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1.1Quantunque debil freno a mezzo il corso
1.2animoso destrier spesso raccolga,
1.3raro è però che di ragione il morso
1.4libidinosa furia a dietro volga,
1.5quando il piacere ha in pronto; a guisa d'orso
1.6che dal mel non sì tosto si distolga,
1.7poi che gli n'è venuto odore al naso,
1.8o qualche stilla ne gustò sul vaso.
2.1Qual raggion fia che 'l buon Ruggier raffrene,
2.2sì che non voglia ora pigliar diletto
2.3d'Angelica gentil che nuda tiene
2.4nel solitario e commodo boschetto?
2.5Di Bradamante più non gli soviene,
2.6che tanto aver solea fissa nel petto:
2.7e se gli ne sovien pur come prima,
2.8pazzo è se questa ancor non prezza e stima;
3.1con la qual non saria stato quel crudo
3.2Zenocrate di lui più continente.
3.3Gittato avea Ruggier l'asta e lo scudo,
3.4e si traea l'altre arme impaziente;
3.5quando abbassando pel bel corpo ignudo
3.6la donna gli occhi vergognosamente,
3.7si vide in dito il prezioso annello
3.8che già le tolse ad Albracca Brunello.
4.1Questo è l'annel ch'ella portò già in Francia
4.2la prima volta che fe' quel camino
4.3col fratel suo, che v'arrecò la lancia,
4.4la qual fu poi d'Astolfo paladino.
4.5Con questo fe' gl'incanti uscire in ciancia
4.6di Malagigi al petron di Merlino;
4.7con questo Orlando et altri una matina
4.8tolse di servitù di Dragontina;
5.1con questo uscì invisibil de la torre
5.2dove l'avea richiusa un vecchio rio.
5.3A che voglio io tutte sue prove accôrre,
5.4se le sapete voi così come io?
5.5Brunel sin nel giron lel venne a tôrre;
5.6ch'Agramante d'averlo ebbe disio.
5.7Da indi in qua sempre Fortuna a sdegno
5.8ebbe costei, fin che le tolse il regno.
6.1Or che sel vede, come ho detto, in mano,
6.2sì di stupore e d'allegrezza è piena,
6.3che quasi dubbia di sognarsi invano,
6.4agli occhi, alla man sua dà fede a pena.
6.5Del dito se lo leva, e a mano a mano
6.6sel chiude in bocca: e in men che non balena,
6.7così dagli occhi di Ruggier si cela,
6.8come fa il sol quando la nube il vela.
7.1Ruggier pur d'ogn'intorno riguardava,
7.2e s'aggirava a cerco come un matto;
7.3ma poi che de l'annel si ricordava,
7.4scornato vi rimase e stupefatto:
7.5e la sua inavvertenza bestemiava,
7.6e la donna accusava di quello atto
7.7ingrato e discortese, che renduto
7.8in ricompensa gli era del suo aiuto.
8.1- Ingrata damigella, è questo quello
8.2guiderdone (dicea), che tu mi rendi?
8.3che più tosto involar vogli l'annello,
8.4ch'averlo in don. Perché da me nol prendi?
8.5Non pur quel, ma lo scudo e il destrier snello
8.6e me ti dono, e come vuoi mi spendi;
8.7sol che 'l bel viso tuo non mi nascondi.
8.8Io so, crudel, che m'odi, e non rispondi. -
9.1Così dicendo, intorno alla fontana
9.2brancolando n'andava come cieco.
9.3Oh quante volte abbracciò l'aria vana,
9.4sperando la donzella abbracciar seco!
9.5Quella, che s'era già fatta lontana,
9.6mai non cessò d'andar, che giunse a un speco
9.7che sotto un monte era capace e grande,
9.8dove al bisogno suo trovò vivande.
10.1Quivi un vecchio pastor, che di cavalle
10.2un grande armento avea, facea soggiorno.
10.3Le iumente pascean giù per la valle
10.4le tenere erbe ai freschi rivi intorno.
10.5Di qua di là da l'antro erano stalle,
10.6dove fuggìano il sol del mezzo giorno.
10.7Angelica quel dì lunga dimora
10.8là dentro fece, e non fu vista ancora.
11.1E circa il vespro, poi che rifrescossi,
11.2e le fu aviso esser posata assai,
11.3in certi drappi rozzi aviluppossi,
11.4dissimil troppo ai portamenti gai,
11.5che verdi, gialli, persi, azzurri e rossi
11.6ebbe, e di quante foggie furon mai.
11.7Non le può tor però tanto umil gonna,
11.8che bella non rassembri e nobil donna.
12.1Taccia chi loda Fillide, o Neera,
12.2o Amarilli, o Galatea fugace;
12.3che d'esse alcuna sì bella non era,
12.4Titiro e Melibeo, con vostra pace.
12.5La bella donna tra' fuor de la schiera
12.6de le iumente una che più le piace.
12.7Allora allora se le fece inante
12.8un pensier di tornarsene in Levante.
13.1Ruggiero intanto, poi ch'ebbe gran pezzo
13.2indarno atteso s'ella si scopriva,
13.3e che s'avide del suo error da sezzo;
13.4che non era vicina e non l'udiva;
13.5dove lasciato avea il cavallo, avezzo
13.6in cielo e in terra, a rimontar veniva:
13.7e ritrovò che s'avea tratto il morso,
13.8e salia in aria a più libero corso.
14.1Fu grave e mala aggiunta all'altro danno
14.2vedersi anco restar senza l'augello.
14.3Questo, non men che 'l feminile inganno,
14.4gli preme al cor; ma più che questo e quello,
14.5gli preme e fa sentir noioso affanno
14.6l'aver perduto il prezioso annello;
14.7per le virtù non tanto ch'in lui sono,
14.8quanto che fu de la sua donna dono.
15.1Oltremodo dolente si ripose
15.2indosso l'arme, e lo scudo alle spalle;
15.3dal mar slungossi, e per le piaggie erbose
15.4prese il camin verso una larga valle,
15.5dove per mezzo all'alte selve ombrose
15.6vide il più largo e 'l più segnato calle.
15.7Non molto va, ch'a destra, ove più folta
15.8è quella selva, un gran strepito ascolta.
16.1Strepito ascolta e spaventevol suono
16.2d'arme percosse insieme; onde s'affretta
16.3tra pianta e pianta: e truova dui, che sono
16.4a gran battaglia in poca piazza e stretta.
16.5Non s'hanno alcun riguardo né perdono,
16.6per far, non so di che, dura vendetta.
16.7L'uno è gigante, alla sembianza fiero;
16.8ardito l'altro e franco cavalliero.
17.1E questo con lo scudo e con la spada,
17.2di qua di là saltando, si difende,
17.3perché la mazza sopra non gli cada,
17.4con che il gigante a due man sempre offende.
17.5Giace morto il cavallo in su la strada.
17.6Ruggier si ferma, e alla battaglia attende;
17.7e tosto inchina l'animo, e disia
17.8che vincitore il cavallier ne sia.
18.1Non che per questo gli dia alcuno aiuto;
18.2ma si tira da parte, e sta a vedere.
18.3Ecco col baston grave il più membruto
18.4sopra l'elmo a due man del minor fere.
18.5De la percossa è il cavallier caduto:
18.6l'altro, che 'l vide attonito giacere,
18.7per dargli morte l'elmo gli dislaccia;
18.8e fa sì che Ruggier lo vede in faccia.
19.1Vede Ruggier de la sua dolce e bella
19.2e carissima donna Bradamante
19.3scoperto il viso; e lei vede esser quella
19.4a cui dar morte vuol l'empio gigante:
19.5sì che a battaglia subito l'appella,
19.6e con la spada nuda si fa inante:
19.7ma quel, che nuova pugna non attende,
19.8la donna tramortita in braccio prende;
20.1e se l'arreca in spalla, e via la porta,
20.2come lupo talor piccolo agnello,
20.3o l'aquila portar ne l'ugna torta
20.4suole o colombo o simile altro augello.
20.5Vede Ruggier quanto il suo aiuto importa,
20.6e vien correndo a più poter; ma quello
20.7con tanta fretta i lunghi passi mena,
20.8che con gli occhi Ruggier lo segue a pena.
21.1Così correndo l'uno, e seguitando
21.2l'altro, per un sentiero ombroso e fosco,
21.3che sempre si venìa più dilatando,
21.4in un gran prato uscîr fuor di quel bosco.
21.5Non più di questo; ch'io ritorno a Orlando,
21.6che 'l fulgur che portò già il re Cimosco,
21.7avea gittato in mar nel maggior fondo,
21.8acciò mai più non si trovasse al mondo.
22.1Ma poco ci giovò: che 'l nimico empio
22.2de l'umana natura, il qual del telo
22.3fu l'inventor, ch'ebbe da quel l'esempio,
22.4ch'apre le nubi e in terra vien dal cielo;
22.5con quasi non minor di quello scempio
22.6che ci diè quando Eva ingannò col melo,
22.7lo fece ritrovar da un negromante,
22.8al tempo de' nostri avi, o poco inante.
23.1La machina infernal, di più di cento
23.2passi d'acqua ove ste' ascosa molt'anni,
23.3al sommo tratta per incantamento,
23.4prima portata fu tra gli Alamanni;
23.5li quali uno et un altro esperimento
23.6facendone, e il demonio a' nostri danni
23.7assuttigliando lor via più la mente,
23.8ne ritrovaro l'uso finalmente.
24.1Italia e Francia e tutte l'altre bande
24.2del mondo han poi la crudele arte appresa.
24.3Alcuno il bronzo in cave forme spande,
24.4che liquefatto ha la fornace accesa;
24.5bùgia altri il ferro; e chi picciol, chi grande
24.6il vaso forma, che più e meno pesa:
24.7e qual bombarda e qual nomina scoppio,
24.8qual semplice cannon, qual cannon doppio;
25.1qual sagra, qual falcon, qual colubrina
25.2sento nomar, come al suo autor più agrada;
25.3che 'l ferro spezza, e i marmi apre e ruina,
25.4e ovunque passa si fa dar la strada.
25.5Rendi, miser soldato, alla fucina
25.6pur tutte l'arme c'hai, fin alla spada;
25.7e in spalla un scoppio o un arcobugio prendi;
25.8che senza, io so, non toccherai stipendi.
26.1Come trovasti, o scelerata e brutta
26.2invenzion, mai loco in uman core?
26.3Per te la militar gloria è distrutta,
26.4per te il mestier de l'arme è senza onore;
26.5per te è il valore e la virtù ridutta,
26.6che spesso par del buono il rio migliore:
26.7non più la gagliardia, non più l'ardire
26.8per te può in campo al paragon venire.
27.1Per te son giti et anderan sotterra
27.2tanti signori e cavallieri tanti,
27.3prima che sia finita questa guerra,
27.4che 'l mondo, ma più Italia, ha messo in pianti;
27.5che s'io v'ho detto, il detto mio non erra,
27.6che ben fu il più crudele e il più di quanti
27.7mai furo al mondo ingegni empii e maligni,
27.8ch'imaginò sì abominosi ordigni.
28.1E crederò che Dio, perché vendetta
28.2ne sia in eterno, nel profondo chiuda
28.3del cieco abisso quella maladetta
28.4anima, appresso al maladetto Giuda.
28.5Ma seguitiamo il cavallier ch'in fretta
28.6brama trovarsi all'isola d'Ebuda,
28.7dove le belle donne e delicate
28.8son per vivanda a un marin mostro date.
29.1Ma quanto avea più fretta il paladino,
29.2tanto parea che men l'avesse il vento.
29.3Spiri o dal lato destro o dal mancino,
29.4o ne le poppe, sempre è così lento,
29.5che si può far con lui poco camino;
29.6e rimanea talvolta in tutto spento:
29.7soffia talor sì averso, che gli è forza
29.8o di tornare, o d'ir girando all'orza.
30.1Fu volontà di Dio che non venisse
30.2prima che 'l re d'Ibernia in quella parte,
30.3acciò con più facilità seguisse
30.4quel ch'udir vi farò fra poche carte.
30.5Sopra l'isola sorti, Orlando disse
30.6al suo nochiero: - Or qui potrai fermarte,
30.7e 'l battel darmi; che portar mi voglio
30.8senz'altra compagnia sopra lo scoglio.
31.1E voglio la maggior gomona meco,
31.2e l'àncora maggior ch'abbi sul legno:
31.3io ti farò veder perché l'arreco,
31.4se con quel mostro ad affrontar mi vegno. -
31.5Gittar fe' in mare il palischermo seco,
31.6con tutto quel ch'era atto al suo disegno.
31.7Tutte l'arme lasciò, fuor che la spada;
31.8e vêr lo scoglio, sol, prese la strada.
32.1Si tira i remi al petto, e tien le spalle
32.2volte alla parte ove discender vuole;
32.3a guisa che del mare o de la valle
32.4uscendo al lito, il salso granchio suole.
32.5Era ne l'ora che le chiome gialle
32.6la bella Aurora avea spiegate al Sole,
32.7mezzo scoperto ancora e mezzo ascoso,
32.8non senza sdegno di Titon geloso.
33.1Fattosi appresso al nudo scoglio, quanto
33.2potria gagliarda man gittare un sasso,
33.3gli pare udire e non udire un pianto;
33.4sì all'orecchie gli vien debole e lasso.
33.5Tutto si volta sul sinistro canto;
33.6e posto gli occhi appresso all'onde al basso,
33.7vede una donna, nuda come nacque,
33.8legata a un tronco; e i piè le bagnan l'acque.
34.1Perché gli è ancor lontana, e perché china
34.2la faccia tien, non ben chi sia discerne.
34.3Tira in fretta ambi i remi, e s'avicina
34.4con gran disio di più notizia averne.
34.5Ma muggiar sente in questo la marina,
34.6e rimbombar le selve e le caverne:
34.7gonfiarsi l'onde; et ecco il mostro appare,
34.8che sotto il petto ha quasi ascoso il mare.
35.1Come d'oscura valle umida ascende
35.2nube di pioggia e di tempesta pregna,
35.3che più che cieca notte si distende
35.4per tutto 'l mondo, e par che 'l giorno spegna;
35.5così nuota la fera, e del mar prende
35.6tanto, che si può dir che tutto il tegna:
35.7fremono l'onde. Orlando in sé raccolto,
35.8la mira altier, né cangia cor né volto.
36.1E come quel ch'avea il pensier ben fermo
36.2di quanto volea far, si mosse ratto;
36.3e perché alla donzella essere schermo,
36.4e la fera assalir potesse a un tratto,
36.5entrò fra l'orca e lei col palischermo,
36.6nel fodero lasciando il brando piatto:
36.7l'àncora con la gomona in man prese;
36.8poi con gran cor l'orribil mostro attese.
37.1Tosto che l'orca s'accostò, e scoperse
37.2nel schifo Orlando con poco intervallo,
37.3per ingiottirlo tanta bocca aperse,
37.4ch'entrato un uomo vi saria a cavallo.
37.5Si spinse Orlando inanzi, e se gl'immerse
37.6con quella àncora in gola, e s'io non fallo,
37.7col battello anco; e l'àncora attaccolle
37.8e nel palato e ne la lingua molle:
38.1sì che né più si puon calar di sopra,
38.2né alzar di sotto le mascelle orrende.
38.3Così chi ne le mine il ferro adopra,
38.4la terra, ovunque si fa via, suspende,
38.5che subita ruina non lo cuopra,
38.6mentre mal cauto al suo lavoro intende.
38.7Da un amo all'altro l'àncora è tanto alta,
38.8che non v'arriva Orlando, se non salta.
39.1Messo il puntello, e fattosi sicuro
39.2che 'l mostro più serrar non può la bocca,
39.3stringe la spada, e per quel antro oscuro
39.4di qua e di là con tagli e punte tocca.
39.5Come si può, poi che son dentro al muro
39.6giunti i nimici, ben difender ròcca;
39.7così difender l'orca si potea
39.8dal paladin che ne la gola avea.
40.1Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia,
40.2e mostra i fianchi e le scagliose schene;
40.3or dentro vi s'attuffa, e con la pancia
40.4muove dal fondo e fa salir l'arene.
40.5Sentendo l'acqua il cavallier di Francia,
40.6che troppo abonda, a nuoto fuor ne viene:
40.7lascia l'àncora fitta, e in mano prende
40.8la fune che da l'àncora depende.
41.1E con quella ne vien nuotando in fretta
41.2verso lo scoglio; ove fermato il piede,
41.3tira l'àncora a sé, ch'in bocca stretta
41.4con le due punte il brutto mostro fiede.
41.5L'orca a seguire il canape è constretta
41.6da quella forza ch'ogni forza eccede,
41.7da quella forza che più in una scossa
41.8tira, ch'in dieci un argano far possa.
42.1Come toro salvatico ch'al corno
42.2gittar si senta un improviso laccio,
42.3salta di qua di là, s'aggira intorno,
42.4si colca e lieva, e non può uscir d'impaccio;
42.5così fuor del suo antico almo soggiorno
42.6l'orca tratta per forza di quel braccio,
42.7con mille guizzi e mille strane ruote
42.8segue la fune, e scior non se ne puote.
43.1Di bocca il sangue in tanta copia fonde,
43.2che questo oggi il mar Rosso si può dire,
43.3dove in tal guisa ella percuote l'onde,
43.4ch'insino al fondo le vedreste aprire;
43.5et or ne bagna il cielo, e il lume asconde
43.6del chiaro sol: tanto le fa salire.
43.7Rimbombano al rumor ch'intorno s'ode
43.8le selve, i monti e le lontane prode.
44.1Fuor de la grotta il vecchio Proteo, quando
44.2ode tanto rumor, sopra il mare esce;
44.3e visto entrare e uscir de l'orca Orlando,
44.4e al lito trar sì smisurato pesce,
44.5fugge per l'alto oceano, obliando
44.6lo sparso gregge: e sì il tumulto cresce,
44.7che fatto al carro i suoi delfini porre,
44.8quel dì Nettunno in Etiopia corre.
45.1Con Melicerta in collo Ino piangendo,
45.2e le Nereide coi capelli sparsi,
45.3Glauci e Tritoni e gli altri, non sappiendo
45.4dove, chi qua chi là van per salvarsi.
45.5Orlando al lito trasse il pesce orrendo,
45.6col qual non bisognò più affaticarsi;
45.7che pel travaglio e per l'avuta pena,
45.8prima morì, che fosse in su l'arena.
46.1De l'isola non pochi erano corsi
46.2a riguardar quella battaglia strana;
46.3i quai da vana religion rimorsi,
46.4così sant'opra riputâr profana:
46.5e dicean che sarebbe un nuovo tôrsi
46.6Proteo nimico, e attizzar l'ira insana,
46.7da farli porre il marin gregge in terra,
46.8e tutta rinovar l'antica guerra;
47.1e che meglio sarà di chieder pace
47.2prima all'offeso dio, che peggio accada;
47.3e questo si farà, quando l'audace
47.4gittato in mare a placar Proteo vada.
47.5Come dà fuoco l'una a l'altra face,
47.6e tosto alluma tutta una contrada,
47.7così d'un cor ne l'altro si difonde
47.8l'ira ch'Orlando vuol gittar ne l'onde.
48.1Chi d'una fromba e chi d'un arco armato,
48.2chi d'asta, chi di spada, al lito scende;
48.3e dinanzi e di dietro e d'ogni lato,
48.4lontano e appresso, a più poter l'offende.
48.5Di sì bestiale insulto e troppo ingrato
48.6gran meraviglia il paladin si prende:
48.7pel mostro ucciso ingiuria far si vede,
48.8dove aver ne sperò gloria e mercede.
49.1Ma come l'orso suol, che per le fiere
49.2menato sia da Rusci o da Lituani,
49.3passando per la via, poco temere
49.4l'importuno abbaiar di picciol cani,
49.5che pur non se li degna di vedere;
49.6così poco temea di quei villani
49.7il paladin, che con un soffio solo
49.8ne potrà fracassar tutto lo stuolo.
50.1E ben si fece far subito piazza
50.2che lor si volse, e Durindana prese.
50.3S'avea creduto quella gente pazza
50.4che le dovesse far poche contese,
50.5quando né indosso gli vedea corazza,
50.6né scudo in braccio, né alcun altro arnese;
50.7ma non sapea che dal capo alle piante
50.8dura la pelle avea più che diamante.
51.1Quel che d'Orlando agli altri far non lece,
51.2di far degli altri a lui già non è tolto.
51.3Trenta n'uccise, e furo in tutto diece
51.4botte, o se più, non le passò di molto.
51.5Tosto intorno sgombrar l'arena fece;
51.6e per slegar la donna era già volto,
51.7quando nuovo tumulto e nuovo grido
51.8fe' risuonar da un'altra parte il lido.
52.1Mentre avea il paladin da questa banda
52.2così tenuto i barbari impediti,
52.3eran senza contrasto quei d'Irlanda
52.4da più parte ne l'isola saliti;
52.5e spenta ogni pietà, strage nefanda
52.6di quel popul facean per tutti i liti:
52.7fosse iustizia, o fosse crudeltade,
52.8né sesso riguardavano né etade.
53.1Nessun ripar fan gl'isolani, o poco;
53.2parte, ch'accolti son troppo improviso,
53.3parte, che poca gente ha il picciol loco,
53.4e quella poca è di nessuno aviso.
53.5L'aver fu messo a sacco; messo fuoco
53.6fu ne le case: il populo fu ucciso:
53.7le mura fur tutte adeguate al suolo:
53.8non fu lasciato vivo un capo solo.
54.1Orlando, come gli appertenga nulla
54.2l'alto rumor, le stride e la ruina,
54.3viene a colei che su la pietra brulla
54.4avea da divorar l'orca marina.
54.5Guarda, e gli par conoscer la fanciulla;
54.6e più gli pare, e più che s'avicina:
54.7gli pare Olimpia; et era Olimpia certo,
54.8che di sua fede ebbe sì iniquo merto.
55.1Misera Olimpia! a cui dopo lo scorno
55.2che gli fe' Amore, anco Fortuna cruda
55.3mandò i corsari (e fu il medesmo giorno),
55.4che la portaro all'isola d'Ebuda.
55.5Riconosce ella Orlando nel ritorno
55.6che fa allo scoglio: ma perch'ella è nuda,
55.7tien basso il capo; e non che non gli parli,
55.8ma gli occhi non ardisce al viso alzarli.
56.1Orlando domandò ch'iniqua sorte
56.2l'avesse fatta all'isola venire
56.3di là dove lasciata col consorte
56.4lieta l'avea quanto si può più dire.
56.5- Non so (disse ella) s'io v'ho, che la morte
56.6voi mi schivaste, grazie a riferire,
56.7o da dolermi che per voi non sia
56.8oggi finita la miseria mia.
57.1Io v'ho da ringraziar ch'una maniera
57.2di morir mi schivaste troppo enorme;
57.3che troppo saria enorme, se la fera
57.4nel brutto ventre avesse avuto a porme.
57.5Ma già non vi ringrazio ch'io non pèra;
57.6che morte sol può di miseria tôrme:
57.7ben vi ringrazierò, se da voi darmi
57.8quella vedrò, che d'ogni duol può trarmi. -
58.1Poi con gran pianto seguitò, dicendo
58.2come lo sposo suo l'avea tradita;
58.3che la lasciò su l'isola dormendo,
58.4donde ella poi fu dai corsar rapita.
58.5E mentre ella parlava, rivolgendo
58.6s'andava in quella guisa che scolpita
58.7o dipinta è Diana ne la fonte,
58.8che getta l'acqua ad Ateone in fronte;
59.1che, quanto può, nasconde il petto e 'l ventre,
59.2più liberal dei fianchi e de le rene.
59.3Brama Orlando ch'in porto il suo legno entre;
59.4che lei, che sciolta avea da le catene,
59.5vorria coprir d'alcuna veste. Or mentre
59.6ch'a questo è intento, Oberto sopraviene,
59.7Oberto il re d'Ibernia, ch'avea inteso
59.8che 'l marin mostro era sul lito steso;
60.1e che nuotando un cavallier era ito
60.2a porgli in gola un'àncora assai grave;
60.3e che l'avea così tirato al lito,
60.4come si suol tirar contr'acqua nave.
60.5Oberto, per veder se riferito
60.6colui da chi l'ha inteso, il vero gli have,
60.7se ne vien quivi; e la sua gente intanto
60.8arde e distrugge Ebuda in ogni canto.
61.1Il re d'Ibernia, ancor che fosse Orlando
61.2di sangue tinto, e d'acqua molle e brutto,
61.3brutto del sangue che si trasse quando
61.4uscì de l'orca in ch'era entrato tutto,
61.5pel conte l'andò pur raffigurando;
61.6tanto più che ne l'animo avea indutto,
61.7tosto che del valor sentì la nuova,
61.8ch'altri ch'Orlando non faria tal pruova.
62.1Lo conoscea, perch'era stato infante
62.2d'onore in Francia, e se n'era partito
62.3per pigliar la corona, l'anno inante,
62.4del padre suo ch'era di vita uscito.
62.5Tante volte veduto, e tante e tante
62.6gli avea parlato, ch'era in infinito.
62.7Lo corse ad abbracciare e a fargli festa,
62.8trattasi la celata ch'avea in testa.
63.1Non meno Orlando di veder contento
63.2si mostrò il re, che 'l re di veder lui.
63.3Poi che furo a iterar l'abbracciamento
63.4una o due volte tornati amendui,
63.5narrò ad Oberto Orlando il tradimento
63.6che fu fatto alla giovane, e da cui
63.7fatto le fu; dal perfido Bireno,
63.8che via d'ogn'altro lo dovea far meno.
64.1Le pruove gli narrò, che tante volte
64.2ella d'amarlo dimostrato avea:
64.3come i parenti e le sustanzie tolte
64.4le furo, e al fin per lui morir volea;
64.5e ch'esso testimonio era di molte,
64.6e renderne buon conto ne potea.
64.7Mentre parlava, i begli occhi sereni
64.8de la donna di lagrime eran pieni.
65.1Era il bel viso suo, quale esser suole
65.2da primavera alcuna volta il cielo,
65.3quando la pioggia cade, e a un tempo il sole
65.4si sgombra intorno il nubiloso velo.
65.5E come il rosignuol dolci carole
65.6mena nei rami alor del verde stelo,
65.7così alle belle lagrime le piume
65.8si bagna Amore, e gode al chiaro lume.
66.1E ne la face de' begli occhi accende
66.2l'aurato strale, e nel ruscello amorza,
66.3che tra vermigli e bianchi fiori scende:
66.4e temprato che l'ha, tira di forza
66.5contra il garzon, che né scudo difende
66.6né maglia doppia né ferigna scorza;
66.7che mentre sta a mirar gli occhi e le chiome,
66.8si sente il cor ferito, e non sa come.
67.1Le bellezze d'Olimpia eran di quelle
67.2che son più rare: e non la fronte sola,
67.3gli occhi e le guancie e le chiome avea belle,
67.4la bocca, il naso, gli omeri e la gola;
67.5ma discendendo giù da le mammelle,
67.6le parti che solea coprir la stola,
67.7fur di tanta escellenzia, ch'anteporse
67.8a quante n'avea il mondo potean forse.
68.1Vinceano di candor le nievi intatte,
68.2et eran più ch'avorio a toccar molli:
68.3le poppe ritondette parean latte
68.4che fuor dei giunchi allora allora tolli.
68.5Spazio fra lor tal discendea, qual fatte
68.6esser veggiàn fra piccolini colli
68.7l'ombrose valli, in sua stagione amene,
68.8che 'l verno abbia di nieve allora piene.
69.1I rilevati fianchi e le belle anche,
69.2e netto più che specchio il ventre piano,
69.3pareano fatti, e quelle coscie bianche,
69.4da Fidia a torno, o da più dotta mano.
69.5Di quelle parti debbovi dir anche,
69.6che pur celare ella bramava invano?
69.7Dirò insomma ch'in lei dal capo al piede,
69.8quant'esser può beltà, tutta si vede.
70.1Se fosse stata ne le valli Idee
70.2vista dal pastor frigio, io non so quanto
70.3Vener, se ben vincea quell'altre dee,
70.4portato avesse di bellezza il vanto;
70.5né forse ito saria ne le Amiclee
70.6contrade esso a violar l'ospizio santo;
70.7ma detto avria: - Con Menelao ti resta,
70.8Elena, pur; ch'altra io non vo' che questa. -
71.1E se fosse costei stata a Crotone,
71.2quando Zeusi l'imagine far vòlse,
71.3che por dovea nel tempio di Iunone,
71.4e tante belle nude insieme accolse;
71.5e che, per una farne in perfezione,
71.6da chi una parte e da chi un'altra tolse:
71.7non avea da tôrre altra che costei;
71.8che tutte le bellezze erano in lei.
72.1Io non credo che mai Bireno, nudo
72.2vedesse quel bel corpo; ch'io son certo
72.3che stato non saria mai così crudo,
72.4che l'avesse lasciata in quel deserto.
72.5Ch'Oberto se n'accende, io vi concludo,
72.6tanto che 'l fuoco non può star coperto.
72.7Si studia consolarla, e darle speme
72.8ch'uscirà in bene il mal ch'ora la preme:
73.1e le promette andar seco in Olanda;
73.2né fin che ne lo stato la rimetta,
73.3e ch'abbia fatto iusta e memoranda
73.4di quel periuro e traditor vendetta,
73.5non cessarà con ciò che possa Irlanda,
73.6e lo farà quanto potrà più in fretta.
73.7Cercare intanto in quelle case e in queste
73.8facea di gonne e di feminee veste.
74.1Bisogno non sarà, per trovar gonne,
74.2ch'a cercar fuor de l'isola si mande;
74.3ch'ogni dì se n'avea da quelle donne
74.4che de l'avido mostro eran vivande.
74.5Non fe' molto cercar, che ritrovonne
74.6di varie foggie Oberto copia grande;
74.7e fe' vestir Olimpia, e ben gl'increbbe
74.8non la poter vestir come vorrebbe.
75.1Ma né sì bella seta o sì fin'oro
75.2mai Fiorentini industri tesser fenno;
75.3né chi ricama fece mai lavoro,
75.4postovi tempo, diligenzia e senno,
75.5che potesse a costui parer decoro,
75.6se lo fêsse Minerva o il dio di Lenno,
75.7e degno di coprir sì belle membre,
75.8che forza è ad or ad or se ne rimembre.
76.1Per più rispetti il paladino molto
76.2si dimostrò di questo amor contento:
76.3ch'oltre che 'l re non lasciarebbe asciolto
76.4Bireno andar di tanto tradimento,
76.5sarebbe anch'esso per tal mezzo tolto
76.6di grave e di noioso impedimento,
76.7quivi non per Olimpia, ma venuto
76.8per dar, se v'era, alla sua donna aiuto.
77.1Ch'ella non v'era si chiarì di corto,
77.2ma già non si chiarì se v'era stata;
77.3perché ogn'uomo ne l'isola era morto,
77.4né un sol rimaso di sì gran brigata.
77.5Il dì seguente si partîr del porto,
77.6e tutti insieme andaro in una armata.
77.7Con loro andò in Irlanda il paladino;
77.8che fu per gire in Francia il suo camino.
78.1A pena un giorno si fermò in Irlanda;
78.2non valser preghi a far che più vi stesse:
78.3Amor, che dietro alla sua donna il manda,
78.4di fermarvisi più non gli concesse.
78.5Quindi si parte; e prima raccomanda
78.6Olimpia al re, che servi le promesse:
78.7ben che non bisognassi; che gli attenne
78.8molto più che di far non si convenne.
79.1Così fra pochi dì gente raccolse;
79.2e fatto lega col re d'Inghilterra
79.3e con l'altro di Scozia, gli ritolse
79.4Olanda, e in Frisa non gli lasciò terra;
79.5et a ribellione anco gli volse
79.6la sua Selandia: e non finì la guerra,
79.7che gli diè morte; né però fu tale
79.8la pena, ch'al delitto andasse eguale.
80.1Olimpia Oberto si pigliò per moglie,
80.2e di contessa la fe' gran regina.
80.3Ma ritorniamo al paladin che scioglie
80.4nel mar le vele, e notte e dì camina;
80.5poi nel medesmo porto le raccoglie,
80.6donde pria le spiegò ne la marina:
80.7e sul suo Brigliadoro armato salse,
80.8e lasciò dietro i venti e l'onde salse.
81.1Credo che 'l resto di quel verno cose
81.2facesse degne di tenerne conto;
81.3ma fur sin a quel tempo sì nascose,
81.4che non è colpa mia s'or non le conto;
81.5perché Orlando a far l'opre virtuose,
81.6più che a narrarle poi, sempre era pronto:
81.7né mai fu alcun de li suoi fatti espresso,
81.8se non quando ebbe i testimonii appresso.
82.1Passò il resto del verno così cheto,
82.2che di lui non si seppe cosa vera:
82.3ma poi che 'l sol ne l'animal discreto
82.4che portò Friso, illuminò la sfera,
82.5e Zefiro tornò soave e lieto
82.6a rimenar la dolce primavera;
82.7d'Orlando usciron le mirabil pruove
82.8coi vaghi fiori e con l'erbette nuove.
83.1Di piano in monte, e di campagna in lido,
83.2pien di travaglio e di dolor ne gìa;
83.3quando all'entrar d'un bosco, un lungo grido,
83.4un alto duol l'orecchie gli ferìa.
83.5Spinge il cavallo, e piglia il brando fido,
83.6e donde viene il suon, ratto s'invia:
83.7ma diferisco un'altra volta a dire
83.8quel che seguì, se mi vorrete udire.
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