about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books
1.1Il giusto Dio, quando i peccati nostri
1.2hanno di remission passato il segno,
1.3acciò che la giustizia sua dimostri
1.4uguale alla pietà, spesso dà regno
1.5a tiranni atrocissimi et a mostri,
1.6e dà lor forza e di mal fare ingegno.
1.7Per questo Mario e Silla pose al mondo,
1.8e duo Neroni e Caio furibondo,
2.1Domiziano e l'ultimo Antonino;
2.2e tolse da la immonda e bassa plebe,
2.3et esaltò all'imperio Massimino;
2.4e nascer prima fe' Creonte a Tebe;
2.5e diè Mezenzio al populo Agilino,
2.6che fe' di sangue uman grasse le glebe;
2.7e diede Italia a tempi men remoti
2.8in preda agli Unni, ai Longobardi, ai Goti.
3.1Che d'Atila dirò? che de l'iniquo
3.2Ezzellin da Roman? che d'altri cento?
3.3che dopo un lungo andar sempre in obliquo,
3.4ne manda Dio per pena e per tormento.
3.5Di questo abbiàn non pur al tempo antiquo,
3.6ma ancora al nostro, chiaro esperimento,
3.7quando a noi, greggi inutili e mal nati,
3.8ha dato per guardian lupi arrabbiati:
4.1a cui non par ch'abbi a bastar lor fame,
4.2ch'abbi il lor ventre a capir tanta carne;
4.3e chiaman lupi di più ingorde brame
4.4da boschi oltramontani a divorarne.
4.5Di Trasimeno l'insepulto ossame
4.6e di Canne e di Trebia poco parne
4.7verso quel che le ripe e i campi ingrassa,
4.8dov'Ada e Mella e Ronco e Tarro passa.
5.1Or Dio consente che noi siàn puniti
5.2da populi di noi forse peggiori,
5.3per li multiplicati et infiniti
5.4nostri nefandi, obbrobriosi errori.
5.5Tempo verrà ch'a depredar lor liti
5.6andremo noi, se mai saren migliori,
5.7e che i peccati lor giungano al segno,
5.8che l'eterna Bontà muovano a sdegno.
6.1Doveano allora aver gli eccessi loro
6.2di Dio turbata la serena fronte,
6.3che scórse ogni lor luogo il Turco e 'l Moro
6.4con stupri, uccision, rapine et onte:
6.5ma più di tutti gli altri danni, fôro
6.6gravati dal furor di Rodomonte.
6.7Dissi ch'ebbe di lui la nuova Carlo,
6.8e che 'n piazza venìa per ritrovarlo.
7.1Vede tra via la gente sua troncata,
7.2arsi i palazzi, e ruinati i templi,
7.3gran parte de la terra desolata:
7.4mai non si vider sì crudeli esempli.
7.5- Dove fuggite, turba spaventata?
7.6Non è tra voi chi 'l danno suo contempli?
7.7Che città, che refugio più vi resta,
7.8quando si perda sì vilmente questa?
8.1Dunque un uom solo in vostra terra preso,
8.2cinto di mura onde non può fuggire,
8.3si partirà che non l'avrete offeso,
8.4quando tutti v'avrà fatto morire? -
8.5Così Carlo dicea, che d'ira acceso
8.6tanta vergogna non potea patire.
8.7E giunse dove inanti alla gran corte
8.8vide il pagan por la sua gente a morte.
9.1Quivi gran parte era del populazzo,
9.2sperandovi trovare aiuto, ascesa;
9.3perché forte di mura era il palazzo,
9.4con munizion da far lunga difesa.
9.5Rodomonte, d'orgoglio e d'ira pazzo,
9.6solo s'avea tutta la piazza presa:
9.7e l'una man, che prezza il mondo poco,
9.8ruota la spada, e l'altra getta il fuoco.
10.1E de la regal casa, alta e sublime,
10.2percuote e risuonar fa le gran porte.
10.3Gettan le turbe da le eccelse cime
10.4e merli e torri, e si metton per morte.
10.5Guastare i tetti non è alcun che stime;
10.6e legne e pietre vanno ad una sorte,
10.7lastre e colonne, e le dorate travi
10.8che furo in prezzo agli lor padri e agli avi.
11.1Sta su la porta il re d'Algier, lucente
11.2di chiaro acciar che 'l capo gli arma e 'l busto,
11.3come uscito di tenebre serpente,
11.4poi c'ha lasciato ogni squalor vetusto,
11.5del nuovo scoglio altiero, e che si sente
11.6ringiovenito e più che mai robusto;
11.7tre lingue vibra, et ha negli occhi foco:
11.8dovunque passa, ogn'animal dà loco.
12.1Non sasso, merlo, trave, arco o balestra,
12.2né ciò che sopra il Saracin percuote,
12.3ponno allentar la sanguinosa destra
12.4che la gran porta taglia, spezza e scuote;
12.5e dentro fatto v'ha tanta finestra,
12.6che ben vedere e veduto esser puote
12.7dai visi impressi di color di morte,
12.8che tutta piena quivi hanno la corte.
13.1Suonar per gli alti e spaziosi tetti
13.2s'odono gridi e feminil lamenti:
13.3l'afflitte donne, percotendo i petti,
13.4corron per casa pallide e dolenti;
13.5e abbraccian gli usci e i geniali letti
13.6che tosto hanno a lasciare a strane genti.
13.7Tratta la cosa era in periglio tanto,
13.8quando 'l re giunse, e suoi baroni accanto.
14.1Carlo si volse a quelle man robuste
14.2ch'ebbe altre volte a gran bisogni pronte.
14.3- Non sète quelli voi, che meco fuste
14.4contra Agolante (disse) in Aspramonte?
14.5Sono le forze vostre ora sì fruste,
14.6che, s'uccideste lui, Troiano e Almonte
14.7con cento mila, or ne temete un solo
14.8pur di quel sangue e pur di quello stuolo?
15.1Perché debbo vedere in voi fortezza
15.2ora minor ch'io la vedessi allora?
15.3Mostrate a questo can vostra prodezza,
15.4a questo can che gli uomini devora.
15.5Un magnanimo cor morte non prezza,
15.6presta o tarda che sia, pur che ben muora.
15.7Ma dubitar non posso ove voi sète,
15.8che fatto sempre vincitor m'avete. -
16.1Al fin de le parole urta il destriero,
16.2con l'asta bassa, al Saracino adosso.
16.3Mossesi a un tratto il paladino Ugiero,
16.4a un tempo Namo et Ulivier si è mosso,
16.5Avino, Avolio, Otone e Berlingiero,
16.6ch'un senza l'altro mai veder non posso:
16.7e ferîr tutti sopra a Rodomonte
16.8e nel petto e nei fianchi e ne la fronte.
17.1Ma lasciamo, per Dio, Signore, ormai
17.2di parlar d'ira e di cantar di morte;
17.3e sia per questa volta detto assai
17.4del Saracin non men crudel che forte:
17.5che tempo è ritornar dov'io lasciai
17.6Grifon, giunto a Damasco in su le porte
17.7con Orrigille perfida, e con quello
17.8ch'adulter era, e non di lei fratello.
18.1De le più ricche terre di Levante,
18.2de le più populose e meglio ornate
18.3si dice esser Damasco, che distante
18.4siede a Ierusalem sette giornate,
18.5in un piano fruttifero e abondante,
18.6non men giocondo il verno, che l'estate.
18.7A questa terra il primo raggio tolle
18.8de la nascente aurora un vicin colle.
19.1Per la città duo fiumi cristallini
19.2vanno inaffiando per diversi rivi
19.3un numero infinito di giardini,
19.4non mai di fior, non mai di fronde privi.
19.5Dicesi ancor, che macinar molini
19.6potrian far l'acque lanfe che son quivi;
19.7e chi va per le vie vi sente, fuore
19.8di tutte quelle case, uscire odore.
20.1Tutta coperta è la strada maestra
20.2di panni di diversi color lieti;
20.3e d'odorifera erba, e di silvestra
20.4fronda la terra e tutte le pareti.
20.5Adorna era ogni porta, ogni finestra
20.6di finissimi drappi e di tapeti,
20.7ma più di belle e ben ornate donne
20.8di ricche gemme e di superbe gonne.
21.1Vedeasi celebrar dentr'alle porte,
21.2in molti lochi, solazzevol balli;
21.3il popul, per le vie, di miglior sorte
21.4maneggiar ben guarniti e bei cavalli:
21.5facea più bel veder la ricca corte
21.6de' signor, de' baroni e de' vasalli,
21.7con ciò che d'India e d'eritree maremme
21.8di perle aver si può, d'oro e di gemme.
22.1Venìa Grifone e la sua compagnia
22.2mirando e quinci e quindi il tutto ad agio,
22.3quando fermolli un cavalliero in via,
22.4e gli fece smontare a un suo palagio;
22.5e per l'usanza e per sua cortesia
22.6di nulla lasciò lor patir disagio.
22.7Li fe' nel bagno entrar, poi con serena
22.8fronte gli accolse a sontuosa cena.
23.1E narrò lor come il re Norandino,
23.2re di Damasco e di tutta Soria,
23.3fatto avea il paesano e 'l peregrino
23.4ch'ordine avesse di cavalleria,
23.5alla giostra invitar, ch'al matutino
23.6del dì sequente in piazza si faria;
23.7e che s'avean valor pari al sembiante,
23.8potrian mostrarlo senza andar più inante.
24.1Ancor che quivi non venne Grifone
24.2a questo effetto, pur lo 'nvito tenne;
24.3che qual volta se n'abbia occasione,
24.4mostrar virtude mai non disconvenne.
24.5Interrogollo poi de la cagione
24.6di quella festa, e s'ella era solenne
24.7usata ogn'anno, o pure impresa nuova
24.8del re ch'i suoi veder volesse in pruova.
25.1Rispose il cavallier: - La bella festa
25.2s'ha da far sempre ad ogni quarta luna:
25.3de l'altre che verran, la prima è questa:
25.4ancora non se n'è fatta più alcuna.
25.5Sarà in memoria che salvò la testa
25.6il re in tal giorno da una gran fortuna,
25.7dopo che quattro mesi in doglie e 'n pianti
25.8sempre era stato, e con la morte inanti.
26.1Ma per dirvi la cosa pienamente,
26.2il nostro re, che Norandin s'appella,
26.3molti e molt'anni ha avuto il core ardente
26.4de la leggiadra e sopra ogn'altra bella
26.5figlia del re di Cipro: e finalmente
26.6avutala per moglie, iva con quella,
26.7con cavallieri e donne in compagnia;
26.8e dritto avea il camin verso Soria.
27.1Ma poi che fummo tratti a piene vele
27.2lungi dal porto nel Carpazio iniquo,
27.3la tempesta saltò tanto crudele,
27.4che sbigottì sin al padrone antiquo.
27.5Tre dì e tre notti andammo errando ne le
27.6minacciose onde per camino obliquo.
27.7Uscimo al fin nel lito stanchi e molli,
27.8tra freschi rivi, ombrosi e verdi colli.
28.1Piantare i padiglioni, e le cortine
28.2fra gli arbori tirar facemo lieti.
28.3S'apparechiano i fuochi e le cucine;
28.4le mense d'altra parte in su tapeti.
28.5Intanto il re cercando alle vicine
28.6valli era andato e a' boschi più secreti,
28.7se ritrovasse capre o daini o cervi;
28.8e l'arco gli portâr dietro duo servi.
29.1Mentre aspettamo, in gran piacer sedendo,
29.2che da cacciar ritorni il signor nostro,
29.3vedemo l'Orco a noi venir correndo
29.4lungo il lito del mar, terribil mostro.
29.5Dio vi guardi, signor, che 'l viso orrendo
29.6de l'Orco agli occhi mai vi sia dimostro:
29.7meglio è per fama aver notizia d'esso,
29.8ch'andargli, sì che lo veggiate, appresso.
30.1Non gli può comparir quanto sia lungo,
30.2sì smisuratamente è tutto grosso.
30.3In luogo d'occhi, di color di fungo
30.4sotto la fronte ha duo coccole d'osso.
30.5Verso noi vien (come vi dico) lungo
30.6il lito, e par ch'un monticel sia mosso.
30.7Mostra le zanne fuor, come fa il porco;
30.8ha lungo il naso, il sen bavoso e sporco.
31.1Correndo viene, e 'l muso a guisa porta
31.2che 'l bracco suol, quando entra in su la traccia.
31.3Tutti che lo veggiam, con faccia smorta
31.4in fuga andamo ove il timor ne caccia.
31.5Poco il veder lui cieco ne conforta,
31.6quando, fiutando sol, par che più faccia,
31.7ch'altri non fa, ch'abbia odorato e lume:
31.8e bisogno al fuggire eran le piume.
32.1Corron chi qua chi là; ma poco lece
32.2da lui fuggir, veloce più che 'l Noto.
32.3Di quaranta persone, a pena diece
32.4sopra il navilio si salvaro a nuoto.
32.5Sotto il braccio un fastel d'alcuni fece,
32.6né il grembio si lasciò né il seno vòto;
32.7un suo capace zaino empissene anco,
32.8che gli pendea, come a pastor, dal fianco.
33.1Portòci alla sua tana il mostro cieco,
33.2cavata in lito al mar dentr'uno scoglio.
33.3Di marmo così bianco è quello speco,
33.4come esser soglia ancor non scritto foglio.
33.5Quivi abitava una matrona seco,
33.6di dolor piena in vista e di cordoglio;
33.7et avea in compagnia donne e donzelle
33.8d'ogni età, d'ogni sorte, e brutte e belle.
34.1Era presso alla grotta in ch'egli stava,
34.2quasi alla cima del giogo superno,
34.3un'altra non minor di quella cava,
34.4dove del gregge sua facea governo.
34.5Tanto n'avea, che non si numerava;
34.6e n'era egli il pastor l'estate e 'l verno.
34.7Ai tempi suoi gli apriva e tenea chiuso,
34.8per spasso che n'avea, più che per uso.
35.1L'umana carne meglio gli sapeva:
35.2e prima il fa veder ch'all'antro arrivi;
35.3che tre de' nostri giovini ch'aveva,
35.4tutti li mangia, anzi trangugia vivi.
35.5Viene alla stalla, e un gran sasso ne leva:
35.6ne caccia il gregge, e noi riserra quivi.
35.7Con quel sen va dove il suol far satollo,
35.8sonando una zampogna ch'avea in collo.
36.1Il signor nostro intanto ritornato
36.2alla marina, il suo danno comprende;
36.3che truova gran silenzio in ogni lato,
36.4vòti frascati, padiglioni e tende.
36.5Né sa pensar chi sì l'abbia rubato;
36.6e pien di gran timore al lito scende,
36.7onde i nocchieri suoi vede in disparte
36.8sarpar lor ferri e in opra por le sarte.
37.1Tosto ch'essi lui veggiono sul lito,
37.2il palischermo mandano a levarlo:
37.3ma non sì tosto ha Norandino udito
37.4de l'Orco che venuto era a rubarlo,
37.5che, senza più pensar, piglia partito,
37.6dovunque andato sia, di seguitarlo.
37.7Vedersi tor Lucina sì gli duole,
37.8ch'o racquistarla, o non più viver vuole.
38.1Dove vede apparir lungo la sabbia
38.2la fresca orma, ne va con quella fretta
38.3con che lo spinge l'amorosa rabbia,
38.4fin che giunge alla tana ch'io v'ho detta;
38.5ove con tema la maggior che s'abbia
38.6a patir mai, l'Orco da noi s'aspetta:
38.7ad ogni suono di sentirlo parci,
38.8ch'affamato ritorni a divorarci.
39.1Quivi Fortuna il re da tempo guida;
39.2che senza l'Orco in casa era la moglie.
39.3Come ella 'l vede: "Fuggine! (gli grida)
39.4misero te, se l'Orco ti ci coglie!"
39.5"Coglia (disse) o non coglia, o salvi o uccida,
39.6che miserrimo i' sia non mi si toglie.
39.7Disir mi mena, e non error di via,
39.8c'ho di morir presso alla moglie mia".
40.1Poi seguì, dimandandole novella
40.2di quei che prese l'Orco in su la riva;
40.3prima degli altri, di Lucina bella,
40.4se l'avea morta, o la tenea captiva.
40.5La donna umanamente gli favella,
40.6e lo conforta, che Lucina è viva,
40.7e che non è alcun dubbio ch'ella muora;
40.8che mai femina l'Orco non divora.
41.1"Esser di ciò argumento ti poss'io,
41.2e tutte queste donne che son meco:
41.3né a me né a lor mai l'Orco è stato rio,
41.4pur che non ci scostian da questo speco.
41.5A chi cerca fuggir, pon grave fio;
41.6né pace mai puon ritrovar più seco:
41.7o le sotterra vive, o l'incatena,
41.8o fa star nude al sol sopra l'arena.
42.1Quando oggi egli portò qui la tua gente,
42.2le femine dai maschi non divise;
42.3ma, sì come gli avea, confusamente
42.4dentro a quella spelonca tutti mise.
42.5Sentirà a naso il sesso differente.
42.6Le donne non temer che sieno uccise:
42.7gli uomini, siene certo; et empieranne
42.8di quattro, il giorno, o sei, l'avide canne.
43.1Di levar lei di qui non ho consiglio
43.2che dar ti possa; e contentar ti puoi
43.3che ne la vita sua non è periglio:
43.4starà qui al ben e al mal ch'avremo noi.
43.5Ma vattene, per Dio, vattene, figlio,
43.6che l'Orco non ti senta e non t'ingoi.
43.7Tosto che giunge, d'ogn'intorno annasa,
43.8e sente sin a un topo che sia in casa".
44.1Rispose il re, non si voler partire,
44.2se non vedea la sua Lucina prima;
44.3e che più tosto appresso a lei morire,
44.4che viverne lontan, faceva stima.
44.5Quando vede ella non potergli dire
44.6cosa che 'l muova da la voglia prima,
44.7per aiutarlo fa nuovo disegno,
44.8e ponvi ogni sua industria, ogni suo ingegno.
45.1Morte avea in casa, e d'ogni tempo appese,
45.2con lor mariti, assai capre et agnelle,
45.3onde a sé et alle sue facea le spese;
45.4e dal tetto pendea più d'una pelle.
45.5La donna fe' che 'l re del grasso prese,
45.6ch'avea un gran becco intorno alle budelle,
45.7e che se n'unse dal capo alle piante,
45.8fin che l'odor cacciò ch'egli ebbe inante.
46.1E poi che 'l tristo puzzo aver le parve,
46.2di che il fetido becco ognora sape,
46.3piglia l'irsuta pelle, e tutto entrarve
46.4lo fe'; ch'ella è sì grande che lo cape.
46.5Coperto sotto a così strane larve,
46.6facendol gir carpon, seco lo rape
46.7là dove chiuso era d'un sasso grave
46.8de la sua donna il bel viso soave.
47.1Norandino ubidisce; et alla buca
47.2de la spelonca ad aspettar si mette,
47.3acciò col gregge dentro si conduca;
47.4e fin a sera disiando stette.
47.5Ode la sera il suon de la sambuca,
47.6con che 'nvita a lassar l'umide erbette,
47.7e ritornar le pecore all'albergo
47.8il fier pastor che lor venìa da tergo.
48.1Pensate voi se gli tremava il core,
48.2quando l'Orco sentì che ritornava,
48.3e che 'l viso crudel pieno d'orrore
48.4vide appressare all'uscio de la cava;
48.5ma poté la pietà più che 'l timore:
48.6s'ardea, vedete, o se fingendo amava.
48.7Vien l'Orco inanzi, e leva il sasso, et apre:
48.8Norandino entra fra pecore e capre.
49.1Entrato il gregge, l'Orco a noi descende;
49.2ma prima sopra sé l'uscio si chiude.
49.3Tutti ne va fiutando: al fin duo prende;
49.4che vuol cenar de le lor carni crude.
49.5Al rimembrar di quelle zanne orrende,
49.6non posso far ch'ancor non trieme e sude.
49.7Partito l'Orco, il re getta la gonna
49.8ch'avea di becco, e abbraccia la sua donna.
50.1Dove averne piacer deve e conforto,
50.2vedendol quivi, ella n'ha affanno e noia:
50.3lo vede giunto ov'ha da restar morto;
50.4e non può far però ch'essa non muoia.
50.5"Con tutto 'l mal (diceagli) ch'io supporto,
50.6signor, sentia non mediocre gioia,
50.7che ritrovato non t'eri con nui
50.8quando da l'Orco oggi qui tratta fui.
51.1Che se ben il trovarmi ora in procinto
51.2d'uscir di vita m'era acerbo e forte;
51.3pur mi sarei, come è commune instinto,
51.4dogliuta sol de la mia trista sorte:
51.5ma ora, o prima o poi che tu sia estinto,
51.6più mi dorrà la tua che la mia morte".
51.7E seguitò, mostrando assai più affanno
51.8di quel di Norandin, che del suo danno.
52.1"La speme (disse il re) mi fa venire,
52.2c'ho di salvarti, e tutti questi teco:
52.3e s'io nol posso far, meglio è morire,
52.4che senza te, mio sol, viver poi cieco.
52.5Come io ci venni, mi potrò partire;
52.6e voi tutt'altri ne verrete meco,
52.7se non avrete, come io non ho avuto,
52.8schivo a pigliare odor d'animal bruto".
53.1La fraude insegnò a noi, che contra il naso
53.2de l'Orco insegnò a-llui la moglie d'esso;
53.3di vestirci le pelli, in ogni caso
53.4ch'egli ne palpi ne l'uscir del fesso.
53.5Poi che di questo ognun fu persuaso;
53.6quanti de l'un, quanti de l'altro sesso
53.7ci ritroviamo, uccidian tanti becchi,
53.8quelli che più fetean, ch'eran più vecchi.
54.1Ci ungemo i corpi di quel grasso opimo
54.2che ritroviamo all'intestina intorno,
54.3e de l'orride pelli ci vestimo.
54.4Intanto uscì da l'aureo albergo il giorno.
54.5Alla spelonca, come apparve il primo
54.6raggio del sol, fece il pastor ritorno;
54.7e dando spirto alle sonore canne,
54.8chiamò il suo gregge fuor de le capanne.
55.1Tenea la mano al buco de la tana,
55.2acciò col gregge non uscissin noi:
55.3ci prendea al varco; e quando pelo o lana
55.4sentia sul dosso, ne lasciava poi.
55.5Uomini e donne uscimmo per sì strana
55.6strada, coperti dagl'irsuti cuoi:
55.7e l'Orco alcun di noi mai non ritenne,
55.8fin che con gran timor Lucina venne.
56.1Lucina, o fosse perch'ella non volle
56.2ungersi come noi, che schivo n'ebbe;
56.3o ch'avesse l'andar più lento e molle,
56.4che l'imitata bestia non avrebbe;
56.5o quando l'Orco la groppa toccolle,
56.6gridasse per la tema che le accrebbe;
56.7o che se le sciogliessero le chiome;
56.8sentita fu, né ben so dirvi come.
57.1Tutti eravam sì intenti al caso nostro,
57.2che non avemmo gli occhi agli altrui fatti.
57.3Io mi rivolsi al grido; e vidi il mostro
57.4che già gl'irsuti spogli le avea tratti,
57.5e fattola tornar nel cavo chiostro.
57.6Noi altri dentro a nostre gonne piatti
57.7col gregge andamo ove 'l pastor ci mena,
57.8tra verdi colli in una piaggia amena.
58.1Quivi attendiamo infin che steso all'ombra
58.2d'un bosco opaco il nasuto Orco dorma.
58.3Chi lungo il mar, chi verso 'l monte sgombra:
58.4sol Norandin non vuol seguir nostr'orma.
58.5L'amor de la sua donna sì lo 'ngombra,
58.6ch'alla grotta tornar vuol fra la torma,
58.7né partirsene mai sin alla morte,
58.8se non racquista la fedel consorte:
59.1che quando dianzi avea all'uscir del chiuso
59.2vedutala restar captiva sola,
59.3fu per gittarsi, dal dolor confuso,
59.4spontaneamente al vorace Orco in gola;
59.5e si mosse, e gli corse infino al muso,
59.6né fu lontano a gir sotto la mola:
59.7ma pur lo tenne in mandra la speranza
59.8ch'avea di trarla ancor di quella stanza.
60.1La sera, quando alla spelonca mena
60.2il gregge l'Orco, e noi fuggiti sente,
60.3e c'ha da rimaner privo di cena,
60.4chiama Lucina d'ogni mal nocente,
60.5e la condanna a star sempre in catena
60.6allo scoperto in sul sasso eminente.
60.7Vedela il re per sua cagion patire,
60.8e si distrugge, e sol non può morire.
61.1Matina e sera l'infelice amante
61.2la può veder come s'affliga e piagna;
61.3che le va misto fra le capre avante,
61.4torni alla stalla o torni alla campagna.
61.5Ella con viso mesto e supplicante
61.6gli accenna che per Dio non vi rimagna,
61.7perché vi sta a gran rischio de la vita,
61.8né però a-llei può dare alcuna aita.
62.1Così la moglie ancor de l'Orco priega
62.2il re che se ne vada, ma non giova;
62.3che d'andar mai senza Lucina niega,
62.4e sempre più constante si ritruova.
62.5In questa servitude, in che lo lega
62.6Pietate e Amor, stette con lunga pruova
62.7tanto, ch'a capitar venne a quel sasso
62.8il figlio d'Agricane e 'l re Gradasso.
63.1Dove con loro audacia tanto fenno,
63.2che liberaron la bella Lucina;
63.3ben che vi fu aventura più che senno:
63.4e la portâr correndo alla marina;
63.5e al padre suo, che quivi era, la denno:
63.6e questo fu ne l'ora matutina,
63.7che Norandin con l'altro gregge stava
63.8a ruminar ne la montana cava.
64.1Ma poi che 'l giorno aperta fu la sbarra,
64.2e seppe il re la donna esser partita
64.3(che la moglie de l'Orco gli lo narra),
64.4e come a punto era la cosa gita;
64.5grazie a Dio rende, e con voto n'inarra,
64.6ch'essendo fuor di tal miseria uscita,
64.7faccia che giunga onde per arme possa,
64.8per prieghi o per tesoro, esser riscossa.
65.1Pien di letizia va con l'altra schiera
65.2del simo gregge, e viene ai verdi paschi;
65.3e quivi aspetta fin ch'all'ombra nera
65.4il mostro per dormir ne l'erba caschi.
65.5Poi ne vien tutto il giorno e tutta sera;
65.6e al fin sicur che l'Orco non lo 'ntaschi,
65.7sopra un navilio monta in Satalia;
65.8e son tre mesi ch'arrivò in Soria.
66.1In Rodi, in Cipro, e per città e castella
66.2e d'Africa e d'Egitto e di Turchia,
66.3il re cercar fe' di Lucina bella;
66.4né fin l'altr'ieri aver ne poté spia.
66.5L'altr'ier n'ebbe dal suocero novella,
66.6che seco l'avea salva in Nicosia,
66.7dopo che molti dì vento crudele
66.8era stato contrario alle sue vele.
67.1Per allegrezza de la buona nuova
67.2prepara il nostro re la ricca festa;
67.3e vuol ch'ad ogni quarta luna nuova,
67.4una se n'abbia a far simile a questa:
67.5che la memoria rifrescar gli giova
67.6dei quattro mesi che 'n irsuta vesta
67.7fu tra il gregge de l'Orco; e un giorno, quale
67.8sarà dimane, uscì di tanto male.
68.1Questo ch'io v'ho narrato, in parte vidi,
68.2in parte udi' da chi trovossi al tutto;
68.3dal re, vi dico, che calende et idi
68.4vi stette, fin che volse in riso il lutto:
68.5e se n'udite mai far altri gridi,
68.6direte a chi gli fa, che mal n'è instrutto. -
68.7Il gentiluomo in tal modo a Grifone
68.8de la festa narrò l'alta cagione.
69.1Un gran pezzo di notte si dispensa
69.2dai cavallieri in tal ragionamento;
69.3e conchiudon ch'amore e pietà immensa
69.4mostrò quel re con grande esperimento.
69.5Andaron, poi che si levâr da mensa,
69.6ove ebbon grato e buono alloggiamento.
69.7Nel seguente matin sereno e chiaro,
69.8al suon de l'allegrezze si destaro.
70.1Vanno scorrendo timpani e trombette,
70.2e ragunando in piazza la cittade.
70.3Or, poi che de cavalli e de carrette
70.4e ribombar de gridi odon le strade,
70.5Grifon le lucide arme si rimette,
70.6che son di quelle che si trovan rade;
70.7che l'avea impenetrabili e incantate
70.8la Fata bianca di sua man temprate.
71.1Quel d'Antiochia, più d'ogn'altro vile,
71.2armossi seco, e compagnia gli tenne.
71.3Preparate avea lor l'oste gentile
71.4nerbose lance, e salde e grosse antenne,
71.5e del suo parentado non umìle
71.6compagnia tolta; e seco in piazza venne;
71.7e scudieri a cavallo, e alcuni a piede,
71.8a tal servigi attissimi, lor diede.
72.1Giunsero in piazza, e trassonsi in disparte,
72.2né pel campo curâr far di sé mostra,
72.3per veder meglio il bel popul di Marte,
72.4ch'ad uno, o a dua, o a tre, veniano in giostra.
72.5Chi con colori accompagnati ad arte
72.6letizia o doglia alla sua donna mostra;
72.7chi nel cimier, chi nel dipinto scudo
72.8disegna Amor, se l'ha benigno o crudo.
73.1Soriani in quel tempo aveano usanza
73.2d'armarsi a questa guisa di Ponente.
73.3Forse ve gli inducea la vicinanza
73.4che de' Franceschi avean continuamente,
73.5che quivi allor reggean la sacra stanza
73.6dove in carne abitò Dio onnipotente;
73.7ch'ora i superbi e miseri cristiani,
73.8con biasmi lor, lasciano in man de' cani.
74.1Dove abbassar dovrebbono la lancia
74.2in augumento de la santa fede,
74.3tra lor si dan nel petto e ne la pancia
74.4a destruzion del poco che si crede.
74.5Voi, gente ispana, e voi, gente di Francia,
74.6volgete altrove, e voi, Svizzeri, il piede,
74.7e voi, Tedeschi, a far più degno acquisto;
74.8che quanto qui cercate è già di Cristo.
75.1Se Cristianissimi esser voi volete,
75.2e voi altri Catolici nomati,
75.3perché di Cristo gli uomini uccidete?
75.4perché de' beni lor son dispogliati?
75.5Perché Ierusalem non riavete,
75.6che tolto è stato a voi da' rinegati?
75.7Perché Constantinopoli e del mondo
75.8la miglior parte occupa il Turco immondo?
76.1Non hai tu, Spagna, l'Africa vicina,
76.2che t'ha via più di questa Italia offesa?
76.3E pur, per dar travaglio alla meschina,
76.4lasci la prima tua sì bella impresa.
76.5O d'ogni vizio fetida sentina,
76.6dormi, Italia imbriaca, e non ti pesa
76.7ch'ora di questa gente, ora di quella
76.8che già serva ti fu, sei fatta ancella?
77.1Se 'l dubbio di morir ne le tue tane,
77.2Svizzer, di fame, in Lombardia ti guida,
77.3e tra noi cerchi o chi ti dia del pane,
77.4o, per uscir d'inopia, chi t'uccida;
77.5le richezze del Turco hai non lontane:
77.6caccial d'Europa, o almen di Grecia snida:
77.7così potrai o del digiuno trarti,
77.8o cader con più merto in quelle parti.
78.1Quel ch'a te dico, io dico al tuo vicino
78.2tedesco ancor: là le richezze sono,
78.3che vi portò da Roma Constantino:
78.4portonne il meglio, e fe' del resto dono.
78.5Pattolo et Ermo, onde si tra' l'or fino,
78.6Migdonia e Lidia, e quel paese buono
78.7per tante laudi in tante istorie noto,
78.8non è, s'andar vi vuoi, troppo remoto.
79.1Tu, gran Leone, a cui premon le terga
79.2de le chiavi del ciel le gravi some,
79.3non lasciar che nel sonno si sommerga
79.4Italia, se la man l'hai ne le chiome.
79.5Tu sei Pastore; e Dio t'ha quella verga
79.6data a portare, e scelto il fiero nome,
79.7perché tu ruggi, e che le braccia stenda,
79.8sì che dai lupi il grege tuo difenda.
80.1Ma d'un parlar ne l'altro, ove sono ito
80.2sì lungi dal camin ch'io faceva ora?
80.3Non lo credo però sì aver smarrito,
80.4ch'io non lo sappia ritrovare ancora.
80.5Io dicea ch'in Soria si tenea il rito
80.6d'armarsi, che i Franceschi aveano allora:
80.7sì che bella in Damasco era la piazza
80.8di gente armata d'elmo e di corazza.
81.1Le vaghe donne gettano dai palchi
81.2sopra i giostranti fior vermigli e gialli,
81.3mentre essi fanno a suon degli oricalchi
81.4levare a salti et aggirar cavalli.
81.5Ciascuno, o bene o mal ch'egli cavalchi,
81.6vuol far quivi vedersi, e sprona e dàlli:
81.7di ch'altri ne riporta pregio e lode;
81.8muove altri a riso, e gridar dietro s'ode.
82.1De la giostra era il prezzo un'armatura
82.2che fu donata al re pochi dì inante,
82.3che su la strada ritrovò a ventura,
82.4ritornando d'Armenia, un mercatante.
82.5Il re di nobilissima testura
82.6le sopraveste all'arme aggiunse, e tante
82.7perle vi pose intorno e gemme et oro,
82.8che la fece valer molto tesoro.
83.1Se conosciute il re quell'arme avesse,
83.2care avute l'avria sopra ogni arnese;
83.3né in premio de la giostra l'avria messe,
83.4come che liberal fosse e cortese.
83.5Lungo saria chi raccontar volesse
83.6chi l'avea sì sprezzate e vilipese,
83.7che 'n mezzo de la strada le lasciasse,
83.8preda a chiunque o inanzi o indietro andasse.
84.1Di questo ho da contarvi più di sotto:
84.2or dirò di Grifon, ch'alla sua giunta
84.3un paio e più di lancie trovò rotto,
84.4menato più d'un taglio e d'una punta.
84.5Dei più cari e più fidi al re fur otto
84.6che quivi insieme avean lega congiunta;
84.7gioveni, in arme pratichi et industri,
84.8tutti o signori o di famiglie illustri.
85.1Quei rispondean ne la sbarrata piazza
85.2per un dì, ad uno ad uno, a tutto 'l mondo,
85.3prima con lancia, e poi con spada o mazza,
85.4fin ch'al re di guardarli era giocondo;
85.5e si foravan spesso la corazza:
85.6per giuoco in somma qui facean, secondo
85.7fan gli nimici capitali, eccetto
85.8che potea il re partirli a suo diletto.
86.1Quel d'Antiochia, un uom senza ragione,
86.2che Martano il codardo nominosse,
86.3come se de la forza di Grifone,
86.4poi ch'era seco, participe fosse,
86.5audace entrò nel marziale agone;
86.6e poi da canto ad aspettar fermosse,
86.7sin che finisce una battaglia fiera
86.8che tra duo cavallier cominciata era.
87.1Il signor di Seleucia, di quell'uno,
87.2ch'a sostener l'impresa aveano tolto,
87.3combattendo in quel tempo con Ombruno,
87.4lo ferì d'una punta in mezzo 'l volto,
87.5sì che l'uccise: e pietà n'ebbe ognuno,
87.6perché buon cavallier lo tenean molto;
87.7et oltra la bontade, il più cortese
87.8non era stato in tutto quel paese.
88.1Veduto ciò, Martano ebbe paura
88.2che parimente a sé non avvenisse;
88.3e ritornando ne la sua natura,
88.4a pensar cominciò come fugisse.
88.5Grifon, che gli era appresso e n'avea cura,
88.6lo spinse pur, poi ch'assai fece e disse,
88.7contra un gentil guerrier che s'era mosso,
88.8come si spinge il cane al lupo adosso;
89.1che dieci passi gli va dietro o venti,
89.2e poi si ferma, et abbaiando guarda
89.3come digrigni i minacciosi denti,
89.4come negli occhi orribil fuoco gli arda.
89.5Quivi ov'erano e principi presenti
89.6e tanta gente nobile e gagliarda,
89.7fuggì lo 'ncontro il timido Martano,
89.8e torse 'l freno e 'l capo a destra mano.
90.1Pur la colpa potea dar al cavallo,
90.2chi di scusarlo avesse tolto il peso;
90.3ma con la spada poi fe' sì gran fallo,
90.4che non l'avria Demostene difeso.
90.5Di carta armato par, non di metallo;
90.6sì teme da ogni colpo essere offeso.
90.7Fuggesi al fine, e gli ordini disturba,
90.8ridendo intorno a-llui tutta la turba.
91.1Il batter de le mani, il grido intorno
91.2se gli levò del populazzo tutto.
91.3Come lupo cacciato, fe' ritorno
91.4Martano in molta fretta al suo ridutto.
91.5Resta Grifone; e gli par de lo scorno
91.6del suo compagno esser macchiato e brutto:
91.7esser vorrebbe stato in mezzo il foco,
91.8più tosto che trovarsi in questo loco.
92.1Arde nel core, e fuor nel viso avampa,
92.2come sia tutta sua quella vergogna;
92.3perché l'opere sue di quella stampa
92.4vedere aspetta il populo et agogna:
92.5sì che rifulga chiara più che lampa
92.6sua virtù, questa volta gli bisogna;
92.7ch'un'oncia, un dito sol d'error che faccia,
92.8per la mala impression parrà sei braccia.
93.1Già la lancia avea tolta su la coscia
93.2Grifon, ch'errare in arme era poco uso:
93.3spinse il cavallo a tutta briglia, e poscia
93.4ch'alquanto andato fu, la messe suso,
93.5e portò nel ferire estrema angoscia
93.6al baron di Sidonia, ch'andò giuso.
93.7Ognun maravigliando in piè si leva;
93.8che 'l contrario di ciò tutto attendeva.
94.1Tornò Grifon con la medesma antenna,
94.2che 'ntiera e ferma ricovrata avea,
94.3et in tre pezzi la roppe alla penna
94.4de lo scudo al signor di Lodicea.
94.5Quel per cader tre volte e quattro accenna,
94.6che tutto steso alla groppa giacea:
94.7pur rilevato al fin la spada strinse,
94.8voltò il cavallo, e vêr Grifon si spinse.
95.1Grifon, che 'l vede in sella, e che non basta
95.2sì fiero incontro perché a terra vada,
95.3dice fra sé: - Quel che non poté l'asta,
95.4in cinque colpi o 'n sei farà la spada. -
95.5E su la tempia subito l'attasta
95.6d'un dritto tal, che par che dal ciel cada;
95.7e un altro gli accompagna e un altro appresso,
95.8tanto che l'ha stordito e in terra messo.
96.1Quivi erano d'Apamia duo germani,
96.2soliti in giostra rimaner di sopra,
96.3Tirse e Corimbo; et ambo per le mani
96.4del figlio d'Uliver cadêr sozzopra.
96.5L'uno gli arcion lascia allo scontro vani;
96.6con l'altro messa fu la spada in opra.
96.7Già per commun giudicio si tien certo
96.8che di costui fia de la giostra il merto.
97.1Ne la lizza era entrato Salinterno,
97.2gran diodarro e maliscalco regio,
97.3e che di tutto 'l regno avea il governo,
97.4e di sua mano era guerriero egregio.
97.5Costui, sdegnoso ch'un guerriero esterno
97.6debba portar di quella giostra il pregio,
97.7piglia una lancia, e verso Grifon grida,
97.8e molto minacciandolo lo sfida.
98.1Ma quel con un lancion gli fa risposta,
98.2ch'avea per lo miglior fra dieci eletto,
98.3e per non far error, lo scudo apposta,
98.4e via lo passa e la corazza e 'l petto:
98.5passa il ferro crudel tra costa e costa,
98.6e fuor pel tergo un palmo esce di netto.
98.7Il colpo, eccetto al re, fu a tutti caro;
98.8ch'ognuno odiava Salinterno avaro.
99.1Grifone, appresso a questi, in terra getta
99.2duo di Damasco, Ermofilo e Carmondo.
99.3La milizia del re dal primo è retta;
99.4del mar grande almiraglio è quel secondo.
99.5Lascia allo scontro l'un la sella in fretta:
99.6adosso all'altro si riversa il pondo
99.7del rio destrier, che sostener non puote
99.8l'alto valor con che Grifon percuote.
100.1Il signor di Seleucia ancor restava,
100.2miglior guerrier di tutti gli altri sette;
100.3e ben la sua possanza accompagnava
100.4con destrier buono e con arme perfette.
100.5Dove de l'elmo la vista si chiava,
100.6l'asta allo scontro l'uno e l'altro mette:
100.7pur Grifon maggior colpo al pagan diede,
100.8che lo fe' staffeggiar dal manco piede.
101.1Gittaro i tronchi, e si tornaro adosso
101.2pieni di molto ardir coi brandi nudi.
101.3Fu il pagan prima da Grifon percosso
101.4d'un colpo che spezzato avria gl'incudi.
101.5Con quel fender si vide e ferro et osso
101.6d'un ch'eletto s'avea tra mille scudi;
101.7e se non era doppio e fin l'arnese,
101.8ferìa la coscia ove cadendo scese.
102.1Ferì quel di Seleucia alla visera
102.2Grifone a un tempo; e fu quel colpo tanto,
102.3che l'avria aperta e rotta, se non era
102.4fatta, come l'altr'arme, per incanto.
102.5Gli è un perder tempo che 'l pagan più fera:
102.6così son l'arme dure in ogni canto;
102.7e 'n più parti Grifon già fessa e rotta
102.8ha l'armatura a lui, né perde botta.
103.1Ognun potea veder quanto di sotto
103.2il signor di Seleucia era a Grifone;
103.3e se partir non li fa il re di botto,
103.4quel che sta peggio, la vita vi pone.
103.5Fe' Norandino alla sua guardia motto
103.6ch'entrasse a distaccar l'aspra tenzone.
103.7Quindi fu l'uno, e quindi l'altro tratto;
103.8e fu lodato il re di sì buon atto.
104.1Gli otto che dianzi avean col mondo impresa,
104.2e non potuto durar poi contra uno,
104.3avendo mal la parte lor difesa,
104.4usciti eran del campo ad uno ad uno.
104.5Gli altri ch'eran venuti a-llor contesa,
104.6quivi restâr senza contrasto alcuno,
104.7avendo lor Grifon, solo, interrotto
104.8quel che tutti essi avean da far contra otto.
105.1E durò quella festa così poco,
105.2ch'in men d'un'ora il tutto fatto s'era:
105.3ma Norandin, per far più lungo il giuoco
105.4e per continuarlo infino a sera,
105.5dal palco scese, e fe' sgombrare il loco;
105.6e poi divise in due la grossa schiera;
105.7indi, secondo il sangue e la lor prova,
105.8gli andò accoppiando, e fe' una giostra nova.
106.1Grifone intanto avea fatto ritorno
106.2alla sua stanza, pien d'ira e di rabbia:
106.3e più gli preme di Martan lo scorno,
106.4che non giova l'onor ch'esso vinto abbia.
106.5Quivi, per tor l'obbrobrio ch'avea intorno,
106.6Martano adopra le mendaci labbia;
106.7e l'astuta e bugiarda meretrice,
106.8come meglio sapea, gli era adiutrice.
107.1O sì o no che 'l giovin gli credesse,
107.2pur la scusa accettò, come discreto;
107.3e pel suo meglio allora allora elesse
107.4quindi levarsi tacito e secreto,
107.5per tema che, se 'l populo vedesse
107.6Martano comparir, non stesse cheto.
107.7Così per una via nascosa e corta
107.8usciro al camin lor fuor de la porta.
108.1Grifone, o ch'egli o che 'l cavallo fosse
108.2stanco, o gravasse il sonno pur le ciglia,
108.3al primo albergo che trovâr, fermosse,
108.4che non erano andati oltre a dua miglia.
108.5Si trasse l'elmo, e tutto disarmosse,
108.6e trar fece a' cavalli e sella e briglia;
108.7e poi serrossi in camera soletto,
108.8e nudo per dormire entrò nel letto.
109.1Non ebbe così tosto il capo basso,
109.2che chiuse gli occhi, e fu dal sonno oppresso
109.3così profundamente, che mai tasso
109.4né ghiro mai s'addormentò quanto esso.
109.5Martano intanto et Orrigille a spasso
109.6entraro in un giardin ch'era lì appresso;
109.7et un inganno ordîr, che fu il più strano
109.8che mai cadesse in sentimento umano.
110.1Martano disegnò tôrre il destriero,
110.2i panni e l'arme che Grifon s'ha tratte;
110.3e andare inanzi al re pel cavalliero
110.4che tante pruove avea giostrando fatte.
110.5L'effetto ne seguì, fatto il pensiero:
110.6tolle il destrier più candido che latte,
110.7scudo e cimiero et arme e sopraveste,
110.8e tutte di Grifon l'insegne veste.
111.1Con gli scudieri e con la donna, dove
111.2era il popolo ancora, in piazza venne;
111.3e giunse a tempo che finian le pruove
111.4di girar spade e d'arrestare antenne.
111.5Commanda il re che 'l cavallier si truove,
111.6che per cimier avea le bianche penne,
111.7bianche le vesti e bianco il corridore;
111.8che 'l nome non sapea del vincitore.
112.1Colui ch'indosso il non suo cuoio aveva,
112.2come l'asino già quel del leone,
112.3chiamato, se n'andò, come attendeva,
112.4a Norandino, in loco di Grifone.
112.5Quel re cortese incontro se gli leva,
112.6l'abbraccia e bacia, e allato se lo pone:
112.7né gli basta onorarlo e dargli loda,
112.8che vuol che 'l suo valor per tutto s'oda.
113.1E fa gridarlo al suon degli oricalchi
113.2vincitor de la giostra di quel giorno.
113.3L'alta voce ne va per tutti i palchi,
113.4che 'l nome indegno udir fa d'ogn'intorno.
113.5Seco il re vuol ch'a par a par cavalchi,
113.6quando al palazzo suo poi fa ritorno;
113.7e di sua grazia tanto gli comparte,
113.8che basteria, se fosse Ercole o Marte.
114.1Bello et ornato alloggiamento dielli
114.2in corte, et onorar fece con lui
114.3Orrigille anco; e nobili donzelli
114.4mandò con essa, e cavallieri sui.
114.5Ma tempo è ch'anco di Grifon favelli,
114.6in qual né dal compagno né d'altrui
114.7temendo inganno, addormentato s'era,
114.8né mai si risvegliò fin alla sera.
115.1Poi che fu desto, e che de l'ora tarda
115.2s'accorse, uscì di camera con fretta,
115.3dove il falso cognato e la bugiarda
115.4Orrigille lasciò con l'altra setta;
115.5e quando non gli truova, e che riguarda
115.6non v'esser l'arme né i panni, sospetta;
115.7ma il veder poi più sospettoso il fece
115.8l'insegne del compagno in quella vece.
116.1Sopravien l'oste, e di colui l'informa
116.2che già gran pezzo, di bianch'arme adorno,
116.3con la donna e col resto de la torma
116.4avea ne la città fatto ritorno.
116.5Truova Grifone a poco a poco l'orma
116.6ch'ascosa gli avea Amor fin a quel giorno;
116.7e con suo gran dolor vede esser quello
116.8adulter d'Orrigille, e non fratello.
117.1Di sua sciochezza indarno ora si duole,
117.2ch'avendo il ver dal peregrino udito,
117.3lasciato mutar s'abbia alle parole
117.4di chi l'avea più volte già tradito.
117.5Vendicar si potea, né seppe: or vuole
117.6l'inimico punir, che gli è fuggito;
117.7et è constretto con troppo gran fallo
117.8a tor di quel vil uom l'arme e 'l cavallo.
118.1Eragli meglio andar senz'arme e nudo,
118.2che porsi indosso la corazza indegna,
118.3o ch'imbracciar l'abominato scudo,
118.4o por su l'elmo la beffata insegna;
118.5ma per seguir la meretrice e 'l drudo,
118.6ragione in lui pari al disio non regna.
118.7A tempo venne alla città, ch'ancora
118.8il giorno avea quasi di vivo un'ora.
119.1Presso alla porta ove Grifon venìa,
119.2siede a sinistra un splendido castello,
119.3che, più che forte e ch'a guerre atto sia,
119.4di ricche stanze è accommodato e bello.
119.5I re, i signori, i primi di Soria
119.6con alte donne in un gentil drappello
119.7celebravano quivi in loggia amena
119.8la real sontuosa e lieta cena.
120.1La bella loggia sopra 'l muro usciva
120.2con l'alta ròcca fuor de la cittade;
120.3e lungo tratto di lontan scopriva
120.4i larghi campi e le diverse strade.
120.5Or che Grifon verso la porta arriva
120.6con quell'arme d'obbrobrio e di viltade,
120.7fu con non troppa aventurosa sorte
120.8dal re veduto e da tutta la corte:
121.1e riputato quel di ch'avea insegna,
121.2mosse le donne e i cavallieri a riso.
121.3Il vil Martano, come quel che regna
121.4in gran favor, dopo 'l re è 'l primo assiso,
121.5e presso a-llui la donna di sé degna;
121.6dai quali Norandin con lieto viso
121.7vòlse saper chi fosse quel codardo
121.8che così avea al suo onor poco riguardo;
122.1che dopo una sì trista e brutta pruova,
122.2con tanta fronte or gli tornava inante.
122.3Dicea: - Questa mi par cosa assai nuova,
122.4ch'essendo voi guerrier degno e prestante,
122.5costui compagno abbiate, che non truova,
122.6di viltà, pari in terra di Levante.
122.7Il fate forse per mostrar maggiore,
122.8per tal contrario, il vostro alto valore.
123.1Ma ben vi giuro per gli eterni dèi,
123.2che se non fosse ch'io riguardo a vui,
123.3la publica ignominia gli farei,
123.4ch'io soglio fare agli altri pari a lui.
123.5Perpetua ricordanza gli darei,
123.6come ognor di viltà nimico fui.
123.7Ma sappia, s'impunito se ne parte,
123.8grado a voi che 'l menaste in questa parte. -
124.1Colui che fu de tutti i vizii il vaso,
124.2rispose: - Alto signor, dir non sapria
124.3chi sia costui; ch'io l'ho trovato a caso,
124.4venendo d'Antiochia, in su la via.
124.5Il suo sembiante m'avea persuaso
124.6che fosse degno di mia compagnia;
124.7ch'intesa non n'avea pruova né vista,
124.8se non quella che fece oggi assai trista.
125.1La qual mi spiacque sì, che restò poco,
125.2che per punir l'estrema sua viltade,
125.3non gli facessi allora allora un gioco,
125.4che non toccasse più lance né spade:
125.5ma ebbi, più ch'a-llui, rispetto al loco,
125.6e riverenzia a vostra maestade.
125.7Né per me voglio che gli sia guadagno
125.8l'essermi stato un giorno o dua compagno:
126.1di che contaminato anco esser parme;
126.2e sopra il cor mi sarà eterno peso,
126.3se, con vergogna del mestier de l'arme,
126.4io lo vedrò da noi partire illeso:
126.5e meglio che lasciarlo, satisfarme
126.6potrete, se sarà d'un merlo impeso;
126.7e fia lodevol opra e signorile,
126.8perch'el sia esempio e specchio ad ogni vile. -
127.1Al detto suo Martano Orrigille have,
127.2senza accennar, confermatrice presta.
127.3- Non son (rispose il re) l'opre sì prave,
127.4ch'al mio parer v'abbia d'andar la testa.
127.5Voglio per pena del peccato grave,
127.6che sol rinuovi al populo la festa. -
127.7E tosto a un suo baron, che fe' venire,
127.8impose quanto avesse ad esequire.
128.1Quel baron molti armati seco tolse,
128.2et alla porta della terra scese;
128.3e quivi con silenzio li raccolse,
128.4e la venuta di Grifone attese:
128.5e ne l'entrar sì d'improviso il colse,
128.6che fra i duo ponti a salvamento il prese;
128.7e lo ritenne con beffe e con scorno
128.8in una oscura stanza insin al giorno.
129.1Il Sole a pena avea il dorato crine
129.2tolto di grembio alla nutrice antica,
129.3e cominciava da le piagge alpine
129.4a cacciar l'ombre e far la cima aprica;
129.5quando temendo il vil Martan ch'al fine
129.6Grifone ardito la sua causa dica,
129.7e ritorni la colpa ond'era uscita,
129.8tolse licenzia, e fece indi partita,
130.1trovando idonia scusa al priego regio,
130.2che non stia allo spettacolo ordinato.
130.3Altri doni gli avea fatto, col pregio
130.4de la non sua vittoria, il signor grato;
130.5e sopra tutto un amplo privilegio,
130.6dov'era d'alti onori al sommo ornato.
130.7Lasciànlo andar; ch'io vi prometto certo,
130.8che la mercede avrà secondo il merto.
131.1Fu Grifon tratto a gran vergogna in piazza,
131.2quando più si trovò piena di gente.
131.3Gli avean levato l'elmo e la corazza,
131.4e lasciato in farsetto assai vilmente;
131.5e come il conducessero alla mazza,
131.6posto l'avean sopra un carro eminente,
131.7che lento lento tiravan due vacche
131.8da lunga fame attenuate e fiacche.
132.1Venian d'intorno alla ignobil quadriga
132.2vecchie sfacciate e disoneste putte,
132.3di che n'era una et or un'altra auriga,
132.4e con gran biasmo lo mordeano tutte.
132.5Lo poneano i fanciulli in maggior briga,
132.6che, oltre le parole infami e brutte,
132.7l'avrian coi sassi insino a morte offeso,
132.8se dai più saggi non era difeso.
133.1L'arme che del suo male erano state
133.2cagion, che di lui fêr non vero indicio,
133.3da la coda del carro strascinate
133.4patian nel fango debito supplicio.
133.5Le ruote inanzi a un tribunal fermate
133.6gli fêro udir de l'altrui maleficio
133.7la sua ignominia, che 'n sugli occhi detta
133.8gli fu, gridando un publico trombetta.
134.1Lo levâr quindi, e lo mostrâr per tutto
134.2dinanzi a templi, ad officine e a case,
134.3dove alcun nome scelerato e brutto,
134.4che non gli fosse detto non rimase.
134.5Fuor de la terra all'ultimo condutto
134.6fu da la turba, che si persuase
134.7bandirlo e cacciare indi a suon di busse,
134.8non conoscendo ben ch'egli si fusse.
135.1Sì tosto a pena gli sferraro i piedi
135.2e liberâgli l'una e l'altra mano,
135.3che tor lo scudo et impugnar gli vedi
135.4la spada, che rigò gran pezzo il piano.
135.5Non ebbe contra sé lance né spiedi;
135.6che senz'arme venìa il populo insano.
135.7Ne l'altro canto diferisco il resto;
135.8che tempo è omai, Signor, di finir questo.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)