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1.1Donne, e voi che le donne avete in pregio,
1.2per Dio, non date a questa istoria orecchia,
1.3a questa che l'ostier dire in dispregio
1.4e in vostra infamia e biasmo s'apparecchia;
1.5ben che né macchia vi può dar né fregio
1.6lingua sì vile, e sia l'usanza vecchia
1.7che 'l volgare ignorante ognun riprenda,
1.8e parli più di quel che meno intenda.
2.1Lasciate questo canto, che senza esso
2.2può star l'istoria, e non sarà men chiara.
2.3Mettendolo Turpino, anch'io l'ho messo,
2.4non per malivolenzia né per gara.
2.5Ch'io v'ami, oltre mia lingua che l'ha espresso,
2.6che mai non fu di celebrarvi avara,
2.7n'ho fatto mille prove; e v'ho dimostro
2.8ch'io son, né potrei esser se non vostro.
3.1Passi, chi vuol, tre carte o quattro, senza
3.2leggerne verso, e chi pur legger vuole,
3.3gli dia quella medesima credenza
3.4che si suol dare a finzioni e a fole.
3.5Ma tornando al dir nostro, poi ch'udienza
3.6apparecchiata vide a sue parole,
3.7e darsi luogo incontra al cavalliero,
3.8così l'istoria incominciò l'ostiero.
4.1- Astolfo, re de' Longobardi, quello
4.2a cui lasciò il fratel monaco il regno,
4.3fu ne la giovinezza sua sì bello,
4.4che mai poch'altri giunsero a quel segno.
4.5N'avria a fatica un tal fatto a penello
4.6Apelle, o Zeusi, o se v'è alcun più degno.
4.7Bello era, et a ciascun così parea:
4.8ma di molto egli ancor più si tenea.
5.1Non stimava egli tanto per l'altezza
5.2del grado suo, d'avere ognun minore;
5.3né tanto, che di genti e di ricchezza,
5.4di tutti i re vicini era il maggiore;
5.5quanto che di presenzia e di bellezza
5.6avea per tutto 'l mondo il primo onore.
5.7Godea di questo, udendosi dar loda,
5.8quanto di cosa volentier più s'oda.
6.1Tra gli altri di sua corte avea assai grato
6.2Fausto Latini, un cavallier romano:
6.3con cui sovente essendosi lodato
6.4or del bel viso, or de la bella mano,
6.5et avendolo un giorno domandato
6.6se mai veduto avea, presso o lontano,
6.7altro uom di forma così ben composto;
6.8contra quel che credea, gli fu risposto.
7.1"Dico (rispose Fausto) che secondo
7.2ch'io veggo e che parlarne odo a ciascuno,
7.3ne la bellezza hai pochi pari al mondo;
7.4e questi pochi io li restringo in uno.
7.5Quest'uno è un fratel mio, detto Iocondo.
7.6Eccetto lui, ben crederò ch'ognuno
7.7di beltà molto a dietro tu ti lassi;
7.8ma questo sol credo t'adegui e passi".
8.1Al re parve impossibil cosa udire,
8.2che sua la palma infin allora tenne;
8.3e d'aver conoscenza alto desire
8.4di sì lodato giovene gli venne.
8.5Fe' sì con Fausto, che di far venire
8.6quivi il fratel prometter gli convenne;
8.7ben ch'a poterlo indur che ci venisse,
8.8saria fatica, e la cagion gli disse:
9.1che 'l suo fratello era uom che mosso il piede
9.2mai non avea di Roma alla sua vita,
9.3che del ben che Fortuna gli concede,
9.4tranquilla e senza affanni avea notrita:
9.5la roba di che 'l padre il lasciò erede,
9.6né mai cresciuta avea né minuita;
9.7e che parrebbe a lui Pavia lontana
9.8più che non parria a un altro ire alla Tana.
10.1E la difficultà saria maggiore
10.2a poterlo spiccar da la mogliere,
10.3con cui legato era di tanto amore,
10.4che non volendo lei, non può volere.
10.5Pur per ubbidir lui che gli è signore,
10.6disse d'andare e fare oltre il potere.
10.7Giunse il re a' prieghi tali offerte e doni,
10.8che di negar non gli lasciò ragioni.
11.1Partisse, e in pochi giorni ritrovosse
11.2dentro di Roma alle paterne case.
11.3Quivi tanto pregò, che 'l fratel mosse
11.4sì ch'a venire al re gli persuase;
11.5e fece ancor (ben che difficil fosse)
11.6che la cognata tacita rimase,
11.7proponendole il ben che n'usciria,
11.8oltre ch'obligo sempre egli l'avria.
12.1Fisse Iocondo alla partita il giorno:
12.2trovò cavalli e servitori intanto,
12.3vesti fe' far per comparire adorno;
12.4che talor cresce una beltà un bel manto.
12.5La notte a lato, e 'l dì la moglie intorno,
12.6con gli occhi ad or ad or pregni di pianto,
12.7gli dice che non sa come patire
12.8potrà tal lontananza, e non morire;
13.1che pensandovi sol, da la radice
13.2sveller si sente il cor nel lato manco.
13.3"Deh, vita mia, non piagnere (le dice
13.4Iocondo, e seco piagne egli non manco);
13.5così mi sia questo camin felice,
13.6come tornar vo' fra duo mesi almanco:
13.7né mi faria passar d'un giorno il segno,
13.8se mi donasse il re mezzo il suo regno".
14.1Né la donna perciò si riconforta:
14.2dice che troppo termine si piglia;
14.3e s'al ritorno non la trova morta,
14.4esser non può se non gran maraviglia.
14.5Non lascia il duol che giorni e notte porta,
14.6che gustar cibo, e chiuder possa ciglia;
14.7tal che per la pietà Iocondo spesso
14.8si pente ch'al fratello abbia promesso.
15.1Dal collo un suo monile ella si sciolse,
15.2ch'una crocetta avea ricca di gemme,
15.3e di sante reliquie che raccolse
15.4in molti luoghi un peregrin boemme;
15.5et il padre di lei, ch'in casa il tolse
15.6tornando infermo di Ierusalemme,
15.7venendo a morte poi ne lasciò erede:
15.8questa levossi et al marito diede.
16.1E che la porti per suo amore al collo
16.2lo prega, sì che ognor gli ne sovenga.
16.3Piacque il dono al marito, et accettollo;
16.4non perché dar ricordo gli convenga:
16.5che né tempo né absenzia mai dar crollo,
16.6né buona o ria fortuna che gli avenga,
16.7potrà a quella memoria salda e forte
16.8c'ha di lei sempre e avrà dopo la morte.
17.1La notte ch'andò inanzi a quella aurora
17.2che fu il termine estremo alla partenza,
17.3al suo Iocondo par ch'in braccio muora
17.4la moglie, che n'ha tosto da star senza.
17.5Mai non si dorme; e inanzi al giorno un'ora
17.6viene il marito all'ultima licenza.
17.7Montò a cavallo, e si partì in effetto;
17.8e la moglier si ricorcò nel letto.
18.1Iocondo ancor duo miglia ito non era,
18.2che gli venne la croce raccordata,
18.3ch'avea sotto il guancial messo la sera,
18.4poi per oblivion l'avea lasciata.
18.5"Lasso! (dicea tra sé) di che maniera
18.6troverò scusa che mi sia accettata,
18.7che mia moglie non creda che gradito
18.8poco da me sia l'amor suo infinito?"
19.1Pensa la scusa, e poi gli cade in mente
19.2che non sarà accettabile né buona,
19.3mandi famigli, mandivi altra gente,
19.4s'egli medesmo non vi va in persona.
19.5Si ferma, e al fratel dice: "Or pianamente
19.6fin a Baccano al primo albergo sprona;
19.7che dentro a Roma è forza ch'io rivada:
19.8e credo anco di giugnerti per strada.
20.1Non potria fare altri il bisogno mio:
20.2né dubitar, ch'io sarò tosto teco".
20.3Voltò il ronzin di trotto, e disse a Dio;
20.4né de' famigli suoi vòlse alcun seco.
20.5Già cominciava, quando passò il rio,
20.6dinanzi al sole a fuggir l'aer cieco.
20.7Smonta in casa, va al letto, e la consorte
20.8quivi ritrova addormentata forte.
21.1La cortina levò senza far motto,
21.2e vide quel che men veder credea:
21.3che la sua casta e fedel moglie, sotto
21.4la coltre, in braccio a un giovene giacea.
21.5Riconobbe l'adultero di botto,
21.6per la pratica lunga che n'avea;
21.7ch'era de la famiglia sua un garzone,
21.8allevato da lui, d'umil nazione.
22.1S'attonito restasse e malcontento,
22.2meglio è pensarlo e farne fede altrui,
22.3ch'esserne mai per far l'esperimento
22.4che con suo gran dolor ne fe' costui.
22.5Da lo sdegno assalito, ebbe talento
22.6di trar la spada e uccidergli ambedui:
22.7ma da l'amor che porta, al suo dispetto,
22.8all'ingrata moglier, gli fu interdetto.
23.1Né lo lasciò questo ribaldo Amore
23.2(vedi se sì l'avea fatto vasallo)
23.3destarla pur, per non le dar dolore
23.4che fosse da lui colta in sì gran fallo.
23.5Quanto poté più tacito uscì fuore,
23.6scese le scale, e rimontò a cavallo;
23.7e punto egli d'amor, così lo punse,
23.8ch'all'albergo non fu, che 'l fratel giunse.
24.1Cambiato a tutti parve esser nel volto;
24.2vider tutti che 'l cor non avea lieto:
24.3ma non v'è chi s'apponga già di molto,
24.4e possa penetrar nel suo secreto.
24.5Credeano che da lor si fosse tolto
24.6per gire a Roma, e gito era a Corneto.
24.7Ch'amor sia del mal causa ognun s'avisa;
24.8ma non è già chi dir sappia in che guisa.
25.1Estimasi il fratel, che dolor abbia
25.2d'aver la moglie sua sola lasciata;
25.3e pel contrario duolsi egli et arrabbia
25.4che rimasa era troppo accompagnata.
25.5Con fronte crespa e con gonfiate labbia
25.6sta l'infelice, e sol la terra guata.
25.7Fausto ch'a confortarlo usa ogni prova,
25.8perché non sa la causa, poco giova.
26.1Di contrario liquor la piaga gli unge,
26.2e dove tor dovria, gli accresce doglie;
26.3dove dovria saldar, più l'apre e punge:
26.4questo gli fa col ricordar la moglie.
26.5Né posa dì né notte: il sonno lunge
26.6fugge col gusto, e mai non si raccoglie:
26.7e la faccia, che dianzi era sì bella,
26.8si cangia sì, che più non sembra quella.
27.1Par che gli occhi se ascondin ne la testa;
27.2cresciuto il naso par nel viso scarno:
27.3de la beltà sì poca gli ne resta,
27.4che ne potrà far paragone indarno.
27.5Col duol venne una febbre sì molesta,
27.6che lo fe' soggiornar all'Arbia e all'Arno:
27.7e se di bello avea serbata cosa,
27.8tosto restò come al sol colta rosa.
28.1Oltre ch'a Fausto incresca del fratello
28.2che veggia a simil termine condutto,
28.3via più gl'incresce che bugiardo a quello
28.4principe, a chi lodollo, parrà in tutto:
28.5mostrar di tutti gli uomini il più bello
28.6gli avea promesso, e mostrerà il più brutto.
28.7Ma pur continuando la sua via,
28.8seco lo trasse al fin dentro a Pavia.
29.1Già non vuol che lo vegga il re improviso,
29.2per non mostrarsi di giudicio privo:
29.3ma per lettere inanzi gli dà aviso
29.4che 'l suo fratel ne viene a pena vivo;
29.5e ch'era stato all'aria del bel viso
29.6un affanno di cor tanto nocivo,
29.7accompagnato da una febbre ria,
29.8che più non parea quel ch'esser solia.
30.1Grata ebbe la venuta di Iocondo
30.2quanto potesse il re d'amico avere;
30.3che non avea desiderato al mondo
30.4cosa altretanto, che di lui vedere.
30.5Né gli spiace vederselo secondo,
30.6e di bellezza dietro rimanere;
30.7ben che conosca, se non fosse il male,
30.8che gli saria superiore o uguale.
31.1Giunto, lo fa alloggiar nel suo palagio,
31.2lo visita ogni giorno, ogni ora n'ode;
31.3fa gran provision che stia con agio,
31.4e d'onorarlo assai si studia e gode.
31.5Langue Iocondo, che 'l pensier malvagio
31.6c'ha de la ria moglier, sempre lo rode:
31.7né 'l veder giochi, né musici udire,
31.8dramma del suo dolor può minuire.
32.1Le stanze sue, che sono appresso al tetto
32.2l'ultime, inanzi hanno una sal antica.
32.3Quivi solingo (perché ogni diletto,
32.4perch'ogni compagnia prova nimica)
32.5si ritraea, sempre aggiungendo al petto
32.6di più gravi pensier nuova fatica:
32.7e trovò quivi (or chi lo crederia?)
32.8chi lo sanò de la sua piaga ria.
33.1In capo de la sala, ove è più scuro
33.2(che non vi s'usa le finestre aprire),
33.3vede che 'l palco mal si giunge al muro,
33.4e fa d'aria più chiara un raggio uscire.
33.5Pon l'occhio quindi, e vede quel che duro
33.6a creder fôra a chi l'udisse dire:
33.7non l'ode egli d'altrui, ma se lo vede;
33.8et anco agli occhi suoi proprii non crede.
34.1Quindi scopria de la regina tutta
34.2la più secreta stanza e la più bella,
34.3ove persona non verria introdutta,
34.4se per molto fedel non l'avesse ella.
34.5Quindi mirando vide in strana lutta
34.6ch'un nano aviticchiato era con quella:
34.7et era quel piccin stato sì dotto,
34.8che la regina avea messa di sotto.
35.1Attonito Iocondo e stupefatto,
35.2e credendo sognarsi, un pezzo stette;
35.3e quando vide pur che gli era in fatto
35.4e non in sogno, a se stesso credette.
35.5"A uno sgrignuto mostro e contrafatto
35.6dunque (disse) costei si sottomette,
35.7che 'l maggior re del mondo ha per marito,
35.8più bello e più cortese? oh che appetito!"
36.1E de la moglie sua, che così spesso
36.2più d'ogn'altra biasmava, ricordosse,
36.3perché 'l ragazzo s'avea tolto appresso:
36.4et or gli parve che escusabil fosse.
36.5Non era colpa sua più che del sesso,
36.6che d'un solo uomo mai non contentosse:
36.7e s'han tutte una macchia d'uno inchiostro,
36.8almen la sua non s'avea tolto un mostro.
37.1Il dì seguente, alla medesima ora,
37.2al medesimo loco fa ritorno;
37.3e la regina e il nano vede ancora,
37.4che fanno al re pur il medesmo scorno.
37.5Trova l'altro dì ancor che si lavora,
37.6e l'altro; e al fin non si fa festa giorno:
37.7e la regina (che gli par più strano)
37.8sempre si duol che poco l'ami il nano.
38.1Stette fra gli altri un giorno a veder, ch'ella
38.2era turbata e in gran malenconia,
38.3che due volte chiamar per la donzella
38.4il nano fatto avea, n'ancor venìa.
38.5Mandò la terza volta, et udì quella,
38.6che: "Madonna, egli giuoca (riferia);
38.7e per non stare in perdita d'un soldo,
38.8a voi niega venire il manigoldo."
39.1A sì strano spettacolo Iocondo
39.2raserena la fronte e gli occhi e il viso;
39.3e quale in nome, diventò giocondo
39.4d'effetto ancora, e tornò il pianto in riso.
39.5Allegro torna e grasso e rubicondo,
39.6che sembra un cherubin del paradiso;
39.7che 'l re, il fratello e tutta la famiglia
39.8di tal mutazion si maraviglia.
40.1Se da Iocondo il re bramava udire
40.2onde venisse il subito conforto,
40.3non men Iocondo lo bramava dire,
40.4e fare il re di tanta ingiuria accorto;
40.5ma non vorria che, più di sé, punire
40.6volesse il re la moglie di quel torto;
40.7sì che per dirlo e non far danno a lei,
40.8il re fece giurar su l'agnusdei.
41.1Giurar lo fe' che né per cosa detta,
41.2né che gli sia mostrata che gli spiaccia,
41.3ancor ch'egli conosca che diretta-
41.4mente a sua Maestà danno si faccia,
41.5tardi o per tempo mai farà vendetta;
41.6e di più vuole ancor che se ne taccia,
41.7sì che né il malfattor giamai comprenda
41.8in fatto o in detto, che 'l re il caso intenda.
42.1Il re, ch'ogn'altra cosa, se non questa,
42.2creder potria, gli giurò largamente.
42.3Iocondo la cagion gli manifesta,
42.4ond'era molti dì stato dolente:
42.5perché trovata avea la disonesta
42.6sua moglie in braccio d'un suo vil sergente;
42.7e che tal pena al fin l'avrebbe morto,
42.8se tardato a venir fosse il conforto.
43.1Ma in casa di sua Altezza avea veduto
43.2cosa che molto gli scemava il duolo;
43.3che se bene in obbrobrio era caduto,
43.4era almen certo di non v'esser solo.
43.5Così dicendo, e al bucolin venuto,
43.6gli dimostrò il bruttissimo omiciuolo
43.7che la giumenta altrui sotto si tiene,
43.8tocca di sproni e fa giuocar di schene.
44.1Se parve al re vituperoso l'atto,
44.2lo crederete ben, senza ch'io 'l giuri.
44.3Ne fu per arrabbiar, per venir matto;
44.4ne fu per dar del capo in tutti i muri;
44.5fu per gridar, fu per non stare al patto:
44.6ma forza è che la bocca al fin si turi,
44.7e che l'ira trangugi amara et acra,
44.8poi che giurato avea su l'ostia sacra.
45.1"Che debbo far, che mi consigli, frate
45.2(disse a Iocondo), poi che tu mi tolli
45.3che con degna vendetta e crudeltate
45.4questa giustissima ira io non satolli?"
45.5"Lasciàn (disse Iocondo) queste ingrate,
45.6e proviam se son l'altre così molli:
45.7facciàn de le lor femine ad altrui
45.8quel ch'altri de le nostre han fatto a nui.
46.1Ambi gioveni siamo, e di bellezza,
46.2che facilmente non troviamo pari.
46.3Qual femina sarà che n'usi asprezza,
46.4se contra i brutti ancor non han ripari?
46.5Se beltà non varrà né giovinezza,
46.6varranne almen l'aver con noi danari.
46.7Non vo' che torni, che non abbi prima
46.8di mille moglie altrui la spoglia opima.
47.1La lunga absenzia, il veder vari luoghi,
47.2praticare altre femine di fuore,
47.3par che sovente disacerbi e sfoghi
47.4de l'amorose passioni il core".
47.5Lauda il parer, né vuol che si proròghi
47.6il re l'andata; e fra pochissime ore,
47.7con duo scudieri, oltre alla compagnia
47.8del cavallier roman, si mette in via.
48.1Travestiti cercaro Italia, Francia,
48.2le terre de' Fiaminghi e de l'Inglesi;
48.3e quante ne vedean di bella guancia,
48.4trovavan tutte ai prieghi lor cortesi.
48.5Davano, e dato loro era la mancia;
48.6e spesso rimetteano i danar spesi.
48.7Da lor pregate fôro molte, e fôro
48.8anch'altretante che pregaron loro.
49.1In questa terra un mese, in quella dui
49.2soggiornando, accertârsi a vera prova
49.3che non men ne le lor, che ne l'altrui
49.4femine, fede e castità si trova.
49.5Dopo alcun tempo increbbe ad ambedui
49.6di sempre procacciar di cosa nuova;
49.7che mal poteano entrar ne l'altrui porte,
49.8senza mettersi a rischio de la morte.
50.1Gli è meglio una trovarne che di faccia
50.2e di costumi ad ambi grata sia;
50.3che lor communemente sodisfaccia,
50.4e non n'abbin d'aver mai gelosia.
50.5"E perché (dicea il re) vo' che mi spiaccia
50.6aver più te ch'un altro in compagnia?
50.7So ben ch'in tutto il gran femineo stuolo
50.8una non è che stia contenta a un solo.
51.1Una, senza sforzar nostro potere,
51.2ma quando il natural bisogno inviti,
51.3in festa goderemoci e in piacere,
51.4che mai contese non avren né liti.
51.5Né credo che si debba ella dolere:
51.6che s'anco ogn'altra avesse duo mariti,
51.7più ch'ad un solo, a duo saria fedele;
51.8né forse s'udirian tante querele".
52.1Di quel che disse il re, molto contento
52.2rimaner parve il giovine romano.
52.3Dunque fermati in tal proponimento,
52.4cercâr molte montagne e molto piano:
52.5trovaro al fin, secondo il loro intento,
52.6una figliuola d'uno ostiero ispano,
52.7che tenea albergo al porto di Valenza,
52.8bella di modi e bella di presenza.
53.1Era ancor sul fiorir di primavera
53.2sua tenerella e quasi acerba etade.
53.3Di molti figli il padre aggravat'era,
53.4e nimico mortal di povertade;
53.5sì ch'a disporlo fu cosa leggiera,
53.6che desse lor la figlia in potestade;
53.7ch'ove piacesse lor potesson trarla,
53.8poi che promesso avean di ben trattarla.
54.1Pigliano la fanciulla, e piacer n'hanno
54.2or l'un or l'altro in caritade e in pace,
54.3come a vicenda i mantici che dànno,
54.4or l'uno or l'altro, fiato alla fornace.
54.5Per veder tutta Spagna indi ne vanno,
54.6e passar poi nel regno di Siface;
54.7e 'l dì che da Valenza si partiro,
54.8ad albergare a Zattiva veniro.
55.1I patroni a veder strade e palazzi
55.2ne vanno, e lochi publici e divini;
55.3ch'usanza han di pigliar simil solazzi
55.4in ogni terra ove entran peregrini;
55.5e la fanciulla resta coi ragazzi.
55.6Altri i letti, altri acconciano i ronzini,
55.7altri hanno cura che sia alla tornata
55.8dei signor lor la cena apparecchiata.
56.1Ne l'albergo un garzon stava per fante,
56.2ch'in casa de la giovene già stette
56.3a' servigi del padre, e d'essa amante
56.4fu da' primi anni, e del suo amor godette.
56.5Ben s'adocchiâr, ma non ne fêr sembiante,
56.6ch'esser notato ognun di lor temette:
56.7ma tosto ch'i patroni e la famiglia
56.8lor dieron luogo, alzâr tra lor le ciglia.
57.1Il fante domandò dove ella gisse,
57.2e qual dei duo signor l'avesse seco.
57.3A punto la Fiammetta il fatto disse
57.4(così avea nome, e quel garzone il Greco).
57.5"Quando sperai che 'l tempo, ohimè! venisse
57.6(il Greco le dicea) di viver teco,
57.7Fiammetta, anima mia, tu te ne vai,
57.8e non so più di rivederti mai.
58.1Fannosi i dolci miei disegni amari,
58.2poi che sei d'altri, e tanto mi ti scosti.
58.3Io disegnava, avendo alcun'danari
58.4con gran fatica e gran sudor riposti,
58.5ch'avanzato m'avea de' miei salari
58.6e de le bene andate di molti osti,
58.7di tornare a Valenza, e domandarti
58.8al padre tuo per moglie, e di sposarti".
59.1La fanciulla negli omeri si stringe,
59.2e risponde che fu tardo a venire.
59.3Piange il Greco e sospira, e parte finge:
59.4"Vuommi (dice) lasciar così morire?
59.5Con le tuo braccia i fianchi almen mi cinge,
59.6lasciami disfogar tanto desire;
59.7ch'inanzi che tu parta, ogni momento
59.8che teco io stia mi fa morir contento".
60.1La pietosa fanciulla rispondendo:
60.2"Credi (dicea) che men di te nol bramo;
60.3ma né luogo né tempo ci comprendo
60.4qui, dove in mezzo di tanti occhi siamo".
60.5Il Greco soggiungea: "Certo mi rendo,
60.6che s'un terzo ami me di quel ch'io t'amo,
60.7in questa notte almen troverai loco
60.8che ci potren godere insieme un poco".
61.1"Come potrò (diceagli la fanciulla),
61.2che sempre in mezzo a duo la notte giaccio?
61.3e meco or l'uno or l'altro si trastulla,
61.4e sempre a l'un di lor mi trovo in braccio?"
61.5"Questo ti fia (suggiunse il Greco) nulla;
61.6che ben ti saprai tor di questo impaccio,
61.7e uscir di mezzo lor, pur che tu voglia:
61.8e déi voler, quando di me ti doglia".
62.1Pensa ella alquanto, e poi dice che vegna
62.2quando creder potrà ch'ognuno dorma;
62.3e pianamente come far convegna,
62.4e de l'andare e del tornar l'informa.
62.5Il Greco, sì come ella gli disegna,
62.6quando sente dormir tutta la torma,
62.7viene all'uscio e lo spinge, e quel gli cede:
62.8entra pian piano, e va a tenton col piede.
63.1Fa lunghi i passi, e sempre in quel di dietro
63.2tutto si ferma, e l'altro par che muova
63.3a guisa che di dar tema nel vetro,
63.4non che 'l terreno abbia a calcar, ma l'uova;
63.5e tien la mano inanzi simil metro,
63.6va brancolando infin che 'l letto trova:
63.7e di là dove gli altri avean le piante,
63.8tacito si cacciò col capo inante.
64.1Fra l'una e l'altra gamba di Fiammetta,
64.2che supina giacea, diritto venne;
64.3e quando le fu a par, l'abbracciò stretta,
64.4e sopra lei sin presso al dì si tenne.
64.5Cavalcò forte, e non andò a staffetta;
64.6che mai bestia mutar non gli convenne:
64.7che questa pare a lui che sì ben trotte,
64.8che scender non ne vuol per tutta notte.
65.1Avea Iocondo et avea il re sentito
65.2il calpestio che sempre il letto scosse;
65.3e l'uno e l'altro, d'uno error schernito,
65.4s'avea creduto che 'l compagno fosse.
65.5Poi ch'ebbe il Greco il suo camin fornito,
65.6sì come era venuto, anco tornosse.
65.7Saettò il sol da l'orizzonte i raggi;
65.8sorse Fiammetta, e fece entrare i paggi.
66.1Il re disse al compagno motteggiando:
66.2"Frate, molto camin fatto aver déi;
66.3e tempo è ben che ti riposi, quando
66.4stato a cavallo tutta notte sei".
66.5Iocondo a lui rispose di rimando,
66.6e disse: "Tu di' quel ch'io a dire avrei.
66.7A te tocca posare, e pro ti faccia,
66.8che tutta notte hai cavalcato a caccia".
67.1"Anch'io (suggiunse il re) senza alcun fallo
67.2lasciato avria il mio can correre un tratto,
67.3se m'avessi prestato un po' il cavallo,
67.4tanto che 'l mio bisogno avessi fatto".
67.5Iocondo replicò: "Son tuo vasallo,
67.6e puoi far meco e rompere ogni patto:
67.7sì che non convenia tal cenni usare;
67.8ben mi potevi dir: lasciala stare".
68.1Tanto replica l'un, tanto soggiunge
68.2l'altro, che sono a grave lite insieme.
68.3Vengon da' motti ad un parlar che punge,
68.4ch'ad amenduo l'esser beffato preme.
68.5Chiaman Fiammetta (che non era lunge,
68.6e de la fraude esser scoperta teme)
68.7per fare in viso l'uno all'altro dire
68.8quel che negando ambi parean mentire.
69.1"Dimmi (le disse il re con fiero sguardo),
69.2e non temer di me né di costui;
69.3chi tutta notte fu quel sì gagliardo,
69.4che ti godé senza far parte altrui?"
69.5Credendo l'un provar l'altro bugiardo,
69.6la risposta aspettavano ambedui.
69.7Fiammetta a' piedi lor si gittò, incerta
69.8di viver più, vedendosi scoperta.
70.1Domandò lor perdono, che d'amore
70.2ch'a un giovinetto avea portato, spinta,
70.3e da pietà d'un tormentato core
70.4che molto avea per lei patito, vinta,
70.5caduta era la notte in quello errore;
70.6e seguitò, senza dir cosa finta,
70.7come tra lor con speme si condusse,
70.8ch'ambi credesson che 'l compagno fusse.
71.1Il re e Iocondo si guardaro in viso,
71.2di maraviglia e di stupor confusi;
71.3né d'aver anco udito lor fu aviso,
71.4ch'altri duo fusson mai così delusi.
71.5Poi scoppiaro ugualmente in tanto riso,
71.6che con la bocca aperta e gli occhi chiusi,
71.7potendo a pena il fiato aver del petto,
71.8a dietro si lasciâr cader sul letto.
72.1Poi ch'ebbon tanto riso, che dolere
72.2se ne sentiano il petto, e pianger gli occhi,
72.3disson tra lor: "Come potremo avere
72.4guardia, che la moglier non ne l'accocchi,
72.5se non giova tra duo questa tenere,
72.6e stretta sì, che l'uno e l'altro tocchi?
72.7Se più che crini avesse occhi il marito,
72.8non potria far che non fosse tradito.
73.1Provate mille abbiamo, e tutte belle;
73.2né di tante una è ancor che ne contraste.
73.3Se provian l'altre, fian simili anch'elle;
73.4ma per ultima prova costei baste.
73.5Dunque possiamo creder che più felle
73.6non sien le nostre, o men de l'altre caste:
73.7e se son come tutte l'altre sono,
73.8che torniamo a godercile fia buono".
74.1Conchiuso ch'ebbon questo, chiamar fêro
74.2per Fiammetta medesima il suo amante;
74.3e in presenzia di molti gli la diero
74.4per moglie, e dote che gli fu bastante.
74.5Poi montaro a cavallo, e il lor sentiero
74.6ch'era a ponente, volsero a levante;
74.7et alle mogli lor se ne tornaro,
74.8di ch'affanno mai più non si pigliaro. -
75.1L'ostier qui fine alla sua istoria pose,
75.2che fu con molta attenzione udita.
75.3Udilla il Saracin, né gli rispose
75.4parola mai, fin che non fu finita.
75.5Poi disse: - Io credo ben che de l'ascose
75.6feminil frode sia copia infinita;
75.7né si potria de la millesma parte
75.8tener memoria con tutte le carte. -
76.1Quivi era un uom d'età, ch'avea più retta
76.2opinion degli altri, e ingegno e ardire;
76.3e non potendo ormai, che sì negletta
76.4ogni femina fosse, più patire,
76.5si volse a quel ch'avea l'istoria detta,
76.6e gli disse: - Assai cose udimo dire,
76.7che veritade in sé non hanno alcuna:
76.8e ben di queste è la tua favola una.
77.1A chi te la narrò non do credenza,
77.2s'evangelista ben fosse nel resto;
77.3ch'opinione, più ch'esperienza
77.4ch'abbia di donne, lo facea dir questo.
77.5L'avere ad una o due malivolenza,
77.6fa ch'odia e biasma l'altre oltre all'onesto;
77.7ma se gli passa l'ira, io vo' tu l'oda,
77.8più ch'ora biasmo, anco dar lor gran loda.
78.1E se vorrà lodarne, avrà maggiore
78.2il campo assai, ch'a dirne mal non ebbe:
78.3di cento potrà dir degne d'onore
78.4verso una trista che biasmar si debbe.
78.5Non biasmar tutte, ma serbarne fuore
78.6la bontà d'infinite si dovrebbe;
78.7e se 'l Valerio tuo disse altrimente,
78.8disse per ira, e non per quel che sente.
79.1Ditemi un poco: è di voi forse alcuno
79.2ch'abbia servato alla sua moglie fede?
79.3che nieghi andar, quando gli sia oportuno,
79.4all'altrui donna, e darle ancor mercede?
79.5credete in tutto 'l mondo trovarne uno?
79.6chi 'l dice, mente; e folle è ben chi 'l crede.
79.7Trovatene vo' alcuna che vi chiami?
79.8(non parlo de le publiche et infami).
80.1Conoscete alcun voi, che non lasciasse
80.2la moglie sola, ancor che fosse bella,
80.3per seguire altra donna, se sperasse
80.4in breve e facilmente ottener quella?
80.5Che farebbe egli, quando lo pregasse
80.6o desse premio a lui donna o donzella?
80.7Credo, per compiacere or queste or quelle,
80.8che tutti lasciaremmovi la pelle.
81.1Quelle che i lor mariti hanno lasciati,
81.2le più volte cagione avuta n'hanno.
81.3Del suo di casa li veggon svogliati,
81.4e che fuor, de l'altrui bramosi, vanno.
81.5Dovriano amar, volendo essere amati,
81.6e tor con la misura ch'a-llor dànno.
81.7Io farei (se a me stesse il darla e tôrre)
81.8tal legge, ch'uom non vi potrebbe opporre.
82.1Saria la legge, ch'ogni donna colta
82.2in adulterio, fosse messa a morte,
82.3se provar non potesse ch'una volta
82.4avesse adulterato il suo consorte:
82.5se provar lo potesse, andrebbe asciolta,
82.6né temeria il marito né la corte.
82.7Cristo ha lasciato nei precetti suoi:
82.8non far altrui quel che patir non vuoi.
83.1La incontinenza è quanto mal si puote
83.2imputar lor, non già a tutto lo stuolo.
83.3Ma in questo chi ha di noi più brutte note?
83.4che continente non si trova un solo.
83.5E molto più n'ha ad arrossir le gote,
83.6quando bestemmia, ladroneccio, dolo,
83.7usura et omicidio, e se v'è peggio,
83.8raro, se non dagli uomini, far veggio. -
84.1Appresso alle ragioni avea il sincero
84.2e giusto vecchio in pronto alcuno esempio
84.3di donne, che né in fatto né in pensiero
84.4mai di lor castità patiron scempio.
84.5Ma il Saracin, che fuggia udire il vero,
84.6lo minacciò con viso crudo et empio,
84.7sì che lo fece per timor tacere;
84.8ma già non lo mutò di suo parere.
85.1Posto ch'ebbe alle liti e alle contese
85.2termine il re pagan, lasciò la mensa;
85.3indi nel letto per dormir si stese
85.4fin al partir de l'aria scura e densa:
85.5ma de la notte, a sospirar l'offese
85.6più de la donna ch'a dormir, dispensa.
85.7Quindi parte all'uscir del nuovo raggio,
85.8e far disegna in nave il suo viaggio.
86.1Però ch'avendo tutto quel rispetto
86.2ch'a buon cavallo dee buon cavalliero,
86.3a quel suo bello e buono, ch'a dispetto
86.4tenea di Sacripante e di Ruggiero;
86.5vedendo per duo giorni averlo stretto
86.6più che non si dovria sì buon destriero,
86.7lo pon, per riposarlo, e lo rassetta
86.8in una barca, e per andar più in fretta.
87.1Senza indugio al nocchier varar la barca,
87.2e dar fa i remi all'acqua da la sponda.
87.3Quella, non molto grande e poco carca,
87.4se ne va per la Sonna giù a seconda.
87.5Non fugge il suo pensier né se ne scarca
87.6Rodomonte per terra né per onda:
87.7lo trova in su la proda e in su la poppa;
87.8e se cavalca, il porta dietro in groppa.
88.1Anzi nel capo, o sia nel cor gli siede,
88.2e di fuor caccia ogni conforto e serra.
88.3Di ripararsi il misero non vede,
88.4da poi che gli nimici ha ne la terra.
88.5Non sa da chi sperar possa mercede,
88.6se gli fanno i domestici suoi guerra:
88.7la notte e 'l giorno e sempre è combattuto
88.8da quel crudel che dovria dargli aiuto.
89.1Naviga il giorno e la notte seguente
89.2Rodomonte col cor d'affanni grave;
89.3e non si può l'ingiuria tor di mente,
89.4che da la donna e dal suo re avuto have;
89.5e la pena e il dolor medesmo sente,
89.6che sentiva a cavallo, ancora in nave:
89.7né spegner può, per star ne l'acqua, il fuoco,
89.8né può stato mutar, per mutar loco.
90.1Come l'infermo, che dirotto e stanco
90.2di febbre ardente, va cangiando lato;
90.3o sia su l'uno o sia su l'altro fianco
90.4spera aver, se si volge, miglior stato;
90.5né sul destro riposa né sul manco,
90.6e per tutto ugualmente è travagliato:
90.7così il pagano al male ond'era infermo
90.8mal trova in terra e male in acqua schermo.
91.1Non puote in nave aver più pazienza,
91.2e si fa porre in terra Rodomonte.
91.3Lion passa e Vienna, indi Valenza,
91.4e vede in Avignone il ricco ponte;
91.5che queste terre et altre ubidienza,
91.6che son tra il fiume e 'l celtibero monte,
91.7rendean al re Agramante e al re di Spagna
91.8dal dì che fur signor de la campagna.
92.1Verso Acquamorta a man dritta si tenne
92.2con animo in Algier passare in fretta;
92.3e sopra un fiume ad una villa venne
92.4e da Bacco e da Cerere diletta,
92.5che per le spesse ingiurie, che sostenne
92.6dai soldati, a votarsi fu constretta.
92.7Quinci il gran mare, e quindi ne l'apriche
92.8valli vede ondeggiar le bionde spiche.
93.1Quivi ritrova una piccola chiesa
93.2di nuovo sopra un monticel murata,
93.3che poi ch'intorno era la guerra accesa,
93.4i sacerdoti vòta avean lasciata.
93.5Per stanza fu da Rodomonte presa;
93.6che pel sito, e perch'era sequestrata
93.7dai campi, onde avea in odio udir novella,
93.8gli piacque sì, che mutò Algieri in quella.
94.1Mutò d'andare in Africa pensiero,
94.2sì commodo gli parve il luogo e bello.
94.3Famigli e carriaggi e il suo destriero
94.4seco alloggiar fe' nel medesmo ostello.
94.5Vicino a poche leghe a Mompoliero
94.6e ad alcun altro ricco e buon castello
94.7siede il villaggio allato alla riviera;
94.8sì che d'avervi ogn'agio il modo v'era.
95.1Standovi un giorno il Saracin pensoso
95.2(come pur era il più del tempo usato),
95.3vide venir per mezzo un prato erboso,
95.4che d'un piccol sentiero era segnato,
95.5una donzella di viso amoroso
95.6in compagnia d'un monaco barbato;
95.7e si traeano dietro un gran destriero
95.8sotto una soma coperta di nero.
96.1Chi la donzella, chi 'l monaco sia,
96.2chi portin seco, vi debbe esser chiaro.
96.3Conoscere Issabella si dovria,
96.4che 'l corpo avea del suo Zerbino caro.
96.5Lasciai che vêr Provenza ne venìa
96.6sotto la scorta del vecchio preclaro,
96.7che le avea persuaso tutto il resto
96.8dicare a Dio del suo vivere onesto.
97.1Come ch'in viso pallida e smarrita
97.2sia la donzella, et abbia i crini inconti;
97.3e facciano i sospir continua uscita
97.4del petto acceso, e gli occhi sien duo fonti;
97.5et altri testimoni d'una vita
97.6misera e grave in lei si veggan pronti;
97.7tanto però di bello anco le avanza,
97.8che con le Grazie Amor vi può aver stanza.
98.1Tosto che 'l Saracin vide la bella
98.2donna apparir, messe il pensiero al fondo,
98.3ch'avea di biasmar sempre e d'odiar quella
98.4schiera gentil che pur adorna il mondo.
98.5E ben gli par dignissima Issabella,
98.6in cui locar debba il suo amor secondo,
98.7e spenger totalmente il primo, a modo
98.8che da l'asse si trae chiodo con chiodo.
99.1Incontra se le fece, e col più molle
99.2parlar che seppe, e col miglior sembiante,
99.3di sua condizione domandolle:
99.4et ella ogni pensier gli spiegò inante;
99.5come era per lasciare il mondo folle,
99.6e farsi amica a Dio con opre sante.
99.7Ride il pagano altier ch'in Dio non crede,
99.8d'ogni legge nimico e d'ogni fede.
100.1E chiama intenzione erronea e lieve,
100.2e dice che per certo ella troppo erra;
100.3né men biasmar che l'avaro si deve,
100.4che 'l suo ricco tesor metta sotterra:
100.5alcuno util per sé non ne riceve,
100.6e da l'uso degli altri uomini il serra.
100.7Chiuder leon si denno, orsi e serpenti,
100.8e non le cose belle et innocenti.
101.1Il monaco, ch'a questo avea l'orecchia,
101.2e per soccorrer la giovane incauta,
101.3che ritratta non sia per la via vecchia,
101.4sedea al governo qual pratico nauta,
101.5quivi di spiritual cibo apparecchia
101.6tosto una mensa sontuosa e lauta.
101.7Ma il Saracin, che con mal gusto nacque,
101.8non pur la saporò, che gli dispiacque:
102.1e poi ch'invano il monaco interroppe,
102.2e non poté mai far sì che tacesse,
102.3e che di pazienza il freno roppe,
102.4le mani adosso con furor gli messe.
102.5Ma le parole mie parervi troppe
102.6potriano omai, se più se ne dicesse:
102.7sì che finirò il canto; e mi fia specchio
102.8quel che per troppo dire accade al vecchio.
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