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1.1Chi mette il piè su l'amorosa pania,
1.2cerchi ritrarlo, e non v'inveschi l'ale;
1.3che non è in somma amor, se non insania,
1.4a giudizio de' savi universale:
1.5e se ben come Orlando ognun non smania,
1.6suo furor mostra a qualch'altro segnale.
1.7E quale è di pazzia segno più espresso
1.8che, per altri voler, perder se stesso?
2.1Varii gli effetti son, ma la pazzia
2.2è tutt'una però, che li fa uscire.
2.3Gli è come una gran selva, ove la via
2.4conviene a forza, a chi vi va, fallire:
2.5chi su, chi giù, chi qua, chi là travia.
2.6Per concludere in somma, io vi vo' dire:
2.7a chi in amor s'invecchia, oltr'ogni pena,
2.8si convengono i ceppi e la catena.
3.1Ben mi si potria dir: - Frate, tu vai
3.2l'altrui mostrando, e non vedi il tuo fallo. -
3.3Io vi rispondo che comprendo assai,
3.4or che di mente ho lucido intervallo;
3.5et ho gran cura (e spero farlo ormai)
3.6di riposarmi e d'uscir fuor di ballo:
3.7ma tosto far, come vorrei, nol posso;
3.8che 'l male è penetrato infin all'osso.
4.1Signor, ne l'altro canto io vi dicea
4.2che 'l forsennato e furioso Orlando
4.3trattesi l'arme e sparse al campo avea,
4.4squarciati i panni, via gittato il brando,
4.5svelte le piante, e risonar facea
4.6i cavi sassi e l'alte selve; quando
4.7alcun'pastori al suon trasse in quel lato
4.8lor stella, o qualche lor grave peccato.
5.1Viste del pazzo l'incredibil prove
5.2poi più d'appresso e la possanza estrema,
5.3si voltan per fuggir, ma non sanno ove,
5.4sì come avviene in subitana tema.
5.5Il pazzo dietro lor ratto si muove:
5.6uno ne piglia, e del capo lo scema
5.7con la facilità che torria alcuno
5.8da l'arbor pome, o vago fior dal pruno.
6.1Per una gamba il grave tronco prese,
6.2e quello usò per mazza adosso al resto:
6.3in terra un paio addormentato stese,
6.4ch'al novissimo dì forse fia desto.
6.5Gli altri sgombraro subito il paese,
6.6ch'ebbono il piede e il buono aviso presto.
6.7Non saria stato il pazzo al seguir lento,
6.8se non ch'era già volto al loro armento.
7.1Gli agricultori, accorti agli altru' esempli,
7.2lascian nei campi aratri e marre e falci:
7.3chi monta su le case e chi sui templi
7.4(poi che non son sicuri olmi né salci),
7.5onde l'orrenda furia si contempli,
7.6ch'a pugni, ad urti, a morsi, a graffi, a calci,
7.7cavalli e buoi rompe, fraccassa e strugge;
7.8e ben è corridor chi da lui fugge.
8.1Già potreste sentir come ribombe
8.2l'alto rumor ne le propinque ville
8.3d'urli, e di corni, rusticane trombe,
8.4e più spesso che d'altro, il suon di squille;
8.5e con spuntoni et archi e spiedi e frombe
8.6veder dai monti sdrucciolarne mille,
8.7et altritanti andar da basso ad alto,
8.8per fare al pazzo un villanesco assalto.
9.1Qual venir suol nel salso lito l'onda
9.2mossa da l'austro ch'a principio scherza,
9.3che maggior de la prima è la seconda,
9.4e con più forza poi segue la terza;
9.5et ogni volta più l'umore abonda,
9.6e ne l'arena più stende la sferza:
9.7tal contra Orlando l'empia turba cresce,
9.8che giù da balze scende e di valli esce.
10.1Fece morir diece persone e diece,
10.2che senza ordine alcun gli andaro in mano:
10.3e questo chiaro esperimento fece,
10.4ch'era assai più sicur starne lontano.
10.5Trar sangue da quel corpo a nessun lece,
10.6che lo fere e percuote il ferro invano.
10.7Al conte il re del ciel tal grazia diede,
10.8per porlo a guardia di sua santa fede.
11.1Era a periglio di morire Orlando,
11.2se fosse di morir stato capace.
11.3Potea imparar ch'era a gittare il brando,
11.4e poi voler senz'arme essere audace.
11.5La turba già s'andava ritirando,
11.6vedendo ogni suo colpo uscir fallace.
11.7Orlando, poi che più nessun l'attende,
11.8verso un borgo di case il camin prende.
12.1Dentro non vi trovò piccol né grande;
12.2che 'l borgo ognun per tema avea lasciato.
12.3V'erano in copia povere vivande,
12.4convenienti a un pastorale stato.
12.5Senza il pane discerner da le giande,
12.6dal digiuno e da l'impeto cacciato,
12.7le mani e il dente lasciò andar di botto
12.8in quel che trovò prima, o crudo o cotto.
13.1E quindi errando per tutto il paese,
13.2dava la caccia e agli uomini e alle fere;
13.3e scorrendo pei boschi, talor prese
13.4i capri isnelli e le damme leggiere.
13.5Spesso con orsi e con cingiai contese,
13.6e con man nude li pose a giacere:
13.7e di lor carne con tutta la spoglia
13.8più volte il ventre empì con fiera voglia.
14.1Di qua, di là, di su, di giù discorre
14.2per tutta Francia; e un giorno a un ponte arriva,
14.3sotto cui largo e pieno d'acqua corre
14.4un fiume d'alta e di scoscesa riva.
14.5Edificato accanto avea una torre
14.6che d'ogn'intorno e di lontan scopriva.
14.7Quel che fe' quivi, avete altrove a udire;
14.8che di Zerbin mi convien prima dire.
15.1Zerbin, da poi ch'Orlando fu partito,
15.2dimorò alquanto, e poi prese il sentiero
15.3che 'l paladino inanzi gli avea trito,
15.4e mosse a passo lento il suo destriero.
15.5Non credo che duo miglia anco fosse ito,
15.6che trar vide legato un cavalliero
15.7sopra un picciol ronzino, e d'ogni lato
15.8la guardia aver d'un cavalliero armato.
16.1Zerbin questo prigion conobbe tosto
16.2che gli fu appresso, e così fe' Issabella:
16.3era Odorico il Biscaglin, che posto
16.4fu come lupo a guardia de l'agnella.
16.5L'avea a tutti gli amici suoi preposto
16.6Zerbino in confidargli la donzella,
16.7sperando che la fede che nel resto
16.8sempre avea avuta, avesse ancora in questo.
17.1Come era a punto quella cosa stata,
17.2venìa Issabella raccontando allotta:
17.3come nel palischermo fu salvata,
17.4prima ch'avesse il mar la nave rotta;
17.5la forza che l'avea Odorico usata;
17.6e come tratta poi fosse alla grotta.
17.7Né giunt'era anco al fin di quel sermone,
17.8che trarre il malfattor vider prigione.
18.1I duo ch'in mezzo avean preso Odorico,
18.2d'Issabella notizia ebbeno vera;
18.3e s'avisaro esser di lei l'amico,
18.4e 'l signor lor, colui ch'appresso l'era;
18.5ma più, che ne lo scudo il segno antico
18.6vider dipinto di sua stirpe altiera:
18.7e trovâr, poi che guardâr meglio al viso,
18.8che s'era al vero apposto il loro aviso.
19.1Saltaro a piedi, e con aperte braccia
19.2correndo se n'andâr verso Zerbino,
19.3e l'abbracciaro ove il maggior s'abbraccia,
19.4col capo nudo e col ginocchio chino.
19.5Zerbin, guardando l'uno e l'altro in faccia,
19.6vide esser l'un Corebo il Biscaglino,
19.7Almonio l'altro, ch'egli avea mandati
19.8con Odorico in sul navilio armati.
20.1Almonio disse: - Poi che piace a Dio
20.2(la sua mercé) che sia Issabella teco,
20.3io posso ben comprender, signor mio,
20.4che nulla cosa nuova ora t'arreco,
20.5s'io vo' dir la cagion che questo rio
20.6fa che così legato vedi meco;
20.7che da costei, che più sentì l'offesa,
20.8a punto avrai tutta l'istoria intesa.
21.1Come dal traditore io fui schernito
21.2quando da sé levommi, saper déi;
21.3e come poi Corebo fu ferito,
21.4ch'a difender s'avea tolto costei.
21.5Ma quanto al mio ritorno sia seguito,
21.6né veduto né inteso fu da lei,
21.7che te l'abbia potuto riferire:
21.8di questa parte dunque io ti vo' dire.
22.1Da la cittade al mar ratto io veniva
22.2con cavalli ch'in fretta avea trovati,
22.3sempre con gli occhi intenti s'io scopriva
22.4costor che molto a dietro eran restati.
22.5Io vengo inanzi, io vengo in su la riva
22.6del mare, al luogo ove io gli avea lasciati;
22.7io guardo, né di loro altro ritrovo,
22.8che ne l'arena alcun vestigio nuovo.
23.1La pésta seguitai, che mi condusse
23.2nel bosco fier; né molto adentro fui,
23.3che, dove il suon l'orecchie mi percusse,
23.4giacere in terra ritrovai costui.
23.5Gli domandai che de la donna fusse,
23.6che d'Odorico, e chi avea offeso lui.
23.7Io me n'andai, poi che la cosa seppi,
23.8il traditor cercando per quei greppi.
24.1Molto aggirando vommi, e per quel giorno
24.2altro vestigio ritrovar non posso.
24.3Dove giacea Corebo al fin ritorno,
24.4che fatto appresso avea il terren sì rosso,
24.5che poco più che vi facea soggiorno,
24.6gli saria stato di bisogno il fosso
24.7e i preti e i frati più per sotterrarlo,
24.8ch'i medici e che 'l letto per sanarlo.
25.1Dal bosco alla città feci portallo,
25.2e posi in casa d'uno ostier mio amico,
25.3che fatto sano in poco termine hallo
25.4per cura et arte d'un chirurgo antico.
25.5Poi d'arme proveduti e di cavallo
25.6Corebo et io cercammo d'Odorico,
25.7ch'in corte del re Alfonso di Biscaglia
25.8trovammo; e quivi fui seco a battaglia.
26.1La giustizia del re, che il loco franco
26.2de la pugna mi diede, e la ragione,
26.3et oltre alla ragion la Fortuna anco,
26.4che spesso la vittoria, ove vuol, pone,
26.5mi giovâr sì, che di me poté manco
26.6il traditore; onde fu mio prigione.
26.7Il re, udito il gran fallo, mi concesse
26.8di poter farne quanto mi piacesse.
27.1Non l'ho voluto uccider né lasciarlo,
27.2ma, come vedi, trarloti in catena;
27.3perché vo' ch'a te stia di giudicarlo,
27.4se morire o tener si deve in pena.
27.5L'avere inteso ch'eri appresso a Carlo,
27.6e 'l desir di trovarti qui mi mena.
27.7Ringrazio Dio che mi fa in questa parte,
27.8dove lo sperai meno, ora trovarte.
28.1Ringraziolo anco, che la tua Issabella
28.2io veggo (e non so come) che teco hai;
28.3di cui, per opra del fellon, novella
28.4pensai che non avessi ad udir mai. -
28.5Zerbino ascolta Almonio e non favella,
28.6fermando gli occhi in Odorico assai;
28.7non sì per odio, come che gl'incresce
28.8ch'a sì mal fin tanta amicizia gli esce.
29.1Finito ch'ebbe Almonio il suo sermone,
29.2Zerbin riman gran pezzo sbigottito,
29.3che chi d'ogn'altro men n'avea cagione,
29.4sì espressamente il possa aver tradito.
29.5Ma poi che d'una lunga ammirazione
29.6fu, sospirando, finalmente uscito,
29.7al prigion domandò se fosse vero
29.8quel ch'avea di lui detto il cavalliero.
30.1Il disleal con le ginocchia in terra
30.2lasciò cadersi, e disse: - Signor mio,
30.3ognun che vive al mondo pecca et erra;
30.4né differisce in altro il buon dal rio,
30.5se non che l'uno è vinto ad ogni guerra
30.6che gli vien mossa da un piccol disio,
30.7l'altro ricorre all'arme e si difende:
30.8ma se 'l nimico è forte, anco ei si rende.
31.1Se tu m'avessi posto alla difesa
31.2d'una tua ròcca, e ch'al primiero assalto
31.3alzate avessi, senza far contesa,
31.4degl'inimici le bandiere in alto;
31.5di viltà, o tradimento, che più pesa,
31.6sugli occhi por mi si potria uno smalto:
31.7ma s'io cedessi a forza, son ben certo
31.8che biasmo non avrei, ma gloria e merto.
32.1Sempre che l'inimico è più possente,
32.2più chi perde accettabile ha la scusa.
32.3Mia fé guardar dovea non altrimente
32.4ch'una fortezza d'ogn'intorno chiusa:
32.5così, con quanto senno e quanta mente
32.6da la somma Prudenzia m'era infusa,
32.7io mi sforzai guardarla; ma al fin vinto
32.8da intolerando assalto, ne fui spinto. -
33.1Così disse Odorico, e poi soggiunse
33.2(che saria lungo a ricontarvi il tutto)
33.3mostrando che gran stimolo lo punse,
33.4e non per lieve sferza s'era indutto.
33.5Se mai per prieghi ira di cor si emunse,
33.6s'umiltà di parlar fece mai frutto,
33.7quivi far lo dovea; che ciò che muova
33.8di cor durezza, ora Odorico trova.
34.1Pigliar di tanta ingiuria alta vendetta,
34.2tra il sì Zerbino e il no resta confuso:
34.3il vedere il demerito lo alletta
34.4a far che sia il fellon di vita escluso;
34.5il ricordarsi l'amicizia stretta
34.6ch'era stata tra lor per sì lungo uso,
34.7con l'acqua di pietà l'accesa rabbia
34.8nel cor gli spegne, e vuol che mercé n'abbia.
35.1Mentre stava così Zerbino in forse
35.2di liberare, o di menar captivo,
35.3o pur il disleal dagli occhi tôrse
35.4per morte, o pur tenerlo in pena vivo;
35.5quivi rignando il palafreno corse,
35.6che Mandricardo avea di briglia privo;
35.7e vi portò la vecchia che vicino
35.8a morte dianzi avea tratto Zerbino.
36.1Il palafren, ch'udito di lontano
36.2avea quest'altri, era tra lor venuto,
36.3e la vecchia portatavi, ch'invano
36.4venìa piangendo e domandando aiuto.
36.5Come Zerbin lei vide, alzò la mano
36.6al ciel che sì benigno gli era suto,
36.7che datogli in arbitrio avea que' dui
36.8che soli odiati esser dovean da lui.
37.1Zerbin fa ritener la mala vecchia,
37.2tanto che pensi quel che debba farne:
37.3tagliarle il naso e l'una e l'altra orecchia
37.4pensa, et esempio a' malfattori darne;
37.5poi gli par assai meglio, s'apparecchia
37.6un pasto agli avoltoi di quella carne.
37.7Punizion diversa tra sé volve;
37.8e così finalmente si risolve.
38.1Si rivolta ai compagni, e dice: - Io sono
38.2di lasciar vivo il disleal contento;
38.3che s'in tutto non merita perdono,
38.4non merita anco sì crudel tormento.
38.5Che viva e che slegato sia gli dono,
38.6però ch'esser d'Amor la colpa sento;
38.7e facilmente ogni scusa s'ammette,
38.8quando in Amor la colpa si reflette.
39.1Amore ha volto sottosopra spesso
39.2senno più saldo che non ha costui,
39.3et ha condotto a via maggiore eccesso
39.4di questo, ch'oltraggiato ha tutti nui.
39.5Ad Odorico debbe esser rimesso:
39.6punito esser debbo io, che cieco fui,
39.7cieco a dargline impresa, e non por mente
39.8che 'l fuoco arde la paglia facilmente. -
40.1Poi mirando Odorico: - Io vo' che sia
40.2(gli disse) del tuo error la penitenza,
40.3che la vecchia abbi un anno in compagnia,
40.4né di lasciarla mai ti sia licenza;
40.5ma notte e giorno, ove tu vada o stia,
40.6un'ora mai non te ne trovi senza;
40.7e fin a morte sia da te difesa
40.8contra ciascun che voglia farle offesa.
41.1Vo', se da lei ti sarà commandato,
41.2che pigli contra ognun contesa e guerra:
41.3vo' in questo tempo, che tu sia ubligato
41.4tutta Francia cercar di terra in terra. -
41.5Così dicea Zerbin; che pel peccato
41.6meritando Odorico andar sotterra,
41.7questo era porgli inanzi un'alta fossa,
41.8che fia gran sorte che schivar la possa.
42.1Tante donne, tanti uomini traditi
42.2avea la vecchia, e tanti offesi e tanti,
42.3che chi sarà con lei, non senza liti
42.4potrà passar de' cavallieri erranti.
42.5Così di par saranno ambi puniti:
42.6ella de' suoi commessi errori inanti,
42.7egli di tôrne la difesa a torto;
42.8né molto potrà andar che non sia morto.
43.1Di dover servar questo, Zerbin diede
43.2ad Odorico un giuramento forte,
43.3con patto che se mai rompe la fede,
43.4e ch'inanzi gli càpiti per sorte,
43.5senza udir prieghi e averne più mercede,
43.6lo debba far morir di cruda morte.
43.7Ad Almonio e a Corebo poi rivolto,
43.8fece Zerbin che fu Odorico sciolto.
44.1Corebo, consentendo Almonio, sciolse
44.2il traditore al fin, ma non in fretta;
44.3ch'all'uno e all'altro esser turbato dolse
44.4da sì desiderata sua vendetta.
44.5Quindi partissi il disleale, e tolse
44.6in compagnia la vecchia maledetta.
44.7Non si legge in Turpin che n'avvenisse;
44.8ma vidi già un autor che più ne scrisse.
45.1Scrive l'autore, il cui nome mi taccio,
45.2che non furo lontani una giornata,
45.3che per tôrsi Odorico quello impaccio,
45.4contra ogni patto et ogni fede data,
45.5al collo di Gabrina gittò un laccio,
45.6e che ad un olmo la lasciò impiccata;
45.7e ch'indi a un anno (ma non dice il loco)
45.8Almonio a lui fece il medesmo giuoco.
46.1Zerbin che dietro era venuto all'orma
46.2del paladin, né perder la vorrebbe,
46.3manda a dar di sé nuove alla sua torma,
46.4che star senza gran dubbio non ne debbe:
46.5Almonio manda, e di più cose informa,
46.6che lungo il tutto a ricontar sarebbe;
46.7Almonio manda, e a lui Corebo appresso;
46.8né tien, fuor ch'Issabella, altri con esso.
47.1Tant'era l'amor grande che Zerbino,
47.2e non minor del suo quel che Issabella
47.3portava al virtuoso paladino;
47.4tanto il desir d'intender la novella
47.5ch'egli avesse trovato il Saracino
47.6che del destrier lo trasse con la sella;
47.7che non farà all'esercito ritorno,
47.8se non finito che sia il terzo giorno;
48.1il termine ch'Orlando aspettar disse
48.2il cavallier ch'ancor non porta spada.
48.3Non è alcun luogo dove il conte gisse,
48.4che Zerbin pel medesimo non vada.
48.5Giunse al fin tra quegli arbori che scrisse
48.6l'ingrata donna, un poco fuor di strada;
48.7e con la fonte e col vicino sasso
48.8tutti li ritruovò messi in fracasso.
49.1Vede lontan non sa che luminoso,
49.2e trova la corazza esser del conte;
49.3e trova l'elmo poi, non quel famoso
49.4ch'armò già il capo all'africano Almonte.
49.5Il destrier ne la selva più nascoso
49.6sente anitrire, e leva al suon la fronte;
49.7e vede Brigliador pascer per l'erba,
49.8che dall'arcion pendente il freno serba.
50.1Durindana cercò per la foresta,
50.2e fuor la vide del fodero starse.
50.3Trovò, ma in pezzi, ancor la sopravesta
50.4ch'in cento lochi il miser conte sparse.
50.5Issabella e Zerbin con faccia mesta
50.6stanno mirando, e non san che pensarse:
50.7pensar potrian tutte le cose, eccetto
50.8che fosse Orlando fuor dell'intelletto.
51.1Se di sangue vedessino una goccia,
51.2creder potrian che fosse stato morto.
51.3Intanto lungo la corrente doccia
51.4vider venire un pastorello smorto.
51.5Costui pur dianzi avea di su la roccia
51.6l'alto furor de l'infelice scorto,
51.7come l'arme gittò, squarciossi i panni,
51.8pastori uccise, e fe' mill'altri danni.
52.1Costui, richiesto da Zerbin, gli diede
52.2vera informazion di tutto questo.
52.3Zerbin si maraviglia, e a pena il crede;
52.4e tuttavia n'ha indizio manifesto.
52.5Sia come vuole, egli discende a piede,
52.6pien di pietade, lacrimoso e mesto;
52.7e ricogliendo da diversa parte
52.8le reliquie ne va ch'erano sparte.
53.1Del palafren discende anco Issabella,
53.2e va quell'arme riducendo insieme.
53.3Ecco lor sopraviene una donzella
53.4dolente in vista, e di cor spesso geme.
53.5Se mi domanda alcun chi sia, perch'ella
53.6così s'affligge, e che dolor la preme,
53.7io gli risponderò che è Fiordiligi
53.8che de l'amante suo cerca i vestigi.
54.1Da Brandimarte senza farle motto
54.2lasciata fu ne la città di Carlo,
54.3dov'ella l'aspettò sei mesi od otto;
54.4e quando al fin non vide ritornarlo,
54.5da un mare all'altro si mise, fin sotto
54.6Pirene e l'Alpe, e per tutto a cercarlo:
54.7l'andò cercando in ogni parte, fuore
54.8ch'al palazzo d'Atlante incantatore.
55.1Se fosse stata a quell'ostel d'Atlante,
55.2veduto con Gradasso andare errando
55.3l'avrebbe, con Ruggier, con Bradamante,
55.4e con Ferraù prima e con Orlando;
55.5ma poi che cacciò Astolfo il negromante
55.6col suon del corno orribile e mirando,
55.7Brandimarte tornò verso Parigi:
55.8ma non sapea già questo Fiordiligi.
56.1Come io vi dico, sopraggiunta a caso
56.2a quei duo amanti Fiordiligi bella,
56.3conobbe l'arme, e Brigliador rimaso
56.4senza il patrone e col freno alla sella.
56.5Vide con gli occhi il miserabil caso,
56.6e n'ebbe per udita anco novella;
56.7che similmente il pastorel narrolle
56.8aver veduto Orlando correr folle.
57.1Quivi Zerbin tutte raguna l'arme,
57.2e ne fa come un bel trofeo su 'n pino;
57.3e volendo vietar che non se n'arme
57.4cavallier paesan né peregrino,
57.5scrive nel verde ceppo in breve carme:
57.6"Armatura d'Orlando paladino";
57.7come volesse dir: nessun la muova,
57.8che star non possa con Orlando a prova.
58.1Finito ch'ebbe la lodevol opra,
58.2tornava a rimontar sul suo destriero;
58.3et ecco Mandricardo arrivar sopra,
58.4che visto il pin di quelle spoglie altiero,
58.5lo priega che la cosa gli discuopra:
58.6e quel gli narra, come ha inteso, il vero.
58.7Allora il re pagan lieto non bada,
58.8che viene al pino, e ne leva la spada,
59.1dicendo: - Alcun non me ne può riprendere;
59.2non è pur oggi ch'io l'ho fatta mia,
59.3et il possesso giustamente prendere
59.4ne posso in ogni parte, ovunque sia.
59.5Orlando che temea quella difendere,
59.6s'ha finto pazzo, e l'ha gittata via;
59.7ma quando sua viltà pur così scusi,
59.8non debbe far ch'io mia ragion non usi. -
60.1Zerbino a lui gridava: - Non la tôrre,
60.2o pensa non l'aver senza questione.
60.3Se togliesti così l'arme d'Ettorre,
60.4tu l'hai di furto, più che di ragione. -
60.5Senz'altro dir l'un sopra l'altro corre,
60.6d'animo e di virtù gran paragone.
60.7Di cento colpi già rimbomba il suono,
60.8né bene ancor ne la battaglia sono.
61.1Di prestezza Zerbin pare una fiamma
61.2a tôrsi ovunque Durindana cada:
61.3di qua di là saltar come una damma
61.4fa 'l suo destrier dove è miglior la strada.
61.5E ben convien che non ne perda dramma;
61.6ch'andrà, s'un tratto il coglie quella spada,
61.7a ritrovar gl'innamorati spirti
61.8ch'empion la selva degli ombrosi mirti.
62.1Come il veloce can che 'l porco assalta
62.2che fuor del gregge errar vegga nei campi,
62.3lo va aggirando, e quinci e quindi salta;
62.4ma quello attende ch'una volta inciampi:
62.5così, se vien la spada o bassa od alta,
62.6sta mirando Zerbin come ne scampi;
62.7come la vita e l'onor salvi a un tempo,
62.8tien sempre l'occhio, e fiere e fugge a tempo.
63.1Da l'altra parte, ovunque il Saracino
63.2la fiera spada vibra o piena o vòta,
63.3sembra fra due montagne un vento alpino
63.4ch'una frondosa selva il marzo scuota;
63.5ch'ora la caccia a terra a capo chino,
63.6or gli spezzati rami in aria ruota.
63.7Ben che Zerbin più colpi e fùggia e schivi,
63.8non può schivare al fin, ch'un non gli arrivi.
64.1Non può schivare al fine un gran fendente
64.2che tra 'l brando e lo scudo entra sul petto.
64.3Grosso l'usbergo, e grossa parimente
64.4era la piastra, e 'l panziron perfetto:
64.5pur non gli steron contra, et ugualmente
64.6alla spada crudel dieron ricetto.
64.7Quella calò tagliando ciò che prese,
64.8la corazza e l'arcion fin su l'arnese.
65.1E se non che fu scarso il colpo alquanto,
65.2per mezzo lo fendea come una canna;
65.3ma penetra nel vivo a pena tanto,
65.4che poco più che la pelle gli danna:
65.5la non profunda piaga è lunga quanto
65.6non si misureria con una spanna.
65.7Le lucid'arme il caldo sangue irriga
65.8per sino al piè di rubiconda riga.
66.1Così talora un bel purpureo nastro
66.2ho veduto partir tela d'argento
66.3da quella bianca man più ch'alabastro,
66.4da cui partire il cor spesso mi sento.
66.5Quivi poco a Zerbin vale esser mastro
66.6di guerra, et aver forza e più ardimento;
66.7che di finezza d'arme e di possanza
66.8il re di Tartaria troppo l'avanza.
67.1Fu questo colpo del pagan maggiore
67.2in apparenza, che fosse in effetto;
67.3tal ch'Issabella se ne sente il core
67.4fendere in mezzo all'agghiacciato petto.
67.5Zerbin pien d'ardimento e di valore
67.6tutto s'infiamma d'ira e di dispetto;
67.7e quanto più ferire a due man puote,
67.8in mezzo l'elmo il Tartaro percuote.
68.1Quasi sul collo del destrier piegosse
68.2per l'aspra botta il Saracin superbo;
68.3e quando l'elmo senza incanto fosse,
68.4partito il capo gli avria il colpo acerbo.
68.5Con poco differir ben vendicosse,
68.6né disse: A un'altra volta io te la serbo:
68.7e la spada gli alzò verso l'elmetto,
68.8sperandosi tagliarlo infin al petto.
69.1Zerbin che tenea l'occhio ove la mente,
69.2presto il cavallo alla man destra volse;
69.3non sì presto però, che la tagliente
69.4spada fuggisse, che lo scudo colse.
69.5Da sommo ad imo ella il partì ugualmente,
69.6e di sotto il braccial roppe e disciolse;
69.7e lui ferì nel braccio, e poi l'arnese
69.8spezzògli, e ne la coscia anco gli scese.
70.1Zerbin di qua di là cerca ogni via,
70.2né mai di quel che vuol, cosa gli avviene;
70.3che l'armatura sopra cui ferìa,
70.4un piccol segno pur non ne ritiene.
70.5Da l'altra parte il re di Tartaria
70.6sopra Zerbino a tal vantaggio viene,
70.7che l'ha ferito in sette parti o in otto,
70.8tolto lo scudo, e mezzo l'elmo rotto.
71.1Quel tuttavia più va perdendo il sangue;
71.2manca la forza, e ancor par che nol senta:
71.3il vigoroso cor che nulla langue,
71.4val sì, che 'l debol corpo ne sostenta.
71.5La donna sua, per timor fatta esangue,
71.6intanto a Doralice s'appresenta,
71.7e la priega e la supplica per Dio,
71.8che partir voglia il fiero assalto e rio.
72.1Cortese come bella, Doralice,
72.2né ben sicura come il fatto segua,
72.3fa volentier quel ch'Issabella dice,
72.4e dispone il suo amante a pace e a triegua.
72.5Così a' prieghi de l'altra l'ira ultrice
72.6di cor fugge a Zerbino e si dilegua:
72.7et egli, ove a lei par, piglia la strada,
72.8senza finir l'impresa de la spada.
73.1Fiordiligi, che mal vede difesa
73.2la buona spada del misero conte,
73.3tacita duolsi, e tanto le ne pesa,
73.4che d'ira piange e battesi la fronte.
73.5Vorria aver Brandimarte a quella impresa;
73.6e se mai lo ritrova e gli lo conte,
73.7non crede poi che Mandricardo vada
73.8lunga stagione altier di quella spada.
74.1Fiordiligi cercando pure invano
74.2va Brandimarte suo matina e sera;
74.3e fa camin da lui molto lontano,
74.4da lui che già tornato a Parigi era.
74.5Tanto ella se n'andò per monte e piano,
74.6che giunse ove, al passar d'una riviera,
74.7vide e conobbe il miser paladino;
74.8ma diciàn quel ch'avvenne di Zerbino:
75.1che 'l lasciar Durindana sì gran fallo
75.2gli par, che più d'ogn'altro mal gl'incresce;
75.3quantunque a pena star possa a cavallo
75.4pel molto sangue che gli è uscito et esce.
75.5Or poi che dopo non troppo intervallo
75.6cessa con l'ira il caldo, il dolor cresce:
75.7cresce il dolor sì impetuosamente,
75.8che mancarsi la vita se ne sente.
76.1Per debolezza più non potea gire;
76.2sì che fermossi appresso una fontana.
76.3Non sa che far né che si debba dire
76.4per aiutarlo la donzella umana.
76.5Sol di disagio lo vede morire;
76.6che quindi è troppo ogni città lontana,
76.7dove in quel punto al medico ricorra,
76.8che per pietade o premio gli soccorra.
77.1Ella non sa, se non invan dolersi,
77.2chiamar fortuna e il cielo empio e crudele.
77.3- Perché, ahi lassa! (dicea) non mi sommersi
77.4quando levai ne l'Oceàn le vele? -
77.5Zerbin che i languidi occhi ha in lei conversi,
77.6sente più doglia, ch'ella si querele,
77.7che de la passion tenace e forte
77.8che l'ha condutto omai vicino a morte.
78.1- Così, cor mio, vogliate (le diceva),
78.2dopo ch'io sarò morto, amarmi ancora,
78.3come solo il lasciarvi è che m'aggreva
78.4qui senza guida, e non già perch'io mora:
78.5che se in sicura parte m'accadeva
78.6finir de la mia vita l'ultima ora,
78.7lieto e contento e fortunato a pieno
78.8morto sarei, poi ch'io vi moro in seno.
79.1Ma poi che 'l mio destino iniquo e duro
79.2vol ch'io vi lasci, e non so in man di cui;
79.3per questa bocca e per questi occhi giuro,
79.4per queste chiome onde allacciato fui,
79.5che disperato nel profondo oscuro
79.6vo de lo 'nferno, ove il pensar di vui
79.7ch'abbia così lasciata, assai più ria
79.8sarà d'ogn'altra pena che vi sia. -
80.1A questo la mestissima Issabella,
80.2declinando la faccia lacrimosa
80.3e congiungendo la sua bocca a quella
80.4di Zerbin, languidetta come rosa,
80.5rosa non colta in sua stagion, sì ch'ella
80.6impallidisca in su la siepe ombrosa,
80.7disse: - Non vi pensate già, mia vita,
80.8far senza me quest'ultima partita.
81.1Di ciò, cor mio, nessun timor vi tocchi;
81.2ch'io vo' seguirvi o in cielo o ne lo 'nferno.
81.3Convien che l'uno e l'altro spirto scocchi,
81.4insieme vada, insieme stia in eterno.
81.5Non sì tosto vedrò chiudervi gli occhi,
81.6o che m'ucciderà il dolore interno,
81.7o se quel non può tanto, io vi prometto
81.8con questa spada oggi passarmi il petto.
82.1De' corpi nostri ho ancor non poca speme,
82.2che me' morti che vivi abbian ventura.
82.3Qui forse alcun capiterà, ch'insieme,
82.4mosso a pietà, darà lor sepoltura. -
82.5Così dicendo, le reliquie estreme
82.6de lo spirto vital che morte fura,
82.7va ricogliendo con le labra meste,
82.8fin ch'una minima aura ve ne reste.
83.1Zerbin la debol voce riforzando,
83.2disse: - Io vi priego e supplico, mia diva,
83.3per quello amor che mi mostraste, quando
83.4per me lasciaste la paterna riva;
83.5e se commandar posso, io vel commando,
83.6che fin che piaccia a Dio, restiate viva;
83.7né mai per caso pogniate in oblio
83.8che quanto amar si può v'abbia amato io.
84.1Dio vi provederà d'aiuto forse,
84.2per liberarvi d'ogni atto villano,
84.3come fe' quando alla spelonca torse,
84.4per indi trarvi, il senator romano.
84.5Così (la sua mercé) già vi soccorse
84.6nel mare e contra il Biscaglin profano:
84.7e se pure avverrà che poi si deggia
84.8morire, allora il minor mal s'elleggia. -
85.1Non credo che quest'ultime parole
85.2potesse esprimer sì, che fosse inteso;
85.3e finì come il debol lume suole,
85.4cui cera manchi od altro in che sia acceso.
85.5Chi potrà dire a pien come si duole,
85.6poi che si vede pallido e disteso,
85.7la giovanetta, e freddo come ghiaccio
85.8il suo caro Zerbin restare in braccio?
86.1Sopra il sanguigno corpo s'abbandona,
86.2e di copiose lacrime lo bagna;
86.3e stride sì, ch'intorno ne risuona
86.4a molte miglia il bosco e la campagna.
86.5Né alle guancie né al petto si perdona,
86.6che l'uno e l'altro non percuota e fragna;
86.7e straccia a torto l'auree crespe chiome,
86.8chiamando sempre invan l'amato nome.
87.1In tanta rabbia, in tal furor sommersa
87.2l'avea la doglia sua, che facilmente
87.3avria la spada in se stessa conversa,
87.4poco al suo amante in questo ubidiente;
87.5s'uno eremita ch'alla fresca e tersa
87.6fonte avea usanza di tornar sovente
87.7da la sua quindi non lontana cella,
87.8non s'opponea, venendo, al voler d'ella.
88.1Il venerabile uom, ch'alta bontade
88.2avea congiunta a natural prudenzia,
88.3et era tutto pien di caritade,
88.4di buoni esempi ornato e d'eloquenzia,
88.5alla giovan dolente persuade
88.6con ragioni efficaci pazienzia;
88.7et inanzi le puon, come uno specchio,
88.8donne del Testamento e nuovo e vecchio.
89.1Poi le fece veder, come non fusse
89.2alcun, se non in Dio, vero contento,
89.3e ch'eran l'altre transitorie e flusse
89.4speranze umane, e di poco momento;
89.5e tanto seppe dir, che la ridusse
89.6da quel crudele et ostinato intento,
89.7che la vita sequente ebbe disio
89.8tutta al servigio dedicar di Dio.
90.1Non che lasciar del suo signor voglia unque
90.2né 'l grand'amor, né le reliquie morte:
90.3convien che l'abbia ovunque stia et ovunque
90.4vada, e che seco e notte e dì le porte.
90.5Quindi aiutando l'eremita dunque,
90.6ch'era de la sua età valido e forte,
90.7sul mesto suo destrier Zerbin posaro,
90.8e molti dì per quelle selve andaro.
91.1Non vòlse il cauto vecchio ridur seco,
91.2sola con solo, la giovane bella
91.3là dove ascosa in un selvaggio speco
91.4non lungi avea la solitaria cella;
91.5fra sé dicendo: Con periglio arreco
91.6in una man la paglia e la facella.
91.7Né si fida in sua età né in sua prudenzia,
91.8che di sé faccia tanta esperienzia.
92.1Di condurla in Provenza ebbe pensiero,
92.2non lontano a Marsilia in un castello,
92.3dove di sante donne un monastero
92.4ricchissimo era, e di edificio bello:
92.5e per portarne il morto cavalliero,
92.6composto in una cassa aveano quello,
92.7che 'n un castel ch'era tra via, si fece
92.8lunga e capace, e ben chiusa di pece.
93.1Più e più giorni gran spazio di terra
93.2cercaro, e sempre per lochi più inculti;
93.3che pieno essendo ogni cosa di guerra,
93.4voleano gir più che poteano occulti.
93.5Al fine un cavallier la via lor serra,
93.6che lor fe' oltraggi e disonesti insulti;
93.7di cui dirò quando il suo loco fia;
93.8ma ritorno ora al re di Tartaria.
94.1Avuto ch'ebbe la battaglia il fine
94.2che già v'ho detto, il giovin si raccolse
94.3alle fresche ombre e all'onde cristalline;
94.4et al destrier la sella e 'l freno tolse,
94.5e lo lasciò per l'erbe tenerine
94.6del prato andar pascendo ove egli vòlse:
94.7ma non ste' molto, che vide lontano
94.8calar dal monte un cavalliero al piano.
95.1Conobbel, come prima alzò la fronte,
95.2Doralice, e mostrollo a Mandricardo,
95.3dicendo: - Ecco il superbo Rodomonte,
95.4se non m'inganna di lontan lo sguardo.
95.5Per far teco battaglia cala il monte:
95.6or ti potrà giovar l'esser gagliardo.
95.7Perduta avermi a grande ingiuria tiene,
95.8ch'era sua sposa, e a vendicar si viene. -
96.1Qual buono astor che l'anitra o l'acceggia,
96.2starna o colombo o simil altro augello
96.3venirsi incontra di lontano veggia,
96.4leva la testa e si fa lieto e bello;
96.5tal Mandricardo, come certo deggia
96.6di Rodomonte far strage e macello,
96.7con letizia e baldanza il destrier piglia,
96.8le staffe ai piedi, e dà alla man la briglia.
97.1Quando vicini fur sì, ch'udir chiare
97.2tra lor poteansi le parole altiere,
97.3con le mani e col capo a minacciare
97.4incominciò gridando il re d'Algiere,
97.5ch'a penitenza gli faria tornare,
97.6che per un temerario suo piacere
97.7non avesse rispetto a provocarsi
97.8lui ch'altamente era per vendicarsi.
98.1Rispose Mandricardo: - Indarno tenta
98.2chi mi vuol impaurir per minacciarme:
98.3così fanciulli o femine spaventa,
98.4o altri che non sappia che sieno arme;
98.5me non, cui la battaglia più talenta
98.6d'ogni riposo; e son per adoprarme
98.7a piè, a cavallo, armato e disarmato,
98.8sia alla campagna, o sia ne lo steccato. -
99.1Ecco sono agli oltraggi, al grido, all'ire,
99.2al trar de' brandi, al crudel suon de' ferri;
99.3come vento che prima a pena spire,
99.4poi cominci a crollar frassini e cerri,
99.5et indi oscura polve in cielo aggire,
99.6indi gli arbori svella e case atterri,
99.7sommerga in mare, e porti ria tempesta
99.8che 'l gregge sparso uccida alla foresta.
100.1De' duo pagani, senza pari in terra,
100.2gli audacissimi cor, le forze estreme
100.3parturiscono colpi, et una guerra
100.4conveniente a sì feroce seme.
100.5Del grande e orribil suon triema la terra,
100.6quando le spade son percosse insieme:
100.7gettano l'arme insin al ciel scintille,
100.8anzi lampadi accese a mille a mille.
101.1Senza mai riposarsi o pigliar fiato
101.2dura fra quei duo re l'aspra battaglia,
101.3tentando ora da questo, or da quel lato
101.4aprir le piastre e penetrar la maglia.
101.5Né perde l'un, né l'altro acquista il prato;
101.6ma come intorno sian fosse o muraglia,
101.7o troppo costi ogn'oncia di quel loco,
101.8non si parton d'un cerchio angusto e poco.
102.1Fra mille colpi il Tartaro una volta
102.2colse a duo mani in fronte il re d'Algiere;
102.3che gli fece veder girare in volta
102.4quante mai furon fiacole e lumiere.
102.5Come ogni forza all'African sia tolta,
102.6le groppe del destrier col capo fere:
102.7perde la staffa, et è, presente quella
102.8che cotant'ama, per uscir di sella.
103.1Ma come ben composto e valido arco
103.2di fino acciaio in buona somma greve,
103.3quanto si china più, quanto è più carco,
103.4e più lo sforzan martinelli e lieve;
103.5con tanto più furor, quanto è poi scarco,
103.6ritorna, e fa più mal che non riceve:
103.7così quello African tosto risorge,
103.8e doppio il colpo all'inimico porge.
104.1Rodomonte a quel segno ove fu colto,
104.2colse a punto il figliol del re Agricane.
104.3Per questo non poté nuocergli al volto,
104.4ch'in difesa trovò l'arme troiane;
104.5ma stordì in modo il Tartaro, che molto
104.6non sapea s'era vespero o dimane.
104.7L'irato Rodomonte non s'arresta,
104.8che mena l'altro, e pur segna alla testa.
105.1Il cavallo del Tartaro, ch'aborre
105.2la spada che fischiando cala d'alto,
105.3al suo signor con suo gran mal soccorre,
105.4perché s'arretra, per fuggir, d'un salto:
105.5il brando in mezzo il capo gli trascorre,
105.6ch'al signor, non a lui, movea l'assalto.
105.7Il miser non avea l'elmo di Troia,
105.8come il patrone; onde convien che muoia.
106.1Quel cade, e Mandricardo in piedi guizza,
106.2non più stordito, e Durindana aggira.
106.3Veder morto il cavallo entro gli adizza,
106.4e fuor divampa un grave incendio d'ira.
106.5L'African, per urtarlo, il destrier drizza;
106.6ma non più Mandricardo si ritira,
106.7che scoglio far soglia da l'onde: e avvenne
106.8che 'l destrier cadde, et egli in piè si tenne.
107.1L'African che mancarsi il destrier sente,
107.2lascia le staffe e sugli arcion si ponta,
107.3e resta in piedi e sciolto agevolmente:
107.4così l'un l'altro poi di pari affronta.
107.5La pugna più che mai ribolle ardente,
107.6e l'odio e l'ira e la superbia monta:
107.7et era per seguir; ma quivi giunse
107.8in fretta un messaggier che gli disgiunse.
108.1Vi giunse un messaggier del popul Moro,
108.2di molti che per Francia eran mandati
108.3a richiamare agli stendardi loro
108.4i capitani e i cavallier privati;
108.5perché l'imperator dai gigli d'oro
108.6gli avea gli alloggiamenti già assediati;
108.7e se non è il soccorso a venir presto,
108.8l'eccidio suo conosce manifesto.
109.1Riconobbe il messaggio i cavallieri,
109.2oltre all'insegne, oltre alle sopraveste,
109.3al girar de le spade, e ai colpi fieri
109.4ch'altre man non farebbeno che queste.
109.5Tra lor però non osa entrar, che speri
109.6che fra tant'ira sicurtà gli preste
109.7l'esser messo del re; né si conforta
109.8per dir ch'imbasciator pena non porta.
110.1Ma viene a Doralice, et a lei narra
110.2ch'Agramante, Marsilio e Stordilano,
110.3con pochi dentro a mal sicura sbarra
110.4sono assediati dal popul cristiano.
110.5Narrato il caso, con prieghi ne inarra
110.6che faccia il tutto ai duo guerrieri piano,
110.7e che gli accordi insieme, e per lo scampo
110.8del popul saracin li meni in campo.
111.1Tra i cavallier la donna di gran core
111.2si mette, e dice loro: - Io vi comando,
111.3per quanto so che mi portate amore,
111.4che riserbiate a miglior uso il brando,
111.5e ne vegnate subito in favore
111.6del nostro campo saracino, quando
111.7si trova ora assediato ne le tende,
111.8e presto aiuto, o gran ruina attende. -
112.1Indi il messo soggiunse il gran periglio
112.2dei Saracini, e narrò il fatto a pieno;
112.3e diede insieme lettere del figlio
112.4del re Troiano al figlio d'Ulieno.
112.5Si piglia finalmente per consiglio
112.6che i duo guerrier, deposto ogni veneno,
112.7facciano insieme triegua fin al giorno
112.8che sia tolto l'assedio ai Mori intorno;
113.1e senza più dimora, come pria
113.2liberato d'assedio abbian lor gente,
113.3non s'intendano aver più compagnia,
113.4ma crudel guerra e inimicizia ardente,
113.5fin che con l'arme diffinito sia
113.6chi la donna aver de' meritamente.
113.7Quella, ne le cui man giurato fue,
113.8fece la sicurtà per amendue.
114.1Quivi era la Discordia impaziente,
114.2inimica di pace e d'ogni triegua;
114.3e la Superbia v'è, che non consente
114.4né vuol patir che tale accordo segua.
114.5Ma più di lor può Amor quivi presente,
114.6di cui l'alto valor nessuno adegua;
114.7e fe' ch'indietro, a colpi di saette,
114.8e la Discordia e la Superbia stette.
115.1Fu conclusa la triegua fra costoro,
115.2sì come piacque a chi di lor potea.
115.3Vi mancava uno dei cavalli loro;
115.4che morto quel del Tartaro giacea:
115.5però vi venne a tempo Brigliadoro,
115.6che le fresche erbe lungo il rio pascea.
115.7Ma al fin del canto io mi trovo esser giunto;
115.8sì ch'io farò, con vostra grazia, punto.
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