arriva un cavallier, si trova
66.2vòta la stanza, il castellan l'accetta;
66.3ma vuol, se sopravien poi gente nuova,
66.4ch'uscir fuori alla giostra gli prometta.
66.5Se non vien, non accade che si mova:
66.6se vien, forza è che l'arme si rimetta
66.7e con lui giostri, e chi di lor val meno,
66.8ceda l'albergo et esca al ciel sereno.
67.1Se duo, tre, quattro o più guerrieri a un tratto
67.2vi giungon prima, in pace albergo v'hanno;
67.3e chi di poi vien solo, ha peggior patto,
67.4perché seco giostrar quei più lo fanno.
67.5Così, se prima un sol si sarà fatto
67.6quivi alloggiar, con lui giostrar voranno
67.7i duo, tre, quattro o più che verran dopo;
67.8sì che, s'avrà valor, gli fia a grande uopo.
68.1Non men, se donna càpita o donzella,
68.2accompagnata o sola a questa ròcca,
68.3e poi v'arrivi un'altra, alla più bella
68.4l'albergo, et alla men star di fuor tocca. -
68.5Domanda Bradamante ove sia quella;
68.6e il buon pastor non pur dice con bocca,
68.7ma le dimostra il loco anco con mano,
68.8da cinque o da sei miglia indi lontano.
69.1La donna, ancor che Rabican ben trotte,
69.2solecitar però non lo sa tanto
69.3per quelle vie tutte fangose e rotte
69.4da la stagion ch'era piovosa alquanto,
69.5che prima arrivi, che la cieca notte
69.6fatt'abbia oscuro il mondo in ogni canto.
69.7Trovò chiusa la porta; e a chi n'avea
69.8la guardia disse ch'alloggiar volea.
70.1Rispose quel, ch'era occupato il loco
70.2da donne e da guerrier che venner dianzi,
70.3e stavano aspettando intorno al fuoco
70.4che posta fosse lor la cena inanzi.
70.5- Per lor non credo l'avrà fatta il cuoco,
70.6s'ella v'è ancor, né l'han mangiata inanzi
70.7(disse la donna): or va, che qui gli attendo;
70.8che so l'usanza, e di servarla intendo. -
71.1Parte la guardia, e porta l'imbasciata
71.2là dove i cavallier stanno a grand'agio,
71.3la qual non poté lor troppo esser grata,
71.4ch'all'aer li fa uscir freddo e malvagio;
71.5et era una gran pioggia incomminciata.
71.6Si levan pure, e piglian l'arme adagio:
71.7restano gli altri; e quei non troppo in fretta
71.8escono insieme ove la donna aspetta.
72.1Eran tre cavallier che valean tanto,
72.2che pochi al mondo valean più di loro;
72.3et eran quei che 'l dì medesmo a canto
72.4veduti a quella messaggiera fôro;
72.5quei ch'in Islanda s'avean dato vanto
72.6di Francia riportar lo scudo d'oro:
72.7e perché avean meglio i cavalli punti,
72.8prima di Bradamante erano giunti.
73.1Di loro in arme pochi eran migliori,
73.2ma di quei pochi ella sarà ben l'una;
73.3ch'a nessun patto rimaner di fuori
73.4quella notte intendea molle e digiuna.
73.5Quei dentro alle finestre e ai corridori
73.6miran la giostra al lume de la luna,
73.7che mal grado de' nugoli lo spande
73.8e fa veder, ben che la pioggia è grande.
74.1Come s'allegra un bene acceso amante
74.2ch'ai dolci furti per entrar si trova,
74.3quando al fin senta dopo indugie tante,
74.4che 'l taciturno chiavistel si muova;
74.5così volontarosa Bradamante
74.6di far di sé coi cavallieri prova,
74.7s'allegrò quando udì le porte aprire,
74.8calare il ponte, e fuor li vide uscire.
75.1Tosto che fuor del ponte i guerrier vede
75.2uscire insieme o con poco intervallo,
75.3si volge a pigliar campo, e di poi riede
75.4cacciando a tutta briglia il buon cavallo,
75.5e la lancia arrestando, che le diede
75.6il suo cugin, che non si corre in fallo,
75.7che fuor di sella è forza che trabocchi,
75.8se fosse Marte, ogni guerrier che tocchi.
76.1Il re di Svezia, che primier si mosse,
76.2fu primier anco a riversciarsi al piano:
76.3con tanta forza l'elmo gli percosse
76.4l'asta che mai non fu abbassata invano.
76.5Poi corse il re di Gotia, e ritrovosse
76.6coi piedi in aria al suo destrier lontano.
76.7Rimase il terzo sottosopra volto,
76.8ne l'acqua e nel pantan mezzo sepolto.
77.1Tosto ch'ella ai tre colpi tutti gli ebbe
77.2fatto andar coi piedi alti e i capi bassi,
77.3alla ròcca ne va, dove aver debbe
77.4la notte albergo; ma prima che passi,
77.5v'è chi la fa giurar che n'uscirebbe,
77.6sempre ch'a giostrar fuori altri chiamassi.
77.7Il signor de là dentro, che 'l valore
77.8ben n'ha veduto, le fa grande onore.
78.1Così le fa la donna che venuta
78.2era con quegli tre quivi la sera,
78.3come io dicea, da l'Isola Perduta,
78.4mandata al re di Francia messaggiera.
78.5Cortesemente a lei che la saluta,
78.6sì come graziosa e affabil era,
78.7si leva incontra, e con faccia serena
78.8piglia per mano, e seco al fuoco mena.
79.1La donna, cominciando a disarmarsi,
79.2s'avea lo scudo e dipoi l'elmo tratto;
79.3quando una cuffia d'oro, in che celarsi
79.4soleano i capei lunghi e star di piatto,
79.5uscì con l'elmo; onde caderon sparsi
79.6giù per le spalle, e la scopriro a un tratto
79.7e la feron conoscer per donzella,
79.8non men che fiera in arme, in viso bella.
80.1Quale al cader de le cortine suole
80.2parer fra mille lampade la scena,
80.3d'archi e di più d'una superba mole,
80.4d'oro e di statue e di pitture piena;
80.5o come suol fuor de la nube il sole
80.6scoprir la faccia limpida e serena:
80.7così, l'elmo levandosi dal viso,
80.8mostrò la donna aprisse il paradiso.
81.1Già son cresciute e fatte lunghe in modo
81.2le belle chiome che tagliolle il frate,
81.3che dietro al capo ne può fare un nodo,
81.4ben che non sian come son prima state.
81.5Che Bradamante sia, tien fermo e sodo
81.6(che ben l'avea veduta altre fiate)
81.7il signor de la ròcca; e più che prima
81.8or l'accarezza e mostra farne stima.
82.1Siedono al fuoco, e con giocondo e onesto
82.2ragionamento dan cibo all'orecchia,
82.3mentre, per ricreare ancora il resto
82.4del corpo, altra vivanda s'apparecchia.
82.5La donna all'oste domandò se questo
82.6modo d'albergo è nuova usanza o vecchia,
82.7e quando ebbe principio, e chi la pose;
82.8e 'l cavalliero a lei così rispose:
83.1- Nel tempo che regnava Fieramonte,
83.2Clodione, il figliuolo, ebbe una amica
83.3leggiadra e bella e di maniere conte
83.4quant'altra fosse a quella etade antica;
83.5la quale amava tanto, che la fronte
83.6non rivolgea da lei, più che si dica
83.7che facesse da Ione il suo pastore,
83.8perch'avea ugual la gelosia all'amore.
84.1Qui la tenea; che 'l luogo avuto in dono
84.2avea dal padre, e raro egli n'uscia;
84.3e con lui dieci cavallier ci sono,
84.4e dei miglior di Francia tuttavia.
84.5Qui stando, venne a capitarci il buono
84.6Tristano, et una donna in compagnia,
84.7liberata da lui poch'ore inante,
84.8che traea presa a forza un fier gigante.
85.1Tristano ci arrivò che 'l sol già volto
85.2avea le spalle ai liti di Siviglia;
85.3e domandò qui dentro esser raccolto,
85.4perché non c'è altra stanza a dieci miglia.
85.5Ma Clodion, che molto amava e molto
85.6era geloso, in somma si consiglia
85.7che forestier, sia chi si voglia, mentre
85.8ci stia la bella donna, qui non entre.
86.1Poi che con lunghe et iterate preci
86.2non poté aver qui albergo il cavalliero:
86.3"Or quel che far con prieghi io non ti feci,
86.4che 'l facci (disse) tuo mal grado, spero".
86.5E sfidò Clodion con tutti i dieci
86.6che tenea appresso, e con un grido altiero
86.7se gli offerse con lancia e spada in mano
86.8provar che discortese era e villano;
87.1con patto, che se fa che con lo stuolo
87.2suo cada in terra, et ei stia in sella forte,
87.3ne la ròcca alloggiar vuole egli solo,
87.4e vuol gli altri serrar fuor de le porte.
87.5Per non patir quest'onta, va il figliuolo
87.6del re di Francia a rischio de la morte;
87.7ch'aspramente percosso cade in terra,
87.8e cadon gli altri, e Tristan fuor li serra.
88.1Entrato ne la ròcca, trova quella
88.2la qual v'ho detta a Clodion sì cara,
88.3e ch'avea, a par d'ogn'altra, fatto bella
88.4Natura, a dar bellezze così avara.
88.5Con lei ragiona: intanto arde e martella
88.6di fuor l'amante aspra passione amara;
88.7il qual non differisce a mandar prieghi
88.8al cavallier, che dar non gli la nieghi.
89.1Tristano, ancor che lei molto non prezze,
89.2né prezzar, fuor ch'Isotta, altra potrebbe
89.3(ch'altra né ch'ami vuol né ch'accarezze
89.4la pozion che già incantata bebbe),
89.5pur, perché vendicarsi de l'asprezze
89.6che Clodion gli ha usate si vorebbe:
89.7"Di far gran torto mi parria (gli disse)
89.8che tal bellezza del suo albergo uscisse.
90.1E quando a Clodion dormire incresca
90.2solo alla frasca, e compagnia domandi,
90.3una giovane ho meco bella e fresca,
90.4non però di bellezze così grandi.
90.5Questa sarò contento che fuor esca,
90.6e ch'ubbidisca a tutti i suoi comandi;
90.7ma la più bella mi par dritto e giusto
90.8che stia con quel di noi ch'è più robusto".
91.1Escluso Clodione e malcontento,
91.2andò sbuffando tutta notte in volta,
91.3come s'a quei che ne l'alloggiamento
91.4dormiano ad agio, fêsse egli l'ascolta;
91.5e molto più che del freddo e del vento,
91.6si dolea de la donna che gli è tolta.
91.7La mattina Tristano a cui ne 'ncrebbe,
91.8gli la rendé, donde il dolor fin ebbe:
92.1perché gli disse, e lo fe' chiaro e certo,
92.2che qual trovolla, tal gli la rendea;
92.3e ben che degno era d'ogni onta in merto
92.4de la discortesia ch'usata avea,
92.5pur contentar d'averlo allo scoperto
92.6fatto star tutta notte si volea:
92.7né l'escusa accettò, che fosse Amore
92.8stato cagion di così grave errore;
93.1ch'Amor de' far gentile un cor villano,
93.2e non far d'un gentil contrario effetto.
93.3Partito che si fu di qui Tristano,
93.4Clodion non ste' molto a mutar tetto;
93.5ma prima consegnò la ròcca in mano
93.6a un cavallier, che molto gli era accetto,
93.7con patto ch'egli e chi da lui venisse,
93.8quest'uso in albergar sempre seguisse:
94.1che 'l cavallier ch'abbia maggior possanza,
94.2e la donna beltà, sempre ci alloggi;
94.3e chi vinto riman, vòti la stanza,
94.4dorma sul prato, o altrove scenda e poggi.
94.5E finalmente ci fe' por l'usanza
94.6che vedete durar fin al dì d'oggi. -
94.7Or, mentre il cavallier questo dicea,
94.8lo scalco por la mensa fatto avea.
95.1Fatto l'avea ne la gran sala porre,
95.2di che non era al mondo la più bella;
95.3indi con torchi accesi venne a tôrre
95.4le belle donne, e le condusse in quella.
95.5Bradamante, all'entrar, con gli occhi scorre,
95.6e similmente fa l'altra donzella;
95.7e tutte piene le superbe mura
95.8veggon di nobilissima pittura.
96.1Di sì belle figure è adorno il loco,
96.2che per mirarle oblian la cena quasi,
96.3ancor che ai corpi non bisogni poco,
96.4pel travaglio del dì lassi rimasi,
96.5e lo scalco si doglia e doglia il coco,
96.6che i cibi lascin raffreddar nei vasi.
96.7Pur fu chi disse: - Meglio fia che voi
96.8pasciate prima il ventre, e gli occhi poi. -
97.1S'erano assisi, e porre alle vivande
97.2voleano man, quando il signor s'avide
97.3che l'alloggiar due donne è un error grande:
97.4l'una ha da star, l'altra convien che snide.
97.5Stia la più bella, e la men fuor si mande,
97.6dove la pioggia bagna e 'l vento stride.
97.7Perché non vi son giunte amendue a un'ora,
97.8l'una ha a partire, e l'altra a far dimora.
98.1Chiama duo vecchi, e chiama alcune sue
98.2donne di casa, a tal giudizio buone;
98.3e le donzelle mira, e di lor due
98.4chi la più bella sia, fa paragone.
98.5Finalmente parer di tutti fue
98.6ch'era più bella la figlia d'Amone;
98.7e non men di beltà l'altra vincea,
98.8che di valore i guerrier vinti avea.
99.1Alla donna d'Islanda, che non sanza
99.2molta sospizion stava di questo,
99.3il signor disse: - Che serviàn l'usanza,
99.4non v'ha, donna, a parer se non onesto.
99.5A voi convien procacciar d'altra stanza,
99.6quando a noi tutti è chiaro e manifesto
99.7che costei di bellezze e di sembianti,
99.8ancor ch'inculta sia, vi passa inanti. -
100.1Come si vede in un momento oscura
100.2nube salir d'umida valle al cielo,
100.3che la faccia che prima era sì pura
100.4cuopre del sol con tenebroso velo;
100.5così la donna alla sentenzia dura
100.6che fuor la caccia ove è la pioggia e 'l gielo,
100.7cangiar si vide, e non parer più quella
100.8che fu pur dianzi sì gioconda e bella.
101.1S'impallidisce, e tutta cangia in viso,
101.2che tal sentenza udir poco le aggrada.
101.3Ma Bradamante con un saggio aviso,
101.4che per pietà non vuol che se ne vada,
101.5rispose: - A me non par che ben deciso,
101.6né che ben giusto alcun giudicio cada,
101.7ove prima non s'oda quanto nieghi
101.8la parte o affermi, e sue ragioni alleghi.
102.1Io ch'a difender questa causa toglio,
102.2dico: o più bella o men ch'io sia di lei,
102.3non venni come donna qui, né voglio
102.4che sian di donna ora i progressi miei.
102.5Ma chi dirà, se tutta non mi spoglio,
102.6s'io sono o s'io non son quel ch'è costei?
102.7E quel che non si sa non si de' dire,
102.8e tanto men, quando altri n'ha a patire.
103.1Ben son degli altri ancor, c'hanno le chiome
103.2lunghe, com'io, né donne son per questo.
103.3Se come cavallier la stanza, o come
103.4donna acquistata m'abbia, è manifesto:
103.5perché dunque volete darmi nome
103.6di donna, se di maschio è ogni mio gesto?
103.7La legge vostra vuol che ne sian spinte
103.8donne da donne, e non da guerrier vinte.
104.1Poniamo ancor, che, come a voi pur pare,
104.2io donna sia (che non però il concedo),
104.3ma che la mia beltà non fosse pare
104.4a quella di costei; non però credo
104.5che mi vorreste la mercé levare
104.6di mia virtù, se ben di viso io cedo.
104.7Perder per men beltà giusto non parmi
104.8quel c'ho acquistato per virtù con l'armi.
105.1E quando ancor fosse l'usanza tale,
105.2che chi perde in beltà ne dovesse ire,
105.3io ci vorrei restare, o bene o male
105.4che la mia ostinazion dovesse uscire.
105.5Per questo, che contesa diseguale
105.6è tra me e questa donna, vo' inferire
105.7che, contendendo di beltà, può assai
105.8perdere, e meco guadagnar non mai.
106.1E se guadagni e perdite non sono
106.2in tutto pari, ingiusto è ogni partito:
106.3sì ch'a lei per ragion, sì ancor per dono
106.4spezial, non sia l'albergo proibito.
106.5E s'alcuno di dir che non sia buono
106.6e dritto il mio giudizio sarà ardito,
106.7sarò per sostenergli a suo piacere,
106.8che 'l mio sia vero, e falso il suo parere. -
107.1La figliola d'Amon, mossa a pietade
107.2che questa gentil donna debba a torto
107.3esser cacciata ove la pioggia cade,
107.4ove né tetto, ove né pure è un sporto,
107.5al signor de l'albergo persuade
107.6con ragion molte e con parlare accorto,
107.7ma molto più con quel ch'al fin concluse
107.8che resti cheto e accetti le sue scuse.
108.1Qual sotto il più cocente ardore estivo,
108.2quando di ber più desiosa è l'erba,
108.3il fior ch'era vicino a restar privo
108.4di tutto quell'umor ch'in vita il serba,
108.5sente l'amata pioggia e si fa vivo;
108.6così, poi che difesa sì superba
108.7si vide apparecchiar la messaggiera,
108.8lieta e bella tornò come prim'era.
109.1La cena, stata lor buon pezzo avante,
109.2né ancor pur tocca, al fin godêrsi in festa,
109.3senza che più di cavalliero errante
109.4nuova venuta fosse lor molesta.
109.5La godêr gli altri, ma non Bradamante,
109.6pure all'usanza addolorata e mesta;
109.7che quel timor, che quel sospetto ingiusto
109.8che sempre avea nel cor, le tollea il gusto.
110.1Finita ch'ella fu (che saria forse
110.2stata più lunga, se 'l desir non era
110.3di cibar gli occhi), Bradamante sorse,
110.4e sorse appresso a lei la messaggiera.
110.5Accennò quel signore ad un che corse,
110.6e prestamente allumò molta cera,
110.7che splender fe' la sala in ogni canto.
110.8Quel che seguì, dirò ne l'altro canto.
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