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PARTE QUINTA

Filostrato

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1.1Quel giorno stesso vi fu Diomede
1.2per volere a' Troian dare Antenore;
1.3per che Priamo Criseida gli diede,
1.4di sospiri, di pianti e di dolore
1.5sì piena che ne 'ncresce a chi la vede;
1.6dall'altra parte era il suo amadore
1.7in sì fatta tristizia, che alcuno
1.8in simil non ne vide mai nessuno.
2.1Vero è che con gran forza nascondea
2.2mirabilmente dentro al tristo petto
2.3la gran battaglia la quale egli avea
2.4con sospiri e con pianto, e nello aspetto
2.5niente o poco ancor gli si parea,
2.6come ch'egli attendesse esser soletto,
2.7e quivi piangere e rammaricarsi,
2.8ed a grande agio seco disfogarsi.
3.1Oh quante cose nell'altiera mente
3.2gli venner lì, Criseida vedendo
3.3rendere al padre! Questi parimente
3.4d'ira e di cruccio tututto fremendo,
3.5seco rodiesi e dicea pianamente:
3.6— Oh misero dolente, or che attendo?
3.7non è el meglio una volta morire,
3.8che sempre in pianto vivere e languire?
4.1Ché non turb'io con l'arme questi patti?
4.2Perché qui Diomede non uccido?
4.3Perché non taglio il vecchio che gli ha fatti?
4.4Perché li miei fratei tutti non sfido?
4.5Che ora fosser ei tutti disfatti!
4.6Perché in pianto ed in dolente grido
4.7Troia non metto? Perché non rapisco
4.8Criseida ora, e me stesso guarisco?
5.1Chi 'l vieterà s'io il vorrò pur fare?
5.2O perché con li Greci non m'accosto
5.3s'ei mi volesser Criseida donare?
5.4Deh, perché più dimoro, che non tosto
5.5corro colà e follami lasciare? —
5.6Ma così fiero ed altiero proposto
5.7gli fé lasciar paura, non uccisa
5.8Criseida fosse in sì fatta divisa.
6.1Criseida, poi vide che partire
6.2le convenia, quale ella era dogliosa,
6.3con quella compagnia che dovea gire,
6.4sopra il caval montò, e dispettosa
6.5con seco stessa cominciò a dire:
6.6— Ahi, crudel Giove, e Fortuna noiosa,
6.7dove me ne portate contra voglia?
6.8Perché v'aggrada tanto la mia doglia?
7.1Voi mi togliete, crudi e dispietati,
7.2a quel piacer che più m'andava al core,
7.3e forse vi credete umiliati
7.4esser con sacrificio e con onore
7.5alcun da me, ma voi sete ingannati:
7.6in vostro vitupero e disonore
7.7mi dorrò sempre finch'io non ritorno
7.8a riveder di Troiol il viso adorno. —
8.1Quinci si volse disdegnosamente
8.2ver Diomede e disse: — Andianne omai,
8.3assai ci siam mostrati a questa gente,
8.4la quale omai sperar può de' suoi guai
8.5salute, se ben mira sottilmente
8.6all'onorevol cambio che fatto hai:
8.7ché hai per una femmina renduto
8.8un sì gran re, e cotanto temuto. —
9.1E questo detto, al caval degli sproni
9.2diè, sanza dir fuor che a' suoi addio;
9.3e ben conobbe il re e' suoi baroni
9.4lo sdegno della donna. Indi sen gio
9.5sanza ascoltare o commiati o sermoni,
9.6o riguardare alcuno, e se n'uscio
9.7di Troia, nella qual giammai tornare
9.8più non dovea, né con Troiolo stare.
10.1Troiolo in guisa d'una cortesia,
10.2con più compagni montò a cavallo
10.3con un falcone in pugno, e compagnia
10.4le fero infin di fuori a tutto il vallo,
10.5e volentieri per tutta la via
10.6l'averia fatta infino al suo istallo;
10.7ma troppo discoverto saria stato,
10.8e poco senno ancora riputato.
11.1E tra lor già venuto era Antenore
11.2dalli Greci renduto, e con gran festa
11.3ricevuto l'aveano e con onore
11.4li giovani Troiani; e benché questa
11.5tornata fosse a Troiol dentro al core,
11.6per Criseida data, assai molesta,
11.7pur con buon viso il ricevette, e fello
11.8con Pandar cavalcar davanti ad ello.
12.1E già essendo per accomiatarsi,
12.2egli e Criseida si fermaro alquanto,
12.3e dentro agli occhi l'un l'altro guatarsi,
12.4né ritener poté la donna il pianto,
12.5e poscia per le man destre pigliarsi,
12.6e ver lei Troiol ancor s'accostò tanto,
12.7che, pian parlando, ella il poté udire,
12.8e disse: — Torna, non mi far morire. —
13.1E sanza più, rivoltato il destriere,
13.2tutto tinto nel viso, a Diomede
13.3non parlò punto, e di cotal mestiere
13.4sol Diomede s'accorse, e ben vede
13.5l'amor de' due, e dentro al suo pensiere
13.6con diversi argomenti ne fa fede;
13.7e di ciò mentre seco si pispiglia,
13.8nascosamente sé di colei piglia.
14.1Il padre la raccolse con gran festa,
14.2come ch'a lei gravasse tale amore;
14.3ella si stava tacita e modesta,
14.4se stessa seco con grave dolore
14.5tutta rodendo, ed in vita molesta,
14.6pure a Troiolo avendo fermo il core,
14.7che tosto si dovea permutare,
14.8e lui per nuovo amante abbandonare.
15.1Troiolo in Troia tristo ed angoscioso,
15.2quanto fu mai nessun, se ne rivenne,
15.3e nel viso fellone e niquitoso,
15.4pria ch'al palagio suo non si ritenne;
15.5quivi smontato, troppo più pensoso
15.6che stato fosse ancora, non sostenne
15.7che da alcun gli fosse nulla detto,
15.8ma se n'entrò in camera soletto.
16.1Quivi al dolor ch'aveva ritenuto
16.2diè largo luogo, chiamando la morte,
16.3ed il suo ben piangeva, che perduto
16.4gli pare avere, e sì gridava forte,
16.5che 'n forse fu di non esser sentuto
16.6da quei che 'ntorno givan per la corte;
16.7e 'n cotal pianto tutto il giorno stette,
16.8né servo né amico nol vedette.
17.1Se 'l giorno era con doglia trapassato,
17.2non la scemò la notte già oscura,
17.3ma fu il pianto e 'l gran duol raddoppiato;
17.4così il menava la sua isciagura:
17.5el biastemmiava il giorno che fu nato,
17.6e gli dii e le dee e la natura,
17.7il padre e chi parola conceduta
17.8avea ch'el fosse Criseida renduta.
18.1Esso se stesso ancor maladicea,
18.2che sì l'aveva lasciata partire,
18.3e che 'l partito che preso n'avea,
18.4cioè con lei di volersi fuggire,
18.5non l'avea fatto, e forte sen pentea,
18.6e di dolor ne voleva morire;
18.7o che almen non l'avea domandata,
18.8che forse gli saria stata donata.
19.1E sé in qua ed ora in là volgendo,
19.2sanza luogo trovar per lo suo letto,
19.3seco diceva talora piangendo:
19.4«Che notte è questa, volendo rispetto
19.5avere alla passata, s'io comprendo
19.6qual'ora or sia! Aguale il bianco petto,
19.7la bocca, gli occhi e 'l bel viso basciava
19.8della mia donna e stretta l'abbracciava.
20.1Ella basciava me, e ragionando
20.2prendevam festa lieta e graziosa;
20.3or sol mi trovo, lasso, e lagrimando,
20.4in dubbio se giammai tanto gioiosa
20.5notte deggia tornare; ora abbracciando
20.6vado il piumaccio, e la fiamma amorosa
20.7sento farsi maggiore, e la speranza
20.8farsi minor per lo duol che l'avanza.
21.1Che farò, dunque, misero dolente?
21.2Aspetterò, pur ch'io 'l possa fare;
21.3ma se così s'attrista la mia mente
21.4nel suo partir, come perseverare
21.5io spero di potere? Egli è niente
21.6a chi ben ama il potersi posare».
21.7Per che 'n tal guisa fece il simigliante
21.8la notte e 'l dì ch'era passato avante.
22.1Pandar non era il dì potuto andare
22.2a lui, né alcun altro; onde il mattino
22.3venuto, tosto sel fece chiamare
22.4per poter seco alquanto il cor meschino,
22.5parlando di Criseida, alleggiare;
22.6Pandar vi venne, e bene era indovino
22.7di ciò che quella notte fatto avea,
22.8ed ancora di ciò ch'allor volea.
23.1— O Pandar mio, — disse Troiolo, fioco
23.2per lo gridare e per lo lungo pianto —
23.3che farò io, che l'amoroso foco
23.4sì mi comprende dentro tutto quanto,
23.5che riposar non posso assai né poco?
23.6Che farò io, dolente, poi che tanto
23.7m'è stata la fortuna mia nemica,
23.8ch'i' ho perduta la mia dolce amica?
24.1Io non la credo riveder giammai;
24.2così foss'i' allor caduto morto,
24.3che io da me partir ier la lasciai!
24.4o dolce bene, o caro mio diporto,
24.5o bella donna a cui io mi donai,
24.6o dolce anima mia, o sol conforto
24.7degli occhi tristi fiumi divenuti,
24.8deh, non ve' tu ch'io muoio? Ché non m'aiuti?
25.1Chi ti vede ora, dolce anima bella?
25.2Chi siede teco, cuor del corpo mio?
25.3Chi t'ascolta ora, chi teco favella?
25.4Oimè lasso più ch'altro, non io!
25.5Deh, che fai tu? Or ètti punto nella
25.6mente di me, o messo m'hai in oblio
25.7per lo tuo padre vecchio ch'ora t'have,
25.8laond'io vivo in pena tanto grave?
26.1Qual tu m'odi ora, Pandaro, cotale
26.2ho tutta notte fatto, né dormire
26.3lasciato m'ha questo amoroso male;
26.4e pur se sonno alcun nel mio languire
26.5trovato ha luogo, niente mi vale,
26.6perché, dormendo, o sogno di fuggire,
26.7o d'esser solo in luoghi paurosi,
26.8o nelle man di nemici animosi.
27.1E tanta noia m'è questo vedere,
27.2e sì fatto spavento m'è nel core,
27.3che vegghiar mi saria meglio e dolere;
27.4e spesse volte mi giugne un tremore
27.5che mi riscuote e desta, e fa parere
27.6che d'alto in basso i' caggia e, desto, Amore
27.7insieme con Criseida chiamo forte,
27.8or per mercé pregando ed or per morte.
28.1A cotal punto, qual odi, venuto
28.2misero sono, e duolmi di me stesso
28.3e del partir, più che giammai creduto
28.4io non avrei. Oh me, che io confesso
28.5che io deggia sperare ancora aiuto,
28.6e che la bella donna ancor con esso
28.7verrà tornando; ma il cuor che l'ama
28.8non mel consente ed ognora la chiama. —
29.1Poscia ch'egli ebbe in tal guisa gran pezza
29.2parlato e detto, Pandaro, doglioso
29.3di così grave e noiosa gramezza,
29.4disse: — Deh, dimmi, Troiol, se riposo
29.5o fine dee aver questa tristezza,
29.6non credi tu che il colpo amoroso
29.7da altri mai che da te sia sentito,
29.8o di partenza sia stato al partito?
30.1Ben son degli altri così innamorati
30.2come tu se', per Pallade tel giuro,
30.3e sonne ancor di quei che sventurati
30.4son più di te, men pare esser sicuro,
30.5e non si son però del tutto dati,
30.6come tu se', a viver tanto duro;
30.7ma la lor doglia, quando troppo avanza,
30.8s'ingegnan d'alleggiar con isperanza.
31.1E tu dovresti il simigliante fare:
31.2tu di' che ella infra 'l decimo giorno
31.3t'ha impromesso di qui ritornare;
31.4questo non è tanto lungo soggiorno,
31.5che tu nol debbi potere aspettare
31.6sanza attristarti, e star come musorno.
31.7Come potresti sofferir l'affanno,
31.8se allontanarsi convenisse un anno?
32.1E' sogni e le paure gitta via,
32.2in quel che son lasciali andar ne' venti;
32.3essi procedon da malinconia,
32.4e quel fanno veder che tu paventi;
32.5solo Iddio sa il ver di quel che fia,
32.6ed i sogni e gli auguri a che le genti
32.7stolte riguardan, non montano un moco,
32.8né al futuro fanno assai o poco.
33.1Dunque, per Dio, a te stesso perdona,
33.2lascia questo dolor cotanto fiero;
33.3fammi esta grazia, questo don mi dona,
33.4levati su, alleggia il tuo pensiero,
33.5e de' passati ben meco ragiona,
33.6ed a' futuri il tuo animo altiero
33.7dispon, che torneranno assai di corto;
33.8dunque, sperando ben, prendi conforto.
34.1Questa città è grande e dilettosa,
34.2ed ora è 'n triegua sì come tu sai;
34.3andianne in qualche parte graziosa
34.4di qui lontana, e quivi ti starai
34.5con alcun d'esti re, e la noiosa
34.6vita con esso lui trapasserai,
34.7mentre che passi il termine c'ha dato
34.8la bella donna che 'l cor t'ha piagato.
35.1Deh, fallo, i' te ne priego, leva suso
35.2non è atto magnanimo il dolersi
35.3come tu fai, ed il giacer pur giuso;
35.4e s'e tuoi modi sì stolti e diversi
35.5fuor si sapesser, saresti confuso,
35.6e diria l'uom che tu de' tempi avversi,
35.7come codardo, e non d'amor, piangessi,
35.8o che d'essere infermo t'infingessi. —
36.1— Oh me, chi molto perde piange assai,
36.2né 'l può conoscer chi non l'ha provato
36.3qual è quel ben che io andar lasciai;
36.4per ciò non doverei esser biasmato
36.5s'altro che pianger non facessi mai;
36.6ma poi che tu, amico, m'hai pregato,
36.7conforterommi a tutto mio potere,
36.8in tuo servigio e per farti piacere.
37.1Mandici Iddio il dì decimo tosto,
37.2sì ch'io mi torni lieto com'io era
37.3quando di render questa fu risposto:
37.4non fu mai rosa in dolce primavera
37.5bella, com'io a ritornar disposto
37.6sono, come vedrò la fresca cera
37.7di quella donna ritornata in Troia,
37.8che m'è cagion di tormento e di gioia.
38.1Ma dove potrem noi per festa andare
38.2come ragioni? Andianne a Sarpidone?
38.3E come vi potrò io dimorare?
38.4Io avrò sempre in l'animo questione
38.5non forse questa potesse tornare
38.6anzi il dì dato per nulla cagione;
38.7ché non vorrei non esserci se viene,
38.8per quanto il mondo vale e può di bene. —
39.1— Deh, io farò che sanza indugio, alcuno,
39.2se ella torna, fia per me venuto —
39.3rispose Pandar; — io porrò qui uno
39.4per questo sol, sì che ben fia saputo
39.5da noi. Or fosse el già! Non c'è nessuno
39.6da cui come da me fosse voluto;
39.7sì che per questo già non lascerai;
39.8andianne là dov'ora detto m'hai. —
40.1I due compagni nel cammino entraro,
40.2e forse dopo quattromila passi,
40.3là dove Sarpidone era, arrivaro;
40.4il quale come 'l seppe, incontro fassi
40.5a Troiol lieto, e molto gli fu caro.
40.6Li quali, avvegna che e' fosser lassi
40.7del molto sospirar, pur lietamente
40.8festa fer grande col baron possente.
41.1Costui, sì come quei che d'alto core
41.2era più ch'altri in ciascheduna cosa,
41.3fece a ciascun maraviglioso onore
41.4or con cacce, or con festa graziosa
41.5di belle donne e di molto valore,
41.6con canti e suoni, e sempre con pomposa
41.7grandezza di conviti tanti e tali,
41.8che 'n Troia mai s'eran fatti eguali.
42.1Ma che giovavan queste feste al pio
42.2Troiol che 'l core ad esse non avea?
42.3Egli era là dove spesso il disio
42.4formato nel pensier suo nel traea,
42.5e Criseida come suo Iddio
42.6con gli occhi della mente ognor vedea,
42.7or una cosa or altra immaginando
42.8di lei, e spesso d'amor sospirando.
43.1Ogni altra donna a veder gli era grave,
43.2quantunque fosse valorosa e bella;
43.3ogni sollazzo, ogni canto soave,
43.4noioso gli era non vedendo quella,
43.5nelle cui mani Amor posto la chiave
43.6avea della sua vita tapinella;
43.7e tanto bene avea, quanto pensare
43.8a lei potea, lasciando ogni altro affare.
44.1E non passava sera né mattina
44.2che con sospiri costui non chiamasse:
44.3— O luce bella, o stella mattutina. —
44.4Poi come s'ella presente ascoltasse,
44.5mille fiate e più rosa di spina
44.6chiamandola, che ella il salutasse,
44.7pria ch'el ristesse, sempre convenia,
44.8e 'l salutar col sospirar finia.
45.1Nessuna ora del giorno trapassava
45.2che non la nominasse mille fiate;
45.3sempre il suo nome in la bocca gli stava,
45.4e 'l suo bel viso e le parole ornate
45.5nel cuore e nella mente figurava;
45.6le lettere da lei a lui mandate,
45.7il dì ben cento volte rileggea,
45.8tanto di rivederle gli piacea.
46.1E' non vi furon tre dì dimorati
46.2che a Pandar Troiol cominciò a dire:
46.3— Che facciam noi qui più? Siam noi legati
46.4a dovere qui vivere e morire?
46.5Aspettiam noi d'essere accomiatati?
46.6A dirti il vero, i' me ne vorre' ire.
46.7Deh, andianne, per Dio, assai siam suti
46.8con Sarpidone e volentier veduti. —
47.1Pandaro a lui: — Or siam noi per lo foco
47.2venuti qui, o è 'l decimo giorno
47.3venuto? Ancor deh, temperati un poco,
47.4ché l'andarne ora parria uno scorno.
47.5Dove n'andrai tu ora ed in qual loco
47.6nel qual tu facci più lieto soggiorno?
47.7Deh, stiamo ancor due dì, poi ce n'andremo,
47.8e, se vorrai, a casa torneremo. —
48.1Come che Troiol contra voglia stesse,
48.2pur si rimase ne' pensieri usati,
48.3né valea perché Pandar gliel dicesse,
48.4ma dopo il quinto dì accomiatati
48.5quantunque a Sarpidon ciò non piacesse,
48.6ver le lor case si son ritornati,
48.7dicendo Troiol nel cammino: — Oh Dio,
48.8troverò io tornato l'amor mio? —
49.1Ma Pandar seco diceva altrimente,
49.2come colui che conosceva intera
49.3la 'ntenzion di Calcàs, pur pianamente:
49.4«Questa tua voglia sì focosa e fiera
49.5si potrà raffreddar, s'el non mi mente
49.6ciò ch'io udii infin quand'ella c'era;
49.7ed il decimo giorno e 'l mese e l'anno,
49.8pria la riveggi, credo passeranno».
50.1Poi che furono a casa ritornati,
50.2intramendue in camera n'andaro,
50.3ed a seder si furono assettati,
50.4e di Criseida molto ragionaro,
50.5sanza dar sosta Troiol agl'infiammati
50.6sospir; ma dopo alquanto si levaro,
50.7Troiol dicendo: — Andiamo, e sì vedremo
50.8la casa almen, poi ch'altro non potemo. —
51.1E questo detto, il suo Pandaro prese
51.2per mano, e 'l viso alquanto si dipinse
51.3con falso riso, e del palagio scese,
51.4e varie cagion con gli altri finse
51.5ch'eran con lui, per nasconder l'offese
51.6ch'el sentiva d'amor; ma poi ch'attinse
51.7con gli occhi di Criseida la magione
51.8chiusa, sentì novella turbagione.
52.1E' parve che il cor gli si schiantasse,
52.2poi veduta ebbe la porta serrata
52.3e le finestre; e tanto di sé 'l trasse
52.4la passion novellamente nata,
52.5ch'el non sapea se stesse o se andasse,
52.6e nella faccia sua tutta cambiata
52.7n'averia dato segno manifesto
52.8a chi l'avesse riguardato presto.
53.1Con Pandar poi come potea doglioso
53.2della sua nuova angoscia ragionava;
53.3poi dicea: — Lasso, quanto luminoso
53.4eri luogo e piacevol, quando stava
53.5in te quella biltà che 'l mio riposo
53.6dentro degli occhi suoi tutto portava;
53.7or se' rimaso oscuro sanza lei,
53.8né so se mai riaverla ti dei. —
54.1Quando sol gia per Troia cavalcando,
54.2ciaschedun luogo gli tornava a mente;
54.3de' quai con seco giva ragionando:
54.4«Quivi rider la vidi lietamente,
54.5quivi la vidi verso me guardando,
54.6quivi mi salutò benignamente,
54.7quivi far festa e quivi star pensosa,
54.8quivi la vidi a' miei sospir pietosa.
55.1Colà istava, quand'ella mi prese
55.2con gli occhi belli e vaghi con amore;
55.3colà istava, quand'ella m'accese
55.4con un sospir di maggior fuoco il core;
55.5colà istava, quando condiscese
55.6al mio piacere il donnesco valore;
55.7colà la vidi altera, e là umile
55.8mi si mostrò la mia donna gentile».
56.1Poi ciò pensando, giva soggiugnendo:
56.2«Lunga hai fatta di me, Amor, la storia,
56.3s'io non mi voglio a me gir nascondendo,
56.4e 'l ver ben mi ridice la memoria:
56.5dove ch'io vada o stea, s'io bene intendo,
56.6ben mille segni della tua vittoria
56.7discerno, c'hai avuta trionfante
56.8di me, che schernii già ciascuno amante.
57.1Ben hai la tua ingiuria vendicata,
57.2signor possente e molto da temere;
57.3ma poi ch'a te servir l'alma s'è data
57.4tutta, sì come chiaro puoi vedere,
57.5non la lasciar morire sconsolata;
57.6ritornala nel suo primo piacere,
57.7stringi Criseida sì come fai,
57.8sì chella torni a dar fine a' miei guai».
58.1El se ne gia talvolta in sulla porta
58.2per la quale era la sua donna uscita:
58.3«Di quinci uscì colei che mi conforta,
58.4di quinci uscì la mia soave vita;
58.5fino a quel loco le feci la scorta,
58.6e quivi da lei feci dipartita,
58.7e quivi, lasso, le toccai la mano»
58.8seco dicea, seguendo a mano a mano.
59.1«Quindi n'andasti, cuor del corpo mio;
59.2quando sarà che tu quindi ritorni,
59.3caro mio bene e dolce mio disio?
59.4Certo io non so, ma questi dieci giorni
59.5più che mille anni fien! Deh, vedrotti io
59.6giammai tornar con li tuoi atti adorni,
59.7a rallegrarmi sì com'hai promesso?
59.8Deh, fia el mai? Deh, or foss'egli adesso!».
60.1Egli pareva a se stesso nel viso
60.2esser men che l'usato colorito,
60.3e per questo faceva un suo avviso
60.4d'esser talvolta dimostrato a dito,
60.5quasi dicesser: «Perché sì conquiso
60.6è divenuto Troiolo e smarrito?».
60.7Color che 'l dimostrassono, e non era
60.8ma sospica chi sa la cosa vera.
61.1Per che gli piacque di mostrare in versi
61.2chi ne fosse cagione, e sospirando,
61.3quando era assai stanco di dolersi,
61.4alcuna sosta quasi al dolor dando,
61.5mentre aspettava nelli tempi avversi,
61.6con bassa voce si giva cantando
61.7e ricreando l'anima conquisa
61.8dal soperchio d'amore, in cotal guisa:
62.1— La dolce vista e 'l bel guardo soave
62.2de' più begli occhi che si vider mai,
62.3ch'i' ho perduti, fan parer sì grave
62.4la vita mia, ch'io vo traendo guai;
62.5ed a tal punto già condotto m'have,
62.6che 'nvece di sospir leggiadri e gai,
62.7ch'aver solea, disii porto di morte
62.8per la partenza, sì me ne duol forte.
63.1Oh me, Amor, perché nel primo passo
63.2non mi feristi sì ch'io fossi morto?
63.3Perché non dipartisti da me, lasso,
63.4lo spirito angoscioso che io porto,
63.5per ciò che d'alto mi veggio ora in basso?
63.6Non è, Amore, al mio dolor conforto
63.7fuor che 'l morir, trovandomi partuto
63.8da quei begli occhi ov'io t'ho già veduto.
64.1Quando per gentil atto di salute,
64.2ver bella donna giro gli occhi alquanto,
64.3sì tutta si disfà la mia virtute,
64.4che ritener non posso dentro il pianto;
64.5così mi fan l'amorose ferute
64.6membrando la mia donna a cui son tanto,
64.7oh lasso me, lontano a veder lei,
64.8che se 'l volesse Amor, morir vorrei.
65.1Poi che la mia ventura è tanto cruda
65.2che ciò che gli occhi incontra più m'attrista,
65.3per Dio, Amor, che la tua man li chiuda,
65.4poi c'ho perduta l'amorosa vista;
65.5lascia di me, Amor, la carne ignuda,
65.6ché, quando vita per morte s'acquista,
65.7gioioso dovria essere il morire
65.8e sai ben dove l'alma ne dee gire.
66.1Ella n'andrà in quelle belle braccia
66.2donde ha fortuna rea 'l corpo gittato;
66.3non vedi tu che già nella mia faccia
66.4io son del color suo, Amor, segnato?
66.5Vedi l'angoscia che da me la caccia,
66.6trannela tu, e nel seno più amato
66.7da lei la porta, ov'ella attende pace,
66.8ché già ogni altra cosa le dispiace. —
67.1Poi ch'egli avea cantando così detto,
67.2al sospirare antico si tornava,
67.3il dì andando, e la notte nel letto,
67.4di Criseida sua sempre pensava,
67.5né d'altro quasi prendea diletto;
67.6e' dì passati spesso annoverava,
67.7non credendo giammai giungere a' dieci,
67.8ch'a lui tornasse Criseida da' Greci.
68.1Li giorni grandi e le notti maggiori
68.2oltre all'usato modo gli parieno;
68.3el misurava dalli primi albori
68.4infino allor che le stelle apparieno;
68.5e dicea 'l sole entrato in nuovi errori,
68.6né i cavai come già fer corrieno;
68.7della notte diceva il simigliante,
68.8e l'una, due, diceva tutte quante.
69.1Era la vecchia luna già cornuta
69.2nel partir di Criseida, ed el l'avea,
69.3da lei uscendo in sul mattin, veduta;
69.4per che sovente con seco dicea:
69.5«Allor che questa sarà divenuta
69.6colle sue nuove corna, qual facea
69.7quando sen gì la nostra donna, fia
69.8tornata qui allor l'anima mia».
70.1El riguardava li Greci attendati
70.2davanti a Troia, e come già turbarsi,
70.3vedendoli, solea, così mirati
70.4con diletto eran; e ciò che soffiarsi
70.5sentia nel viso, sì come mandati
70.6sospiri da Criseida, solea darsi
70.7a creder fosser, dicendo sovente:
70.8O qua o quivi è mia donna piacente. —
71.1In cotal guisa e 'n altri modi assai,
71.2il tempo sospirando trapassava;
71.3e con lui Pandaro era sempre mai,
71.4che a ciò far sovente il confortava,
71.5ed in ragionamenti lieti e gai,
71.6a suo poter, di trarlo s'ingegnava,
71.7donando a lui ognor buona speranza
71.8della sua vaga e valorosa amanza.
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