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1.1Alcun non può saper da chi sia amato,
1.2quando felice in su la ruota siede;
1.3però c'ha i veri e i finti amici a lato,
1.4che mostran tutti una medesma fede.
1.5Se poi si cangia in tristo il lieto stato,
1.6volta la turba adulatrice il piede;
1.7e quel che di cor ama riman forte,
1.8et ama il suo signor dopo la morte.
2.1Se, come il viso, si mostrasse il core,
2.2tal ne la corte è grande e gli altri preme,
2.3e tal è in poca grazia al suo signore,
2.4che la lor sorte muteriano insieme.
2.5Questo umil diverria tosto il maggiore:
2.6staria quel grande infra le turbe estreme.
2.7Ma torniamo a Medor fedele e grato,
2.8che 'n vita e in morte ha il suo signore amato.
3.1Cercando gìa nel più intricato calle
3.2il giovine infelice di salvarsi;
3.3ma il grave peso ch'avea su le spalle,
3.4gli facea uscir tutti i partiti scarsi.
3.5Non conosce il paese, e la via falle,
3.6e torna fra le spine a invilupparsi.
3.7Lungi da lui tratto al sicuro s'era
3.8l'altro, ch'avea la spalla più leggiera.
4.1Cloridan s'è ridutto ove non sente
4.2di chi segue lo strepito e il rumore:
4.3ma quando da Medor si vede absente,
4.4gli pare aver lasciato a dietro il core.
4.5- Deh, come fui (dicea) sì negligente,
4.6deh, come fui sì di me stesso fuore,
4.7che senza te, Medor, qui mi ritrassi,
4.8né sappia quando o dove io ti lasciassi! -
5.1Così dicendo, ne la torta via
5.2de l'intricata selva si ricaccia;
5.3et onde era venuto si ravvia,
5.4e torna di sua morte in su la traccia.
5.5Ode i cavalli e i gridi tuttavia,
5.6e la nimica voce che minaccia:
5.7all'ultimo ode il suo Medoro, e vede
5.8che tra molti a cavallo è solo a piede.
6.1Cento a cavallo, e gli son tutti intorno:
6.2Zerbin commanda e grida che sia preso.
6.3L'infelice s'aggira com'un torno,
6.4e quanto può si tien da lor difeso,
6.5or dietro quercia, or olmo, or faggio, or orno,
6.6né si discosta mai dal caro peso.
6.7L'ha riposato al fin su l'erba, quando
6.8regger nol puote, e gli va intorno errando:
7.1come orsa, che l'alpestre cacciatore
7.2ne la pietrosa tana assalita abbia,
7.3sta sopra i figli con incerto core,
7.4e freme in suono di pietà e di rabbia:
7.5ira la 'nvita e natural furore
7.6a spiegar l'ugne e a insanguinar le labbia;
7.7amor la 'ntenerisce, e la ritira
7.8a riguardare ai figli in mezzo l'ira.
8.1Cloridan, che non sa come l'aiuti,
8.2e ch'esser vuole a morir seco ancora,
8.3ma non ch'in morte prima il viver muti,
8.4che via non truovi ove più d'un ne mora;
8.5mette su l'arco un de' suoi strali acuti,
8.6e nascoso con quel sì ben lavora,
8.7che fora ad uno Scotto le cervella,
8.8e senza vita il fa cader di sella.
9.1Volgonsi tutti gli altri a quella banda
9.2ond'era uscito il calamo omicida.
9.3Intanto un altro il Saracin ne manda,
9.4perché 'l secondo a lato al primo uccida;
9.5che mentre in fretta a questo e a quel domanda
9.6chi tirato abbia l'arco, e forte grida,
9.7lo strale arriva e gli passa la gola,
9.8e gli taglia pel mezzo la parola.
10.1Or Zerbin, ch'era il capitano loro,
10.2non poté a questo aver più pazienza.
10.3Con ira e con furor venne a Medoro,
10.4dicendo: - Ne farai tu penitenza. -
10.5Stese la mano in quella chioma d'oro,
10.6e strascinollo a sé con violenza:
10.7ma come gli occhi a quel bel volto mise
10.8gli ne venne pietade, e non l'uccise.
11.1Il giovinetto si rivolse a' prieghi,
11.2e disse: - Cavallier, per lo tuo Dio,
11.3non esser sì crudel, che tu mi nieghi
11.4ch'io sepelisca il corpo del re mio.
11.5Non vo' ch'altra pietà per me ti pieghi,
11.6né pensi che di vita abbi disio:
11.7ho tanta di mia vita, e non più, cura,
11.8quanta ch'al mio signor dia sepultura.
12.1E se pur pascer vòi fiere et augelli,
12.2che 'n te il furor sia del teban Creonte,
12.3fa lor convito di miei membri, e quelli
12.4sepelir lascia del figliuol d'Almonte. -
12.5Così dicea Medor con modi belli,
12.6e con parole atte a voltare un monte;
12.7e sì commosso già Zerbino avea,
12.8che d'amor tutto e di pietade ardea.
13.1In questo mezzo un cavallier villano,
13.2avendo al suo signor poco rispetto,
13.3ferì con una lancia sopra mano
13.4al supplicante il delicato petto.
13.5Spiacque a Zerbin l'atto crudele e strano;
13.6tanto più, che del colpo il giovinetto
13.7vide cader sì sbigottito e smorto,
13.8che 'n tutto giudicò che fosse morto.
14.1E se ne sdegnò in guisa e se ne dolse,
14.2che disse: - Invendicato già non fia! -
14.3e pien di mal talento si rivolse
14.4al cavallier che fe' l'impresa ria:
14.5ma quel prese vantaggio, e se gli tolse
14.6dinanzi in un momento, e fuggì via.
14.7Cloridan, che Medor vede per terra,
14.8salta del bosco a discoperta guerra.
15.1E getta l'arco, e tutto pien di rabbia
15.2tra gli nimici il ferro intorno gira,
15.3più per morir, che per pensier ch'egli abbia
15.4di far vendetta che pareggi l'ira.
15.5Del proprio sangue rosseggiar la sabbia
15.6fra tante spade, e al fin venir si mira;
15.7e tolto che si sente ogni potere,
15.8si lascia a canto al suo Medor cadere.
16.1Seguon gli Scotti ove la guida loro
16.2per l'alta selva alto disdegno mena,
16.3poi che lasciato ha l'uno e l'altro Moro,
16.4l'un morto in tutto, e l'altro vivo a pena.
16.5Giacque gran pezzo il giovine Medoro,
16.6spicciando il sangue da sì larga vena,
16.7che di sua vita al fin saria venuto,
16.8se non sopravenia chi gli diè aiuto.
17.1Gli sopravenne a caso una donzella,
17.2avolta in pastorale et umil veste,
17.3ma di real presenzia e in viso bella,
17.4d'alte maniere e accortamente oneste.
17.5Tanto è ch'io non ne dissi più novella,
17.6ch'a pena riconoscer la dovreste:
17.7questa, se non sapete, Angelica era,
17.8del gran Can del Catai la figlia altiera.
18.1Poi che 'l suo annello Angelica riebbe,
18.2di che Brunel l'avea tenuta priva,
18.3in tanto fasto, in tanto orgoglio crebbe,
18.4ch'esser parea di tutto 'l mondo schiva.
18.5Se ne va sola, e non si degnerebbe
18.6compagno aver qual più famoso viva:
18.7si sdegna a rimembrar che già suo amante
18.8abbia Orlando nomato, o Sacripante.
19.1E sopra ogn'altro error via più pentita
19.2era del ben che già a Rinaldo vòlse,
19.3troppo parendole essersi avilita,
19.4ch'a riguardar sì basso gli occhi volse.
19.5Tant'arroganzia avendo Amor sentita,
19.6più lungamente comportar non vòlse:
19.7dove giacea Medor, si pose al varco,
19.8e l'aspettò, posto lo strale all'arco.
20.1Quando Angelica vide il giovinetto
20.2languir ferito, assai vicino a morte,
20.3che del suo re che giacea senza tetto,
20.4più che del proprio mal si dolea forte;
20.5insolita pietade in mezzo al petto
20.6si sentì entrar per disusate porte,
20.7che le fe' il duro cor tenero e molle,
20.8e più, quando il suo caso egli narrolle.
21.1E rivocando alla memoria l'arte
21.2ch'in India imparò già di chirugia
21.3(che par che questo studio in quella parte
21.4nobile e degno e di gran laude sia;
21.5e senza molto rivoltar di carte,
21.6che 'l patre ai figli ereditario il dia),
21.7si dispose operar con succo d'erbe,
21.8ch'a più matura vita lo riserbe.
22.1E ricordossi che passando avea
22.2veduta un'erba in una piaggia amena;
22.3fosse dittamo, o fosse panacea,
22.4o non so qual, di tal effetto piena,
22.5che stagna il sangue, e de la piaga rea
22.6leva ogni spasmo e perigliosa pena.
22.7La trovò non lontana, e quella còlta,
22.8dove lasciato avea Medor, diè volta.
23.1Nel ritornar s'incontra in un pastore
23.2ch'a cavallo pel bosco ne veniva,
23.3cercando una iuvenca, che già fuore
23.4duo dì di mandra e senza guardia giva.
23.5Seco lo trasse ove perdea il vigore
23.6Medor col sangue che del petto usciva;
23.7e già n'avea di tanto il terren tinto,
23.8ch'era omai presso a rimanere estinto.
24.1Del palafreno Angelica giù scese,
24.2e scendere il pastor seco fece anche.
24.3Pestò con sassi l'erba, indi la prese,
24.4e succo ne cavò fra le man bianche;
24.5ne la piaga n'infuse, e ne distese
24.6e pel petto e pel ventre e fin a l'anche:
24.7e fu di tal virtù questo liquore,
24.8che stagnò il sangue, e gli tornò il vigore;
25.1e gli diè forza, che poté salire
25.2sopra il cavallo che 'l pastor condusse.
25.3Non però vòlse indi Medor partire
25.4prima ch'in terra il suo signor non fusse.
25.5E Cloridan col re fe' sepelire;
25.6e poi dove a lei piacque si ridusse.
25.7Et ella per pietà ne l'umil case
25.8del cortese pastor seco rimase.
26.1Né fin che nol tornasse in sanitade,
26.2volea partir: così di lui fe' stima,
26.3tanto se intenerì de la pietade
26.4che n'ebbe, come in terra il vide prima.
26.5Poi vistone i costumi e la beltade,
26.6roder si sentì il cor d'ascosa lima;
26.7roder si sentì il core, e a poco a poco
26.8tutto infiammato d'amoroso fuoco.
27.1Stava il pastore in assai buona e bella
27.2stanza, nel bosco infra duo monti piatta,
27.3con la moglie e coi figli; et avea quella
27.4tutta di nuovo e poco inanzi fatta.
27.5Quivi a Medoro fu per la donzella
27.6la piaga in breve a sanità ritratta:
27.7ma in minor tempo si sentì maggiore
27.8piaga di questa avere ella nel core.
28.1Assai più larga piaga e più profonda
28.2nel cor sentì da non veduto strale,
28.3che da' begli occhi e da la testa bionda
28.4di Medoro aventò l'Arcier c'ha l'ale.
28.5Arder si sente, e sempre il fuoco abonda;
28.6e più cura l'altrui che 'l proprio male:
28.7di sé non cura, e non è ad altro intenta,
28.8ch'a risanar chi lei fere e tormenta.
29.1La sua piaga più s'apre e più incrudisce,
29.2quanto più l'altra si ristringe e salda.
29.3Il giovine si sana: ella languisce
29.4di nuova febbre, or agghiacciata, or calda.
29.5Di giorno in giorno in lui beltà fiorisce:
29.6la misera si strugge, come falda
29.7strugger di nieve intempestiva suole,
29.8ch'in loco aprico abbia scoperta il sole.
30.1Se di disio non vuol morir, bisogna
30.2che senza indugio ella se stessa aiti:
30.3e ben le par che di quel ch'essa agogna,
30.4non sia tempo aspettar ch'altri la 'nviti.
30.5Dunque, rotto ogni freno di vergogna,
30.6la lingua ebbe non men che gli occhi arditi:
30.7e di quel colpo domandò mercede,
30.8che, forse non sapendo, esso le diede.
31.1O conte Orlando, o re di Circassia,
31.2vostra inclita virtù, dite, che giova?
31.3Vostro alto onor dite in che prezzo sia,
31.4o che mercé vostro servir ritruova.
31.5Mostratemi una sola cortesia
31.6che mai costei v'usasse, o vecchia o nuova,
31.7per ricompensa e guidardone e merto
31.8di quanto avete già per lei sofferto.
32.1Oh se potessi ritornar mai vivo,
32.2quanto ti parria duro, o re Agricane!
32.3che già mostrò costei sì averti a schivo
32.4con repulse crudeli et inumane.
32.5O Ferraù, o mille altri ch'io non scrivo,
32.6ch'avete fatto mille pruove vane
32.7per questa ingrata, quanto aspro vi fôra,
32.8s'a costu' in braccio voi la vedesse ora!
33.1Angelica a Medor la prima rosa
33.2coglier lasciò, non ancor tocca inante:
33.3né persona fu mai sì aventurosa,
33.4ch'in quel giardin potesse por le piante.
33.5Per adombrar, per onestar la cosa,
33.6si celebrò con cerimonie sante
33.7il matrimonio, ch'auspice ebbe Amore,
33.8e pronuba la moglie del pastore.
34.1Fêrsi le nozze sotto all'umil tetto
34.2le più solenni che vi potean farsi;
34.3e più d'un mese poi stêro a diletto
34.4i duo tranquilli amanti a ricrearsi.
34.5Più lunge non vedea del giovinetto
34.6la donna, né di lui potea saziarsi;
34.7né per mai sempre pendergli dal collo,
34.8il suo disir sentia di lui satollo.
35.1Se stava all'ombra o se del tetto usciva,
35.2avea dì e notte il bel giovine a lato:
35.3matino e sera or questa or quella riva
35.4cercando andava, o qualche verde prato:
35.5nel mezzo giorno un antro li copriva,
35.6forse non men di quel commodo e grato,
35.7ch'ebber, fuggendo l'acque, Enea e Dido,
35.8de' lor secreti testimonio fido.
36.1Fra piacer tanti, ovunque un arbor dritto
36.2vedesse ombrare o fonte o rivo puro,
36.3v'avea spillo o coltel subito fitto;
36.4così, se v'era alcun sasso men duro:
36.5et era fuori in mille luoghi scritto,
36.6e così in casa in altritanti il muro,
36.7Angelica e Medoro, in varii modi
36.8legati insieme di diversi nodi.
37.1Poi che le parve aver fatto soggiorno
37.2quivi più ch'a bastanza, fe' disegno
37.3di fare in India del Catai ritorno,
37.4e Medor coronar del suo bel regno.
37.5Portava al braccio un cerchio d'oro, adorno
37.6di ricche gemme, in testimonio e segno
37.7del ben che 'l conte Orlando le volea;
37.8e portato gran tempo ve l'avea.
38.1Quel donò già Morgana a Ziliante,
38.2nel tempo che nel lago ascoso il tenne;
38.3et esso, poi ch'al padre Monodante
38.4per opra e per virtù d'Orlando venne,
38.5lo diede a Orlando: Orlando ch'era amante,
38.6di porsi al braccio il cerchio d'or sostenne,
38.7avendo disegnato di donarlo
38.8alla regina sua di ch'io vi parlo.
39.1Non per amor del paladino, quanto
39.2perch'era ricco e d'artificio egregio,
39.3caro avuto l'avea la donna tanto,
39.4che più non si può aver cosa di pregio.
39.5Se lo serbò ne l'Isola del pianto,
39.6non so già dirvi con che privilegio,
39.7là dove esposta al marin mostro nuda
39.8fu da la gente inospitale e cruda.
40.1Quivi non si trovando altra mercede
40.2ch'al buon pastore et alla moglie dessi,
40.3che serviti gli avea con sì gran fede
40.4dal dì che nel suo albergo si fur messi,
40.5levò dal braccio il cerchio e gli lo diede,
40.6e vòlse per suo amor che lo tenessi.
40.7Indi saliron verso la montagna
40.8che divide la Francia da la Spagna.
41.1Dentro a Valenza o dentro a Barcellona
41.2per qualche giorno avean pensato porsi,
41.3fin che accadesse alcuna nave buona
41.4che per Levante apparecchiasse a sciorsi.
41.5Videro il mar scoprir sotto a Girona
41.6ne lo smontar giù dei montani dorsi;
41.7e costeggiando a man sinistra il lito,
41.8a Barcellona andâr pel camin trito.
42.1Ma non vi giunser prima, ch'un uom pazzo
42.2giacer trovaro in su l'estreme arene,
42.3che, come porco, di loto e di guazzo
42.4tutto era brutto e volto e petto e schene.
42.5Costui si scagliò lor come cagnazzo
42.6ch'assalir forestier subito viene;
42.7e diè lor noia, e fu per far lor scorno.
42.8Ma di Marfisa a ricontarvi torno.
43.1Di Marfisa, d'Astolfo, d'Aquilante,
43.2di Grifone e degli altri io vi vuo' dire,
43.3che travagliati, e con la morte inante,
43.4mal si poteano incontra il mar schermire:
43.5che sempre più superba e più arrogante
43.6crescea fortuna le minaccie e l'ire;
43.7e già durato era tre dì lo sdegno,
43.8né di placarsi ancor mostrava segno.
44.1Castello e ballador spezza e fraccassa
44.2l'onda nimica e 'l vento ognor più fiero:
44.3se parte ritta il verno pur ne lassa,
44.4la taglia e dona al mar tutta il nocchiero.
44.5Chi sta col capo chino in una cassa
44.6su la carta appuntando il suo sentiero
44.7a lume di lanterna piccolina,
44.8e chi col torchio giù ne la sentina.
45.1Un sotto poppe, un altro sotto prora
45.2si tiene inanzi l'oriuol da polve;
45.3e torna a rivedere ogni mezz'ora
45.4quanto è già corso, et a che via si volve:
45.5indi ciascun con la sua carta fuora
45.6a mezza nave il suo parer risolve,
45.7là dove a un tempo i marinari tutti
45.8sono a consiglio dal padron ridutti.
46.1Chi dice: - Sopra Limissò venuti
46.2siamo, per quel ch'io trovo, alle seccagne; -
46.3chi: - Di Tripoli appresso i sassi acuti,
46.4dove il mar le più volte i legni fragne; -
46.5chi dice: - Siamo in Satalia perduti,
46.6per cui più d'un nocchier sospira e piagne. -
46.7Ciascun secondo il parer suo argomenta,
46.8ma tutti ugual timor preme e sgomenta.
47.1Il terzo giorno con maggior dispetto
47.2gli assale il vento, e il mar più irato freme;
47.3e l'un ne spezza e portane il trinchetto,
47.4e 'l timon l'altro, e chi lo volge insieme.
47.5Ben è di forte e di marmoreo petto
47.6e più duro ch'acciar, ch'ora non teme.
47.7Marfisa, che già fu tanto sicura,
47.8non negò che quel giorno ebbe paura.
48.1Al monte Sinaì fu peregrino,
48.2a Gallizia promesso, a Cipro, a Roma,
48.3al Sepolcro, alla Vergine d'Ettino,
48.4e se celebre luogo altro si noma.
48.5Sul mare intanto, e spesso al ciel vicino
48.6l'afflitto e conquassato legno toma,
48.7di cui per men travaglio avea il padrone
48.8fatto l'arbor tagliar de l'artimone.
49.1E colli e casse e ciò che v'è di grave
49.2gitta da prora e da poppe e da sponde;
49.3e fa tutte sgombrar camere e giave,
49.4e dar le ricche merci all'avide onde.
49.5Altri attende alle trombe, e a tor di nave
49.6l'acque importune, e il mar nel mar rifonde;
49.7soccorre altri in sentina, ovunque appare
49.8legno da legno aver sdrucito il mare.
50.1Stero in questo travaglio, in questa pena
50.2ben quattro giorni, e non avean più schermo;
50.3e n'avria avuto il mar vittoria piena,
50.4poco più che 'l furor tenesse fermo:
50.5ma diede speme lor d'aria serena
50.6la disiata luce di santo Ermo,
50.7ch'in prua s'una cocchina a por si venne;
50.8che più non v'erano arbori né antenne.
51.1Veduto fiammeggiar la bella face,
51.2s'inginocchiaro tutti i naviganti,
51.3e domandaro il mar tranquillo e pace
51.4con umidi occhi e con voci tremanti.
51.5La tempesta crudel, che pertinace
51.6fu sin allora, non andò più inanti:
51.7Maestro e Traversia più non molesta,
51.8e sol del mar tiràn Libecchio resta.
52.1Questo resta sul mar tanto possente,
52.2e da la negra bocca in modo esala,
52.3et è con lui sì il rapido corrente
52.4de l'agitato mar ch'in fretta cala,
52.5che porta il legno più velocemente,
52.6che pelegrin falcon mai facesse ala,
52.7con timor del nocchier ch'al fin del mondo
52.8non lo trasporti, o rompa, o cacci al fondo.
53.1Rimedio a questo il buon nocchier ritruova,
53.2che commanda gittar per poppa spere;
53.3e caluma la gomona, e fa pruova
53.4di duo terzi del corso ritenere.
53.5Questo consiglio, e più l'augurio giova
53.6di chi avea acceso in proda le lumiere:
53.7questo il legno salvò, che peria forse,
53.8e fe' ch'in alto mar sicuro corse.
54.1Nel golfo di Laiazzo invêr Soria
54.2sopra una gran città si trovò sorto,
54.3e sì vicino al lito, che scopria
54.4l'uno e l'altro castel che serra il porto.
54.5Come il padron s'accorse de la via
54.6che fatto avea, ritornò in viso smorto;
54.7che né porto pigliar quivi volea,
54.8né stare in alto, né fuggir potea.
55.1Né potea stare in alto, né fuggire;
55.2che gli arbori e l'antenne avea perdute:
55.3eran tavole e travi pel ferire
55.4del mar, sdrucite, macere e sbattute.
55.5E 'l pigliar porto era un voler morire,
55.6o perpetuo legarsi in servitute;
55.7che riman serva ogni persona, o morta,
55.8che quivi errore o ria fortuna porta.
56.1E 'l stare in dubbio era con gran periglio
56.2che non salisser genti de la terra
56.3con legni armati, e al suo desson di piglio,
56.4mal atto a star sul mar, non ch'a far guerra.
56.5Mentre il padron non sa pigliar consiglio,
56.6fu domandato da quel d'Inghilterra,
56.7chi gli tenea sì l'animo suspeso,
56.8e perché già non avea il porto preso.
57.1Il padron narrò lui che quella riva
57.2tutta tenean le femine omicide,
57.3di quai l'antiqua legge ognun ch'arriva
57.4in perpetuo tien servo, o che l'uccide;
57.5e questa sorte solamente schiva
57.6chi nel campo dieci uomini conquide,
57.7e poi la notte può assaggiar nel letto
57.8diece donzelle con carnal diletto.
58.1E se la prima pruova gli vien fatta,
58.2e non fornisca la seconda poi,
58.3egli vien morto, e chi è con lui si tratta
58.4da zappatore o da guardian di buoi.
58.5Se di far l'uno e l'altro è persona atta,
58.6impetra libertade a tutti i suoi;
58.7a sé non già, c'ha da restar marito
58.8di diece donne, elette a suo appetito.
59.1Non poté udire Astolfo senza risa
59.2de la vicina terra il rito strano.
59.3Sopravien Sansonetto, e poi Marfisa,
59.4indi Aquilante, e seco il suo germano.
59.5Il padron parimente lor divisa
59.6la causa che dal porto il tien lontano:
59.7- Voglio (dicea) che inanzi il mar m'affoghi,
59.8ch'io senta mai di servitude i gioghi. -
60.1Del parer del padrone i marinari
60.2e tutti gli altri naviganti furo;
60.3ma Marfisa e' compagni eran contrari,
60.4che, più che l'acque, il lito avean sicuro.
60.5Via più il vedersi intorno irati i mari,
60.6che cento mila spade, era lor duro.
60.7Parea lor questo e ciascun altro loco
60.8dov'arme usar potean, da temer poco.
61.1Bramavano i guerrier venire a proda,
61.2ma con maggior baldanza il duca inglese;
61.3che sa, come del corno il rumor s'oda,
61.4sgombrar d'intorno si farà il paese.
61.5Pigliare il porto l'una parte loda,
61.6e l'altra il biasma, e sono alle contese;
61.7ma la più forte in guisa il padron stringe,
61.8ch'al porto, suo malgrado, il legno spinge.
62.1Già, quando prima s'erano alla vista
62.2de la città crudel sul mar scoperti,
62.3veduto aveano una galea provista
62.4di molta ciurma e di nochieri esperti
62.5venire al dritto a ritrovar la trista
62.6nave, confusa di consigli incerti;
62.7che, l'alta prora alle sua poppe basse
62.8legando, fuor de l'empio mar la trasse.
63.1Entrâr nel porto remorchiando, e a forza
63.2di remi più che per favor di vele;
63.3però che l'alternar di poggia e d'orza
63.4avea levato il vento lor crudele.
63.5Intanto ripigliâr la dura scorza
63.6i cavallieri e il brando lor fedele;
63.7et al padrone et a ciascun che teme
63.8non cessan dar con lor conforti speme.
64.1Fatto è 'l porto a sembianza d'una luna,
64.2e gira più di quattro miglia intorno:
64.3seicento passi è in bocca, et in ciascuna
64.4parte una ròcca ha nel finir del corno.
64.5Non teme alcuno assalto di fortuna,
64.6se non quando gli vien dal mezzogiorno.
64.7A guisa di teatro se gli stende
64.8la città a cerco, e verso il poggio ascende.
65.1Non fu quivi sì tosto il legno sorto
65.2(già l'aviso era per tutta la terra),
65.3che fur sei mila femine sul porto,
65.4con gli archi in mano, in abito di guerra;
65.5e per tor de la fuga ogni conforto,
65.6tra l'una ròcca e l'altra il mar si serra:
65.7da navi e da catene fu rinchiuso,
65.8che tenean sempre instrutte a cotal uso.
66.1Una che d'anni alla Cumea d'Apollo
66.2poté uguagliarsi e alla madre d'Ettorre,
66.3fe' chiamare il padrone, e domandollo
66.4se si volean lasciar la vita tôrre,
66.5o se voleano pur al giogo il collo,
66.6secondo la costuma, sottoporre.
66.7Degli dua l'uno aveano a tôrre: o quivi
66.8tutti morire, o rimaner captivi.
67.1- Gli è ver (dicea) che s'uom si ritrovasse
67.2tra voi così animoso e così forte,
67.3che contra dieci nostri uomini osasse
67.4prender battaglia, e desse lor la morte,
67.5e far con diece femine bastasse
67.6per una notte ufficio di consorte;
67.7egli si rimarria principe nostro,
67.8e gir voi ne potreste al camin vostro.
68.1E sarà in vostro arbitrio il restar anco,
68.2vogliate o tutti o parte; ma con patto,
68.3che chi vorrà restare, e restar franco,
68.4marito sia per diece femine atto.
68.5Ma quando il guerrier vostro possa manco
68.6dei dieci che gli fian nimici a un tratto,
68.7o la seconda pruova non fornisca,
68.8vogliàn voi siate schiavi, egli perisca. -
69.1Dove la vecchia ritrovar timore
69.2credea nei cavallier, trovò baldanza;
69.3che ciascun si tenea tal feritore,
69.4che fornir l'uno e l'altro avea speranza:
69.5et a Marfisa non mancava il core,
69.6ben che mal atta alla seconda danza;
69.7ma dove non l'aitasse la natura,
69.8con la spada supplir stava sicura.
70.1Al padron fu commessa la risposta,
70.2prima conchiusa per commun consiglio:
70.3ch'avean chi lor potria di sé a lor posta
70.4ne la piazza e nel letto far periglio.
70.5Levan l'offese, et il nocchier s'accosta,
70.6getta la fune e le fa dar di piglio;
70.7e fa acconciare il ponte, onde i guerrieri
70.8escono armati, e tranno i lor destrieri.
71.1E quindi van per mezzo la cittade,
71.2e vi ritruovan le donzelle altiere,
71.3succinte cavalcar per le contrade,
71.4et in piazza armeggiar come guerriere.
71.5Né calciar quivi spron, né cinger spade,
71.6né cosa d'arme puon gli uomini avere,
71.7se non dieci alla volta, per rispetto
71.8de l'antiqua costuma ch'io v'ho detto.
72.1Tutti gli altri alla spola, all'aco, al fuso,
72.2al pettine et all'aspo sono intenti,
72.3con vesti feminil che vanno giuso
72.4insin al piè, che gli fa molli e lenti.
72.5Si tengono in catena alcuni ad uso
72.6d'arar la terra o di guardar gli armenti.
72.7Son pochi i maschi, e non son ben, per mille
72.8femine, cento, fra cittadi e ville.
73.1Volendo tôrre i cavallieri a sorte
73.2chi di lor debba per commune scampo
73.3l'una decina in piazza porre a morte,
73.4e poi l'altra ferir ne l'altro campo;
73.5non disegnavan di Marfisa forte,
73.6stimando che trovar dovesse inciampo
73.7ne la seconda giostra de la sera;
73.8ch'ad averne vittoria abil non era.
74.1Ma con gli altri esser vòlse ella sortita:
74.2or sopra lei la sorte in somma cade.
74.3Ella dicea: - Prima v'ho a por la vita,
74.4che v'abbiate a por voi la libertade:
74.5ma questa spada (e lor la spada addita,
74.6che cinta avea) vi do per securtade
74.7ch'io vi sciorrò tutti gl'intrichi al modo
74.8che fe' Alessandro il gordiano nodo.
75.1Non vuo' mai più che forestier si lagni
75.2di questa terra, fin che 'l mondo dura. -
75.3Così disse; e non potero i compagni
75.4torle quel che le dava sua aventura.
75.5Dunque, o ch'in tutto perda, o lor guadagni
75.6la libertà, le lasciano la cura.
75.7Ella di piastre già guernita e maglia,
75.8s'appresentò nel campo alla battaglia.
76.1Gira una piazza al sommo de la terra,
76.2di gradi a seder atti intorno chiusa;
76.3che solamente a giostre, a simil guerra,
76.4a caccie, a lotte, e non ad altro s'usa:
76.5quattro porte ha di bronzo, onde si serra.
76.6Quivi la moltitudine confusa
76.7de l'armigere femine si trasse;
76.8e poi fu detto a Marfisa ch'entrasse.
77.1Entrò Marfisa s'un destrier leardo,
77.2tutto sparso di macchie e di rotelle,
77.3di piccol capo e d'animoso sguardo,
77.4d'andar superbo e di fattezze belle.
77.5Pel maggiore e più vago e più gagliardo,
77.6di mille che n'avea con briglie e selle,
77.7scelse in Damasco, e realmente ornollo,
77.8et a Marfisa Norandin donollo.
78.1Da mezzogiorno e da la porta d'austro
78.2entrò Marfisa; e non vi stette guari,
78.3ch'appropinquare e risonar pel claustro
78.4udì di trombe acuti suoni e chiari:
78.5e vide poi di verso il freddo plaustro
78.6entrar nel campo i dieci suoi contrari.
78.7Il primo cavallier ch'apparve inante,
78.8di valer tutto il resto avea sembiante.
79.1Quel venne in piazza sopra un gran destriero,
79.2che, fuor ch'in fronte e nel piè dietro manco,
79.3era, più che mai corbo, oscuro e nero:
79.4nel piè e nel capo avea alcun pelo bianco.
79.5Del color del cavallo il cavalliero
79.6vestito, volea dir che, come manco
79.7del chiaro era l'oscuro, era altretanto
79.8il riso in lui verso l'oscuro pianto.
80.1Dato che fu de la battaglia il segno,
80.2nove guerrier l'aste chinaro a un tratto;
80.3ma quel dal nero ebbe il vantaggio a sdegno:
80.4si ritirò, né di giostrar fece atto.
80.5Vuol ch'alle leggi inanzi di quel regno,
80.6ch'alla sua cortesia, sia contrafatto.
80.7Si tra' da parte e sta a veder le pruove
80.8ch'una sola asta farà contra a nove.
81.1Il destrier, ch'avea andar trito e soave,
81.2portò all'incontro la donzella in fretta,
81.3che nel corso arrestò lancia sì grave,
81.4che quattro uomini avriano a pena retta.
81.5L'avea pur dianzi al dismontar di nave
81.6per la più salda in molte antenne eletta.
81.7Il fier sembiante con ch'ella si mosse,
81.8mille faccie imbiancò, mille cor scosse.
82.1Aperse al primo che trovò, sì il petto,
82.2che fôra assai che fosse stato nudo:
82.3gli passò la corazza e il soprapetto,
82.4ma prima un ben ferrato e grosso scudo.
82.5Dietro le spalle un braccio il ferro netto
82.6si vide uscir: tanto fu il colpo crudo.
82.7Quel fitto ne la lancia a dietro lassa,
82.8e sopra gli altri a tutta briglia passa.
83.1E diede d'urto a chi venìa secondo,
83.2et a chi terzo sì terribil botta,
83.3che rotto ne la schena uscir del mondo
83.4fe' l'uno e l'altro, e de la sella a un'otta:
83.5sì duro fu l'incontro e di tal pondo,
83.6sì stretta insieme ne venìa la frotta.
83.7Ho veduto bombarde a quella guisa
83.8le squadre aprir, che fe' lo stuol Marfisa.
84.1Sopra di lei più lance rotte furo;
84.2ma tanto a quelli colpi ella si mosse,
84.3quanto nel giuoco de le caccie un muro
84.4si muova a' colpi de le palle grosse.
84.5L'usbergo suo di tempra era sì duro,
84.6che non gli potean contra le percosse;
84.7e per incanto al fuoco de l'Inferno
84.8cotto, e temprato all'acque fu d'Averno.
85.1Al fin del campo il destrier tenne e volse,
85.2e fermò alquanto: e in fretta poi lo spinse
85.3incontra gli altri, e sbarragliolli e sciolse,
85.4e di lor sangue insin all'elsa tinse.
85.5All'uno il capo, all'altro il braccio tolse;
85.6e un altro in guisa con la spada cinse,
85.7che 'l petto in terra andò col capo et ambe
85.8le braccia, e in sella il ventre era e le gambe.
86.1Lo partì, dico, per dritta misura,
86.2de le coste e de l'anche alle confine,
86.3e lo fe' rimaner mezza figura,
86.4qual dinanzi all'imagini divine,
86.5posto d'argento, e più di cera pura
86.6son da genti lontane e da vicine,
86.7ch'a ringraziarle e sciorre il voto vanno
86.8de le domande pie ch'ottenute hanno.
87.1Ad uno che fuggia, dietro si mise,
87.2né fu a mezzo la piazza, che lo giunse;
87.3e 'l capo e 'l collo in modo gli divise,
87.4che medico mai più non lo raggiunse.
87.5In somma tutti un dopo l'altro uccise,
87.6o ferì sì ch'ogni vigor n'emunse;
87.7e fu sicura che levar di terra
87.8mai più non si potrian per farle guerra.
88.1Stato era il cavallier sempre in un canto,
88.2che la decina in piazza avea condutta;
88.3però che contra un solo andar con tanto
88.4vantaggio opra gli parve iniqua e brutta.
88.5Or che per una man tôrsi da canto
88.6vide sì tosto la compagna tutta,
88.7per dimostrar che la tardanza fosse
88.8cortesia stata e non timor, si mosse.
89.1Con man fe' cenno di volere, inanti
89.2che facesse altro, alcuna cosa dire;
89.3e non pensando in sì viril sembianti
89.4che s'avesse una vergine a coprire,
89.5le disse: - Cavalliero, omai di tanti
89.6esser déi stanco, c'hai fatto morire;
89.7e s'io volessi, più di quel che sei,
89.8stancarti ancor, discortesia farei.
90.1Che ti riposi insino al giorno nuovo,
90.2e doman torni in campo, ti concedo.
90.3Non mi fia onor se teco oggi mi pruovo,
90.4che travagliato e lasso esser ti credo. -
90.5- Il travagliare in arme non m'è nuovo,
90.6né per sì poco alla fatica cedo
90.7(disse Marfisa); e spero ch'a tuo costo
90.8io ti farò di questo aveder tosto.
91.1De la cortese offerta ti ringrazio,
91.2ma riposare ancor non mi bisogna;
91.3e ci avanza del giorno tanto spazio,
91.4ch'a porlo tutto in ozio è pur vergogna. -
91.5Rispose il cavallier: - Fuss'io sì sazio
91.6d'ogn'altra cosa che 'l mio core agogna,
91.7come t'ho in questo da saziar; ma vedi
91.8che non ti manchi il dì più che non credi. -
92.1Così disse egli, e fe' portare in fretta
92.2due grosse lance, anzi due gravi antenne;
92.3et a Marfisa dar ne fe' l'eletta:
92.4tolse l'altra per sé, ch'indietro venne.
92.5Già sono in punto, et altro non s'aspetta
92.6ch'un alto suon che lor la giostra accenne.
92.7Ecco la terra e l'aria e il mar rimbomba
92.8nel mover loro al primo suon di tromba.
93.1Trar fiato, bocca aprir o battere occhi
93.2non si vedea de' riguardanti alcuno:
93.3tanto a mirare a chi la palma tocchi
93.4dei duo campioni, intento era ciascuno.
93.5Marfisa, acciò che de l'arcion trabocchi,
93.6sì che mai non si levi, il guerrier bruno,
93.7drizza la lancia; e il guerrier bruno forte
93.8studia non men di por Marfisa a morte.
94.1Le lancie ambe di secco e suttil salce,
94.2non di cerro sembrâr grosso et acerbo,
94.3così n'andaro in tronchi fin al calce;
94.4e l'incontro ai destrier fu sì superbo,
94.5che parimente parve da una falce
94.6de le gambe esser lor tronco ogni nerbo.
94.7Cadero ambi ugualmente; ma i campioni
94.8fur presti a disbrigarsi dagli arcioni.
95.1A mille cavallieri alla sua vita
95.2al primo incontro avea la sella tolta
95.3Marfisa, et ella mai non n'era uscita;
95.4e n'uscì, come udite, a questa volta.
95.5Del caso strano non pur sbigottita,
95.6ma quasi fu per rimanerne stolta.
95.7Parve anco strano al cavallier dal nero,
95.8che non solea cader già di leggiero.
96.1Tocca avean nel cader la terra a pena,
96.2che furo in piedi e rinovâr l'assalto.
96.3Tagli e punte a furor quivi si mena,
96.4quivi ripara or scudo, or lama, or salto.
96.5Vada la botta vòta o vada piena,
96.6l'aria ne stride e ne risuona in alto.
96.7Quelli elmi, quelli usberghi, quelli scudi
96.8mostrâr ch'erano saldi più ch'incudi.
97.1Se de l'aspra donzella il braccio è grave,
97.2né quel del cavallier nimico è lieve.
97.3Ben la misura ugual l'un da l'altro have:
97.4quanto a punto l'un dà, tanto riceve.
97.5Chi vol due fiere audaci anime brave,
97.6cercar più là di queste due non deve,
97.7né cercar più destrezza né più possa;
97.8che n'han tra lor quanto più aver si possa.
98.1Le donne, che gran pezzo mirato hanno
98.2continuar tante percosse orrende,
98.3e che nei cavallier segno d'affanno
98.4e di stanchezza ancor non si comprende;
98.5dei duo miglior guerrier lode lor danno,
98.6che sien tra quanto il mar sua braccia estende.
98.7Par lor che, se non fosser più che forti,
98.8esser dovrian sol del travaglio morti.
99.1Ragionando tra sé, dicea Marfisa:
99.2- Buon fu per me, che costui non si mosse;
99.3ch'andava a risco di restarne uccisa,
99.4se dianzi stato coi compagni fosse,
99.5quando io mi truovo a pena a questa guisa
99.6di potergli star contra alle percosse. -
99.7Così dice Marfisa; e tuttavolta
99.8non resta di menar la spada in volta.
100.1- Buon fu per me (dicea quell'altro ancora),
100.2che riposar costui non ho lasciato.
100.3Difender me ne posso a fatica ora
100.4che de la prima pugna è travagliato.
100.5Se fin al nuovo dì facea dimora
100.6a ripigliar vigor, che saria stato?
100.7Ventura ebbi io, quanto più possa aversi,
100.8che non volesse tor quel ch'io gli offersi. -
101.1La battaglia durò fin alla sera,
101.2né chi avesse anco il meglio era palese;
101.3né l'un né l'altro più senza lumiera
101.4saputo avria come schivar l'offese.
101.5Giunta la notte, all'inclita guerriera
101.6fu primo a dir il cavallier cortese:
101.7- Che faren, poi che con ugual fortuna
101.8n'ha sopragiunti la notte importuna?
102.1Meglio mi par che 'l viver tuo prolunghi
102.2almeno insino a tanto che s'aggiorni.
102.3Io non posso concederti che aggiunghi
102.4fuor ch'una notte picciola ai tua giorni.
102.5E di ciò che non gli abbi aver più lunghi,
102.6la colpa sopra me non vuo' che torni:
102.7torni pur sopra alla spietata legge
102.8del sesso feminil che 'l loco regge.
103.1Se di te duolmi e di quest'altri tuoi,
103.2lo sa colui che nulla cosa ha oscura.
103.3Con tuoi compagni star meco tu puoi:
103.4con altri non avrai stanza sicura;
103.5perché la turba, a cu' i mariti suoi
103.6oggi uccisi hai, già contra te congiura.
103.7Ciascun di questi a cui dato hai la morte,
103.8era di diece femine consorte.
104.1Del danno c'han da te ricevut'oggi,
104.2disian novanta femine vendetta:
104.3sì che se meco ad albergar non poggi,
104.4questa notte assalito esser t'aspetta. -
104.5Disse Marfisa: - Accetto che m'alloggi,
104.6con sicurtà che non sia men perfetta
104.7in te la fede e la bontà del core,
104.8che sia l'ardire e il corporal valore.
105.1Ma che t'incresca che m'abbi ad uccidere,
105.2ben ti può increscere anco del contrario.
105.3Fin qui non credo che l'abbi da ridere,
105.4perch'io sia men di te duro avversario.
105.5O la pugna seguir vogli o dividere,
105.6o farla all'uno o all'altro luminario,
105.7ad ogni cenno pronta tu m'avrai,
105.8e come et ogni volta che vorrai. -
106.1Così fu differita la tenzone
106.2fin che di Gange uscisse il nuovo albóre,
106.3e si restò senza conclusione
106.4chi d'essi duo guerrier fosse il migliore.
106.5Ad Aquilante venne et a Grifone
106.6e così agli altri il liberal signore,
106.7e li pregò che fin al nuovo giorno
106.8piacesse lor di far seco soggiorno.
107.1Tenner lo 'nvito senza alcun sospetto:
107.2indi, a splendor de bianchi torchi ardenti,
107.3tutti saliro ov'era un real tetto,
107.4distinto in molti adorni alloggiamenti.
107.5Stupefatti al levarsi de l'elmetto,
107.6mirandosi, restaro i combattenti;
107.7che 'l cavallier, per quanto apparea fuora,
107.8non eccedeva i diciotto anni ancora.
108.1Si maraviglia la donzella, come
108.2in arme tanto un giovinetto vaglia;
108.3si maraviglia l'altro, ch'alle chiome
108.4s'avede con chi avea fatto battaglia:
108.5e si domandan l'un con l'altro il nome,
108.6e tal debito tosto si ragguaglia.
108.7Ma come si nomasse il giovinetto,
108.8ne l'altro canto ad ascoltar v'aspetto.
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