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1.1Studisi ognun giovare altrui; che rade
1.2volte il ben far senza il suo premio fia:
1.3e se pur senza, almen non te ne accade
1.4morte né danno né ignominia ria.
1.5Chi nuoce altrui, tardi o per tempo cade
1.6il debito a scontar, che non s'oblia.
1.7Dice il proverbio, ch'a trovar si vanno
1.8gli uomini spesso, e i monti fermi stanno.
2.1Or vedi quel ch'a Pinabello avviene
2.2per essersi portato iniquamente:
2.3è giunto in somma alle dovute pene,
2.4dovute e giuste alla sua ingiusta mente.
2.5E Dio, che le più volte non sostiene
2.6veder patire a torto uno innocente,
2.7salvò la donna; e salverà ciascuno
2.8che d'ogni fellonia viva digiuno.
3.1Credette Pinabel questa donzella
3.2già d'aver morta, e colà giù sepulta;
3.3né la pensava mai veder, non ch'ella
3.4gli avesse a tor degli error suoi la multa.
3.5Né il ritrovarsi in mezzo le castella
3.6del padre, in alcun util gli risulta.
3.7Quivi Altaripa era tra monti fieri
3.8vicina al tenitorio di Pontieri.
4.1Tenea quell'Altaripa il vecchio conte
4.2Anselmo, di ch'uscì questo malvagio,
4.3che, per fuggir la man di Chiaramonte,
4.4d'amici e di soccorso ebbe disagio.
4.5La donna al traditore a piè d'un monte
4.6tolse l'indegna vita a suo grande agio;
4.7che d'altro aiuto quel non si provede,
4.8che d'alti gridi e di chiamar mercede.
5.1Morto ch'ella ebbe il falso cavalliero
5.2che lei voluto avea già porre a morte,
5.3vòlse tornare ove lasciò Ruggiero;
5.4ma non lo consentì sua dura sorte,
5.5che la fe' traviar per un sentiero
5.6che la portò dov'era spesso e forte,
5.7dove più strano e più solingo il bosco,
5.8lasciando il sol già il mondo all'aer fosco.
6.1Né sappiendo ella ove potersi altrove
6.2la notte riparar, si fermò quivi
6.3sotto le frasche in su l'erbette nuove,
6.4parte dormendo, fin che 'l giorno arrivi,
6.5parte mirando ora Saturno or Giove,
6.6Venere e Marte e gli altri erranti divi;
6.7ma sempre, o vegli o dorma, con la mente
6.8contemplando Ruggier come presente.
7.1Spesso di cor profondo ella sospira,
7.2di pentimento e di dolor compunta,
7.3ch'abbia in lei, più ch'amor, potuto l'ira.
7.4- L'ira (dicea) m'ha dal mio amor disgiunta:
7.5almen ci avessi io posta alcuna mira,
7.6poi ch'avea pur la mala impresa assunta,
7.7di saper ritornar donde io veniva;
7.8che ben fui d'occhi e di memoria priva. -
8.1Queste et altre parole ella non tacque,
8.2e molto più ne ragionò col core.
8.3Il vento intanto di sospiri, e l'acque
8.4di pianto facean pioggia di dolore.
8.5Dopo una lunga aspettazion pur nacque
8.6in oriente il disiato albóre:
8.7et ella prese il suo destrier ch'intorno
8.8giva pascendo, et andò contra il giorno.
9.1Né molto andò, che si trovò all'uscita
9.2del bosco, ove pur dianzi era il palagio,
9.3là dove molti dì l'avea schernita
9.4con tanto error l'incantator malvagio.
9.5Ritrovò quivi Astolfo, che fornita
9.6la briglia all'ippogrifo avea a grande agio,
9.7e stava in gran pensier di Rabicano,
9.8per non sapere a chi lasciarlo in mano.
10.1A caso si trovò che fuor di testa
10.2l'elmo allor s'avea tratto il paladino;
10.3sì che tosto ch'uscì de la foresta,
10.4Bradamante conobbe il suo cugino.
10.5Di lontan salutollo, e con gran festa
10.6gli corse, e l'abbracciò poi più vicino;
10.7e nominossi, et alzò la visiera,
10.8e chiaramente fe' veder ch'ell'era.
11.1Non potea Astolfo ritrovar persona
11.2a chi il suo Rabican meglio lasciasse,
11.3perché dovesse averne guardia buona
11.4e renderglielo poi come tornasse,
11.5de la figlia del duca di Dordona;
11.6e parvegli che Dio gli la mandasse.
11.7Vederla volentier sempre solea,
11.8ma pel bisogno or più ch'egli n'avea.
12.1Da poi che due e tre volte ritornati
12.2fraternamente ad abbracciar si fôro,
12.3e si fôr l'uno a l'altro domandati
12.4con molta affezion de l'esser loro;
12.5Astolfo disse: - Ormai, se dei pennati
12.6vo' 'l paese cercar, troppo dimoro: -
12.7et aprendo alla donna il suo pensiero,
12.8veder le fece il volator destriero.
13.1A lei non fu di molta maraviglia
13.2veder spiegare a quel destrier le penne;
13.3ch'altra volta, reggendogli la briglia
13.4Atlante incantator, contra le venne;
13.5e le fece doler gli occhi e le ciglia:
13.6sì fisse dietro a quel volar le tenne
13.7quel giorno, che da lei Ruggier lontano
13.8portato fu per camin lungo e strano.
14.1Astolfo disse a lei, che le volea
14.2dar Rabican, che sì nel corso affretta,
14.3che, se scoccando l'arco si movea,
14.4si solea lasciar dietro la saetta;
14.5e tutte l'arme ancor, quante n'avea,
14.6che vuol che a Montalban gli le rimetta,
14.7e gli le serbi fin al suo ritorno;
14.8che non gli fanno or di bisogno intorno.
15.1Volendosene andar per l'aria a volo,
15.2aveasi a far quanto potea più lieve.
15.3Tiensi la spada e 'l corno, ancor che solo
15.4bastargli il corno ad ogni risco deve.
15.5Bradamante la lancia che 'l figliuolo
15.6portò di Galafrone, anco riceve;
15.7la lancia che di quanti ne percuote
15.8fa le selle restar subito vòte.
16.1Salito Astolfo sul destrier volante,
16.2lo fa mover per l'aria lento lento;
16.3indi lo caccia sì, che Bradamante
16.4ogni vista ne perde in un momento.
16.5Così si parte col pilota inante
16.6il nochier che gli scogli teme e 'l vento;
16.7e poi che 'l porto e i liti a dietro lassa,
16.8spiega ogni vela e inanzi ai venti passa.
17.1La donna, poi che fu partito il duca,
17.2rimase in gran travaglio de la mente;
17.3che non sa come a Montalban conduca
17.4l'armatura e il destrier del suo parente;
17.5però che 'l cuor le cuoce e le manuca
17.6l'ingorda voglia e il desiderio ardente
17.7di riveder Ruggier, che, se non prima,
17.8a Vallombrosa ritrovar lo stima.
18.1Stando quivi suspesa, per ventura
18.2si vede inanzi giungere un villano,
18.3dal qual fa rassettar quella armatura,
18.4come si puote, e por su Rabicano;
18.5poi di menarsi dietro gli diè cura
18.6i duo cavalli, un carco e l'altro, a mano:
18.7ella n'avea duo prima; ch'avea quello
18.8sopra il qual levò l'altro a Pinabello.
19.1Di Vallombrosa pensò far la strada,
19.2che trovar quivi il suo Ruggier ha speme;
19.3ma qual più breve o qual miglior vi vada,
19.4poco discerne, e d'ire errando teme.
19.5Il villan non avea de la contrada
19.6pratica molta; et erreranno insieme.
19.7Pur andare a ventura ella si messe,
19.8dove pensò che 'l loco esser dovesse.
20.1Di qua di là si volse, né persona
20.2incontrò mai da domandar la via.
20.3Si trovò uscir del bosco in su la nona,
20.4dove un castel poco lontan scopria,
20.5il qual la cima a un monticel corona.
20.6Lo mira, e Montalban le par che sia:
20.7et era certo Montalbano; e in quello
20.8avea la matre et alcun suo fratello.
21.1Come la donna conosciuto ha il loco,
21.2nel cor s'attrista, e più ch'i' non so dire:
21.3sarà scoperta, se si ferma un poco,
21.4né più le sarà lecito a partire;
21.5se non si parte, l'amoroso foco
21.6l'arderà sì, che la farà morire:
21.7non vedrà più Ruggier, né farà cosa
21.8di quel ch'era ordinato a Vallombrosa.
22.1Stette alquanto a pensar; poi si risolse
22.2di voler dar a Montalban le spalle:
22.3e verso la badia pur si rivolse;
22.4che quindi ben sapea qual era il calle.
22.5Ma sua fortuna, o buona o trista, vòlse
22.6che prima ch'ella uscisse de la valle,
22.7scontrasse Alardo, un de' fratelli sui;
22.8né tempo di celarsi ebbe da lui.
23.1Veniva da partir gli alloggiamenti
23.2per quel contado a cavallieri e a fanti;
23.3ch'ad instanzia di Carlo nuove genti
23.4fatto avea de le terre circonstanti.
23.5I saluti e i fraterni abbracciamenti
23.6con le grate accoglienze andaro inanti;
23.7e poi, di molte cose a paro a paro
23.8tra lor parlando, in Montalban tornaro.
24.1Entrò la bella donna in Montalbano,
24.2dove l'avea con lacrimosa guancia
24.3Beatrice molto desiata invano,
24.4e fattone cercar per tutta Francia.
24.5Or quivi i baci e il giunger mano a mano
24.6di matre e di fratelli estimò ciancia
24.7verso gli avuti con Ruggier complessi,
24.8ch'avrà ne l'alma eternamente impressi.
25.1Non potendo ella andar, fece pensiero
25.2ch'a Vallombrosa altri in suo nome andasse
25.3immantinente ad avisar Ruggiero
25.4de la cagion ch'andar lei non lasciasse;
25.5e lui pregar (s'era pregar mistero)
25.6che quivi per suo amor si battezzasse,
25.7e poi venisse a far quanto era detto,
25.8sì che si desse al matrimonio effetto.
26.1Pel medesimo messo fe' disegno
26.2di mandar a Ruggiero il suo cavallo,
26.3che gli solea tanto esser caro: e degno
26.4d'essergli caro era ben senza fallo;
26.5che non s'avria trovato in tutto 'l regno
26.6dei Saracin, né sotto il signor Gallo,
26.7più bel destrier di questo o più gagliardo,
26.8eccetti Brigliador, soli, e Baiardo.
27.1Ruggier, quel dì che troppo audace ascese
27.2su l'ippogrifo, e verso il ciel levosse,
27.3lasciò Frontino, e Bradamante il prese
27.4(Frontino, che 'l destrier così nomosse);
27.5mandollo a Montalbano, e a buone spese
27.6tener lo fece, e mai non cavalcosse,
27.7se non per breve spazio e a picciol passo;
27.8sì ch'era più che mai lucido e grasso.
28.1Ogni sua donna tosto, ogni donzella
28.2pon seco in opra, e con suttil lavoro
28.3fa sopra seta candida e morella
28.4tesser ricamo di finissimo oro;
28.5e di quel cuopre et orna briglia e sella
28.6del buon destrier: poi sceglie una di loro,
28.7figlia di Callitrefia sua nutrice,
28.8d'ogni secreto suo fida uditrice.
29.1Quanto Ruggier l'era nel core impresso,
29.2mille volte narrato avea a costei;
29.3la beltà, la virtude, i modi d'esso
29.4esaltato l'avea fin sopra i dèi.
29.5A sé chiamolla, e disse: - Miglior messo
29.6a tal bisogno elegger non potrei;
29.7che di te né più fido né più saggio
29.8imbasciator, Ippalca mia, non aggio. -
30.1Ippalca la donzella era nomata.
30.2- Va, - le dice, e l'insegna ove de' gire;
30.3e pienamente poi l'ebbe informata
30.4di quanto avesse al suo signore a dire;
30.5e far la scusa se non era andata
30.6al monaster: che non fu per mentire;
30.7ma che Fortuna, che di noi potea
30.8più che noi stessi, da imputar s'avea.
31.1Montar la fece s'un ronzino, e in mano
31.2la ricca briglia di Frontin le messe:
31.3e se sì pazzo alcuno o sì villano
31.4trovasse, che levar le lo volesse;
31.5per fargli a una parola il cervel sano,
31.6di chi fosse il destrier sol gli dicesse;
31.7che non sapea sì ardito cavalliero,
31.8che non tremasse al nome di Ruggiero.
32.1Di molte cose l'ammonisce e molte,
32.2che trattar con Ruggier abbia in sua vece;
32.3le qual poi ch'ebbe Ippalca ben raccolte,
32.4si pose in via, né più dimora fece.
32.5Per strade e campi e selve oscure e folte
32.6cavalcò de le miglia più di diece;
32.7che non fu a darle noia chi venisse,
32.8né a domandarla pur dove ne gisse.
33.1A mezzo il giorno, nel calar d'un monte,
33.2in una stretta e malagevol via
33.3si venne ad incontrar con Rodomonte,
33.4ch'armato un piccol nano e a piè seguia.
33.5Il Moro alzò vêr lei l'altiera fronte,
33.6e bestemmiò l'eterna Ierarchia,
33.7poi che sì bel destrier, sì bene ornato,
33.8non avea in man d'un cavallier trovato.
34.1Avea giurato che 'l primo cavallo
34.2torria per forza, che tra via incontrasse.
34.3Or questo è stato il primo; e trovato hallo
34.4più bello e più per lui, che mai trovasse:
34.5ma torlo a una donzella gli par fallo;
34.6e pur agogna averlo, e in dubbio stasse.
34.7Lo mira, lo contempla, e dice spesso:
34.8- Deh perché il suo signor non è con esso! -
35.1- Deh ci fosse egli! (gli rispose Ippalca)
35.2che ti faria cangiar forse pensiero.
35.3Assai più di te val chi lo cavalca,
35.4né lo pareggia al mondo altro guerriero. -
35.5- Chi è (le disse il Moro) che sì calca
35.6l'onore altrui? - Rispose ella: - Ruggiero. -
35.7E quel suggiunse: - Adunque il destrier voglio,
35.8poi ch'a Ruggier, sì gran campion, lo toglio.
36.1Il qual, se sarà ver, come tu parli,
36.2che sia sì forte, e più d'ogn'altro vaglia,
36.3non che il destrier, ma la vettura darli
36.4converrammi, e in suo albitrio fia la taglia.
36.5Che Rodomonte io sono, hai da narrarli,
36.6e che, se pur vorrà meco battaglia,
36.7mi troverà; ch'ovunque io vada o stia,
36.8mi fa sempre apparir la luce mia.
37.1Dovunque io vo, sì gran vestigio resta,
37.2che non lo lascia il fulmine maggiore. -
37.3Così dicendo, avea tornate in testa
37.4le redine dorate al corridore:
37.5sopra gli salta; e lacrimosa e mesta
37.6rimane Ippalca, e spinta dal dolore
37.7minaccia Rodomonte e gli dice onta:
37.8non l'ascolta egli, e su pel poggio monta.
38.1Per quella via dove lo guida il nano
38.2per trovar Mandricardo e Doralice,
38.3gli viene Ippalca dietro di lontano,
38.4e lo bestemmia sempre e maledice.
38.5Ciò che di questo avvenne, altrove è piano.
38.6Turpin, che tutta questa istoria dice,
38.7fa qui digresso, e torna in quel paese
38.8dove fu dianzi morto il Maganzese.
39.1Dato avea a pena a quel loco le spalle
39.2la figliuola d'Amon, ch'in fretta gìa,
39.3che v'arrivò Zerbin per altro calle
39.4con la fallace vecchia in compagnia:
39.5e giacer vide il corpo ne la valle
39.6del cavallier, che non sa già chi sia;
39.7ma, come quel ch'era cortese e pio,
39.8ebbe pietà del caso acerbo e rio.
40.1Giaceva Pinabello in terra spento,
40.2versando il sangue per tante ferite,
40.3ch'esser doveano assai, se più di cento
40.4spade in sua morte si fossero unite.
40.5Il cavallier di Scozia non fu lento
40.6per l'orme che di fresco eran scolpite
40.7a porsi in avventura, se potea
40.8saper chi l'omicidio fatto avea.
41.1Et a Gabrina dice che l'aspette;
41.2che senza indugio a lei farà ritorno.
41.3Ella presso al cadavero si mette,
41.4e fissamente vi pon gli occhi intorno;
41.5perché, se cosa v'ha che le dilette,
41.6non vuol ch'un morto invan più ne sia adorno,
41.7come colei che fu, tra l'altre note,
41.8quanto avara esser più femina puote.
42.1Se di portarne il furto ascosamente
42.2avesse avuto modo o alcuna speme,
42.3la sopravesta fatta riccamente
42.4gli avrebbe tolta, e le bell'arme insieme.
42.5Ma quel che può celarsi agevolmente,
42.6si piglia, e 'l resto fin al cor le preme.
42.7Fra l'altre spoglie un bel cinto levonne,
42.8e se ne legò i fianchi infra due gonne.
43.1Poco dopo arrivò Zerbin, ch'avea
43.2seguito invan di Bradamente i passi,
43.3perché trovò il sentier che si torcea
43.4in molti rami ch'ivano alti e bassi:
43.5e poco omai del giorno rimanea,
43.6né volea al buio star fra quelli sassi;
43.7e per trovare albergo diè le spalle
43.8con l'empia vecchia alla funesta valle.
44.1Quindi presso a dua miglia ritrovaro
44.2un gran castel che fu detto Altariva,
44.3dove per star la notte si fermaro,
44.4che già a gran volo inverso il ciel saliva.
44.5Non vi ster molto, ch'un lamento amaro
44.6l'orecchie d'ogni parte lor feriva;
44.7e veggon lacrimar da tutti gli occhi,
44.8come la cosa a tutto il popul tocchi.
45.1Zerbino dimandonne, e gli fu detto
45.2che venut'era al cont'Anselmo aviso,
45.3che fra duo monti in un sentiero istretto
45.4giacea il suo figlio Pinabello ucciso.
45.5Zerbin, per non ne dar di sé sospetto,
45.6di ciò si finge nuovo, e abbassa il viso;
45.7ma pensa ben, che senza dubbio sia
45.8quel ch'egli trovò morto in su la via.
46.1Dopo non molto la bara funèbre
46.2giunse, a splendor di torchi e di facelle,
46.3là dove fece le strida più crebre
46.4con un batter di man gire alle stelle,
46.5e con più vena fuor de le palpèbre
46.6le lacrime inundar per le mascelle:
46.7ma più de l'altre nubilose et atre
46.8era la faccia del misero patre.
47.1Mentre apparecchio si facea solenne
47.2di grandi essequie e di funèbri pompe,
47.3secondo il modo et ordine che tenne
47.4l'usanza antiqua e ch'ogni età corrompe;
47.5da parte del signore un bando venne,
47.6che tosto il popular strepito rompe,
47.7e promette gran premio a chi dia aviso
47.8chi stato sia che gli abbia il figlio ucciso.
48.1Di voce in voce e d'una in altra orecchia
48.2il grido e 'l bando per la terra scorse,
48.3fin che l'udì la scelerata vecchia
48.4che di rabbia avanzò le tigri e l'orse;
48.5e quindi alla ruina s'apparecchia
48.6di Zerbino, o per l'odio che gli ha forse,
48.7o per vantarsi pur, che sola priva
48.8d'umanitade in uman corpo viva;
49.1o fosse pur per guadagnarsi il premio:
49.2a ritrovar n'andò quel signor mesto;
49.3e dopo un verisimil suo proemio,
49.4gli disse che Zerbin fatto avea questo:
49.5e quel bel cinto si levò di gremio,
49.6che 'l miser padre a riconoscer presto,
49.7appresso il testimonio e tristo uffizio
49.8de l'empia vecchia, ebbe per chiaro indizio.
50.1E lacrimando al ciel leva le mani,
50.2che 'l figliuol non sarà senza vendetta.
50.3Fa circundar l'albergo ai terrazzani;
50.4che tutto 'l popul s'è levato in fretta.
50.5Zerbin che gli nimici aver lontani
50.6si crede, e questa ingiuria non aspetta,
50.7dal conte Anselmo, che si chiama offeso
50.8tanto da lui, nel primo sonno è preso;
51.1e quella notte in tenebrosa parte
51.2incatenato, e in gravi ceppi messo.
51.3Il sole ancor non ha le luci sparte,
51.4che l'ingiusto supplicio è già commesso:
51.5che nel loco medesimo si squarte,
51.6dove fu il mal c'hanno imputato ad esso.
51.7Altra esamina in ciò non si facea:
51.8bastava che 'l signor così credea.
52.1Poi che l'altro matin la bella Aurora
52.2l'aer seren fe' bianco e rosso e giallo,
52.3tutto 'l popul gridando: Mora, mora,
52.4vien per punir Zerbin del non suo fallo.
52.5Lo sciocco vulgo l'accompagna fuora,
52.6senz'ordine, chi a piede e chi a cavallo;
52.7e 'l cavallier di Scozia a capo chino
52.8ne vien legato in s'un piccol ronzino.
53.1Ma Dio, che spesso gl'innocenti aiuta,
53.2né lascia mai ch'in sua bontà si fida,
53.3tal difesa gli avea già proveduta,
53.4che non v'è dubbio più ch'oggi s'uccida.
53.5Quivi Orlando arrivò, la cui venuta
53.6alla via del suo scampo gli fu guida.
53.7Orlando giù nel pian vide la gente
53.8che traea a morte il cavallier dolente.
54.1Era con lui quella fanciulla, quella
54.2che ritrovò ne la selvaggia grotta,
54.3del re galego la figlia Issabella,
54.4in poter già de' malandrin condotta,
54.5poi che lasciato avea ne la procella
54.6del truculento mar la nave rotta:
54.7quella che più vicino al core avea
54.8questo Zerbin, che l'alma onde vivea.
55.1Orlando se l'avea fatta compagna,
55.2poi che de la caverna la riscosse.
55.3Quando costei li vide alla campagna,
55.4domandò Orlando, chi la turba fosse.
55.5- Non so, - diss'egli; e poi su la montagna
55.6lasciolla, e verso il pian ratto si mosse.
55.7Guardò Zerbino, et alla vista prima
55.8lo giudicò baron di molta stima.
56.1E fattosegli appresso, domandollo
56.2per che cagione e dove il menin preso.
56.3Levò il dolente cavalliero il collo,
56.4e meglio avendo il paladino inteso,
56.5rispose il vero; e così ben narrollo,
56.6che meritò dal conte esser difeso.
56.7Bene avea il conte alle parole scorto
56.8ch'era innocente, e che moriva a torto.
57.1E poi che 'ntese che commesso questo
57.2era dal conte Anselmo d'Altariva,
57.3fu certo ch'era torto manifesto;
57.4ch'altro da quel fellon mai non deriva.
57.5Et oltre a-cciò, l'uno era all'altro infesto
57.6per l'antiquissimo odio che bolliva
57.7tra il sangue di Maganza e di Chiarmonte;
57.8e tra lor eran morti e danni et onte.
58.1- Slegate il cavallier (gridò), canaglia,
58.2(il conte a' masnadieri), o ch'io v'uccido. -
58.3- Chi è costui che sì gran colpi taglia?
58.4(rispose un che parer volle il più fido).
58.5Se di cera noi fussimo o di paglia,
58.6e di fuoco egli, assai fôra quel grido. -
58.7E venne contra il paladin di Francia:
58.8Orlando contra lui chinò la lancia.
59.1La lucente armatura il Maganzese,
59.2che levata la notte avea a Zerbino,
59.3e postasela indosso, non difese
59.4contro l'aspro incontrar del paladino.
59.5Sopra la destra guancia il ferro prese:
59.6l'elmo non passò già, perch'era fino;
59.7ma tanto fu de la percossa il crollo,
59.8che la vita gli tolse e roppe il collo.
60.1Tutto in un corso, senza tor di resta
60.2la lancia, passò un altro in mezzo 'l petto:
60.3quivi lasciolla, e la mano ebbe presta
60.4a Durindana; e nel drappel più stretto
60.5a chi fece due parti de la testa,
60.6a chi levò dal busto il capo netto;
60.7forò la gola a molti; e in un momento
60.8n'uccise e messe in rotta più di cento.
61.1Più del terzo n'ha morto, e 'l resto caccia
61.2e taglia e fende e fiere e fora e tronca.
61.3Chi lo scudo, e chi l'elmo che lo 'mpaccia,
61.4e chi lascia lo spiedo e chi la ronca;
61.5chi al lungo, chi al traverso il camin spaccia;
61.6altri s'appiatta in bosco, altri in spelonca.
61.7Orlando, di pietà questo dì privo,
61.8a suo poter non vuol lasciarne un vivo.
62.1Di cento venti (che Turpin sottrasse
62.2il conto), ottanta ne periro almeno.
62.3Orlando finalmente si ritrasse
62.4dove a Zerbin tremava il cor nel seno.
62.5S'al ritornar d'Orlando s'allegrasse,
62.6non si potria contare in versi a pieno.
62.7Se gli saria per onorar prostrato;
62.8ma si trovò sopra il ronzin legato.
63.1Mentre ch'Orlando, poi che lo disciolse,
63.2l'aiutava a ripor l'arme sue intorno,
63.3ch'al capitan de la sbirraglia tolse,
63.4che per suo mal se n'era fatto adorno;
63.5Zerbino gli occhi ad Issabella volse,
63.6che sopra il colle avea fatto soggiorno,
63.7e poi che de la pugna vide il fine,
63.8portò le sue bellezze più vicine.
64.1Quando apparir Zerbin si vide appresso
64.2la donna che da lui fu amata tanto,
64.3la bella donna che per falso messo
64.4credea sommersa, e n'ha più volte pianto;
64.5com'un ghiaccio nel petto gli sia messo,
64.6sente dentro aggelarsi, e triema alquanto:
64.7ma tosto il freddo manca, et in quel loco
64.8tutto s'avampa d'amoroso fuoco.
65.1Di non tosto abbracciarla lo ritiene
65.2la riverenza del signor d'Anglante;
65.3perché si pensa, e senza dubbio tiene
65.4ch'Orlando sia de la donzella amante.
65.5Così cadendo va di pene in pene,
65.6e poco dura il gaudio ch'ebbe inante:
65.7il vederla d'altrui peggio sopporta,
65.8che non fe' quando udì ch'ella era morta.
66.1E molto più gli duol che sia in podesta
66.2del cavalliero a cui cotanto debbe;
66.3perché volerla a lui levar né onesta
66.4né forse impresa facile sarebbe.
66.5Nessuno altro da sé lassar con questa
66.6preda partir senza romor vorrebbe:
66.7ma verso il conte il suo debito chiede
66.8che se lo lasci por sul collo il piede.
67.1Giunsero taciturni ad una fonte,
67.2dove smontaro e fêr qualche dimora.
67.3Trassesi l'elmo il travagliato conte,
67.4et a Zerbin lo fece trarre ancora.
67.5Vede la donna il suo amatore in fronte,
67.6e di subito gaudio si scolora;
67.7poi torna come fiore umido suole
67.8dopo gran pioggia all'apparir del sole.
68.1E senza indugio e senza altro rispetto
68.2corre al suo caro amante, e il collo abbraccia;
68.3e non può trar parola fuor del petto,
68.4ma di lacrime il sen bagna e la faccia.
68.5Orlando attento all'amoroso affetto,
68.6senza che più chiarezza se gli faccia,
68.7vide a tutti gl'indizii manifesto
68.8ch'altri esser, che Zerbin, non potea questo.
69.1Come la voce aver poté Issabella,
69.2non bene asciutta ancor l'umida guancia,
69.3sol de la molta cortesia favella,
69.4che l'avea usata il paladin di Francia.
69.5Zerbino, che tenea questa donzella
69.6con la sua vita pare a una bilancia,
69.7si getta a' piè del conte, e quello adora
69.8come a chi gli ha due vite date a un'ora.
70.1Molti ringraziamenti e molte offerte
70.2erano per seguir tra i cavallieri,
70.3se non udian sonar le vie coperte
70.4dagli arbori di frondi oscuri e neri.
70.5Presti alle teste lor, ch'eran scoperte,
70.6posero gli elmi, e presero i destrieri:
70.7et ecco un cavalliero e una donzella
70.8lor sopravien, ch'a pena erano in sella.
71.1Era questo guerrier quel Mandricardo
71.2che dietro Orlando in fretta si condusse
71.3per vendicar Alzirdo e Manilardo,
71.4che 'l paladin con gran valor percusse:
71.5quantunque poi lo seguitò più tardo;
71.6che Doralice in suo poter ridusse,
71.7la quale avea con un troncon di cerro
71.8tolta a cento guerrier carchi di ferro.
72.1Non sapea il Saracin però, che questo,
72.2ch'egli seguia, fosse il signor d'Anglante:
72.3ben n'avea indizio e segno manifesto
72.4ch'esser dovea gran cavalliero errante.
72.5A lui mirò più ch'a Zerbino, e presto
72.6gli andò con gli occhi dal capo alle piante;
72.7e i dati contrasegni ritrovando,
72.8disse: - Tu se' colui ch'io vo cercando.
73.1Sono omai dieci giorni (gli soggiunse)
73.2che di cercar non lascio i tuo' vestigi:
73.3tanto la fama stimolommi e punse,
73.4che di te venne al campo di Parigi,
73.5quando a fatica un vivo sol vi giunse
73.6di mille che mandasti ai regni stigi;
73.7e la strage contò, che da te venne
73.8sopra i Norizii e quei di Tremisenne.
74.1Non fui, come lo seppi, a seguir lento,
74.2e per vederti e per provarti appresso:
74.3e perché m'informai del guernimento
74.4c'hai sopra l'arme, io so che tu sei desso;
74.5e se non l'avessi anco, e che fra cento
74.6per celarti da me ti fossi messo,
74.7il tuo fiero sembiante mi faria
74.8chiaramente veder che tu quel sia. -
75.1- Non si può (gli rispose Orlando) dire
75.2che cavallier non sii d'alto valore;
75.3però che sì magnanimo desire
75.4non mi credo albergasse in umil core.
75.5Se 'l volermi veder ti fa venire,
75.6vo' che mi veggi dentro, come fuore:
75.7mi leverò questo elmo da le tempie,
75.8acciò ch'a punto il tuo desire adempie.
76.1Ma poi che ben m'avrai veduto in faccia,
76.2all'altro desiderio ancora attendi:
76.3resta ch'alla cagion tu satisfaccia,
76.4che fa che dietro questa via mi prendi;
76.5che veggi se 'l valor mio si confaccia
76.6a quel sembiante fier che sì commendi. -
76.7- Orsù (disse il pagano), al rimanente;
76.8ch'al primo ho satisfatto interamente. -
77.1Il conte tuttavia dal capo al piede
77.2va cercando il pagan tutto con gli occhi:
77.3mira ambi i fianchi, indi l'arcion; né vede
77.4pender né qua né là mazze né stocchi.
77.5Gli domanda di ch'arme si provede,
77.6s'avvien che con la lancia in fallo tocchi.
77.7Rispose quel: - Non ne pigliar tu cura:
77.8così a molt'altri ho ancor fatto paura.
78.1Ho sacramento di non cinger spada,
78.2fin ch'io non tolgo Durindana al conte;
78.3e cercando lo vo per ogni strada,
78.4acciò più d'una posta meco sconte.
78.5Lo giurai (se d'intenderlo t'aggrada)
78.6quando mi posi quest'elmo alla fronte,
78.7il qual con tutte l'altr'arme ch'io porto,
78.8era d'Ettòr, che già mill'anni è morto.
79.1La spada sola manca alle buone arme:
79.2come rubata fu, non ti so dire.
79.3Or che la porti il paladino, parme;
79.4e di qui vien ch'egli ha sì grande ardire.
79.5Ben penso, se con lui posso accozzarme,
79.6fargli il mal tolto ormai ristituire.
79.7Cercolo ancor, che vendicar disio
79.8il famoso Agrican genitor mio.
80.1Orlando a tradimento gli diè morte:
80.2ben so che non potea farlo altrimente. -
80.3Il conte più non tacque, e gridò forte:
80.4- E tu, e qualunque il dice, se ne mente.
80.5Ma quel che cerchi t'è venuto in sorte:
80.6io sono Orlando, e uccisil giustamente;
80.7e questa è quella spada che tu cerchi,
80.8che tua sarà, se con virtù la merchi.
81.1Quantunque sia debitamente mia,
81.2tra noi per gentilezza si contenda:
81.3né voglio in questa pugna ch'ella sia
81.4più tua che mia; ma a un arbore s'appenda.
81.5Levala tu liberamente via,
81.6s'avvien che tu m'uccida o che mi prenda. -
81.7Così dicendo, Durindana prese,
81.8e 'n mezzo il campo a un arbuscel l'appese.
82.1Già l'un da l'altro è dipartito lunge,
82.2quanto sarebbe un mezzo tratto d'arco:
82.3già l'uno contra l'altro il destrier punge,
82.4né de le lente redine gli è parco:
82.5già l'uno e l'altro di gran colpo aggiunge
82.6dove per l'elmo la veduta ha varco.
82.7Parveno l'aste, al rompersi, di gielo;
82.8e in mille scheggie andâr volando al cielo.
83.1L'una e l'altra asta è forza che si spezzi;
83.2che non voglion piegarsi i cavallieri,
83.3i cavallier che tornano coi pezzi
83.4che son restati appresso i calci interi.
83.5Quelli, che sempre fur nel ferro avezzi,
83.6or, come duo villan per sdegno fieri
83.7nel partir acque o termini de prati,
83.8fan crudel zuffa di duo pali armati.
84.1Non stanno l'aste a quattro colpi salde,
84.2e mancan nel furor di quella pugna.
84.3Di qua e di là si fan l'ire più calde;
84.4né da ferir lor resta altro che pugna.
84.5Schiodano piastre, e straccian maglie e falde,
84.6pur che la man, dove s'aggraffi, giugna.
84.7Non desideri alcun, perché più vaglia,
84.8martel più grave o più dura tanaglia.
85.1Come può il Saracin ritrovar sesto
85.2di finir con suo onore il fiero invito?
85.3Pazzia sarebbe il perder tempo in questo,
85.4che nuoce al feritor più ch'al ferito.
85.5Andò alle strette l'uno e l'altro, e presto
85.6il re pagano Orlando ebbe ghermito:
85.7lo stringe al petto; e crede far le prove
85.8che sopra Anteo fe' già il figliol di Giove.
86.1Lo piglia con molto impeto a traverso:
86.2quando lo spinge, e quando a sé lo tira;
86.3et è ne la gran còlera sì immerso,
86.4ch'ove resti la briglia poco mira.
86.5Sta in sé raccolto Orlando, e ne va verso
86.6il suo vantaggio, e alla vittoria aspira:
86.7gli pon la cauta man sopra le ciglia
86.8del cavallo, e cader ne fa la briglia.
87.1Il Saracino ogni poter vi mette,
87.2che lo soffoghi, o de l'arcion lo svella:
87.3negli urti il conte ha le ginocchia strette;
87.4né in questa parte vuol piegar né in quella.
87.5Per quel tirar che fa il pagan, constrette
87.6le cingie son d'abandonar la sella.
87.7Orlando è in terra, e a pena sel conosce;
87.8ch'i piedi ha in staffa, e stringe ancor le cosce.
88.1Con quel rumor ch'un sacco d'arme cade,
88.2risuona il conte, come il campo tocca.
88.3Il destrier c'ha la testa in libertade,
88.4quello a chi tolto il freno era di bocca,
88.5non più mirando i boschi che le strade,
88.6con ruinoso corso si trabocca,
88.7spinto di qua e di là dal timor cieco;
88.8e Mandricardo se ne porta seco.
89.1Doralice che vede la sua guida
89.2uscir del campo e torlesi d'appresso,
89.3e mal restarne senza si confida,
89.4dietro, correndo, il suo ronzin gli ha messo.
89.5Il pagan per orgoglio al destrier grida,
89.6e con mani e con piedi il batte spesso;
89.7e, come non sia bestia, lo minaccia
89.8perché si fermi, e tuttavia più il caccia.
90.1La bestia, ch'era spaventosa e poltra,
90.2sanza guardarsi ai piè, corre a traverso.
90.3Già corso avea tre miglia, e seguiva oltra,
90.4s'un fosso a quel desir non era avverso;
90.5che, sanza aver nel fondo o letto o coltra,
90.6ricevé l'uno e l'altro in sé riverso.
90.7Diè Mandricardo in terra aspra percossa;
90.8né però si fiaccò né si roppe ossa.
91.1Quivi si ferma il corridore al fine;
91.2ma non si può guidar, che non ha freno.
91.3Il Tartaro lo tien preso nel crine,
91.4e tutto è di furore e d'ira pieno.
91.5Pensa, e non sa quel che di far destine.
91.6- Pongli la briglia del mio palafreno
91.7(la donna gli dicea); che non è molto
91.8il mio feroce, o sia col freno o sciolto. -
92.1Al Saracin parea discortesia
92.2la proferta accettar di Doralice;
92.3ma fren gli farà aver per altra via
92.4Fortuna a' suoi disii molto fautrice.
92.5Quivi Gabrina scelerata invia,
92.6che, poi che di Zerbin fu traditrice,
92.7fuggia, come la lupa che lontani
92.8oda venire i cacciatori e i cani.
93.1Ella avea ancora indosso la gonnella,
93.2e quei medesmi giovenili ornati
93.3che furo alla vezzosa damigella
93.4di Pinabel, per lei vestir, levati;
93.5et avea il palafreno anco di quella,
93.6dei buon del mondo e degli avantaggiati.
93.7La vecchia sopra il Tartaro trovosse,
93.8ch'ancor non s'era accorta che vi fosse.
94.1L'abito giovenil mosse la figlia
94.2di Stordilano, e Mandricardo a riso,
94.3vedendolo a colei che rassomiglia
94.4a un babuino, a un bertuccione in viso.
94.5Disegna il Saracin torle la briglia
94.6pel suo destriero, e riuscì l'aviso.
94.7Toltogli il morso, il palafren minaccia,
94.8gli grida, lo spaventa, e in fuga il caccia.
95.1Quel fugge per la selva, e seco porta
95.2la quasi morta vecchia di paura
95.3per valli e monti e per via dritta e torta,
95.4per fossi e per pendici alla ventura.
95.5Ma il parlar di costei sì non m'importa,
95.6ch'io non debba d'Orlando aver più cura,
95.7ch'alla sua sella ciò ch'era di guasto,
95.8tutto ben racconciò sanza contrasto.
96.1Rimontò sul destriero, e ste' gran pezzo
96.2a riguardar che 'l Saracin tornasse.
96.3Nol vedendo apparir, vòlse da sezzo
96.4egli esser quel ch'a ritrovarlo andasse;
96.5ma, come costumato e bene avezzo,
96.6non prima il paladin quindi si trasse,
96.7che con dolce parlar grato e cortese
96.8buona licenzia dagli amanti prese.
97.1Zerbin di quel partir molto si dolse;
97.2di tenerezza ne piangea Issabella:
97.3voleano ir seco, ma il conte non vòlse
97.4lor compagnia, ben ch'era e buona e bella;
97.5e con questa ragion se ne disciolse,
97.6ch'a guerrier non è infamia sopra quella
97.7che, quando cerchi un suo nimico, prenda
97.8compagno che l'aiuti e che 'l difenda.
98.1Li pregò poi, che quando il Saracino,
98.2prima ch'in lui, si riscontrasse in loro,
98.3gli dicesser ch'Orlando avria vicino
98.4ancor tre giorni per quel tenitoro;
98.5ma dopo, che sarebbe il suo camino
98.6verso le 'nsegne dei bei gigli d'oro,
98.7per esser con l'esercito di Carlo,
98.8acciò, volendol, sappia onde chiamarlo.
99.1Quelli promiser farlo volentieri,
99.2e questa e ogn'altra cosa al suo comando.
99.3Feron camin diverso i cavallieri,
99.4di qua Zerbino, e di là il conte Orlando.
99.5Prima che pigli il conte altri sentieri,
99.6all'arbor tolse, e a sé ripose il brando;
99.7e dove meglio col pagan pensosse
99.8di potersi incontrare, il destrier mosse.
100.1Lo strano corso che tenne il cavallo
100.2del Saracin pel bosco senza via,
100.3fece ch'Orlando andò duo giorni in fallo,
100.4né lo trovò, né poté averne spia.
100.5Giunse ad un rivo che parea cristallo,
100.6ne le cui sponde un bel pratel fioria,
100.7di nativo color vago e dipinto,
100.8e di molti e belli arbori distinto.
101.1Il merigge facea grato l'orezzo
101.2al duro armento et al pastore ignudo;
101.3sì che né Orlando sentia alcun ribrezzo,
101.4che la corazza avea, l'elmo e lo scudo.
101.5Quivi egli entrò per riposarvi in mezzo;
101.6e v'ebbe travaglioso albergo e crudo,
101.7e più che dir si possa empio soggiorno,
101.8quell'infelice e sfortunato giorno.
102.1Volgendosi ivi intorno, vide scritti
102.2molti arbuscelli in su l'ombrosa riva.
102.3Tosto che fermi v'ebbe gli occhi e fitti,
102.4fu certo esser di man de la sua diva.
102.5Questo era un di quei lochi già descritti,
102.6ove sovente con Medor veniva
102.7da casa del pastore indi vicina
102.8la bella donna del Catai regina.
103.1Angelica e Medor con cento nodi
103.2legati insieme, e in cento lochi vede.
103.3Quante lettere son, tanti son chiodi
103.4coi quali Amore il cor gli punge e fiede.
103.5Va col pensier cercando in mille modi
103.6non creder quel ch'al suo dispetto crede:
103.7ch'altra Angelica sia, creder si sforza,
103.8ch'abbia scritto il suo nome in quella scorza.
104.1Poi dice: - Conosco io pur queste note:
104.2di tal'io n'ho tante vedute e lette.
104.3Finger questo Medoro ella si puote:
104.4forse ch'a me questo cognome mette. -
104.5Con tali opinion dal ver remote
104.6usando fraude a se medesmo, stette
104.7ne la speranza il mal contento Orlando,
104.8che si seppe a se stesso ir procacciando.
105.1Ma sempre più raccende e più rinuova,
105.2quanto spenger più cerca, il rio sospetto:
105.3come l'incauto augel che si ritrova
105.4in ragna o in visco aver dato di petto,
105.5quanto più batte l'ale e più si prova
105.6di disbrigar, più vi si lega stretto.
105.7Orlando viene ove s'incurva il monte
105.8a guisa d'arco in su la chiara fonte.
106.1Aveano in su l'entrata il luogo adorno
106.2coi piedi storti edere e viti erranti.
106.3Quivi soleano al più cocente giorno
106.4stare abbracciati i duo felici amanti.
106.5V'aveano i nomi lor dentro e d'intorno,
106.6più che in altro dei luoghi circonstanti,
106.7scritti, qual con carbone e qual con gesso,
106.8e qual con punte di coltelli impresso.
107.1Il mesto conte a piè quivi discese;
107.2e vide in su l'entrata de la grotta
107.3parole assai, che di sua man distese
107.4Medoro avea, che parean scritte allotta.
107.5Del gran piacer che ne la grotta prese,
107.6questa sentenzia in versi avea ridotta.
107.7Che fosse culta in suo linguaggio io penso;
107.8et era ne la nostra tale il senso:
108.1- Liete piante, verdi erbe, limpide acque,
108.2spelunca opaca e di fredde ombre grata,
108.3dove la bella Angelica che nacque
108.4di Galafron, da molti invano amata,
108.5spesso ne le mie braccia nuda giacque;
108.6de la commodità che qui m'è data,
108.7io povero Medor ricompensarvi
108.8d'altro non posso, che d'ognior lodarvi:
109.1e di pregare ogni signore amante,
109.2e cavallieri e damigelle, e ognuna
109.3persona, o paesana o viandante,
109.4che qui sua volontà meni o Fortuna;
109.5ch'all'erbe, all'ombre, all'antro, al rio, alle piante
109.6dica: benigno abbiate e sole e luna,
109.7e de le ninfe il coro, che proveggia
109.8che non conduca a voi pastor mai greggia. -
110.1Era scritto in arabico, che 'l conte
110.2intendea così ben come latino:
110.3fra molte lingue e molte ch'avea pronte,
110.4prontissima avea quella il paladino;
110.5e gli schivò più volte e danni et onte,
110.6che si trovò tra il popul saracino:
110.7ma non si vanti, se già n'ebbe frutto;
110.8ch'un danno or n'ha, che può scontargli il tutto.
111.1Tre volte e quattro e sei lesse lo scritto
111.2quello infelice, e pur cercando invano
111.3che non vi fosse quel che v'era scritto;
111.4e sempre lo vedea più chiaro e piano:
111.5et ogni volta in mezzo il petto afflitto
111.6stringersi il cor sentia con fredda mano.
111.7Rimase al fin con gli occhi e con la mente
111.8fissi nel sasso, al sasso indifferente.
112.1Fu allora per uscir del sentimento,
112.2sì tutto in preda del dolor si lassa.
112.3Credete a chi n'ha fatto esperimento,
112.4che questo è 'l duol che tutti gli altri passa.
112.5Caduto gli era sopra il petto il mento,
112.6la fronte priva di baldanza e bassa;
112.7né poté aver (che 'l duol l'occupò tanto)
112.8alle querele voce, o umore al pianto.
113.1L'impetuosa doglia entro rimase,
113.2che volea tutta uscir con troppa fretta.
113.3Così veggiàn restar l'acqua nel vase,
113.4che largo il ventre e la bocca abbia stretta;
113.5che nel voltar che si fa in su la base,
113.6l'umor che vorria uscir, tanto s'affretta,
113.7e ne l'angusta via tanto s'intrica,
113.8ch'a goccia a goccia fuore esce a fatica.
114.1Poi ritorna in sé alquanto, e pensa come
114.2possa esser che non sia la cosa vera:
114.3che voglia alcun così infamare il nome
114.4de la sua donna e crede e brama e spera,
114.5o gravar lui d'insoportabil some
114.6tanto di gelosia, che se ne pèra;
114.7et abbia quel, sia chi si voglia stato,
114.8molto la man di lei bene imitato.
115.1In così poca, in così debol speme
115.2sveglia gli spirti e gli rifranca un poco;
115.3indi al suo Brigliadoro il dosso preme,
115.4dando già il sole alla sorella loco.
115.5Non molto va, che da le vie supreme
115.6dei tetti uscir vede il vapor del fuoco,
115.7sente cani abbaiar, muggiare armento:
115.8viene alla villa, e piglia alloggiamento.
116.1Languido smonta, e lascia Brigliadoro
116.2a un discreto garzon che n'abbia cura;
116.3altri il disarma, altri gli sproni d'oro
116.4gli leva, altri a forbir va l'armatura.
116.5Era questa la casa ove Medoro
116.6giacque ferito, e v'ebbe alta avventura.
116.7Corcarsi Orlando e non cenar domanda,
116.8di dolor sazio e non d'altra vivanda.
117.1Quanto più cerca ritrovar quiete,
117.2tanto ritrova più travaglio e pena;
117.3che de l'odiato scritto ogni parete,
117.4ogni uscio, ogni finestra vede piena.
117.5Chieder ne vuol: poi tien le labra chete;
117.6che teme non si far troppo serena,
117.7troppo chiara la cosa che di nebbia
117.8cerca offuscar, perché men nuocer debbia.
118.1Poco gli giova usar fraude a se stesso;
118.2che senza domandarne, è chi ne parla.
118.3Il pastor che lo vede così oppresso
118.4da sua tristizia, e che voria levarla,
118.5l'istoria nota a sé, che dicea spesso
118.6di quei duo amanti a chi volea ascoltarla,
118.7ch'a molti dilettevole fu a udire,
118.8gl'incominciò senza rispetto a dire:
119.1come esso a' prieghi d'Angelica bella
119.2portato avea Medoro alla sua villa,
119.3ch'era ferito gravemente; e ch'ella
119.4curò la piaga, e in pochi dì guarilla:
119.5ma che nel cor d'una maggior di quella
119.6lei ferì Amor; e di poca scintilla
119.7l'accese tanto e sì cocente fuoco,
119.8che n'ardea tutta, e non trovava loco:
120.1e sanza aver rispetto ch'ella fusse
120.2figlia del maggior re ch'abbia il Levante,
120.3da troppo amor constretta si condusse
120.4a farsi moglie d'un povero fante.
120.5All'ultimo l'istoria si ridusse,
120.6che 'l pastor fe' portar la gemma inante,
120.7ch'alla sua dipartenza, per mercede
120.8del buono albergo, Angelica gli diede.
121.1Questa conclusion fu la secure
121.2che 'l capo a un colpo gli levò dal collo,
121.3poi che d'innumerabil battiture
121.4si vide il manigoldo Amor satollo.
121.5Celar si studia Orlando il duolo; e pure
121.6quel gli fa forza, e male asconder pòllo:
121.7per lacrime e suspir da bocca e d'occhi
121.8convien, voglia o non voglia, al fin che scocchi.
122.1Poi ch'allargare il freno al dolor puote
122.2(che resta solo e senza altrui rispetto),
122.3giù dagli occhi rigando per le gote
122.4sparge un fiume di lacrime sul petto:
122.5sospira e geme, e va con spesse ruote
122.6di qua di là tutto cercando il letto;
122.7e più duro ch'un sasso, e più pungente
122.8che se fosse d'urtica, se lo sente.
123.1In tanto aspro travaglio gli soccorre
123.2che nel medesmo letto in che giaceva,
123.3l'ingrata donna venutasi a porre
123.4col suo drudo più volte esser doveva.
123.5Non altrimenti or quella piuma abborre,
123.6né con minor prestezza se ne leva,
123.7che de l'erba il villan che s'era messo
123.8per chiuder gli occhi, e vegga il serpe appresso.
124.1Quel letto, quella casa, quel pastore
124.2immantinente in tant'odio gli casca,
124.3che senza aspettar luna, o che l'albóre
124.4che va dinanzi al nuovo giorno nasca,
124.5piglia l'arme e il destriero, et esce fuore
124.6per mezzo il bosco alla più oscura frasca;
124.7e quando poi gli è aviso d'esser solo,
124.8con gridi et urli apre le porte al duolo.
125.1Di pianger mai, mai di gridar non resta;
125.2né la notte né 'l dì si dà mai pace.
125.3Fugge cittadi e borghi, e alla foresta
125.4sul terren duro al discoperto giace.
125.5Di sé si maraviglia ch'abbia in testa
125.6una fontana d'acqua sì vivace,
125.7e come sospirar possa mai tanto;
125.8e spesso dice a sé così nel pianto:
126.1- Queste non son più lacrime, che fuore
126.2stillo dagli occhi con sì larga vena.
126.3Non suppliron le lacrime al dolore:
126.4finîr, ch'a mezzo era il dolore a pena.
126.5Dal fuoco spinto ora il vitale umore
126.6fugge per quella via ch'agli occhi mena;
126.7et è quel che si versa, e trarrà insieme
126.8e 'l dolore e la vita all'ore estreme.
127.1Questi ch'indizio fan del mio tormento,
127.2sospir non sono, né i sospir son tali.
127.3Quelli han triegua talora; io mai non sento
127.4che 'l petto mio men la sua pena esali.
127.5Amor che m'arde il cor, fa questo vento,
127.6mentre dibatte intorno al fuoco l'ali.
127.7Amor, con che miracolo lo fai,
127.8che 'n fuoco il tenghi, e nol consumi mai?
128.1Non son, non sono io quel che paio in viso:
128.2quel ch'era Orlando è morto et è sotterra;
128.3la sua donna ingratissima l'ha ucciso:
128.4sì, mancando di fé, gli ha fatto guerra.
128.5Io son lo spirto suo da lui diviso,
128.6ch'in questo inferno tormentandosi erra,
128.7acciò con l'ombra sia, che sola avanza,
128.8esempio a chi in Amor pone speranza. -
129.1Pel bosco errò tutta la notte il conte;
129.2e allo spuntar della diurna fiamma
129.3lo tornò il suo destin sopra la fonte
129.4dove Medoro insculse l'epigramma.
129.5Veder l'ingiuria sua scritta nel monte
129.6l'accese sì, ch'in lui non restò dramma
129.7che non fosse odio, rabbia, ira e furore;
129.8né più indugiò, che trasse il brando fuore.
130.1Tagliò lo scritto e 'l sasso, e sin al cielo
130.2a volo alzar fe' le minute schegge.
130.3Infelice quell'antro, et ogni stelo
130.4in cui Medoro e Angelica si legge!
130.5Così restâr quel dì, ch'ombra né gielo
130.6a pastor mai non daran più, né a gregge:
130.7e quella fonte, già sì chiara e pura,
130.8da cotanta ira fu poco sicura;
131.1che rami e ceppi e tronchi e sassi e zolle
131.2non cessò di gittar ne le bell'onde,
131.3fin che da sommo ad imo sì turbolle,
131.4che non furo mai più chiare né monde.
131.5E stanco al fin, e al fin di sudor molle,
131.6poi che la lena vinta non risponde
131.7allo sdegno, al grave odio, all'ardente ira,
131.8cade sul prato, e verso il ciel sospira.
132.1Afflitto e stanco al fin cade ne l'erba,
132.2e ficca gli occhi al cielo, e non fa motto.
132.3Senza cibo e dormir così si serba,
132.4che 'l sole esce tre volte e torna sotto.
132.5Di crescer non cessò la pena acerba,
132.6che fuor del senno al fin l'ebbe condotto.
132.7Il quarto dì, da gran furor commosso,
132.8e maglie e piastre si stracciò di dosso.
133.1Qui riman l'elmo, e là riman lo scudo,
133.2lontan gli arnesi, e più lontan l'usbergo:
133.3l'arme sue tutte, in somma vi concludo,
133.4avean pel bosco differente albergo.
133.5E poi si squarciò i panni, e mostrò ignudo
133.6l'ispido ventre e tutto 'l petto e 'l tergo;
133.7e cominciò la gran follia, sì orrenda,
133.8che de la più non sarà mai ch'intenda.
134.1In tanta rabbia, in tanto furor venne,
134.2che rimase offuscato in ogni senso.
134.3Di tor la spada in man non gli sovenne;
134.4che fatte avria mirabil cose, penso.
134.5Ma né quella, né scure, né bipenne
134.6era bisogno al suo vigore immenso.
134.7Quivi fe' ben de le sue prove eccelse,
134.8ch'un alto pino al primo crollo svelse:
135.1e svelse dopo il primo altri parecchi,
135.2come fosser finocchi, ebuli o aneti;
135.3e fe' il simil di querce e d'olmi vecchi,
135.4di faggi e d'orni e d'illici e d'abeti.
135.5Quel ch'un ucellator che s'apparecchi
135.6il campo mondo, fa, per por le reti,
135.7dei giunchi e de le stoppie e de l'urtiche,
135.8facea de cerri e d'altre piante antiche.
136.1I pastor che sentito hanno il fracasso,
136.2lasciando il gregge sparso alla foresta,
136.3chi di qua, chi di là, tutti a gran passo
136.4vi vengono a veder che cosa è questa.
136.5Ma son giunto a quel segno il qual s'io passo
136.6vi potria la mia istoria esser molesta;
136.7et io la vo' più tosto diferire,
136.8che v'abbia per lunghezza a fastidire.
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