about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books
1.1Le donne antique hanno mirabil cose
1.2fatto ne l'arme e ne le sacre muse;
1.3e di lor opre belle e gloriose
1.4gran lume in tutto il mondo si diffuse.
1.5Arpalice e Camilla son famose,
1.6perché in battaglia erano esperte et use;
1.7Safo e Corinna, perché furon dotte,
1.8splendono illustri, e mai non veggon notte.
2.1Le donne son venute in eccellenza
2.2di ciascun'arte ove hanno posto cura;
2.3e qualunque all'istorie abbia avvertenza,
2.4ne sente ancor la fama non oscura.
2.5Se 'l mondo n'è gran tempo stato senza,
2.6non però sempre il mal influsso dura;
2.7e forse ascosi han lor debiti onori
2.8l'invidia o il non saper degli scrittori.
3.1Ben mi par di veder ch'al secol nostro
3.2tanta virtù fra belle donne emerga,
3.3che può dare opra a carte et ad inchiostro,
3.4perché nei futuri anni si disperga,
3.5e perché, odiose lingue, il mal dir vostro
3.6con vostra eterna infamia si sommerga:
3.7e le lor lode appariranno in guisa,
3.8che di gran lunga avanzeran Marfisa.
4.1Or pur tornando a lei, questa donzella
4.2al cavallier che l'usò cortesia,
4.3de l'esser suo non niega dar novella,
4.4quando esso a lei voglia contar chi sia.
4.5Sbrigossi tosto del suo debito ella:
4.6tanto il nome di lui saper disia.
4.7- Io son (disse) Marfisa: - e fu assai questo;
4.8che si sapea per tutto 'l mondo il resto.
5.1L'altro comincia, poi che tocca a lui,
5.2con più proemio a darle di sé conto,
5.3dicendo: - Io credo che ciascun di vui
5.4abbia de la mia stirpe il nome in pronto;
5.5che non pur Francia e Spagna e i vicin sui,
5.6ma l'India, l'Etiopia e il freddo Ponto
5.7han chiara cognizion di Chiaramonte,
5.8onde uscì il cavallier ch'uccise Almonte,
6.1e quel ch'a Chiariello e al re Mambrino
6.2diede la morte, e il regno lor disfece.
6.3Di questo sangue, dove ne l'Eusino
6.4l'Istro ne vien con otto corna o diece,
6.5al duca Amone, il qual già peregrino
6.6vi capitò, la madre mia mi fece:
6.7e l'anno è ormai ch'io la lasciai dolente,
6.8per gire in Francia a ritrovar mia gente.
7.1Ma non potei finire il mio viaggio,
7.2che qua mi spinse un tempestoso Noto.
7.3Son dieci mesi o più che stanza v'aggio,
7.4che tutti i giorni e tutte l'ore noto.
7.5Nominato son io Guidon Selvaggio,
7.6di poca pruova ancora e poco noto.
7.7Uccisi qui Argilon da Melibea
7.8con dieci cavallier che seco avea.
8.1Feci la pruova ancor de le donzelle:
8.2così n'ho diece a' miei piaceri allato;
8.3et alla scelta mia son le più belle,
8.4e son le più gentil di questo stato.
8.5E queste reggo e tutte l'altre; ch'elle
8.6di sé m'hanno governo e scettro dato:
8.7così daranno a qualunque altro arrida
8.8Fortuna sì, che la decina ancida. -
9.1I cavallier domandano a Guidone,
9.2com'ha sì pochi maschi il tenitoro;
9.3e s'alle moglie hanno suggezione,
9.4come esse l'han negli altri lochi a loro.
9.5Disse Guidon: - Più volte la cagione
9.6udita n'ho da poi che qui dimoro;
9.7e vi sarà, secondo ch'io l'ho udita,
9.8da me, poi che v'aggrada, riferita.
10.1Al tempo che tornâr dopo anni venti
10.2da Troia i Greci (che durò l'assedio
10.3dieci, e dieci altri da contrari venti
10.4furo agitati in mar con troppo tedio),
10.5trovâr che le lor donne agli tormenti
10.6di tanta absenzia avean preso rimedio:
10.7tutte s'avean gioveni amanti eletti,
10.8per non si raffreddar sole nei letti.
11.1Le case lor trovaro i Greci piene
11.2de l'altrui figli; e per parer commune
11.3perdonano alle mogli, che san bene
11.4che tanto non potean viver digiune:
11.5ma ai figli degli adulteri conviene
11.6altrove procacciarsi altre fortune;
11.7che tolerar non vogliono i mariti
11.8che più alle spese lor sieno notriti.
12.1Sono altri esposti, altri tenuti occulti
12.2da le lor madri e sostenuti in vita.
12.3In varie squadre quei ch'erano adulti
12.4feron, chi qua chi là, tutti partita.
12.5Per altri l'arme son, per altri culti
12.6gli studi e l'arti; altri la terra trita;
12.7serve altri in corte; altri è guardian di gregge,
12.8come piace a colei che qua giù regge.
13.1Partì fra gli altri un giovinetto, figlio
13.2di Clitemnestra, la crudel regina,
13.3di diciotto anni, fresco come un giglio,
13.4o rosa còlta allor di su la spina.
13.5Questi, armato un suo legno, a dar di piglio
13.6si pose e a depredar per la marina
13.7in compagnia di cento giovinetti
13.8del tempo suo, per tutta Grecia eletti.
14.1I Cretesi in quel tempo, che cacciato
14.2il crudo Idomeneo del regno aveano,
14.3e per assicurarsi il nuovo stato,
14.4d'uomini e d'arme adunazion faceano;
14.5fêro con bon stipendio lor soldato
14.6Falanto (così al giovine diceano),
14.7e lui con tutti quei che seco avea
14.8poser per guardia alla città Dictea.
15.1Fra cento alme città ch'erano in Creta,
15.2Dictea più ricca e più piacevol era,
15.3di belle donne et amorose lieta,
15.4lieta di giochi da matino a sera:
15.5e com'era ogni tempo consueta
15.6d'accarezzar la gente forestiera,
15.7fe' a costor sì, che molto non rimase
15.8a fargli anco signor de le lor case.
16.1Eran gioveni tutti e belli affatto
16.2(che 'l fior di Grecia avea Falanto eletto):
16.3sì ch'alle belle donne, al primo tratto
16.4che v'apparîr, trassero i cor del petto.
16.5Poi che non men che belli, ancora in fatto
16.6si dimostrâr buoni e gagliardi al letto,
16.7si fêro ad esse in pochi dì sì grati,
16.8che sopra ogn'altro ben n'erano amati.
17.1Finita che d'accordo è poi la guerra
17.2per cui stato Falanto era condutto,
17.3e lo stipendio militar si serra,
17.4sì che non v'hanno i gioveni più frutto,
17.5e per questo lasciar voglion la terra;
17.6fan le donne di Creta maggior lutto,
17.7e per ciò versan più dirotti pianti,
17.8che se i lor padri avesson morti avanti.
18.1Da le lor donne i gioveni assai fôro,
18.2ciascun per sé, di rimaner pregati:
18.3né volendo restare, esse con loro
18.4n'andâr, lasciando e padri e figli e frati,
18.5di ricche gemme e di gran summa d'oro
18.6avendo i lor dimestici spogliati;
18.7che la pratica fu tanto secreta,
18.8che non sentì la fuga uomo di Creta.
19.1Sì fu propizio il vento, sì fu l'ora
19.2commoda, che Falanto a fuggir colse,
19.3che molte miglia erano usciti fuora,
19.4quando del danno suo Creta si dolse.
19.5Poi questa spiaggia, inabitata allora,
19.6trascorsi per fortuna li raccolse.
19.7Qui si posaro, e qui sicuri tutti
19.8meglio del furto lor videro i frutti.
20.1Questa lor fu per dieci giorni stanza
20.2di piaceri amorosi tutta piena.
20.3Ma come spesso avvien che l'abondanza
20.4seco in cor giovenil fastidio mena,
20.5tutti d'accordo fur di restar sanza
20.6femine, e liberarsi di tal pena;
20.7che non è soma da portar sì grave,
20.8come aver donna, quando a noia s'have.
21.1Essi che di guadagno e di rapine
21.2eran bramosi, e di dispendio parchi,
21.3vider ch'a pascer tante concubine,
21.4d'altro che d'aste avean bisogno e d'archi:
21.5sì che sole lasciâr qui le meschine,
21.6e se n'andâr di lor ricchezze carchi
21.7là dove in Puglia in ripa al mar poi sento
21.8ch'edificâr la terra di Tarento.
22.1Le donne, che si videro tradite
22.2dai loro amanti in che più fede aveano,
22.3restâr per alcun dì sì sbigottite,
22.4che statue immote in lito al mar pareano.
22.5Visto poi che da gridi e da infinite
22.6lacrime alcun profitto non traeano,
22.7a pensar cominciaro e ad aver cura
22.8come aiutarsi in tanta lor sciagura.
23.1E proponendo in mezzo i lor pareri,
23.2altre diceano: in Creta è da tornarsi;
23.3e più tosto all'arbitrio de' severi
23.4padri e d'offesi lor mariti darsi,
23.5che nei deserti liti e boschi fieri,
23.6di disagio e di fame consumarsi.
23.7Altre dicean che lor saria più onesto
23.8affogarsi nel mar, che mai far questo;
24.1e che manco mal era meretrici
24.2andar pel mondo, andar mendiche o schiave,
24.3che se stesse offerire agli supplìci
24.4di ch'eran degne l'opere lor prave.
24.5Questi e simil partiti le infelici
24.6si proponean, ciascun più duro e grave.
24.7Tra loro al fine una Orontea levosse,
24.8ch'origine traea dal re Minosse;
25.1la più gioven de l'altre e la più bella
25.2e la più accorta, e ch'avea meno errato:
25.3amato avea Falanto, e a lui pulzella
25.4datasi, e per lui il padre avea lasciato.
25.5Costei mostrando in viso et in favella
25.6il magnanimo cor d'ira infiammato,
25.7redarguendo di tutte altre il detto,
25.8suo parer disse, e fe' seguirne effetto.
26.1Di questa terra a lei non parve tôrsi,
26.2che conobbe feconda e d'aria sana,
26.3e di limpidi fiumi aver discorsi,
26.4di selve opaca, e la più parte piana;
26.5con porti e foci, ove dal mar ricorsi
26.6per ria fortuna avea la gente estrana,
26.7ch'or d'Africa portava, ora d'Egitto
26.8cose diverse e necessarie al vitto.
27.1Qui parve a lei fermarsi, e far vendetta
27.2del viril sesso che le avea sì offese:
27.3vuol ch'ogni nave, che da venti astretta
27.4a pigliar venga porto in suo paese,
27.5a sacco, a sangue, a fuoco al fin si metta;
27.6né de la vita a un sol si sia cortese.
27.7Così fu detto e così fu concluso,
27.8e fu fatta la legge e messa in uso.
28.1Come turbar l'aria sentiano, armate
28.2le femine correan su la marina,
28.3da l'implacabile Orontea guidate,
28.4che diè lor legge e si fe' lor regina:
28.5e de le navi ai liti lor cacciate
28.6faceano incendi orribili e rapina,
28.7uom non lasciando vivo, che novella
28.8dar ne potesse o in questa parte o in quella.
29.1Così solinghe vissero qualch'anno,
29.2aspre nimiche del sesso virile:
29.3ma conobbero poi, che 'l proprio danno
29.4procaccierian, se non mutavan stile;
29.5che se di lor propagine non fanno,
29.6sarà lor legge in breve irrita e vile,
29.7e mancherà con l'infecondo regno,
29.8dove di farla eterna era il disegno.
30.1Sì che, temprando il suo rigore un poco,
30.2scelsero, in spazio di quattro anni interi,
30.3di quanti capitaro in questo loco
30.4dieci belli e gagliardi cavallieri,
30.5che per durar ne l'amoroso gioco
30.6contr'esse cento fosser buon guerrieri.
30.7Esse in tutto eran cento; e statuito
30.8ad ogni lor decina fu un marito.
31.1Prima ne fur decapitati molti
31.2che riusciro al paragon mal forti.
31.3Or questi dieci a buona pruova tolti,
31.4del letto e del governo ebbon consorti;
31.5facendo lor giurar che, se più colti
31.6altri uomini verriano in questi porti,
31.7essi sarian che, spenta ogni pietade,
31.8li porriano ugualmente a fil di spade.
32.1Ad ingrossare, et a figliar appresso
32.2le donne, indi a temere incominciaro
32.3che tanti nascerian del viril sesso,
32.4che contra lor non avrian poi riparo;
32.5e al fine in man degli uomini rimesso
32.6saria il governo ch'elle avean sì caro:
32.7sì ch'ordinâr, mentre eran gli anni imbelli,
32.8far sì, che mai non fosson lor ribelli.
33.1Acciò il sesso viril non le soggioghi,
33.2uno ogni madre vuol la legge orrenda,
33.3che tenga seco; gli altri, o li suffoghi,
33.4o fuor del regno li permuti o venda.
33.5Ne mandano per questo in varii luoghi:
33.6e a chi gli porta dicono che prenda
33.7femine, se a baratto aver ne puote;
33.8se non, non torni almen con le man vòte.
34.1Né uno ancora alleverian, se senza
34.2potesson fare, e mantenere il gregge.
34.3Questa è quanta pietà, quanta clemenza
34.4più ai suoi ch'agli altri usa l'iniqua legge:
34.5gli altri condannan con ugual sentenza;
34.6e solamente in questo si corregge,
34.7che non vuol che, secondo il primiero uso,
34.8le femine gli uccidano in confuso.
35.1Se dieci o venti o più persone a un tratto
35.2vi fosser giunte, in carcere eran messe:
35.3e d'una al giorno, e non di più, era tratto
35.4il capo a sorte, che perir dovesse
35.5nel tempio orrendo ch'Orontea avea fatto,
35.6dove un altare alla Vendetta eresse;
35.7e dato all'un de' dieci il crudo ufficio
35.8per sorte era di farne sacrificio.
36.1Dopo molt'anni alle ripe omicide
36.2a dar venne di capo un giovinetto,
36.3la cui stirpe scendea dal buono Alcide,
36.4di gran valor ne l'arme, Elbanio detto.
36.5Qui preso fu, ch'a pena se n'avide,
36.6come quel che venìa senza sospetto;
36.7e con gran guardia in stretta parte chiuso,
36.8con gli altri era serbato al crudel uso.
37.1Di viso era costui bello e giocondo,
37.2e di maniere e di costumi ornato;
37.3e di parlar sì dolce e sì facondo,
37.4ch'un aspe volentier l'avria ascoltato:
37.5sì che, come di cosa rara al mondo,
37.6de l'esser suo fu tosto rapportato
37.7ad Alessandra figlia d'Orontea,
37.8che di molt'anni grave anco vivea.
38.1Orontea vivea ancora; e già mancate
38.2tutt'eran l'altre ch'abitâr qui prima:
38.3e diece tante e più n'erano nate,
38.4e in forza eran cresciute e in maggior stima;
38.5né tra diece fucine che serrate
38.6stavan pur spesso, avean più d'una lima;
38.7e dieci cavallieri anco avean cura
38.8di dare a chi venìa fiera aventura.
39.1Alessandra, bramosa di vedere
39.2il giovinetto ch'avea tante lode,
39.3da la sua matre in singular piacere
39.4impetra sì, ch'Elbanio vede et ode;
39.5e quando vuol partirne, rimanere
39.6si sente il core ove è chi 'l punge e rode:
39.7legar si sente e non sa far contesa,
39.8e al fin dal suo prigion si trova presa.
40.1Elbanio disse a lei: "Se di pietade
40.2s'avesse, donna, qui notizia ancora,
40.3come se n'ha per tutt'altre contrade,
40.4dovunque il vago sol luce e colora;
40.5io vi osarei, per vostr'alma beltade
40.6ch'ogn'animo gentil di sé inamora,
40.7chiedervi in don la vita mia, che poi
40.8saria ognor presto a spenderla per voi.
41.1Or quando fuor d'ogni ragion qui sono
41.2privi d'umanitade i cori umani,
41.3non vi domanderò la vita in dono,
41.4che i prieghi miei so ben che sarian vani;
41.5ma che da cavalliero, o tristo o buono
41.6ch'io sia, possi morir con l'arme in mani,
41.7e non come dannato per giudicio,
41.8o come animal bruto in sacrificio".
42.1Alessandra gentil, ch'umidi avea,
42.2per la pietà del giovinetto, i rai,
42.3rispose: "Ancor che più crudele e rea
42.4sia questa terra, ch'altra fosse mai;
42.5non concedo però che qui Medea
42.6ogni femina sia, come tu fai:
42.7e quando ogn'altra così fosse ancora,
42.8me sola di tant'altre io vo' trar fuora.
43.1E se ben per adietro io fossi stata
43.2empia e crudel, come qui sono tante,
43.3dir posso che suggetto ove mostrata
43.4per me fosse pietà, non ebbi avante.
43.5Ma ben sarei di tigre più arrabbiata,
43.6e più duro avre' il cor che di diamante,
43.7se non m'avesse tolto ogni durezza
43.8tua beltà, tuo valor, tua gentilezza.
44.1Così non fosse la legge più forte,
44.2che contra i peregrini è statuita,
44.3come io non schiverei con la mia morte
44.4di ricomprar la tua più degna vita.
44.5Ma non è grado qui di sì gran sorte,
44.6che ti potesse dar libera aita;
44.7e quel che chiedi ancor, ben che sia poco,
44.8difficile ottener fia in questo loco.
45.1Pur io vedrò di far che tu l'ottenga,
45.2ch'abbi inanzi al morir questo contento;
45.3ma mi dubito ben che te n'avenga,
45.4tenendo il morir lungo, più tormento".
45.5Suggiunse Elbanio: "Quando incontra io venga
45.6a dieci armato, di tal cor mi sento,
45.7che la vita ho speranza di salvarme,
45.8e uccider lor, se tutti fosser arme".
46.1Alessandra a quel detto non rispose
46.2se non un gran sospiro, e dipartisse,
46.3e portò nel partir mille amorose
46.4punte nel cor, mai non sanabil, fisse.
46.5Venne alla madre, e voluntà le pose
46.6di non lasciar che 'l cavallier morisse,
46.7quando si dimostrasse così forte,
46.8che, solo, avesse posto i dieci a morte.
47.1La regina Orontea fece raccorre
47.2il suo consiglio, e disse: "A noi conviene
47.3sempre il miglior che ritroviamo, porre
47.4a guardar nostri porti e nostre arene;
47.5e per saper chi ben lasciar, chi tôrre,
47.6prova è sempre da far, quando gli avviene;
47.7per non patir con nostro danno a torto,
47.8che regni il vile, e chi ha valor sia morto.
48.1A me par, se a voi par, che statuito
48.2sia, ch'ogni cavallier per lo avvenire,
48.3che fortuna abbia tratto al nostro lito,
48.4prima ch'al tempio si faccia morire,
48.5possa egli sol, se gli piace il partito,
48.6incontra i dieci alla battaglia uscire;
48.7e se di tutti vincerli è possente,
48.8guardi egli il porto, e seco abbia altra gente.
49.1Parlo così, perché abbiàn qui un prigione
49.2che par che vincer dieci s'offerisca.
49.3Quando, sol, vaglia tante altre persone,
49.4dignissimo è, per Dio, che s'esaudisca.
49.5Così in contrario avrà punizione,
49.6quando vaneggi e temerario ardisca".
49.7Orontea fine al suo parlar qui pose,
49.8a cui de le più antique una rispose:
50.1"La principal cagion ch'a far disegno
50.2sul comercio degli uomini ci mosse,
50.3non fu perch'a difender questo regno
50.4del loro aiuto alcun bisogno fosse;
50.5che per far questo abbiamo ardire e ingegno
50.6da noi medesme, e a sufficienzia posse:
50.7così senza sapessimo far anco,
50.8che non venisse il propagarci a manco!
51.1Ma poi che senza lor questo non lece,
51.2tolti abbiàn, ma non tanti, in compagnia,
51.3che mai ne sia più d'uno incontra diece,
51.4sì ch'aver di noi possa signoria.
51.5Per conciper di lor questo si fece,
51.6non che di lor difesa uopo ci sia.
51.7La lor prodezza sol ne vaglia in questo,
51.8e sieno ignavi e inutili nel resto.
52.1Tra noi tenere un uom che sia sì forte,
52.2contrario è in tutto al principal disegno.
52.3Se può un solo a dieci uomini dar morte,
52.4quante donne farà stare egli al segno?
52.5Se i dieci nostri fosser di tal sorte,
52.6il primo dì n'avrebbon tolto il regno.
52.7Non è la via di dominar, se vuoi
52.8por l'arme in mano a chi può più di noi.
53.1Pon mente ancor, che quando così aiti
53.2Fortuna questo tuo, che i dieci uccida,
53.3di cento donne che de' lor mariti
53.4rimarran prive, sentirai le grida.
53.5Se vuol campar, proponga altri partiti,
53.6ch'esser di dieci gioveni omicida.
53.7Pur, se per far con cento donne è buono
53.8quel che dieci fariano, abbi perdono".
54.1Fu d'Artemia crudel questo il parere
54.2(così avea nome); e non mancò per lei
54.3di far nel tempio Elbanio rimanere
54.4scannato inanzi agli spietati dèi.
54.5Ma la madre Orontea che compiacere
54.6vòlse alla figlia, replicò a colei
54.7altre et altre ragioni, e modo tenne
54.8che nel senato il suo parer s'ottenne.
55.1L'aver Elbanio di bellezza il vanto
55.2sopra ogni cavallier che fosse al mondo,
55.3fu nei cor de le giovani di tanto,
55.4ch'erano in quel consiglio, e di tal pondo,
55.5che 'l parer de le vecchie andò da canto,
55.6che con Artemia volean far secondo
55.7l'ordine antiquo; né lontan fu molto
55.8ad esser per favore Elbanio assolto.
56.1Di perdonargli in somma fu concluso,
56.2ma poi che la decina avesse spento,
56.3e che ne l'altro assalto fosse ad uso
56.4di diece donne buono, e non di cento.
56.5Di carcer l'altro giorno fu dischiuso;
56.6e avuto arme e cavallo a suo talento,
56.7contra dieci guerrier, solo, si mise,
56.8e l'uno appresso all'altro in piazza uccise.
57.1Fu la notte seguente a prova messo
57.2contra diece donzelle ignudo e solo,
57.3dove ebbe all'ardir suo sì buon successo,
57.4che fece il saggio di tutto lo stuolo.
57.5E questo gli acquistò tal grazia appresso
57.6ad Orontea, che l'ebbe per figliuolo;
57.7e gli diede Alessandra e l'altre nove
57.8con ch'avea fatto le notturne prove.
58.1E lo lasciò con Alessandra bella,
58.2che poi diè nome a questa terra, erede,
58.3con patto, ch'a servare egli abbia quella
58.4legge, et ogn'altro che da lui succede:
58.5che ciascun che già mai sua fiera stella
58.6farà qui por lo sventurato piede,
58.7elegger possa, o in sacrificio darsi,
58.8o con dieci guerrier, solo, provarsi.
59.1E se gli avvien che 'l dì gli uomini uccida,
59.2la notte con le femine si provi;
59.3e quando in questo ancor tanto gli arrida
59.4la sorte sua, che vincitor si trovi,
59.5sia del femineo stuol principe e guida,
59.6e la decina a scelta sua rinovi,
59.7con la qual regni, fin ch'un altro arrivi,
59.8che sia più forte, e lui di vita privi.
60.1Appresso a dua mila anni il costume empio
60.2si è mantenuto, e si mantiene ancora;
60.3e sono pochi giorni che nel tempio
60.4uno infelice peregrin non mora.
60.5Se contra dieci alcun chiede, ad esempio
60.6d'Elbanio, armarsi (che ve n'è talora),
60.7spesso la vita al primo assalto lassa;
60.8né di mille uno all'altra prova passa.
61.1Pur ci passano alcuni, ma sì rari,
61.2che su le dita annoverar si ponno.
61.3Uno di questi fu Argilon: ma guari
61.4con la decina sua non fu qui donno;
61.5che cacciandomi qui venti contrari,
61.6gli occhi gli chiusi in sempiterno sonno.
61.7Così fossi io con lui morto quel giorno,
61.8prima che viver servo in tanto scorno.
62.1Che piaceri amorosi e riso e gioco,
62.2che suole amar ciascun de la mia etade,
62.3le purpure e le gemme e l'aver loco
62.4inanzi agli altri ne la sua cittade,
62.5potuto hanno, per Dio, mai giovar poco
62.6all'uom che privo sia di libertade:
62.7e 'l non poter mai più di qui levarmi,
62.8servitù grave e intolerabil parmi.
63.1Il vedermi lograr dei miglior anni
63.2il più bel fiore in sì vile opra e molle,
63.3tiemmi il cor sempre in stimulo e in affanni,
63.4et ogni gusto di piacer mi tolle.
63.5La fama del mio sangue spiega i vanni
63.6per tutto 'l mondo, e fin al ciel s'estolle;
63.7che forse buona parte anch'io n'avrei,
63.8s'esser potessi coi fratelli miei.
64.1Parmi ch'ingiuria il mio destin mi faccia,
64.2avendomi a sì vil servigio eletto;
64.3come chi ne l'armento il destrier caccia,
64.4il qual d'occhi o di piedi abbia difetto,
64.5o per altro accidente che dispiaccia,
64.6sia fatto all'arme e a miglior uso inetto:
64.7né sperando io, se non per morte, uscire
64.8di sì vil servitù, bramo morire. -
65.1Guidon qui fine alle parole pose,
65.2e maledì quel giorno per isdegno,
65.3il qual dei cavallieri e de le spose
65.4gli diè vittoria in acquistar quel regno.
65.5Astolfo stette a udire, e si nascose
65.6tanto, che si fe' certo a più d'un segno,
65.7che, come detto avea, questo Guidone
65.8era figliol del suo parente Amone.
66.1Poi gli rispose: - Io sono il duca inglese,
66.2il tuo cugino Astolfo; - et abbracciollo,
66.3e con atto amorevole e cortese,
66.4non senza sparger lagrime, baciollo.
66.5- Caro parente mio, non più palese
66.6tua madre ti potea por segno al collo;
66.7ch'a farne fede che tu sei de' nostri,
66.8basta il valor che con la spada mostri. -
67.1Guidon, ch'altrove avria fatto gran festa
67.2d'aver trovato un sì stretto parente,
67.3quivi l'accolse con la faccia mesta,
67.4perché fu di vedervilo dolente.
67.5Se vive, sa ch'Astolfo schiavo resta,
67.6né il termine è più là che 'l dì seguente;
67.7se fia libero Astolfo, ne more esso:
67.8sì che 'l ben d'uno è il mal de l'altro espresso.
68.1Gli duol che gli altri cavallieri ancora
68.2abbia, vincendo, a far sempre captivi;
68.3né più, quando esso in quel contrasto mora,
68.4potrà giovar che servitù lor schivi:
68.5che se d'un fango ben gli porta fuora,
68.6e poi s'inciampi come all'altro arrivi,
68.7avrà lui senza pro vinto Marfisa;
68.8ch'essi pur ne fien schiavi, et ella uccisa.
69.1Da l'altro canto avea l'acerba etade,
69.2la cortesia e il valor del giovinetto
69.3d'amore intenerito e di pietade
69.4tanto a Marfisa et ai compagni il petto,
69.5che, con morte di lui lor libertade
69.6esser dovendo, avean quasi a dispetto:
69.7e se Marfisa non può far con manco
69.8ch'uccider lui, vuol essa morir anco.
70.1Ella disse a Guidon: - Vientene insieme
70.2con noi, ch'a viva forza usciren quinci. -
70.3- Deh (rispose Guidon) lascia ogni speme
70.4di mai più uscirne, o perdi meco o vinci. -
70.5Ella suggiunse: - Il mio cor mai non teme
70.6di non dar fine a cosa che cominci;
70.7né trovar so la più sicura strada
70.8di quella ove mi sia guida la spada.
71.1Tal ne la piazza ho il tuo valor provato,
71.2che, s'io son teco, ardisco ad ogn'impresa.
71.3Quando la turba intorno allo steccato
71.4sarà domani in sul teatro ascesa,
71.5io vo' che l'uccidian per ogni lato,
71.6o vada in fuga o cerchi far difesa,
71.7e ch'agli lupi e agli avoltoi del loco
71.8lasciamo i corpi, e la cittade al fuoco. -
72.1Suggiunse a lei Guidon: - Tu m'avrai pronto
72.2a seguitarti et a morirti a canto,
72.3ma vivi rimaner non facciàn conto;
72.4bastar ne può di vendicarci alquanto:
72.5che spesso dieci mila in piazza conto
72.6del popul feminile, et altretanto
72.7resta a guardare e porto e ròcca e mura,
72.8né alcuna via d'uscir trovo sicura. -
73.1Disse Marfisa: - E molto più sieno elle
73.2degli uomini che Serse ebbe già intorno,
73.3e sieno più de l'anime ribelle
73.4ch'uscîr del ciel con lor perpetuo scorno;
73.5se tu sei meco, o almen non sie con quelle,
73.6tutte le voglio uccidere in un giorno. -
73.7Guidon suggiunse: - Io non ci so via alcuna
73.8ch'a valer n'abbia, se non val quest'una.
74.1Ne può sola salvar, se ne succede,
74.2quest'una ch'io dirò, ch'or mi soviene.
74.3Fuor ch'alle donne, uscir non si concede
74.4né metter piede in su le salse arene:
74.5e per questo commettermi alla fede
74.6d'una de le mie donne mi conviene,
74.7del cui perfetto amor fatta ho sovente
74.8più pruova ancor, ch'io non farò al presente.
75.1Non men di me tormi costei disia
75.2di servitù, pur che ne venga meco;
75.3che così spera, senza compagnia
75.4de le rivali sue, ch'io viva seco.
75.5Ella nel porto o fuste o saettia
75.6farà ordinar, mentre è ancor l'aer cieco,
75.7che i marinari vostri troveranno
75.8acconcia a navigar, come vi vanno.
76.1Dietro a me tutti in un drappel ristretti,
76.2cavallieri, mercanti e galeotti,
76.3ch'ad albergarvi sotto a questi tetti
76.4meco, vostra mercé, sète ridotti,
76.5avrete a farvi amplo sentier coi petti,
76.6se del nostro camin siamo interrotti:
76.7così spero, aiutandoci le spade,
76.8ch'io vi trarrò de la crudel cittade. -
77.1- Tu fa come ti par (disse Marfisa),
77.2ch'io son per me d'uscir di qui sicura.
77.3Più facil fia che di mia mano uccisa
77.4la gente sia, che è dentro a queste mura,
77.5che mi veggi fuggire, o in altra guisa
77.6alcun possa notar ch'abbi paura.
77.7Vo' uscir di giorno, e sol per forza d'arme;
77.8che per ogn'altro modo obbrobrio parme.
78.1S'io ci fossi per donna conosciuta,
78.2so ch'avrei da le donne onore e pregio;
78.3e volentieri io ci sarei tenuta,
78.4e tra le prime forse del collegio:
78.5ma con costoro essendoci venuta,
78.6non ci vo' d'essi aver più privilegio.
78.7Troppo error fôra ch'io mi stessi o andassi
78.8libera, e gli altri in servitù lasciassi. -
79.1Queste parole et altre seguitando,
79.2mostrò Marfisa che 'l rispetto solo
79.3ch'avea al periglio de' compagni (quando
79.4potria loro il suo ardir tornare in duolo),
79.5la tenea che con alto e memorando
79.6segno d'ardir non assalia lo stuolo:
79.7e per questo a Guidon lascia la cura
79.8d'usar la via che più gli par sicura.
80.1Guidon la notte con Aleria parla
80.2(così avea nome la più fida moglie),
80.3né bisogno gli fu molto pregarla,
80.4che la trovò disposta alle sue voglie.
80.5Ella tolse una nave e fece armarla,
80.6e v'arrecò le sue più ricche spoglie,
80.7fingendo di volere al nuovo albóre
80.8con le compagne uscire in corso fuore.
81.1Ella avea fatto nel palazzo inanti
81.2spade e lancie arrecar, corazze e scudi,
81.3onde armar si potessero i mercanti
81.4e i galeotti ch'eran mezzo nudi.
81.5Altri dormiro, et altri stêr vegghianti,
81.6compartendo tra lor gli ozii e gli studi;
81.7spesso guardando, e pur con l'arme indosso,
81.8se l'oriente ancor si facea rosso.
82.1Dal duro volto de la terra il sole
82.2non tollea ancora il velo oscuro et atro;
82.3a pena avea la licaonia prole
82.4per li solchi del ciel volto l'aratro:
82.5quando il femineo stuol, che veder vuole
82.6il fin de la battaglia, empì il teatro,
82.7come ape del suo claustro empie la soglia,
82.8che mutar regno al nuovo tempo voglia.
83.1Di trombe, di tambur, di suon de corni
83.2il popul risonar fa cielo e terra,
83.3così citando il suo signor, che torni
83.4a terminar la cominciata guerra.
83.5Aquilante e Grifon stavano adorni
83.6de le lor arme, e il duca d'Inghilterra,
83.7Guidon, Marfisa, Sansonetto e tutti
83.8gli altri, chi a piedi e chi a cavallo instrutti.
84.1Per scender dal palazzo al mare e al porto,
84.2la piazza traversar si convenia,
84.3né v'era altro camin lungo né corto:
84.4così Guidon disse alla compagnia.
84.5E poi che di ben far molto conforto
84.6lor diede, entrò senza rumore in via;
84.7e ne la piazza, dove il popul era,
84.8s'appresentò con più di cento in schiera.
85.1Molto affrettando i suoi compagni, andava
85.2Guidone all'altra porta per uscire:
85.3ma la gran moltitudine che stava
85.4intorno armata, e sempre atta a ferire,
85.5pensò, come lo vide che menava
85.6seco quegli altri, che volea fuggire;
85.7e tutta a un tratto agli archi suoi ricorse,
85.8e parte, onde s'uscia, venne ad opporse.
86.1Guidone e gli altri cavallier gagliardi,
86.2e sopra tutti lor Marfisa forte,
86.3al menar de le man non furon tardi,
86.4e molto fêr per isforzar le porte:
86.5ma tanta e tanta copia era dei dardi
86.6che, con ferite dei compagni e morte,
86.7pioveano lor di sopra e d'ogn'intorno,
86.8ch'al fin temean d'averne danno e scorno.
87.1D'ogni guerrier l'usbergo era perfetto;
87.2che se non era, avean più da temere.
87.3Fu morto il destrier sotto a Sansonetto;
87.4quel di Marfisa v'ebbe a rimanere.
87.5Astolfo tra sé disse: - Ora, ch'aspetto
87.6che mai mi possa il corno più valere?
87.7Io vo' veder, poi che non giova spada,
87.8s'io so col corno assicurar la strada. -
88.1Come aiutar ne le fortune estreme
88.2sempre si suol, si pone il corno a bocca.
88.3Par che la terra e tutto 'l mondo trieme,
88.4quando l'orribil suon ne l'aria scocca.
88.5Sì nel cor de la gente il timor preme,
88.6che per disio di fuga si trabocca
88.7giù del teatro sbigottita e smorta,
88.8non che lasci la guardia de la porta.
89.1Come talor si getta e si periglia
89.2e da finestra e da sublime loco
89.3l'esterrefatta subito famiglia,
89.4che vede appresso e d'ogn'intorno il fuoco,
89.5che mentre le tenea gravi le ciglia
89.6il pigro sonno, crebbe a poco a poco;
89.7così, messa la vita in abandono,
89.8ognun fuggia lo spaventoso suono.
90.1Di qua di là, di su di giù smarrita
90.2surge la turba, e di fuggir procaccia.
90.3Son più di mille a un tempo ad ogni uscita:
90.4cascano a monti, e l'una l'altra impaccia.
90.5In tanta calca perde altra la vita;
90.6da palchi e da finestre altra si schiaccia:
90.7più d'un braccio si rompe e d'una testa,
90.8di ch'altra morta, altra storpiata resta.
91.1Il pianto e 'l grido insino al ciel saliva,
91.2d'alta ruina misto e di fraccasso.
91.3Affretta, ovunque il suon del corno arriva,
91.4la turba spaventata in fuga il passo.
91.5Se udite dir che d'ardimento priva
91.6la vil plebe si mostri e di cor basso,
91.7non vi maravigliate; che natura
91.8è de la lepre aver sempre paura.
92.1Ma che direte del già tanto fiero
92.2cor di Marfisa e di Guidon Selvaggio?
92.3dei dua giovini figli d'Oliviero,
92.4che già tanto onoraro il lor lignaggio?
92.5Già cento mila avean stimato un zero;
92.6e in fuga or se ne van senza coraggio,
92.7come conigli, o timidi colombi
92.8a cui vicino alto rumor rimbombi.
93.1Così noceva ai suoi come agli strani
93.2la forza che nel corno era incantata.
93.3Sansonetto, Guidone e i duo germani
93.4fuggon dietro a Marfisa spaventata;
93.5né fuggendo ponno ir tanto lontani,
93.6che lor non sia l'orecchia anco intronata.
93.7Scorre Astolfo la terra in ogni lato,
93.8dando via sempre al corno maggior fiato.
94.1Chi scese al mare, e chi poggiò su al monte,
94.2e chi tra i boschi ad occultar si venne:
94.3alcuna, senza mai volger la fronte,
94.4fuggir per dieci dì non si ritenne:
94.5uscì in tal punto alcuna fuor del ponte,
94.6ch'in vita sua mai più non vi rivenne.
94.7Sgombraro in modo e piazze e templi e case,
94.8che quasi vòta la città rimase.
95.1Marfisa e 'l bon Guidone e i duo fratelli
95.2e Sansonetto, pallidi e tremanti,
95.3fuggiano inverso il mare, e dietro a quelli
95.4fuggiano i marinari e i mercatanti;
95.5ove Aleria trovâr, che, fra i castelli,
95.6loro avea un legno apparechiato inanti.
95.7Quindi, poi ch'in gran fretta li raccolse,
95.8diè i remi all'acqua et ogni vela sciolse.
96.1Dentro e d'intorno il duca la cittade
96.2avea scorsa dai colli insino all'onde;
96.3fatto avea vòte rimaner le strade:
96.4ognun lo fugge, ognun se gli nasconde.
96.5Molte trovate fur, che per viltade
96.6s'eran gittate in parti oscure e immonde;
96.7e molte, non sappiendo ove s'andare,
96.8messesi a nuoto et affogate in mare.
97.1Per trovare i compagni il duca viene,
97.2che si credea di riveder sul molo.
97.3Si volge intorno, e le deserte arene
97.4guarda per tutto, e non v'appare un solo.
97.5Leva più gli occhi, e in alto a vele piene
97.6da sé lontani andar li vede a volo:
97.7sì che gli convien fare altro disegno
97.8al suo camin, poi che partito è il legno.
98.1Lasciamolo andar pur - né vi rincresca
98.2che tanta strada far debba soletto
98.3per terra d'infedeli e barbaresca,
98.4dove mai non si va senza sospetto:
98.5non è periglio alcuno, onde non esca
98.6con quel suo corno, e n'ha mostrato effetto; -
98.7e dei compagni suoi pigliamo cura,
98.8ch'al mar fuggian tremando di paura.
99.1A piena vela si cacciaron lunge
99.2da la crudele e sanguinosa spiaggia:
99.3e poi che di gran lunga non li giunge
99.4l'orribil suon ch'a spaventar più gli aggia,
99.5insolita vergogna sì gli punge,
99.6che, com'un fuoco, a tutti il viso raggia.
99.7L'un non ardisce a mirar l'altro, e stassi
99.8tristo, senza parlar, con gli occhi bassi.
100.1Passa il nocchiero, al suo viaggio intento,
100.2e Cipro e Rodi, e giù per l'onda egea
100.3da sé vede fuggire isole cento
100.4col periglioso capo di Malea;
100.5e con propizio et immutabil vento
100.6asconder vede la greca Morea;
100.7volta Sicilia, e per lo mar Tirreno
100.8costeggia de l'Italia il lito ameno:
101.1e sopra Luna ultimamente sorse,
101.2dove lasciato avea la sua famiglia.
101.3Dio ringraziando che 'l pelago corse
101.4senza più danno, il noto lito piglia.
101.5Quindi un nochier trovâr per Francia sciorse,
101.6il qual di venir seco li consiglia:
101.7e nel suo legno ancor quel dì montaro,
101.8et a Marsilia in breve si trovaro.
102.1Quivi non era Bradamante allora,
102.2ch'aver solea governo del paese;
102.3che se vi fosse, a far seco dimora
102.4gli avria sforzati con parlar cortese.
102.5Sceser nel lito, e la medesima ora
102.6dai quattro cavallier congedo prese
102.7Marfisa, e da la donna del Selvaggio;
102.8e pigliò alla ventura il suo viaggio,
103.1dicendo che lodevole non era
103.2ch'andasser tanti cavallieri insieme:
103.3che gli storni e i colombi vanno in schiera,
103.4i daini e i cervi e ogn'animal che teme;
103.5ma l'audace falcon, l'aquila altiera,
103.6che ne l'aiuto altrui non metton speme,
103.7orsi, tigri, leon, soli ne vanno;
103.8che di più forza alcun timor non hanno.
104.1Nessun degli altri fu di quel pensiero;
104.2sì ch'a lei sola toccò a far partita.
104.3Per mezzo i boschi e per strano sentiero
104.4dunque ella se n'andò sola e romita.
104.5Grifone il bianco et Aquilante il nero
104.6pigliâr con gli altri duo la via più trita,
104.7e giunsero a un castello il dì seguente,
104.8dove albergati fur cortesemente.
105.1Cortesemente dico in apparenza,
105.2ma tosto vi sentîr contrario effetto;
105.3che 'l signor del castel, benivolenza
105.4fingendo e cortesia, lor dè ricetto:
105.5e poi la notte, che sicuri senza
105.6timor dormian, gli fe' pigliar nel letto;
105.7né prima li lasciò, che d'osservare
105.8una costuma ria li fe' giurare.
106.1Ma vo' seguir la bellicosa donna,
106.2prima, Signor, che di costor più dica.
106.3Passò Druenza, il Rodano e la Sonna,
106.4e venne a piè d'una montagna aprica.
106.5Quivi lungo un torrente, in negra gonna
106.6vide venire una femina antica,
106.7che stanca e lassa era di lunga via,
106.8ma via più afflitta di malenconia.
107.1Questa è la vecchia che solea servire
107.2ai malandrin nel cavernoso monte,
107.3là dove alta giustizia fe' venire
107.4e dar lor morte il paladino conte.
107.5La vecchia, che timore ha di morire
107.6per le cagion che poi vi saran conte,
107.7già molti dì va per via oscura e fosca,
107.8fuggendo ritrovar chi la conosca.
108.1Quivi d'estrano cavallier sembianza
108.2l'ebbe Marfisa all'abito e all'arnese;
108.3e perciò non fuggì, com'avea usanza
108.4fuggir dagli altri ch'eran del paese;
108.5anzi con sicurezza e con baldanza
108.6si fermò al guado, e di lontan l'attese:
108.7al guado del torrente, ove trovolla,
108.8la vecchia le uscì incontra e salutolla.
109.1Poi la pregò che seco oltr'a quell'acque
109.2ne l'altra ripa in groppa la portasse.
109.3Marfisa, che gentil fu da che nacque,
109.4di là dal fiumicel seco la trasse;
109.5e portarla anch'un pezzo non le spiacque,
109.6fin ch'a miglior camin la ritornasse,
109.7fuor d'un gran fango; e al fin di quel sentiero
109.8si videro all'incontro un cavalliero.
110.1Il cavallier su ben guernita sella,
110.2di lucide arme e di bei panni ornato,
110.3verso il fiume venìa, da una donzella
110.4e da un solo scudiero accompagnato.
110.5La donna ch'avea seco era assai bella,
110.6ma d'altiero sembiante e poco grato,
110.7tutta d'orgoglio e di fastidio piena,
110.8del cavallier ben degna che la mena.
111.1Pinabello, un de' conti maganzesi,
111.2era quel cavallier ch'ella avea seco;
111.3quel medesmo che dianzi a pochi mesi
111.4Bradamante gittò nel cavo speco.
111.5Quei sospir, quei singulti così accesi,
111.6quel pianto che lo fe' già quasi cieco,
111.7tutto fu per costei ch'or seco avea,
111.8che 'l negromante allor gli ritenea.
112.1Ma poi che fu levato di sul colle
112.2l'incantato castel del vecchio Atlante,
112.3e che poté ciascuno ire ove volle,
112.4per opra e per virtù di Bradamante;
112.5costei, ch'agli disii facile e molle
112.6di Pinabel sempre era stata inante,
112.7si tornò a lui, et in sua compagnia
112.8da un castello ad un altro or se ne gìa.
113.1E sì come vezzosa era e mal usa,
113.2quando vide la vecchia di Marfisa,
113.3non si poté tenere a bocca chiusa
113.4di non la motteggiar con beffe e risa.
113.5Marfisa altiera, appresso a cui non s'usa
113.6sentirsi oltraggio in qual si voglia guisa,
113.7rispose d'ira accesa alla donzella,
113.8che di lei quella vecchia era più bella;
114.1e ch'al suo cavallier volea provallo,
114.2con patto di poi tôrre a lei la gonna
114.3e il palafren ch'avea, se da cavallo
114.4gittava il cavallier di ch'era donna.
114.5Pinabel che faria, tacendo, fallo,
114.6di risponder con l'arme non assonna:
114.7piglia lo scudo e l'asta, e il destrier gira,
114.8poi vien Marfisa a ritrovar con ira.
115.1Marfisa incontra una gran lancia afferra,
115.2e ne la vista a Pinabel l'arresta,
115.3e sì stordito lo riversa in terra,
115.4che tarda un'ora a rilevar la testa.
115.5Marfisa, vincitrice de la guerra,
115.6fe' trarre a quella giovane la vesta.
115.7et ogn'altro ornamento le fe' porre,
115.8e ne fe' il tutto alla sua vecchia tôrre:
116.1e di quel giovenile abito vòlse
116.2che si vestisse e se n'ornasse tutta;
116.3e fe' che 'l palafreno anco si tolse,
116.4che la giovane avea quivi condutta.
116.5Indi al preso camin con lei si volse,
116.6che quant'era più ornata, era più brutta.
116.7Tre giorni se n'andâr per lunga strada,
116.8senza far cosa onde a parlar m'accada.
117.1Il quarto giorno un cavallier trovaro,
117.2che venìa in fretta galoppando solo.
117.3Se di saper chi sia forse v'è caro,
117.4dicovi ch'è Zerbin, di re figliuolo,
117.5di virtù esempio e di bellezza raro,
117.6che se stesso rodea d'ira e di duolo
117.7di non aver potuto far vendetta
117.8d'un che gli avea gran cortesia interdetta.
118.1Zerbino indarno per la selva corse
118.2dietro a quel suo che gli avea fatto oltraggio;
118.3ma sì a tempo colui seppe via tôrse,
118.4sì seppe nel fuggir prender vantaggio,
118.5sì il bosco e sì una nebbia lo soccorse,
118.6ch'avea offuscato il matutino raggio,
118.7che di man di Zerbin si levò netto,
118.8fin che l'ira e il furor gli uscì del petto.
119.1Non poté, ancor che Zerbin fosse irato,
119.2tener, vedendo quella vecchia, il riso;
119.3che gli parea dal giovenile ornato
119.4troppo diverso il brutto antiquo viso;
119.5et a Marfisa, che le venìa a lato,
119.6disse: - Guerrier, tu sei pien d'ogni aviso,
119.7che damigella di tal sorte guidi,
119.8che non temi trovar chi te la invidi. -
120.1Avea la donna (se la crespa buccia
120.2può darne indicio) più de la Sibilla,
120.3e parea, così ornata, una bertuccia,
120.4quando per muover riso alcun vestilla;
120.5et or più brutta par, che si coruccia,
120.6e che dagli occhi l'ira le sfavilla:
120.7ch'a donna non si fa maggior dispetto,
120.8che quando o vecchia o brutta le vien detto.
121.1Mostrò turbarse l'inclita donzella,
121.2per prenderne piacer, come si prese;
121.3e rispose a Zerbin: - Mia donna è bella,
121.4per Dio, via più che tu non sei cortese;
121.5come ch'io creda che la tua favella
121.6da quel che sente l'animo non scese:
121.7tu fingi non conoscer sua beltade,
121.8per escusar la tua somma viltade.
122.1E chi saria quel cavallier, che questa
122.2sì giovane e sì bella ritrovasse
122.3senza più compagnia ne la foresta,
122.4e che di farla sua non si provasse? -
122.5- Sì ben (disse Zerbin) teco s'assesta,
122.6che saria mal ch'alcun te la levasse;
122.7et io per me non son così indiscreto,
122.8che te ne privi mai: stanne pur lieto.
123.1S'in altro conto aver vuoi a far meco,
123.2di quel ch'io vaglio son per farti mostra;
123.3ma per costei non mi tener sì cieco,
123.4che solamente far voglia una giostra.
123.5O brutta o bella sia, restisi teco:
123.6non vo' partir tanta amicizia vostra.
123.7Ben vi sète accoppiati: io giurerei,
123.8com'ella è bella, tu gagliardo sei. -
124.1Suggiunse a lui Marfisa: - Al tuo dispetto
124.2di levarmi costei provar convienti.
124.3Non vo' patir ch'un sì leggiadro aspetto
124.4abbi veduto, e guadagnar nol tenti. -
124.5Rispose a lei Zerbin: - Non so a ch'effetto
124.6l'uom si metta a periglio e si tormenti,
124.7per riportarne una vittoria poi,
124.8che giovi al vinto, e al vincitore annoi. -
125.1- Se non ti par questo partito buono,
125.2te ne do un altro, e ricusar nol déi
125.3(disse a Zerbin Marfisa): che s'io sono
125.4vinto da te, m'abbia a restar costei;
125.5ma s'io te vinco, a forza te la dono.
125.6Dunque provian chi de' star senza lei:
125.7se perdi, converrà che tu le faccia
125.8compagnia sempre, ovunque andar le piaccia. -
126.1- E così sia, - Zerbin rispose; e volse
126.2a pigliar campo subito il cavallo.
126.3Si levò su le staffe e si raccolse
126.4fermo in arcione, e per non dare in fallo,
126.5lo scudo in mezzo alla donzella colse;
126.6ma parve urtasse un monte di metallo:
126.7et ella in guisa a lui toccò l'elmetto,
126.8che stordito il mandò di sella netto.
127.1Troppo spiacque a Zerbin l'esser caduto,
127.2ch'in altro scontro mai più non gli avvenne,
127.3e n'avea mille e mille egli abbattuto;
127.4et a perpetuo scorno se lo tenne.
127.5Stette per lungo spazio in terra muto;
127.6e più gli dolse poi che gli sovenne
127.7ch'avea promesso e che gli convenia
127.8aver la brutta vecchia in compagnia.
128.1Tornando a lui la vincitrice in sella,
128.2disse ridendo: - Questa t'appresento;
128.3e quanto più la veggio e grata e bella,
128.4tanto, ch'ella sia tua, più mi contento.
128.5Or tu in mio loco sei campion di quella;
128.6ma la tua fé non se ne porti il vento,
128.7che per sua guida e scorta tu non vada
128.8(come hai promesso) ovunque andar l'aggrada. -
129.1Senza aspettar risposta urta il destriero
129.2per la foresta, e subito s'imbosca.
129.3Zerbin, che la stimava un cavalliero,
129.4dice alla vecchia: - Fa ch'io lo conosca. -
129.5Et ella non gli tiene ascoso il vero,
129.6onde sa che lo 'ncende e che l'attosca:
129.7- Il colpo fu di man d'una donzella,
129.8che t'ha fatto votar (disse) la sella.
130.1Pel suo valor costei debitamente
130.2usurpa a' cavallieri e scudo e lancia;
130.3e venuta è pur dianzi d'Oriente
130.4per assaggiare i paladin di Francia. -
130.5Zerbin di questo tal vergogna sente,
130.6che non pur tinge di rossor la guancia,
130.7ma restò poco di non farsi rosso
130.8seco ogni pezzo d'arme ch'avea indosso.
131.1Monta a cavallo, e se stesso rampogna
131.2che non seppe tener strette le cosce.
131.3Tra sé la vecchia ne sorride, e agogna
131.4di stimularlo e di più dargli angosce.
131.5Gli ricorda ch'andar seco bisogna:
131.6e Zerbin, ch'ubligato si conosce,
131.7l'orecchie abbassa, come vinto e stanco
131.8destrier c'ha in bocca il fren, gli sproni al fianco.
132.1E sospirando: - Ohimè, Fortuna fella
132.2(dicea), che cambio è questo che tu fai?
132.3Colei che fu sopra le belle bella,
132.4ch'esser meco dovea, levata m'hai.
132.5Ti par ch'in luogo et in ristor di quella
132.6si debba por costei ch'ora mi dai?
132.7Stare in danno del tutto era men male,
132.8che fare un cambio tanto diseguale.
133.1Colei che di bellezze e di virtuti
133.2unqua non ebbe e non avrà mai pare,
133.3sommersa e rotta tra gli scogli acuti
133.4hai data ai pesci et agli augei del mare;
133.5e costei che dovria già aver pasciuti
133.6sotterra i vermi, hai tolta a perservare
133.7dieci o venti anni più che non devevi,
133.8per dar più peso agli mie' affanni grevi. -
134.1Zerbin così parlava; né men tristo
134.2in parole e in sembianti esser parea
134.3di questo nuovo suo sì odioso acquisto,
134.4che de la donna che perduta avea.
134.5La vecchia, ancor che non avesse visto
134.6mai più Zerbin, per quel ch'ora dicea
134.7s'avvide esser colui di che notizia
134.8le diede già Issabella di Galizia.
135.1Se 'l vi ricorda quel ch'avete udito,
135.2costei da la spelonca ne veniva,
135.3dove Issabella, che d'amor ferito
135.4Zerbino avea, fu molti dì captiva.
135.5Più volte ella le avea già riferito
135.6come lasciasse la paterna riva,
135.7e come rotta in mar da la procella,
135.8si salvasse alla spiaggia di Rocella.
136.1E sì spesso dipinto di Zerbino
136.2le avea il bel viso e le fattezze conte,
136.3ch'ora udendol parlare, e più vicino
136.4gli occhi alzandogli meglio ne la fronte,
136.5vide esser quel per cui sempre meschino
136.6fu d'Issabella il cor nel cavo monte;
136.7che di non veder lui più si lagnava,
136.8che d'esser fatta ai malandrini schiava.
137.1La vecchia, dando alle parole udienza,
137.2che con sdegno e con duol Zerbino versa,
137.3s'avede ben ch'egli ha falsa credenza
137.4che sia Issabella in mar rotta e sommersa:
137.5e ben ch'ella del certo abbia scienza,
137.6per non lo rallegrar, pur la perversa
137.7quel che far lieto lo potria, gli tace,
137.8e sol gli dice quel che gli dispiace.
138.1- Odi tu (gli disse ella), tu che sei
138.2cotanto altier, che sì mi scherni e sprezzi,
138.3se sapessi che nuova ho di costei
138.4che morta piangi, mi faresti vezzi:
138.5ma più tosto che dirtelo, torrei
138.6che mi strozzassi o fêssi in mille pezzi;
138.7dove, s'eri vêr me più mansueto,
138.8forse aperto t'avrei questo secreto. -
139.1Come il mastin che con furor s'aventa
139.2adosso al ladro, ad achetarsi è presto,
139.3che quello o pane o cacio gli appresenta,
139.4o che fa incanto appropriato a questo;
139.5così tosto Zerbino umil diventa,
139.6e vien bramoso di sapere il resto,
139.7che la vecchia gli accenna che di quella,
139.8che morta piange, gli sa dir novella.
140.1E volto a lei con più piacevol faccia,
140.2la supplica, la prega, la scongiura
140.3per gli uomini, per Dio, che non gli taccia
140.4quanto ne sappia, o buona o ria ventura.
140.5- Cosa non udirai che pro ti faccia
140.6(disse la vecchia pertinace e dura):
140.7non è Issabella, come credi, morta;
140.8ma viva sì, ch'a' morti invidia porta.
141.1È capitata in questi pochi giorni
141.2che non n'udisti, in man di più di venti;
141.3sì che, qualora anco in man tua ritorni,
141.4ve' se sperar di côrre il fior convienti. -
141.5Ah vecchia maladetta, come adorni
141.6la tua menzogna! e tu sai pur se menti.
141.7Se ben in man de venti ell'era stata,
141.8non l'avea alcun però mai violata.
142.1Dove l'avea veduta domandolle
142.2Zerbino, e quando, ma nulla n'invola;
142.3che la vecchia ostinata più non volle
142.4a quel c'ha detto aggiungere parola.
142.5Prima Zerbin le fece un parlar molle,
142.6poi minacciolle di tagliar la gola:
142.7ma tutto è invan ciò che minaccia e prega;
142.8che non può far parlar la brutta strega.
143.1Lasciò la lingua all'ultimo in riposo
143.2Zerbin, poi che 'l parlar gli giovò poco;
143.3per quel ch'udito avea, tanto geloso,
143.4che non trovava il cor nel petto loco;
143.5d'Issabella trovar sì disioso,
143.6che saria per vederla ito nel fuoco:
143.7ma non poteva andar più che volesse
143.8colei, poi ch'a Marfisa lo promesse.
144.1E quindi per solingo e strano calle,
144.2dove a lei piacque, fu Zerbin condotto;
144.3né per o poggiar monte o scender valle,
144.4mai si guardaro in faccia o si fêr motto.
144.5Ma poi ch'al mezzodì volse le spalle
144.6il vago sol, fu il lor silenzio rotto
144.7da un cavallier che nel camin scontraro.
144.8Quel che seguì, ne l'altro canto è chiaro.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)