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1.1Oh quante sono incantatrici, oh quanti
1.2incantator tra noi, che non si sanno!
1.3che con lor arti uomini e donne amanti
1.4di sé, cangiando i visi lor, fatto hanno.
1.5Non con spirti constretti tali incanti,
1.6né con osservazion di stelle fanno;
1.7ma con simulazion, menzogne e frodi
1.8legano i cor d'indissolubil nodi.
2.1Chi l'annello d'Angelica, o più tosto
2.2chi avesse quel de la ragion, potria
2.3veder a tutti il viso, che nascosto
2.4da finzione e d'arte non saria.
2.5Tal ci par bello e buono, che, deposto
2.6il liscio, brutto e rio forse parria.
2.7Fu gran ventura quella di Ruggiero,
2.8ch'ebbe l'annel che gli scoperse il vero.
3.1Ruggier (come io dicea) dissimulando,
3.2su Rabican venne alla porta armato:
3.3trovò le guardie sprovedute, e quando
3.4giunse tra lor, non tenne il brando a lato.
3.5Chi morto e chi a mal termine lasciando,
3.6esce del ponte, e il rastrello ha spezzato:
3.7prende al bosco la via; ma poco corre,
3.8ch'ad un de' servi de la fata occorre.
4.1Il servo in pugno avea un augel grifagno
4.2che volar con piacer facea ogni giorno,
4.3ora a campagna, ora a un vicino stagno,
4.4dove era sempre da far preda intorno:
4.5avea da lato il can fido compagno:
4.6cavalcava un ronzin non troppo adorno.
4.7Ben pensò che Ruggier dovea fuggire,
4.8quando lo vide in tal fretta venire.
5.1Se gli fe' incontra, e con sembiante altiero
5.2gli domandò perché in tal fretta gisse.
5.3Risponder non gli vòlse il buon Ruggiero:
5.4perciò colui, più certo che fuggisse,
5.5di volerlo arrestar fece pensiero;
5.6e distendendo il braccio manco, disse:
5.7- Che dirai tu, se subito ti fermo?
5.8se contra questo augel non avrai schermo? -
6.1Spinge l'augello: e quel batte sì l'ale,
6.2che non l'avanza Rabican di corso.
6.3Del palafreno il cacciator giù sale,
6.4e tutto a un tempo gli ha levato il morso.
6.5Quel par da l'arco uno aventato strale,
6.6di calci formidabile e di morso;
6.7e 'l servo dietro sì veloce viene,
6.8che par ch'il vento, anzi che il fuoco il mene.
7.1Non vuol parere il can d'esser più tardo,
7.2ma segue Rabican con quella fretta
7.3con che le lepri suol seguire il pardo.
7.4Vergogna a Ruggier par, se non aspetta.
7.5Voltasi a quel che vien sì a piè gagliardo;
7.6né gli vede arme, fuor ch'una bacchetta,
7.7quella con che ubidire al cane insegna:
7.8Ruggier di trar la spada si disdegna.
8.1Quel se gli appressa, e forte lo percuote;
8.2lo morde a un tempo il can nel piede manco.
8.3Lo sfrenato destrier la groppa scuote
8.4tre volte e più, né falla il destro fianco.
8.5Gira l'augello e gli fa mille ruote,
8.6e con l'ugna sovente il ferisce anco:
8.7sì il destrier collo strido impaurisce,
8.8ch'alla mano e allo spron poco ubidisce.
9.1Ruggiero, al fin constretto, il ferro caccia;
9.2e perché tal molestia se ne vada,
9.3or gli animali, or quel villan minaccia
9.4col taglio e con la punta de la spada.
9.5Quella importuna turba più l'impaccia:
9.6presa ha chi qua chi là tutta la strada.
9.7Vede Ruggiero il disonore e il danno
9.8che gli averrà, se più tardar lo fanno.
10.1Sa ch'ogni poco più ch'ivi rimane,
10.2Alcina avrà col populo alle spalle:
10.3di trombe, di tamburi e di campane
10.4già s'ode alto rumore in ogni valle.
10.5Contra un servo senza arme e contra un cane
10.6gli par ch'a usar la spada troppo falle:
10.7meglio e più breve è dunque che gli scopra
10.8lo scudo che d'Atlante era stato opra.
11.1Levò il drappo vermiglio in che coperto
11.2già molti giorni lo scudo si tenne.
11.3Fece l'effetto mille volte esperto
11.4il lume, ove a ferir negli occhi venne:
11.5resta dai sensi il cacciator deserto,
11.6cade il cane e il ronzin, cadon le penne,
11.7ch'in aria sostener l'augel non ponno.
11.8Lieto Ruggier li lascia in preda al sonno.
12.1Alcina, ch'avea intanto avuto aviso
12.2di Ruggier, che sforzato avea la porta,
12.3e de la guardia buon numero ucciso,
12.4fu, vinta dal dolor, per restar morta.
12.5Squarciossi i panni e si percosse il viso,
12.6e sciocca nominossi e malaccorta;
12.7e fece dar all'arme immantinente,
12.8e intorno a sé raccor tutta sua gente.
13.1E poi ne fa due parti, e manda l'una
13.2per quella strada ove Ruggier camina;
13.3al porto l'altra subito raguna,
13.4imbarca, et uscir fa ne la marina:
13.5sotto le vele aperte il mar s'imbruna.
13.6Con questi va la disperata Alcina,
13.7che 'l desiderio di Ruggier sì rode,
13.8che lascia sua città senza custode.
14.1Non lascia alcuno a guardia del palagio:
14.2il che a Melissa, che stava alla posta
14.3per liberar di quel regno malvagio
14.4la gente ch'in miseria v'era posta,
14.5diede commodità, diede grande agio
14.6di gir cercando ogni cosa a sua posta,
14.7imagini abbruciar, suggelli tôrre,
14.8e nodi e rombi e turbini disciorre.
15.1Indi pei campi accelerando i passi,
15.2gli antiqui amanti ch'erano in gran torma
15.3conversi in fonti, in fere, in legni, in sassi,
15.4fe' ritornar ne la lor prima forma.
15.5E quei, poi ch'allargati furo i passi,
15.6tutti del buon Ruggier seguiron l'orma:
15.7a Logistilla si salvaro; et indi
15.8tornaro a Sciti, a Persi, a Greci, ad Indi.
16.1Li rimandò Melissa in lor paesi,
16.2con obligo di mai non esser sciolto.
16.3Fu inanzi agli altri il duca degl'Inglesi
16.4ad esser ritornato in uman volto;
16.5che 'l parentado in questo e li cortesi
16.6prieghi del bon Ruggier gli giovâr molto:
16.7oltre i prieghi, Ruggier le diè l'annello,
16.8acciò meglio potesse aiutar quello.
17.1A' prieghi dunque di Ruggier, rifatto
17.2fu 'l paladin ne la sua prima faccia.
17.3Nulla pare a Melissa d'aver fatto,
17.4quando ricovrar l'arme non gli faccia,
17.5e quella lancia d'or, ch'al primo tratto
17.6quanti ne tocca de la sella caccia:
17.7de l'Argalia, poi fu d'Astolfo lancia,
17.8e molto onor fe' a l'uno e a l'altro in Francia.
18.1Trovò Melissa questa lancia d'oro,
18.2ch'Alcina avea reposta nel palagio,
18.3e tutte l'arme che del duca fôro,
18.4e gli fur tolte ne l'ostel malvagio.
18.5Montò il destrier del negromante moro,
18.6e fe' montar Astolfo in groppa ad agio;
18.7e quindi a Logistilla si condusse
18.8d'un'ora prima che Ruggier vi fusse.
19.1Tra duri sassi e folte spine gìa
19.2Ruggiero intanto invêr la fata saggia,
19.3di balzo in balzo, e d'una in altra via
19.4aspra, solinga, inospita e selvaggia;
19.5tanto ch'a gran fatica riuscia
19.6su la fervida nona in una spiaggia
19.7tra 'l mare e 'l monte, al mezzodì scoperta,
19.8arsiccia, nuda, sterile e deserta.
20.1Percuote il sole ardente il vicin colle;
20.2e del calor che si riflette a dietro,
20.3in modo l'aria e l'arena ne bolle,
20.4che saria troppo a far liquido il vetro.
20.5Stassi cheto ogni augello all'ombra molle:
20.6sol la cicala col noioso metro
20.7fra i densi rami del fronzuto stelo
20.8le valli e i monti assorda, e il mare e il cielo.
21.1Quivi il caldo, la sete, e la fatica
21.2ch'era di gir per quella via arenosa,
21.3facean, lungo la spiaggia erma et aprica,
21.4a Ruggier compagnia grave e noiosa.
21.5Ma perché non convien che sempre io dica,
21.6né ch'io vi occupi sempre in una cosa,
21.7io lascerò Ruggiero in questo caldo,
21.8e girò in Scozia a ritrovar Rinaldo.
22.1Era Rinaldo molto ben veduto
22.2dal re, da la figliola e dal paese.
22.3Poi la cagion che quivi era venuto,
22.4più ad agio il paladin fece palese:
22.5ch'in nome del suo re chiedeva aiuto
22.6e dal regno di Scozia e da l'inglese;
22.7et ai preghi suggiunse anco di Carlo,
22.8giustissime cagion di dover farlo.
23.1Dal re, senza indugiar, gli fu risposto,
23.2che di quanto sua forza s'estendea,
23.3per utile et onor sempre disposto
23.4di Carlo e de l'Imperio esser volea;
23.5e che fra pochi dì gli avrebbe posto
23.6più cavallieri in punto che potea;
23.7e se non ch'esso era oggimai pur vecchio,
23.8capitano verria del suo apparecchio.
24.1Né tal rispetto ancor gli parria degno
24.2di farlo rimaner, se non avesse
24.3il figlio, che di forza, e più d'ingegno,
24.4dignissimo era a chi 'l governo desse,
24.5ben che non si trovasse allor nel regno;
24.6ma che sperava che venir dovesse
24.7mentre ch'insieme aduneria lo stuolo;
24.8e ch'adunato il troveria il figliuolo.
25.1Così mandò per tutta la sua terra
25.2suoi tesorieri a far cavalli e gente;
25.3navi apparecchia e munizion da guerra,
25.4vettovaglia e danar maturamente.
25.5Venne intanto Rinaldo in Inghilterra,
25.6e 'l re nel suo partir cortesemente
25.7insino a Beroicche accompagnollo;
25.8e visto pianger fu quando lasciollo.
26.1Spirando il vento prospero alla poppa,
26.2monta Rinaldo, et a Dio dice a tutti:
26.3la fune indi al viaggio il nocchier sgroppa;
26.4tanto che giunge ove nei salsi flutti
26.5il bel Tamigi amareggiando intoppa.
26.6Col gran flusso del mar quindi condutti
26.7i naviganti per camin sicuro
26.8a vela e remi insino a Londra furo.
27.1Rinaldo avea da Carlo e dal re Otone,
27.2che con Carlo in Parigi era assediato,
27.3al principe di Vallia commissione
27.4per contrasegni e lettere portato,
27.5che ciò che potea far la regione
27.6di fanti e di cavalli in ogni lato,
27.7tutto debba a Calesio traghittarlo,
27.8sì che aiutar si possa Francia e Carlo.
28.1Il principe ch'io dico, ch'era, in vece
28.2d'Oton, rimaso nel seggio reale,
28.3a Rinaldo d'Amon tanto onor fece,
28.4che non l'avrebbe al suo re fatto uguale:
28.5indi alle sue domande satisfece;
28.6perché a tutta la gente marziale
28.7e di Bretagna e de l'isole intorno
28.8di ritrovarsi al mar prefisse il giorno.
29.1Signor, far mi convien come fa il buono
29.2sonator sopra il suo instrumento arguto,
29.3che spesso muta corda, e varia suono,
29.4ricercando ora il grave, ora l'acuto.
29.5Mentre a dir di Rinaldo attento sono,
29.6d'Angelica gentil m'è sovenuto,
29.7di che lasciai ch'era da lui fuggita,
29.8e ch'avea riscontrato uno eremita.
30.1Alquanto la sua istoria io vo' seguire.
30.2Dissi che domandava con gran cura,
30.3come potesse alla marina gire;
30.4che di Rinaldo avea tanta paura,
30.5che, non passando il mar, credea morire,
30.6né in tutta Europa si tenea sicura:
30.7ma l'eremita a bada la tenea,
30.8perché di star con lei piacere avea.
31.1Quella rara bellezza il cor gli accese,
31.2e gli scaldò le frigide medolle:
31.3ma poi che vide che poco gli attese,
31.4e ch'oltra soggiornar seco non volle,
31.5di cento punte l'asinello offese;
31.6né di sua tardità però lo tolle:
31.7e poco va di passo e men di trotto,
31.8né stender gli si vuol la bestia sotto.
32.1E perché molto dilungata s'era,
32.2e poco più, n'avria perduta l'orma,
32.3ricorse il frate alla spelonca nera,
32.4e di demoni uscir fece una torma:
32.5e ne sceglie uno di tutta la schiera,
32.6e del bisogno suo prima l'informa;
32.7poi lo fa entrare adosso al corridore,
32.8che via gli porta con la donna il core.
33.1E qual sagace can, nel monte usato
33.2a volpi o lepri dar spesso la caccia,
33.3che se la fera andar vede da un lato,
33.4ne va da un altro, e par sprezzi la traccia;
33.5al varco poi lo senteno arrivato,
33.6che l'ha già in bocca, e l'apre il fianco e straccia:
33.7tal l'eremita per diversa strada
33.8aggiugnerà la donna ovunque vada.
34.1Che sia il disegno suo, ben io comprendo:
34.2e dirollo anco a voi, ma in altro loco.
34.3Angelica di ciò nulla temendo,
34.4cavalcava a giornate, or molto or poco.
34.5Nel cavallo il demon si gìa coprendo,
34.6come si cuopre alcuna volta il fuoco,
34.7che con sì grave incendio poscia avampa,
34.8che non si estingue, e a pena se ne scampa.
35.1Poi che la donna preso ebbe il sentiero
35.2dietro il gran mar che li Guasconi lava,
35.3tenendo appresso all'onde il suo destriero,
35.4dove l'umor la via più ferma dava;
35.5quel le fu tratto dal demonio fiero
35.6ne l'acqua sì, che dentro vi nuotava.
35.7Non sa che far la timida donzella,
35.8se non tenersi ferma in su la sella.
36.1Per tirar briglia, non gli può dar volta:
36.2più e più sempre quel si caccia in alto.
36.3Ella tenea la vesta in su raccolta
36.4per non bagnarla, e traea i piedi in alto.
36.5Per le spalle la chioma iva disciolta,
36.6e l'aura le facea lascivo assalto.
36.7Stavano cheti tutti i maggior venti,
36.8forse a tanta beltà, col mare, attenti.
37.1Ella volgea i begli occhi a terra invano,
37.2che bagnavan di pianto il viso e 'l seno,
37.3e vedea il lito andar sempre lontano
37.4e decrescer più sempre e venir meno.
37.5Il destrier, che nuotava a destra mano,
37.6dopo un gran giro la portò al terreno
37.7tra scuri sassi e spaventose grotte,
37.8già cominciando ad oscurar la notte.
38.1Quando si vide sola in quel deserto,
38.2che a riguardarlo sol, mettea paura,
38.3ne l'ora che nel mar Febo coperto
38.4l'aria e la terra avea lasciata oscura,
38.5fermossi in atto ch'avria fatto incerto
38.6chiunque avesse vista sua figura,
38.7s'ella era donna sensitiva e vera,
38.8o sasso colorito in tal maniera.
39.1Stupida e fissa nella incerta sabbia,
39.2coi capelli disciolti e rabuffati,
39.3con le man giunte e con l'immote labbia,
39.4i languidi occhi al ciel tenea levati,
39.5come accusando il gran Motor che l'abbia
39.6tutti inclinati nel suo danno i fati.
39.7Immota e come attonita ste' alquanto;
39.8poi sciolse al duol la lingua, e gli occhi al pianto.
40.1Dicea: - Fortuna, che più a far ti resta
40.2acciò di me ti sazii e ti disfami?
40.3che dar ti posso omai più, se non questa
40.4misera vita? ma tu non la brami;
40.5ch'ora a trarla del mar sei stata presta,
40.6quando potea finir suoi giorni grami:
40.7perché ti parve di voler più ancora
40.8vedermi tormentar prima ch'io muora.
41.1Ma che mi possi nuocere non veggio,
41.2più di quel che sin qui nociuto m'hai.
41.3Per te cacciata son del real seggio,
41.4dove più ritornar non spero mai:
41.5ho perduto l'onor, ch'è stato peggio;
41.6che, se ben con effetto io non peccai,
41.7io do però materia ch'ognun dica
41.8ch'essendo vagabonda io sia impudica.
42.1Ch'aver può donna al mondo più di buono,
42.2a cui la castità levata sia?
42.3Mi nuoce, ahimè! ch'io son giovane, e sono
42.4tenuta bella, o sia vero o bugia.
42.5Già non ringrazio il ciel di questo dono;
42.6che di qui nasce ogni ruina mia:
42.7morto per questo fu Argalia mio frate;
42.8che poco gli giovâr l'arme incantate:
43.1per questo il re di Tartaria Agricane
43.2disfece il genitor mio Galafrone,
43.3ch'in India, del Cataio era gran Cane;
43.4onde io son giunta a tal condizione,
43.5che muto albergo da sera a dimane.
43.6Se l'aver, se l'onor, se le persone
43.7m'hai tolto, e fatto il mal che far mi puoi,
43.8a che più doglia anco serbar mi vuoi?
44.1Se l'affogarmi in mar morte non era
44.2a tuo senno crudel, pur ch'io ti sazii,
44.3non recuso che mandi alcuna fera
44.4che mi divori, e non mi tenga in strazii.
44.5D'ogni martìr che sia, pur ch'io ne pèra,
44.6esser non può ch'assai non ti ringrazii. -
44.7Così dicea la donna con gran pianto,
44.8quando le apparve l'eremita accanto.
45.1Avea mirato da l'estrema cima
45.2d'un rilevato sasso l'eremita
45.3Angelica, che giunta alla parte ima
45.4è de lo scoglio, afflitta e sbigottita.
45.5Era sei giorni egli venuto prima;
45.6ch'un demonio il portò per via non trita:
45.7e venne a lei fingendo divozione
45.8quanta avesse mai Paulo o Ilarione.
46.1Come la donna il cominciò a vedere,
46.2prese, non conoscendolo, conforto;
46.3e cessò a poco a poco il suo temere,
46.4ben che ella avesse ancora il viso smorto.
46.5Come fu presso, disse: - Miserere,
46.6padre, di me, ch'i' son giunta a mal porto. -
46.7E con voce interrotta dal singulto
46.8gli disse quel ch'a lui non era occulto.
47.1Comincia l'eremita a confortarla
47.2con alquante ragion belle e divote;
47.3e pon l'audaci man, mentre che parla,
47.4or per lo seno, or per l'umide gote:
47.5poi più sicuro va per abbracciarla;
47.6et ella sdegnosetta lo percuote
47.7con una man nel petto, e lo rispinge,
47.8e d'onesto rossor tutta si tinge.
48.1Egli, ch'allato avea una tasca, aprilla,
48.2e trassene una ampolla di liquore;
48.3e negli occhi possenti, onde sfavilla
48.4la più cocente face ch'abbia Amore,
48.5spruzzò di quel leggiermente una stilla,
48.6che di farla dormire ebbe valore.
48.7Già resupina ne l'arena giace
48.8a tutte voglie del vecchio rapace.
49.1Egli l'abbraccia et a piacer la tocca,
49.2et ella dorme e non può fare ischermo.
49.3Or le bacia il bel petto, ora la bocca;
49.4non è chi 'l veggia in quel loco aspro et ermo.
49.5Ma ne l'incontro il suo destrier trabocca;
49.6ch'al disio non risponde il corpo infermo:
49.7era mal atto, perché avea troppi anni;
49.8e potrà peggio, quanto più l'affanni.
50.1Tutte le vie, tutti li modi tenta,
50.2ma quel pigro rozzon non però salta.
50.3Indarno il fren gli scuote, e lo tormenta;
50.4e non può far che tenga la testa alta.
50.5Al fin presso alla donna s'addormenta;
50.6e nuova altra sciagura anco l'assalta:
50.7non comincia Fortuna mai per poco,
50.8quando un mortal si piglia a scherno e a gioco.
51.1Bisogna, prima ch'io vi narri il caso,
51.2ch'un poco dal sentier dritto mi torca.
51.3Nel mar di tramontana invêr l'occaso,
51.4oltre l'Irlanda una isola si corca,
51.5Ebuda nominata; ove è rimaso
51.6il popul raro, poi che la brutta orca
51.7e l'altro marin gregge la distrusse,
51.8ch'in sua vendetta Proteo vi condusse.
52.1Narran l'antique istorie, o vere o false,
52.2che tenne già quel luogo un re possente,
52.3ch'ebbe una figlia, in cui bellezza valse
52.4e grazia sì, che poté facilmente,
52.5poi che mostrossi in su l'arene salse,
52.6Proteo lasciare in mezzo l'acque ardente;
52.7e quello, un dì che sola ritrovolla,
52.8compresse, e di sé gravida lasciolla.
53.1La cosa fu gravissima e molesta
53.2al padre, più d'ogn'altro empio e severo:
53.3né per iscusa o per pietà, la testa
53.4le perdonò: sì può lo sdegno fiero.
53.5Né per vederla gravida, si resta
53.6di subito esequire il crudo impero:
53.7e 'l nipotin che non avea peccato,
53.8prima fece morir che fosse nato.
54.1Proteo marin, che pasce il fiero armento
54.2di Nettunno che l'onda tutta regge,
54.3sente de la sua donna aspro tormento,
54.4e per grand'ira, rompe ordine e legge;
54.5sì che a mandare in terra non è lento
54.6l'orche e le foche, e tutto il marin gregge,
54.7che distruggon non sol pecore e buoi,
54.8ma ville e borghi e li cultori suoi:
55.1e spesso vanno alle città murate,
55.2e d'ogn'intorno lor mettono assedio.
55.3Notte e dì stanno le persone armate,
55.4con gran timore e dispiacevol tedio:
55.5tutte hanno le campagne abbandonate;
55.6e per trovarvi al fin qualche rimedio,
55.7andârsi a consigliar di queste cose
55.8all'oracol, che lor così rispose:
56.1che trovar bisognava una donzella
56.2che fosse all'altra di bellezza pare,
56.3et a Proteo sdegnato offerir quella,
56.4in cambio de la morta, in lito al mare.
56.5S'a sua satisfazion gli parrà bella,
56.6se la terrà, né li verrà a sturbare:
56.7se per questo non sta, se gli appresenti
56.8una et un'altra, fin che si contenti.
57.1E così cominciò la dura sorte
57.2tra quelle che più grate eran di faccia,
57.3ch'a Proteo ciascun giorno una si porte,
57.4fin che trovino donna che gli piaccia.
57.5La prima e tutte l'altre ebbeno morte;
57.6che tutte giù pel ventre se le caccia
57.7un'orca, che restò presso alla foce,
57.8poi che 'l resto partì del gregge atroce.
58.1O vera o falsa che fosse la cosa
58.2di Proteo (ch'io non so che me ne dica),
58.3servosse in quella terra, con tal chiosa,
58.4contra le donne un'empia lege antica:
58.5che di lor carne l'orca monstruosa
58.6che viene ogni dì al lito, si notrica.
58.7Ben ch'esser donna sia in tutte le bande
58.8danno e sciagura, quivi era pur grande.
59.1Oh misere donzelle che trasporte
59.2fortuna ingiuriosa al lito infausto!
59.3dove le genti stan sul mare accorte
59.4per far de le straniere empio olocausto;
59.5che, come più di fuor ne sono morte,
59.6il numer de le loro è meno esausto:
59.7ma perché il vento ognor preda non mena,
59.8ricercando ne van per ogni arena.
60.1Van discorrendo tutta la marina
60.2con fuste e grippi et altri legni loro,
60.3e da lontana parte e da vicina
60.4portan sollevamento al lor martoro.
60.5Molte donne han per forza e per rapina,
60.6alcune per lusinghe, altre per oro;
60.7e sempre da diverse regioni
60.8n'hanno piene le torri e le prigioni.
61.1Passando una lor fusta a terra a terra
61.2inanzi a quella solitaria riva
61.3dove fra sterpi in su l'erbosa terra
61.4la sfortunata Angelica dormiva,
61.5smontaro alquanti galeotti in terra
61.6per riportarne e legna et acqua viva;
61.7e di quante mai fur belle e leggiadre
61.8trovaro il fiore in braccio al santo padre.
62.1Oh troppo cara, oh troppo escelsa preda
62.2per sì barbare genti e sì villane!
62.3O Fortuna crudel, chi fia ch'il creda,
62.4che tanta forza hai ne le cose umane,
62.5che per cibo d'un mostro tu conceda
62.6la gran beltà, ch'in India il re Agricane
62.7fece venir da le caucasee porte
62.8con mezza Scizia a guadagnar la morte?
63.1La gran beltà che fu da Sacripante
63.2posta inanzi al suo onore e al suo bel regno;
63.3la gran beltà ch'al gran signor d'Anglante
63.4macchiò la chiara fama e l'alto ingegno;
63.5la gran beltà che fe' tutto Levante
63.6sottosopra voltarsi e stare al segno,
63.7ora non ha (così è rimasta sola)
63.8chi le dia aiuto pur d'una parola.
64.1La bella donna, di gran sonno oppressa,
64.2incatenata fu prima che desta.
64.3Portaro il frate incantator con essa
64.4nel legno pien di turba afflitta e mesta.
64.5La vela, in cima all'arbore rimessa,
64.6rendé la nave all'isola funesta,
64.7dove chiuser la donna in ròcca forte,
64.8fin a quel dì ch'a lei toccò la sorte.
65.1Ma poté sì, per esser tanto bella,
65.2la fiera gente muovere a pietade,
65.3che molti dì le differiron quella
65.4morte, e serbârla a gran necessitade;
65.5e fin ch'ebber di fuore altra donzella,
65.6perdonaro all'angelica beltade.
65.7Al mostro fu condotta finalmente,
65.8piangendo dietro a lei tutta la gente.
66.1Chi narrerà l'angoscie, i pianti, i gridi,
66.2l'alta querela che nel ciel penètra?
66.3Maraviglia ho che non s'apriro i lidi,
66.4quando fu posta in su la fredda pietra,
66.5dove in catena, priva di sussidi,
66.6morte aspettava abominosa e tetra.
66.7Io nol dirò; che sì il dolor mi muove,
66.8che mi sforza voltar le rime altrove,
67.1e trovar versi non tanto lugùbri,
67.2fin che 'l mio spirto stanco si riabbia;
67.3che non potrian li squalidi colubri,
67.4né l'orba tigre accesa in maggior rabbia,
67.5né ciò che da l'Atlante ai liti rubri
67.6venenoso erra per la calda sabbia,
67.7né veder né pensar senza cordoglio,
67.8Angelica legata al nudo scoglio.
68.1Oh se l'avesse il suo Orlando saputo,
68.2ch'era per ritrovarla ito a Parigi;
68.3o li dui ch'ingannò quel vecchio astuto
68.4col messo che venìa dai luoghi stigi!
68.5fra mille morti, per donarle aiuto,
68.6cercato avrian gli angelici vestigi:
68.7ma che fariano, avendone anco spia,
68.8poi che distanti son di tanta via?
69.1Parigi intanto avea l'assedio intorno
69.2dal famoso figliuol del re Troiano;
69.3e venne a tanta estremitade un giorno,
69.4che n'andò quasi al suo nimico in mano:
69.5e se non che li voti il ciel placorno,
69.6che dilagò di pioggia oscura il piano,
69.7cadea quel dì per l'africana lancia
69.8il santo Imperio e 'l gran nome di Francia.
70.1Il sommo Creator gli occhi rivolse
70.2al giusto lamentar del vecchio Carlo;
70.3e con subita pioggia il fuoco tolse:
70.4né forse uman saper potea smorzarlo.
70.5Savio chiunque a Dio sempre si volse;
70.6ch'altri non poté mai meglio aiutarlo.
70.7Ben dal devoto re fu conosciuto,
70.8che si salvò per lo divino aiuto.
71.1La notte Orlando alle noiose piume
71.2del veloce pensier fa parte assai.
71.3Or quinci or quindi il volta, or lo rassume
71.4tutto in un loco, e non l'afferma mai:
71.5qual d'acqua chiara il tremolante lume,
71.6dal sol percossa o da' notturni rai,
71.7per gli ampli tetti va con lungo salto
71.8a destra et a sinistra, e basso et alto.
72.1La donna sua, che gli ritorna a mente,
72.2anzi che mai non era indi partita,
72.3gli raccende nel core e fa più ardente
72.4la fiamma che nel dì parea sopita.
72.5Costei venuta seco era in Ponente
72.6fin dal Cataio; e qui l'avea smarrita,
72.7né ritrovato poi vestigio d'ella
72.8che Carlo rotto fu presso a Bordella.
73.1Di questo Orlando avea gran doglia, e seco
73.2indarno a sua sciocchezza ripensava.
73.3- Cor mio (dicea), come vilmente teco
73.4mi son portato! ohimè, quanto mi grava
73.5che potendoti aver notte e dì meco,
73.6quando la tua bontà non mel negava,
73.7t'abbia lasciato in man di Namo porre,
73.8per non sapermi a tanta ingiuria opporre!
74.1Non aveva ragione io di scusarme?
74.2e Carlo non m'avria forse disdetto:
74.3se pur disdetto, e chi potea sforzarme?
74.4chi ti mi volea tôrre al mio dispetto?
74.5non poteva io venir più tosto all'arme?
74.6lasciar più tosto trarmi il cor del petto?
74.7Ma né Carlo né tutta la sua gente
74.8di tormiti per forza era possente.
75.1Almen l'avesse posta in guardia buona
75.2dentro a Parigi o in qualche ròcca forte.
75.3Che l'abbia data a Namo mi consona,
75.4sol perché a perder l'abbia a questa sorte.
75.5Chi la dovea guardar meglio persona
75.6di me? ch'io dovea farlo fino a morte;
75.7guardarla più che 'l cor, che gli occhi miei:
75.8e dovea e potea farlo, e pur nol fei.
76.1Deh, dove senza me, dolce mia vita,
76.2rimasa sei sì giovane e sì bella?
76.3come, poi che la luce è dipartita,
76.4riman tra' boschi la smarrita agnella,
76.5che dal pastor sperando essere udita,
76.6si va lagnando in questa parte e in quella;
76.7tanto che 'l lupo l'ode da lontano,
76.8e 'l misero pastor ne piagne invano.
77.1Dove, speranza mia, dove ora sei?
77.2vai tu soletta forse ancor errando?
77.3o pur t'hanno trovata i lupi rei
77.4senza la guardia del tuo fido Orlando?
77.5e il fior ch'in ciel potea pormi fra i dèi,
77.6il fior ch'intatto io mi venìa serbando
77.7per non turbarti, ohimè! l'animo casto,
77.8ohimè! per forza avranno colto e guasto.
78.1Oh infelice! oh misero! che voglio
78.2se non morir, se 'l mio bel fior colto hanno?
78.3O sommo Dio, fammi sentir cordoglio
78.4prima d'ogn'altro, che di questo danno.
78.5Se questo è ver, con le mie man mi toglio
78.6la vita, e l'alma disperata danno. -
78.7Così, piangendo forte e sospirando,
78.8seco dicea l'addolorato Orlando.
79.1Già in ogni parte gli animanti lassi
79.2davan riposo ai travagliati spirti,
79.3chi su le piume, e chi sui duri sassi,
79.4e chi su l'erbe, e chi su faggi o mirti:
79.5tu le palpèbre, Orlando, a pena abbassi,
79.6punto da' tuoi pensieri acuti et irti;
79.7né quel sì breve e fuggitivo sonno
79.8godere in pace anco lasciar ti ponno.
80.1Parea ad Orlando, s'una verde riva
80.2d'odoriferi fior tutta dipinta,
80.3mirare il bello avorio, e la nativa
80.4purpura ch'avea Amor di sua man tinta,
80.5e le due chiare stelle onde nutriva
80.6ne le reti d'Amor l'anima avinta:
80.7io parlo de' begli occhi e del bel volto,
80.8che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto.
81.1Sentia il maggior piacer, la maggior festa
81.2che sentir possa alcun felice amante;
81.3ma ecco intanto uscire una tempesta
81.4che struggea i fiori, et abbattea le piante:
81.5non se ne suol veder simile a questa,
81.6quando giostra aquilone, austro e levante.
81.7Parea che per trovar qualche coperto,
81.8andasse errando invan per un deserto.
82.1Intanto l'infelice (e non sa come)
82.2perde la donna sua per l'aer fosco;
82.3onde di qua e di là del suo bel nome
82.4fa risonare ogni campagna e bosco.
82.5E mentre dice indarno: - Misero me!
82.6chi ha cangiata mia dolcezza in tòsco? -
82.7ode la donna sua che gli domanda,
82.8piangendo, aiuto, e se gli raccomanda.
83.1Onde par ch'esca il grido, va veloce,
83.2e quinci e quindi s'affatica assai.
83.3Oh quanto è il suo dolore aspro et atroce,
83.4che non può rivedere i dolci rai!
83.5Ecco ch'altronde ode da un'altra voce:
83.6- Non sperar più gioirne in terra mai. -
83.7A questo orribil grido risvegliossi,
83.8e tutto pien di lacrime trovossi.
84.1Senza pensar che sian l'imagin false
84.2quando per tema o per disio si sogna,
84.3de la donzella per modo gli calse,
84.4che stimò giunta a danno od a vergogna,
84.5che fulminando fuor del letto salse.
84.6Di piastra e maglia, quanto gli bisogna,
84.7tutto guarnissi, e Brigliadoro tolse;
84.8né di scudiero alcun servigio vòlse.
85.1E per potere entrare ogni sentiero,
85.2che la sua dignità macchia non pigli,
85.3non l'onorata insegna del quartiero,
85.4distinta di color bianchi e vermigli,
85.5ma portar vòlse un ornamento nero;
85.6e forse acciò ch'al suo dolor simigli:
85.7e quello avea già tolto a uno amostante,
85.8ch'uccise di sua man pochi anni inante.
86.1Da mezza notte tacito si parte,
86.2e non saluta e non fa motto al zio;
86.3né al fido suo compagno Brandimarte,
86.4che tanto amar solea, pur dice a Dio.
86.5Ma poi che 'l Sol con l'auree chiome sparte
86.6del ricco albergo di Titone uscìo,
86.7e fe' l'ombra fugire umida e nera,
86.8s'avide il re che 'l paladin non v'era.
87.1Con suo gran dispiacer s'avede Carlo
87.2che partito la notte è 'l suo nipote,
87.3quando esser dovea seco e più aiutarlo;
87.4e ritener la còlera non puote,
87.5ch'a lamentarsi d'esso, et a gravarlo
87.6non incominci di biasmevol note;
87.7e minacciar, se non ritorna, e dire
87.8che lo faria di tanto error pentire.
88.1Brandimarte, ch'Orlando amava a pare
88.2di se medesmo, non fece soggiorno;
88.3o che sperasse farlo ritornare,
88.4o sdegno avesse udirne biasmo e scorno:
88.5e vòlse a pena tanto dimorare,
88.6ch'uscisse fuor ne l'oscurar del giorno.
88.7A Fiordiligi sua nulla ne disse,
88.8perché 'l disegno suo non gl'impedisse.
89.1Era questa una donna che fu molto
89.2da lui diletta, e ne fu raro senza;
89.3di costumi, di grazia e di bel volto
89.4dotata e d'accortezza e di prudenza:
89.5e se licenzia or non n'aveva tolto,
89.6fu che sperò tornarle alla presenza
89.7il dì medesmo; ma gli accade poi,
89.8che lo tardò più dei disegni suoi.
90.1E poi ch'ella aspettato quasi un mese
90.2indarno l'ebbe, e che tornar nol vide,
90.3di desiderio sì di lui s'accese,
90.4che si partì senza compagni o guide;
90.5e cercandone andò molto paese,
90.6come l'istoria al luogo suo dicide.
90.7Di questi dua non vi dico or più inante;
90.8che più m'importa il cavallier d'Anglante.
91.1Il qual, poi che mutato ebbe d'Almonte
91.2le gloriose insegne, andò alla porta,
91.3e disse ne l'orecchio: - Io sono il conte -
91.4a un capitan che vi facea la scorta;
91.5e fattosi abassar subito il ponte,
91.6per quella strada che più breve porta
91.7agl'inimici, se n'andò diritto.
91.8Quel che seguì, ne l'altro canto è scritto.
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