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PARTE QUARTA

Filostrato

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1.1Tenendo i Greci la cittade stretta
1.2con forte assedio, Ettòr, nelle cui mani
1.3era tutta la guerra, fé seletta
1.4de' suoi amici e ancora de' Troiani,
1.5e valoroso con sua gente eletta
1.6incontro a' Greci uscì ne' campi piani
1.7come più altre volte fatto avea,
1.8con vari accidenti alla mislea.
2.1Vennergli i Greci incontro, e con battaglia
2.2dura quel giorno consumaron tutto;
2.3ma de' Troiani alfine la puntaglia
2.4non resse bene, onde opportuno al tutto
2.5fu il fuggir con danno e con travaglia,
2.6e molti ne moriro in doglia e lutto,
2.7ed assai ve ne furon per prigioni,
2.8nobili re ed altri gran baroni.
3.1Tra li quai fu 'l magnifico Antenore,
3.2Polidamàs, suo figlio, e Menesteo,
3.3Santippo, Sarpidon, Polinestore,
3.4Polite ancora ed il troian Rifeo,
3.5e molti più cui la virtù d'Ettore,
3.6nel partirsi, riscuoter non poteo;
3.7sì che gran pianto e cruccio fu in Troia,
3.8e quasi annunzio di vie piggior noia.
4.1Chiese Priamo triegua e fugli data,
4.2e cominciossi a trattare in fra loro
4.3di permutar prigioni quella fiata,
4.4e per li sopra più di donare oro.
4.5Il che Calcàs sentendo, con cambiata
4.6faccia si mise e con pianto sonoro
4.7infra li Greci, e per lo gridar fioco
4.8pure impetrò che l'udissero un poco.
5.1— Signor miei — cominciò Calcàs — io fui
5.2troian, sì come voi tutti sapete,
5.3e se ben vi ricorda, io son colui
5.4il qual primiero a quel per che ci sete
5.5recai speranza, e dissivi che vui
5.6a termine dovuto l'otterrete,
5.7cioè vittoria della vostra impresa,
5.8e Troia fia per voi disfatta e 'ncesa.
6.1L'ordine e 'l modo ancora da tenere
6.2in ciò sapete, ch'io v'ho dimostrato;
6.3e perché tutte venissero intere
6.4le voglie vostre nel tempo spiegato,
6.5sanza fidarmi in alcun messaggiere,
6.6o in libello aperto o suggellato,
6.7a voi, com'egli appar, ne son venuto
6.8per darvi in ciò e consiglio ed aiuto.
7.1Il che volendo far, fu opportuno
7.2che con ingegno e molto occultamente,
7.3sanza ciò fare assentire a nessuno,
7.4io mi partissi, e fello, di presente
7.5che 'l chiaro giorno fu tornato bruno,
7.6me n'uscii fuori, e qui tacitamente
7.7ne venni, e nulla meco ne recai,
7.8ma ciò ch'aveva tutto vi lasciai.
8.1Di ciò nel ver poco o nulla mi curo,
8.2fuor d'una mia figliuola giovinetta
8.3ch'io vi lasciai; oh me, padre duro
8.4e rigido ch'io fui, costei soletta
8.5menata n'avess'io qui nel sicuro!
8.6Ma nol sofferse la tema e la fretta:
8.7questo mi duol di ciò ch'io lasciai 'n Troia,
8.8questo mi toglie ed allegrezza e gioia.
9.1Né tempo ancor di richieder poterla
9.2veduto ci ho, però taciuto sono,
9.3ma ora è tempo di potere averla,
9.4se da voi posso impetrar questo dono;
9.5e s'or non s'ha, giammai di rivederla
9.6più non ispererò, e 'n abbandono
9.7la vita mia omai lascerò gire,
9.8sanza curar più 'l viver che 'l morire.
10.1Qui son con voi di nobili baroni
10.2troiani, ed altri assai, cui voi cambiate
10.3con gli avversarii pe' vostri prigioni;
10.4un sol de' molti a me me ne donate,
10.5in luogo delle cui redenzioni
10.6io riabbia mia figlia: consolate,
10.7per Dio, signor, questo vecchio cattivo,
10.8che d'ogni altro sollazzo è voto e privo.
11.1Né d'aver or per li prigion vaghezza
11.2vi tragga, ch'io vi giuro per Iddio,
11.3ch'ogni troiana forza, ogni ricchezza
11.4è nelle vostre man per certo; e s'io
11.5non me ne inganno, tosto la prodezza
11.6fallerà di colui che al disio
11.7di tutti voi tien serrate le porte,
11.8come apparrà per violenta morte. —
12.1Questo dicendo il vecchio sacerdote,
12.2umile nel parlare e nell'aspetto,
12.3sempre rigava di pianto le gote,
12.4e la canuta barba e 'l duro petto
12.5tutto bagnato avea; né furon vote
12.6le sue preghiere di pietoso effetto;
12.7ché, lui tacendo, i Greci con romore
12.8tutti gridaron: — Diaglisi Antenore. —
13.1Così fu fatto, e Calcàs fu contento,
13.2e la bisogna impose a' trattatori,
13.3li quali al re Priamo il suo talento
13.4dissero, ed a' figliuoli ed a' signori
13.5ch'ancora v'erano, onde un parlamento
13.6di ciò si tenne, ed agli ambasciatori
13.7risposer brieve se gli addomandati
13.8rendesser loro, i lor fosser donati.
14.1Troiolo al domandare era presente
14.2che fero i Greci, e Criseida udendo
14.3richieder, dentro al cor subitamente
14.4per tutto si sentì ir trafiggendo
14.5e d'una doglia sì acutamente,
14.6che morir si credette ivi sedendo;
14.7ma con fatica pur dentro ritenne
14.8l'amore e 'l pianto, come si convenne.
15.1E pien d'angoscia e di fiera paura,
15.2quel che fosse risposto ad aspettare
15.3incominciò, con non usata cura
15.4seco volvendo quel ch'avesse a fare,
15.5se tanta fosse la sua isciagura
15.6che tra' fratei sentisse dilibrare
15.7che a Calcàs Criseida si rendesse,
15.8come sturbarlo del tutto potesse.
16.1Amore il facea pronto ad ogni cosa
16.2doversi opporre, ma d'altra parte era
16.3ragion che 'l contrastava, e che dubbiosa
16.4faceva molto quella impresa altiera,
16.5non forse di ciò fosse corrucciosa
16.6Criseida per vergogna: e 'n tal manera,
16.7volendo e non volendo or questo or quello,
16.8intra due stava il timido donzello.
17.1Mentre che egli in cotal guisa stava
17.2sospeso, molte cose ragionate
17.3fur tra' baron, di quel che bisognava
17.4ora al presente per le cose state,
17.5e, com'è detto, a chi quelle aspettava
17.6fur le risposte interamente date,
17.7e che fosse Criseida renduta
17.8che mai non v'era stata sostenuta.
18.1Qual poscia ch'è dall'aratro intaccato
18.2ne' campi il giglio, per soverchio sole
18.3casca ed appassa, e 'l bel color cangiato
18.4pallido fassi, tale alle parole
18.5rendute a' Greci del diterminato
18.6consiglio infra' Troiani, 'n tanta mole
18.7di danno e di periglio, tramortito
18.8lì cadde Troiol d'alto duol ferito.
19.1Il qual Priamo prese infra le braccia,
19.2ed Ettore e' fratei, temendo forte
19.3dell'accidente, e ciascun si procaccia
19.4di confortarlo, e le sue forze morte,
19.5ora i polsi fregando ed or la faccia
19.6bagnandogli sovente, come accorte
19.7persone, s'ingegnavan rivocare,
19.8ma poco ancor valeva l'adoprare.
20.1Esso giacea fra' suoi disteso e vinto
20.2ed un poco di spirto ancor avea,
20.3e 'l viso suo pallido e smorto e tinto
20.4era tututto, e più morta parea
20.5che viva cosa, di pietà dipinto
20.6in guisa tal, ch'ognun pianger facea;
20.7sì grieve fu l'alto tuon che l'offese,
20.8quando di render Criseida intese.
21.1Ma poi che la sua anima dolente,
21.2per lungo spazio, pria che ritornasse,
21.3vagata fu, ritornò chetamente;
21.4ond'esso, quale alcun che si svegliasse
21.5stordito tutto, in piè subitamente
21.6si levò su, e pria che 'l domandasse
21.7alcun che fosse ciò ch'avea sentito,
21.8altro fingendo, da lor s'è partito.
22.1E verso il suo palagio se ne gio,
22.2sanza ascoltare o volgersi ad alcuno,
22.3e tal qual era sospiroso e pio,
22.4sanza voler compagnia di nessuno,
22.5nella camera ginne, e che disio
22.6di riposarsi avea, disse; onde ognuno,
22.7amico e servitor quantunque caro,
22.8n'uscì, ma pria le finestre serraro.
23.1A quel che segue, vaga donna, appresso,
23.2non curo guari se non se' presente,
23.3perciocché 'l mio ingegno da se stesso,
23.4se la memoria debol non gli mente,
23.5saprà 'l grave dolor, dal quale oppresso
23.6per la partenza tua tristo si sente,
23.7ben raccontar sanza alcun tuo soccorso,
23.8che se' cagion di sì amaro morso.
24.1Io ho infino a qui lieto cantato
24.2il ben che Troiol sentì per amore,
24.3come che di sospir fosse mischiato;
24.4or di letizia volgere in dolore
24.5convienmi; per che, se da te 'scoltato
24.6non son, non curo, che a forza il core
24.7ti cangerà, faccendoti pietosa
24.8della mia vita più ch'altra dogliosa.
25.1Ma se pur viene a' tuoi orecchi mai,
25.2priegoti, per l'amore il qual ti porto,
25.3che abbi alcun rispetto alli miei guai,
25.4e ritornando mi rendi il conforto
25.5il qual col tuo partir levato m'hai:
25.6e se discaro t'è trovarmi morto,
25.7ritorna tosto, ché poca è la vita,
25.8la qual lasciata m'ha la tua partita.
26.1Rimaso adunque Troiolo soletto
26.2nella camera sua serrata e scura,
26.3e sanza aver di nessun uom sospetto,
26.4o di potere udito esser paura,
26.5il raccolto dolor nel tristo petto
26.6per la venuta subita sventura
26.7cominciò ad aprire in tal maniera,
26.8ch'uom non parea, ma arrabbiata fera.
27.1Né altrimenti il toro va saltando
27.2or qua or là, da poi c'ha ricevuto
27.3il mortal colpo, e misero mugghiando
27.4conoscer fa qual duolo ha conceputo,
27.5che Troiolo facesse, nabissando
27.6se stesso, e percotendo dissoluto
27.7il capo al muro e con le man la faccia,
27.8con pugni il petto e le dolenti braccia.
28.1Li miseri occhi per pietà del core
28.2forte piangean, e parean due fontane
28.3ch'acqua gittassero abbondevol fore;
28.4gli alti singhiozzi del pianto alle vane
28.5parole ancor toglievano il valore,
28.6le quali ancor delle passate strane
28.7null'altro fuor che morte gian chiedendo,
28.8gl'iddii e sé biastemmiando e schernendo.
29.1Ma poi che la gran furia diede loco,
29.2e per lunghezza temperossi il pianto,
29.3Troiolo acceso nel dolente foco,
29.4sopra il suo letto si gittò alquanto,
29.5non ristando però molto né poco
29.6di pianger forte e di sospirar tanto,
29.7che 'l capo e 'l petto appena gli bastava
29.8a tanta noia quanta si donava.
30.1Poi poco appresso cominciò a dire
30.2seco nel pianto: — O misera Fortuna,
30.3che t'ho io fatto, ch'ad ogni disire
30.4mio sì t'oppon? Non hai tu più alcuna
30.5altra faccenda fuor che 'l mio languire?
30.6Perché sì tosto hai voltata la bruna
30.7faccia ver me, che già t'amava assai
30.8più ch'altro iddio, come tu crudel sai?
31.1Se la mia vita lieta e graziosa
31.2ti dispiacea, perché non abbattevi
31.3tu la superbia d'Ilion pomposa?
31.4Perché il padre mio non mi toglievi?
31.5ché non Ettòr, nel cui valor si posa
31.6ogni speranza in questi tempi grievi?
31.7Perché non ten portavi Polissena?
31.8Deh, perché non Parìs con tutta Elena?
32.1Se a me fosse Criseida sola
32.2rimasa, di niuno altro gran danno
32.3non curerei, né ne farei parola,
32.4ma li tuoi strai dirittamente vanno
32.5sempre alle cose donde s'ha più gola:
32.6per mostrar più la forza del tuo 'nganno,
32.7tu te ne porti tutto il mio conforto:
32.8deh, ora avessi tu 'nnanzi me morto!
33.1Oh me, Amor, signor dolce e piacente,
33.2il qual sai ciò che nell'anima giace,
33.3come farà la mia vita dolente,
33.4s'io perdo questo ben, questa mia pace?
33.5Oh me, Amor soave che la mente
33.6mi consolasti già, signor verace,
33.7che farò io se m'è tolta costei,
33.8a cui per tuo voler tutto mi diei?
34.1Io piangerò e sempre doloroso
34.2starò dove ch'io sia, mentre la vita
34.3mi durerà 'n questo corpo angoscioso!
34.4O anima tapina ed ismarrita,
34.5ché non ti fuggi dal più sventuroso
34.6corpo che viva? O anima invilita,
34.7esci del core e Criseida segui.
34.8Perché nol fai? Perché non ti dilegui?
35.1O dolenti occhi il cui conforto tutto
35.2di Criseida nostra era nel viso,
35.3che farete? Oramai in tristo lutto
35.4sempre starete, poi da voi diviso
35.5sarà, e 'l valor vostro fia distrutto
35.6dal vostro lagrimar vinto e conquiso.
35.7Invano omai vedrete altra virtute,
35.8se el v'è tolta la vostra salute.
36.1O Criseida mia, o dolce bene
36.2dell'anima dolente che ti chiama,
36.3chi darà più conforto alle mie pene?
36.4Chi porrà 'n pace l'amorosa brama?
36.5Se tu ten vai, oh me, morir convene
36.6a colui, lasso, che più che sé t'ama;
36.7ed io morrò sanza averlo mertato,
36.8de' dispietati iddii sia il peccato.
37.1Deh, or si fosse questo tuo partire
37.2tanto indugiato ch'apparato avessi
37.3per lunga usanza, lasso, il sofferire!
37.4Io non vo' dir che io non m'opponessi,
37.5a mio potere, a non lasciarti gire,
37.6ma se pur ciò addivenir vedessi,
37.7per lunga usanza mi parria soave
37.8la tua partenza ch'or mi par sì grave.
38.1O vecchio malvissuto, o vecchio insano,
38.2qual fantasia ti mosse, quale sdegno,
38.3a gire a' Greci, essendo tu troiano?
38.4Era onorato in tutto il nostro regno
38.5più di te nullo regnicola o strano?
38.6O iniquo consiglio, o petto pregno
38.7di tradimenti, d'inganni e di noia,
38.8or t'avess'io qual io vorrei in Troia!
39.1Or fostù morto il dì che tu ci uscisti,
39.2or fostù morto a piè de' Greci allora
39.3che tu la bocca primamente apristi
39.4a richieder colei che m'innamora!
39.5Oh quanto al mondo mal per me venisti!
39.6Tu se' cagion del dolor che m'accora;
39.7la lancia che passò Protesilao
39.8t'avesse nel cor fitta Menelao!
40.1S' tu fossi morto i' viverei per certo,
40.2ché chi cercar Criseida non sarebbe;
40.3s'tu fossi morto i' non sarei diserto,
40.4da me Criseida non si partirebbe;
40.5s'tu fossi morto, i' veggio assai aperto,
40.6quel che mi duole agual non mi dorrebbe.
40.7Dunque la vita tua è di mia morte
40.8trista cagione, e di dogliosa sorte. —
41.1Mille sospiri più che fuoco ardenti
41.2uscivan fuor dell'amoroso petto,
41.3misti con pianto e con detti dolenti,
41.4sanza dar l'una all'altro alcun rispetto;
41.5e sì vinto l'avien questi lamenti
41.6che più non potea oltre il giovinetto,
41.7ond'el s'addormentò; ma non dormio
41.8guari di tempo che si risentio.
42.1E sospirando, in piè si fu levato,
42.2ginne alla porta che serrata avea,
42.3e quella aperse, e ad un suo privato
42.4valletto disse: — Fa che tu non stea:
42.5subitamente Pandaro chiamato,
42.6fa ch'a me vegna. — E quindi si togliea
42.7al buio della camera, doglioso,
42.8pien di pensieri e tutto sonnacchioso.
43.1Pandaro venne, e già avea sentito
43.2ciò che chiedean li Greci ambasciatori,
43.3e come aveano ancora per partito
43.4preso di render Criseida i signori;
43.5di che nel viso tutto sbigottito,
43.6di Troiol seco pensando i dolori,
43.7nella camera entrò oscura e cheta,
43.8né sa che dir parola o trista o lieta.
44.1Troiolo, tosto che veduto l'ebbe
44.2gli corse al collo sì forte piangendo,
44.3che bene raccontarlo uom non potrebbe.
44.4Il che 'l dolente Pandaro sentendo,
44.5a pianger cominciò, sì gliene 'ncrebbe,
44.6e 'n cotal guisa, null'altro faccendo
44.7che pianger forte, dimoraro alquanto,
44.8sanza parlar nessuno o tanto o quanto.
45.1Ma poi che Troiolo ebbe presa lena,
45.2pria cominciò: — O Pandaro i' son morto,
45.3la mia letizia s'è voltata in pena,
45.4misero me, e 'l mio dolce conforto.
45.5Fortuna insidiosa se ne 'l mena,
45.6e con lui 'nsieme il sollazzo e 'l diporto.
45.7Hai tu sentito ancor come ne sia
45.8da' Greci tolta Criseida mia? —
46.1Pandaro, il qual non men forte piangea
46.2rispose: — Sì, così non fosse 'l vero!
46.3oimè lasso, ch'io non mi credea
46.4che questo tempo sì dolce e sincero
46.5mancasse così tosto, né potea
46.6meco vedere ch'al tuo bene intero
46.7potesse nuocer fuor che palesarsi;
46.8or veggio i nostri avvisi tutti scarsi.
47.1Ma tu perché tanta angoscia ti dai?
47.2Perché tanto dolor e tal tormento?
47.3Ciò che disideravi avuto l'hai,
47.4esser dovresti sol di ciò contento;
47.5lasciagli a me e questi e gli altri guai,
47.6c'ho sempre amato, e mai un guatamento
47.7non ebbi da colei che mi disface,
47.8e che potrebbe sola darmi pace.
48.1Ed oltre a ciò, questa città si vede
48.2piena di belle donne e graziose,
48.3e, se 'l ben ch'io ti vo' merita fede,
48.4nulla ce n'è, quai vuoi le più vezzose,
48.5ch'a grado non le sia aver mercede
48.6di te, se tu per lei in amorose
48.7pene entrerai; però se noi perdemo
48.8costei, molte altre ne ritroveremo.
49.1E come io udii già sovente dire
49.2il nuovo amor sempre caccia l'antico,
49.3nuovo piacere il presente martire
49.4torrà da te, se tu fai ciò ch'io dico.
49.5Dunque non vuogli per costei morire,
49.6né vuogli di te stesso esser nemico;
49.7cre' tu per pianto forse riaverla,
49.8o ch'ella non sen vada ritenerla? —
50.1Troiolo, udendo Pandaro, più forte
50.2a pianger cominciò, dicendo appresso:
50.3— Io priego Iddio che mi mandi la morte
50.4prima che io commetta un tale eccesso;
50.5come che belle, leggiadre ed accorte
50.6sian l'altre donne, ed io il ti confesso,
50.7nulla cen fu mai simile a costei
50.8a cui son dato, e tutto son di lei.
51.1Da' suoi begli occhi mosser le faville
51.2che del foco amoroso m'infiammaro;
51.3queste pe' miei passando a mille a mille,
51.4soavemente amor seco menaro
51.5dentro dal cor, nel quale esso sortille
51.6come gli piacque, e quivi incominciaro
51.7primiere il foco, il cui sommo fervore
51.8cagione è stato d'ogni mio valore.
52.1Il qual perch'io volessi, che non voglio,
52.2spegner non potrei mai, tant'è possente,
52.3e se più fosse ancor non me ne doglio,
52.4stesse Criseida nosco solamente;
52.5del cui partir, non dell'amor, cordoglio
52.6l'anima innamorata dentro sente;
52.7né altra c'è, non dispiaccia a nessuna,
52.8ch'agguagliar le si possa in cosa alcuna.
53.1Dunque come potrebbe Amor giammai,
53.2o d'alcuno i conforti, il mio disio
53.3volgere ad altra donna? I' ho assai
53.4a sostener d'angoscia nel cor mio,
53.5ma troppo più fino agli stremi guai
53.6ve ne riceverei, prima che io
53.7in altra donna l'animo ponessi;
53.8Amore e Dio e 'l mondo questo cessi.
54.1E la morte e 'l sepolcro dipartire
54.2questo mio fermo amor soli potranno,
54.3che che di ciò mi si deggia seguire;
54.4questi con lui la mia alma merranno
54.5giù nello 'nferno all'ultimo martire;
54.6quivi insieme Criseida piangeranno,
54.7di cui sempre sarò dove ch'io sia,
54.8se' per morire, amor non se n'oblia.
55.1Dunque, per Dio, il ragionar di questo,
55.2Pandaro, cessa, ch'altra donna vegna
55.3nel cor, dov'io in suo abito onesto
55.4Criseida tegno come certa insegna
55.5de' miei piacer, quantunque ora molesto
55.6sia alla mente, ch'al suo mal s'ingegna,
55.7il suo partir del qual fra noi si parla,
55.8ch'ancor di quinci non veggiam mutarla.
56.1Ma tu favelli divisatamente,
56.2quasi ragioni che men pena sia
56.3il perder che il non aver niente
56.4avuto mai; ell'è chiara follia,
56.5Pandaro, sieti questo nella mente:
56.6ch'ogni dolor trapassa quel che ria
56.7fortuna adduce a chi stato è felice,
56.8e partesi dal ver chi altro dice.
57.1Ma dimmi, se del mio amor ti cale,
57.2poscia che el ti par così leggero
57.3il permutare amore come aguale
57.4mi ragionavi, tu perché sentiero
57.5non hai mutato, poi che tanto male
57.6di te si porta il tuo amor severo?
57.7perché non hai altra donna seguita,
57.8ch'avesse in pace posta la tua vita?
58.1Se tu che viver suoi d'amor cruccioso,
58.2non l'hai in altro potuto mutare,
58.3io, che con lui vivea lieto e gioioso,
58.4come 'l potrò da me così cacciare,
58.5come ragioni, perché angoscioso
58.6caso subitamente soprastare
58.7ora mi veggia? Io son per altra guisa
58.8preso, che la tua mente non divisa.
59.1Credimi, Pandar, credimi ch'amore
59.2quando s'apprende per sommo piacere
59.3nell'anima d'alcun, cacciarnel fore
59.4non si può mai, ma puonne ben cadere
59.5in processo di tempo, se dolore,
59.6o morte, o povertà, o non vedere
59.7la cosa amata ne gli son cagione,
59.8com'egli avvenne già a più persone.
60.1Che farò dunque, lasso sventurato,
60.2s'io Criseida perdo in tal maniera
60.3che l'ho perduta? Perciocché cambiato
60.4a lei è Antenore. Oh me, ch'el m'era
60.5la morte meglio, o non esser mai nato!
60.6Deh, che farò? Il mio cor si dispera,
60.7deh, morte, vieni a me che t'addomando,
60.8deh, vien, non mi lasciar languire amando.
61.1Morte, tu mi sarai tanto soave,
61.2quant'è la vita a chi lieta la mena:
61.3già l'orrido tuo aspetto non m'è grave,
61.4dunque vieni e finisci la mia pena;
61.5deh, non tardar, ché questo foco m'have
61.6incesa già sì ciascheduna vena,
61.7che rifrigero il tuo colpo mi fia;
61.8deh, vieni omai che 'l cor pur te disia.
62.1Uccidimi, per Dio, non consentire
62.2ch'io viva tanto in questo mondo, ch'io
62.3il cuor del corpo mi veggia partire:
62.4deh, fallo, morte, i' ten priego per Dio,
62.5ch'assai mi dorrà quel più che 'l morire:
62.6contenta in questa parte il mio disio;
62.7tu n'uccidi ben tanti oltre al volere,
62.8che ben puoi fare a me questo piacere. —
63.1Così piangendo si rammaricava
63.2Troiolo, e Pandar piangea similmente,
63.3e nondimen sovente il confortava
63.4quanto poteva il più pietosamente;
63.5ma tal conforto niente non giovava,
63.6anzi cresceva continuamente
63.7il pianto doloroso ed il tormento,
63.8tant'era di cotal cosa scontento.
64.1A cui Pandaro disse: — Amico caro,
64.2se non t'aggradan gli argomenti miei,
64.3ed ètti tanto quanto par discaro
64.4il dipartir futuro di costei,
64.5perché non prendi, in quel che puoi, riparo
64.6alla tua vita, e va rapisci lei?
64.7Parìs andò in Grecia e menonne
64.8Elena, il fior di tutte l'altre donne,
65.1e tu in Troia tua non ardirai
65.2di rapire una donna che ti piaccia?
65.3Tu farai questo se me crederai;
65.4caccia via il dolor, caccial via, caccia
65.5l'angoscia tua e li dolenti guai,
65.6rasciuga il tristo pianto della faccia,
65.7e l'animo tuo grande ora dimostra
65.8oprando sì che Criseida sia nostra. —
66.1Troiolo allora a Pandaro rispose:
66.2— Ben veggio, amico, ch'ogni ingegno poni
66.3per levar via le mie pene angosciose;
66.4io ho pensato ciò che tu ragioni,
66.5e divisate ancor molte altre cose,
66.6come ch'io pianga e tutto m'abbandoni
66.7nel dolore ch'avanza ogni mia possa,
66.8sì grieve è stata la sua gran percossa.
67.1Né m'ha però da consiglio dovuto
67.2potuto tor nel mio fervente amore,
67.3anzi pensando ho con meco veduto
67.4che 'l tempo non concede tale errore.
67.5Se ciaschedun de' nostri rivenuto
67.6quiritto fosse, ed ancora Antenore,
67.7di romper fede i' non mi curerei,
67.8fosse ciò che potesse, anzi il farei.
68.1Poi temo di turbar con violenta
68.2rapina il suo onore e la sua fama,
68.3né so ben s'ella ne fosse contenta,
68.4ed io pur so che ella molto m'ama;
68.5per ch'a prender partito non s'attenta
68.6il cor, che d'una parte questo brama,
68.7e d'altra teme di non dispiacere,
68.8ché non piacendo, non la vorre' avere.
69.1Pensato ancora avea di domandarla
69.2di grazia al padre mio che la mi desse,
69.3poi penso questo fora un accusarla
69.4e far palese le cose commesse,
69.5né spero ancora ch'el dovesse darla,
69.6sì per non romper le cose promesse,
69.7sì perché la direbbe diseguale
69.8a me, al qual vuol dar donna reale.
70.1Così piangendo, in amorosa erranza
70.2dimoro, lasso, e non so che mi fare,
70.3perocché il valor se pure avanza
70.4forte d'amor, il mio sento mancare,
70.5e d'ogni parte fugge la speranza,
70.6e crescon le cagion del tormentare.
70.7Vorrei io esser morto il giorno ch'io
70.8prima m'accesi in sì fatto disio. —
71.1Pandaro disse allora: — Tu farai
71.2come ti piacerà, ma s'io acceso
71.3fossi come tu mostri essere assai,
71.4quantunque fosse grave questo peso,
71.5avendo la potenza che tu hai,
71.6se non mi fosse per forza difeso,
71.7di portarla farei il mio potere,
71.8a cui ch'el si dovesse dispiacere.
72.1Non guarda amor cotanto sottilmente,
72.2quanto par che tu facci, quando cuoce
72.3ben da dover la 'nnamorata mente;
72.4il qual se quanto di' fiero ti nuoce,
72.5seguita il suo volere, e virilmente
72.6t'opponi a questo tormento feroce,
72.7e vogli innanzi esser ripreso alquanto,
72.8che con martir morire in tristo pianto.
73.1Tu non hai a rapir donna che sia
73.2dal tuo voler lontana, ma è tale,
73.3che di ciò che farai, contenta fia,
73.4e se di ciò seguisse troppo male,
73.5o biasimo di te, tu hai la via
73.6di riuscirne tosto, ch'è cotale:
73.7renderla indietro. La Fortuna aiuta
73.8chiunque ardisce e' timidi rifiuta.
74.1E se pur questa cosa a lei gravasse,
74.2in brieve tempo ne riavrai pace,
74.3ben ch'io non credo ch'ella sen crucciasse,
74.4tanto l'amor che le porti le piace.
74.5Della sua fama, perch'ella mancasse,
74.6a dirti il ver, men grava e men dispiace:
74.7passisene ella come fa Elena,
74.8pur ch'ella faccia la tua voglia piena.
75.1Adunque piglia ardir, sii valoroso,
75.2amor promessa non cura né fede;
75.3mostrati un poco al presente animoso,
75.4abbi di te medesimo mercede;
75.5io sarò teco in ciascun periglioso
75.6caso, cotanto quanto mi concede
75.7il poter mio. Presumi pur di fare,
75.8gl'iddii ci avranno poscia ad aiutare. —
76.1Troiolo il detto molto bene intese
76.2di Pandaro, e rispose: — Io son contento,
76.3ma s'elle fosser mille volte accese
76.4le fiamme mie, e maggio il mio tormento
76.5che el non è, alla donna cortese,
76.6per soddisfarmi, un picciol gravamento
76.7io non farei, prima vorrei morire;
76.8però da lei il vo' prima sentire. —
77.1— Dunque leviamci quinci e più non stiamo;
77.2lavati il viso, e ritorniamo a corte,
77.3e sotto il riso il dolore occultiamo;
77.4di nulla ancor si son le genti accorte,
77.5che, stando qui, maravigliar facciamo
77.6ciascun che 'l sa; or fa che tu sii forte
77.7in ben celare, ed io terrò manera
77.8che con Criseida parlerai stasera. —
78.1La fama velocissima, la quale
78.2il falso e 'l vero ugualmente rapporta,
78.3era volata con prestissime ale
78.4per tutta Troia, e con parola scorta
78.5narrato aveva chente fosse e quale
78.6l'ambasciata de' Greci stata porta,
78.7e che Criseida data dal signore
78.8alli Greci era in cambio d'Antenore.
79.1La qual novella sì come l'udio
79.2Criseida, che già non si curava
79.3del padre più: «Oh me, tristo il cor mio!»
79.4disse fra sé. E forte le noiava
79.5come a colei ch'avea volto il disio
79.6a Troiolo il quale più ch'altro amava.
79.7E per paura ciò ch'udia contarne
79.8non fosse ver, non ardia dimandarne.
80.1Ma come noi veggiamo ch'egli avviene,
80.2che l'una donna l'altra a visitare
80.3ne' casi nuovi va se le vuol bene,
80.4così sen venner molte a dimorare
80.5con Criseida il giorno, tutte piene
80.6di pietosa allegrezza, ed a contare
80.7le cominciaron per ordine il fatto
80.8com'ella era renduta, e con che patto.
81.1Diceva l'una: — Certo assai mi piace
81.2che tu torni al tuo padre e sii con lui. —
81.3L'altra diceva: — E a me, ma mi spiace
81.4vederla dipartir quinci da nui. —
81.5L'altra diceva: — Ella potrà la pace
81.6nostra ordinare e far con esso lui,
81.7il qual sapete, come avemo udito,
81.8che prender fa qual vuol d'ogni partito. —
82.1Questi e molti altri parlar femminili,
82.2quasi quivi non fosse, udiva quella
82.3sanza risponder, tenendoli vili;
82.4né poteva celar la faccia bella
82.5gli alti pensier ch'avea d'amor gentili,
82.6venuti in lei per l'udita novella.
82.7Il corpo era qui e l'anima era altrove,
82.8cercando Troiol sanza saper dove.
83.1E queste donne che far le credieno
83.2consolazione stando, sommamente
83.3parlando seco assai le dispiacieno,
83.4com'a colei che sentia nella mente
83.5tutt'altra passion che non credieno
83.6color che v'erano, ed assai sovente
83.7donnescamente accomiatava quelle,
83.8tal voglia avea di rimaner sanz'elle.
84.1Né potea ritenere alcun sospiro,
84.2e tal fiata alcuna lagrimetta
84.3cadendo, dava segno del martiro
84.4nel qual l'anima sua era costretta;
84.5ma quelle stolte che le facean giro,
84.6credevan per pietà la giovinetta
84.7far ciò, ch'avesse d'abbandonar esse,
84.8le quali esser solean sue compagnesse.
85.1E ciascuna voleva confortarla
85.2pur sopra quello ch'a lei non dolea;
85.3parole assai dicean da consolarla
85.4per la partenza la qual far dovea
85.5da lor, né erano altro che grattarla
85.6nelle calcagne, ove il capo prudea;
85.7ché ella di lor niente si curava,
85.8ma di Troiolo solo il qual lasciava.
86.1Ma dopo molto cinguettare invano,
86.2come fanno le più, s'accomiataro
86.3e girsen via, ed ella a mano a mano
86.4vinta e sospinta dal dolore amaro,
86.5nella camera sua piangendo piano
86.6se n'entrò dentro, e sanza dar riparo
86.7con consiglio nessuno al suo gran male,
86.8tal pianger fé che mai non si fé tale.
87.1Erasi la dolente in sul suo letto
87.2stesa gittata, piangendo sì forte,
87.3che dir non si poria; e 'l bianco petto
87.4spesso batteasi, chiamando la morte
87.5che l'uccidesse, poi che 'l suo diletto
87.6lasciar le convenia per dura sorte,
87.7e' biondi crin tirandosi rompea,
87.8e mille volte ognor morte chiedea.
88.1Ella diceva: — Lassa sventurata,
88.2misera me dolente, ove vo io?
88.3Oh, trista me, che 'n mal punto fui nata,
88.4dove ti lascio, dolce l'amor mio?
88.5Deh, or foss'io nel nascere affogata,
88.6o non t'avessi, dolce mio disio,
88.7veduto mai, poi che sì ria ventura
88.8e me a te, e te a me or fura.
89.1Che farò io, dogliosa la mia vita,
89.2allor che più non ti potrò vedere?
89.3Che farò io da te, Troiol, partita?
89.4Certo io non credo mai mangiar né bere,
89.5e se per sé non sen va la smarrita
89.6anima fuor del corpo, a mio potere
89.7la caccerò con fame, perch'io veggio
89.8che sempre omai andrò di male in peggio.
90.1Or vedova sarò io daddovero,
90.2poi che da te dipartir mi conviene,
90.3cuor del mio corpo, e 'l vestimento nero
90.4ver testimonio fia delle mie pene.
90.5Oimè lassa, che duro pensiero
90.6è quello in che la partenza mi tiene!
90.7Oh me, come potrò io sofferire,
90.8Troiol, vedermi da te dipartire?
91.1Come potrò io sanza anima stare?
91.2Ella si rimarrà qui per lo certo
91.3col nostro amore e teco a lamentare
91.4il partir doloroso, che per merto
91.5di tanto buon amor ci convien fare.
91.6Oh me, Troiol mio, or fia el sofferto
91.7da te vedermi gir? Ché non t'ingegni,
91.8per amore o per forza mi ritegni?
92.1Io me n'andrò, né so se fia giammai
92.2ch'io ti riveggia, dolce mio amore,
92.3ma tu che tanto m'ami, che farai?
92.4deh, potrai tu sostenere il dolore?
92.5Io già nol sosterrò, io so che guai
92.6soverchi mi faran crepare il core.
92.7Deh, or fosse pur tosto, perché poscia
92.8io sarei fuor di questa grave angoscia.
93.1O padre mio, iniquo e disleale
93.2alla patria tua, sia tristo il punto
93.3che nel petto ti venne sì gran male
93.4qual fu volere a' Greci esser congiunto,
93.5e li Troian lasciar! Nell'infernale
93.6valle fostù, volesse Dio, defunto,
93.7iniquo vecchio, che negli ultimi anni
93.8della tua vita, hai fatti tali inganni!
94.1Oimè lassa, trista e dolorosa,
94.2ch'a me convien portar la penitenza
94.3del tuo peccato! Cotanto noiosa
94.4vita non meritai per mia fallenza.
94.5O verità del ciel, luce pietosa,
94.6come sofferi tu cotal sentenza,
94.7ch'un pecchi ed altro pianga, com'io faccio,
94.8che non peccai e di dolor mi sfaccio? —
95.1Chi potrebbe giammai narrare appieno
95.2ciò che Criseida nel pianto dicea?
95.3Certo non io, ch'al fatto il dir vien meno,
95.4tant'era la sua noia cruda e rea.
95.5Ma mentre tai lamenti si facieno
95.6Pandaro venne, a cui non si tenea
95.7uscio giammai, e 'n camera sen gio
95.8là dov'ella faceva il pianto rio.
96.1El vide lei 'n sul letto avviluppata
96.2ne' singhiozzi del pianto e ne' sospiri,
96.3e 'l petto tutto e la faccia bagnata
96.4di lagrime le vide, e due disiri
96.5di pianger gli occhi suoi, e scapigliata,
96.6dar vero segno degli aspri martiri.
96.7La qual come lui vide, fra le braccia
96.8per vergogna nascose la sua faccia.
97.1— Crudele il punto cominciò a dire
97.2Pandar — fu quel nel qual io mi levai,
97.3che dovunque oggi vo, doglia sentire,
97.4tormenti, pianti, angosce ed alti guai,
97.5sospiri, noia ed amaro languire
97.6mi par per tutto. O Giove che farai?
97.7Io credo che del ciel lagrime versi,
97.8tanto ti son li nostri fatti avversi.
98.1E tu, o sconsolata mia sorella,
98.2che credi far? Cre' tu cozzar co' fati?
98.3Perché disfai la tua persona bella
98.4con pianti sì crudeli e smisurati?
98.5Levati su e volgiti e favella,
98.6leva alto il viso, e gli occhi sconsolati
98.7rasciuga alquanto, ed odi quel ch'io dico
98.8a te mandato dal tuo dolce amico. —
99.1Voltossi allor Criseida, faccendo
99.2un pianto tal che dir non si poria,
99.3e rimirava Pandaro dicendo:
99.4— Oh lassa me! che vuol l'anima mia,
99.5la qual convienmi abbandonar piangendo,
99.6né so se mai ch'io mel riveggia fia?
99.7Vuol ei sospiri, o pianti o che domanda?
99.8Io n'ho assai s'egli per questi manda. —
100.1Ell'era tale a riguardar nel viso
100.2quale è colei ch'alla fossa è portata,
100.3e la sua faccia fatta in paradiso,
100.4tututta si vedeva trasmutata;
100.5la sua vaghezza e 'l piacevole riso
100.6fuggendosi, l'aveano abbandonata
100.7e 'ntorno agli occhi un purpureo giro
100.8dava vero segnal del suo martiro.
101.1Il che vedendo Pandaro, ch'avea
101.2con Troiol pianto il giorno lungamente,
101.3le lacrime dolenti non potea
101.4tener, ma cominciò similemente,
101.5lasciando star quel che parlar volea,
101.6a pianger con costei dogliosamente;
101.7ma poi ch'ebber ciò fatto insieme alquanto
101.8temperò prima Pandaro il suo pianto.
102.1E disse: — Donna, io credo c'hai udito,
102.2ma ne son certo, come se' richesta
102.3dal padre tuo, e preso è il partito
102.4di renderti dal re; sì che per questa
102.5semmana ten dei gir, s'ho 'l ver sentito;
102.6e quanto questo sia cosa molesta
102.7a Troiolo, appien non si poria dire,
102.8il qual del tutto in duol ne vuol morire.
103.1Ed abbiam tanto pianto oggi egli ed io,
103.2ch'è maraviglia donde egli è venuto;
103.3ora alla fine, pel consiglio mio,
103.4alquanto s'è di pianger ritenuto,
103.5e par che d'esser teco abbia disio;
103.6per ch'io a dir, sì come gli è piaciuto,
103.7tel son venuto, pria che vi partiate,
103.8acciò ch'insieme alquanto vi sfoghiate. —
104.1Grande è — disse Criseida — il mio dolore,
104.2come di quella che più di sé l'ama,
104.3ma il suo m'è di gran lunga maggiore,
104.4udendo che per me la morte brama;
104.5or s'aprirà, s'aprir si dee mai core
104.6per fiera doglia, il mio; ora si sfama
104.7la nemica Fortuna in sui miei danni,
104.8ora conosco i suoi occulti inganni.
105.1Grave m'è la partenza, Iddio il vede,
105.2ma più m'è di veder Troiolo afflitto,
105.3e incomportabil molto, per mia fede,
105.4tanto ch'io, ne morrò sanza rispitto.
105.5E morir vo' sanza sperar mercede,
105.6poi che 'l mio Troiol veggio sì trafitto.
105.7Di' che quan' vuol venir, questo mi fia
105.8sommo conforto nell'angoscia mia. —
106.1E questo detto, ricadde supina,
106.2poi 'n sulle braccia ricominciò 'l pianto.
106.3A cui Pandaro disse: — Oh me, meschina,
106.4or che farai? Non prenderai alquanto
106.5di conforto, pensando che vicina
106.6sia l'ora già che quel ch'ami cotanto
106.7ti sarà 'n braccio? Leva su, racconcia
106.8te, ch'esso non ti trovi così sconcia.
107.1Se el sapesse che così facessi,
107.2esso s'uccideria, né il potrebbe
107.3ritenernel nessuno; e s'io credessi
107.4che così stessi, el non ci metterebbe,
107.5credimi, il piè, se io far lo potessi,
107.6ch'io so che vita ne gli seguirebbe.
107.7Però levati su, rifatti tale
107.8che tu alleggi e non creschi il suo male. —
108.1— Va — Criseida disse — io t'imprometto,
108.2Pandaro mio, ch'io me ne sforzeraggio.
108.3Come partito ti sarai, dal letto
108.4sanza indugio niun mi leveraggio,
108.5ed il mio male e 'l perduto diletto
108.6tutto nel cor serrato mi terraggio.
108.7Fa pur ch'el vegna e vegna al modo usato,
108.8che troverà qual suol l'uscio appoggiato. —
109.1Ritrovò Pandar Troiolo pensoso,
109.2e sì forte nel viso sbigottito,
109.3che per pietà ne divenne doglioso,
109.4ver lui dicendo: — Or se' tu sì 'nvilito
109.5come tu mostri, giovin valoroso?
109.6Ancor non s'è da te 'l tuo ben partito;
109.7perché ancor cotanto ti sconforti
109.8che gli occhi in testa ti paion già morti?
110.1Tu se' vivuto assai sanza costei,
110.2non ti dà 'l cuor poter vivere ancora?
110.3Nascesti tu al mondo pur per lei?
110.4Dimostrati uomo alquanto e ti rincora,
110.5caccia questi dolori e questi omei
110.6almeno in parte; io non fe', poi dimora
110.7in altro luogo se non qui con teco,
110.8ch'io le parlai e fui gran pezza seco.
111.1E per quel che mi paia, tu non senti
111.2la metà noia che la dolente face,
111.3e' suoi sospiri son tanto cocenti,
111.4e sì questa partenza le dispiace,
111.5che trapassano i tuoi per ognun venti.
111.6Dunque con teco datti alquanto pace,
111.7ch'almen puoi tu, in questo caso amaro,
111.8conoscer quanto tu a lei se' caro.
112.1I' ho con esso lei testé composto
112.2che tu ad essa ne vadi, e stasera
112.3sarai con seco, e quel c'hai già disposto
112.4le mostrerai per più bella maniera
112.5che tu potrai; tu t'avvedrai ben tosto
112.6quel ch'a grado le fia con mente intera:
112.7forse che troverete modi i quali
112.8fien grandi alleggiamenti a' vostri mali. —
113.1A cui rispose Troiol sospirando:
113.2— Tu parli bene, ed io così vo' fare. —
113.3Ed altre cose assai disse, ma quando
113.4tempo gli parve di dovere andare,
113.5Pandaro sopra ciò lasciò pensando,
113.6ed el sen gì, e mille anni gli pare
113.7d'essere in braccio al suo caro conforto,
113.8il qual fortuna poi gli tolse a torto.
114.1Criseida, quando ora e tempo fue,
114.2com' era usata, con un torchio acceso
114.3sen venne a lui, e nelle braccia sue
114.4il ricevette, ed esso lei, compreso
114.5da grieve doglia, e mutoli amendue
114.6nasconder non potero il core offeso;
114.7ma abbracciati sanza farsi motto
114.8incominciaro un gran pianto e dirotto.
115.1E forte insieme amendue si stringieno
115.2di lagrime bagnati tutti quanti,
115.3e volendo parlarsi non potieno,
115.4sì gl'impedivan gli angosciosi pianti
115.5e' singhiozzi e' sospiri, e nondimeno
115.6si basciavan talvolta, e le cascanti
115.7lagrime si bevean, sanza aver cura
115.8ch'amare fossero oltre lor natura.
116.1Ma poscia che gli spiriti affannati
116.2per l'angoscia del pianto e de' sospiri,
116.3furon nelli lor luoghi ritornati
116.4per l'allentar de' noiosi martiri,
116.5Criseida, ver Troiolo levati
116.6gli occhi dolenti per gli aspri disiri,
116.7con rotta voce disse: — O signor mio,
116.8chi mi ti toglie, e dove ne vo io? —
117.1Poi gli ricadde col viso in sul petto
117.2venendo meno, e le forze partirsi,
117.3da tanta doglia fu il cor ristretto,
117.4ed ingegnossi l'alma di fuggirsi;
117.5e Troiolo guardando nel suo aspetto,
117.6e lei chiamando e non sentendo udirsi,
117.7e gli occhi suoi velati e lei cascante,
117.8che morta fosse gli porser sembiante.
118.1Il che vedendo Troiolo, angoscioso
118.2di doppia doglia, la pose a giacere,
118.3spesso basciando il viso lagrimoso,
118.4cercando se potesse in lei vedere
118.5alcun segno di vita, e doloroso
118.6ogni parte tentava, ed al parere
118.7di lui, di vita così sconsolata
118.8dicea piangendo ch'era trapassata.
119.1Ell'era fredda e sanza sentimento
119.2alcun, per quel che Troiol conoscesse,
119.3e questo gli parea vero argomento
119.4che ella i giorni suoi finiti avesse;
119.5per che, dopo lunghissimo lamento,
119.6prima che ad altro atto procedesse,
119.7l'asciugò 'l viso e 'l corpo suo compose,
119.8come si soglion far le morte cose.
120.1E fatto questo, con animo forte
120.2la propria spada del fodero trasse,
120.3tutto disposto di prender la morte,
120.4acciocché il suo spirto seguitasse
120.5quel della donna con sì trista sorte,
120.6e nell'inferno con lei abitasse,
120.7poi che aspra fortuna e duro amore
120.8di questa vita lui cacciava fore.
121.1Ma prima disse, acceso d'alto sdegno:
121.2— O crudel Giove, e tu Fortuna ria,
121.3a quel che voi volete, ecco ch'io vegno;
121.4tolta m'avete Criseida mia,
121.5la qual credetti che con altro ingegno
121.6tor mi doveste, e dove ella si sia
121.7ora non so, ma 'l corpo suo qui morto
121.8veggio da voi a grandissimo torto.
122.1Ed io lascerò 'l mondo, e seguiraggio
122.2con lo spirito lei poi ch'el vi piace;
122.3forse di là miglior fortuna avraggio,
122.4con lei avendo de' miei disir pace,
122.5se di là s'ama, sì come io aggio
122.6udito alcuna volta vi si face;
122.7poi che vedermi in vita non volete,
122.8l'anima mia almen con lei ponete.
123.1E tu città la qual io lascio in guerra,
123.2e tu Priamo, e voi cari fratelli,
123.3fate con Dio, ch'io me ne vo sotterra,
123.4di Criseida dietro agli occhi belli;
123.5e tu per cui tanto dolor mi serra
123.6e che dal corpo l'anima divelli,
123.7ricevimi, Criseida — volea dire,
123.8già con la spada al petto per morire,
124.1quand'ella, risentendosi, un sospiro
124.2grandissimo gittò, Troiol chiamando.
124.3A cui el disse: — Dolce mio disiro,
124.4or vivi tu ancora? — E lagrimando,
124.5in braccio la riprese, e 'l suo martiro,
124.6come potea, con parole alleggiando,
124.7la confortò, e l'anima smarrita
124.8tornò al core onde s'era fuggita.
125.1E stata alquanto tutta alienata,
125.2si tacque; e poscia la spada veggendo,
125.3cominciò: — Quella perché fu tirata
125.4del foder fuori? — A cui Troiol, piangendo,
125.5narrò qual fosse la sua vita stata.
125.6Ond'ella disse: — Che è ciò ch'io 'ntendo?
125.7Dunque, s'io fossi stata più un poco,
125.8ti sarestù ucciso in questo loco?
126.1Oh me, dolente a me, che m'hai tu detto?
126.2Io non sarei in vita stata mai
126.3di dietro a te, ma per lo tristo petto
126.4fitta l'avrei. Or noi abbiamo assai
126.5a lodar Dio; per ora andiamo a letto,
126.6quivi ragionerem de' nostri guai;
126.7s'io considero il torchio consumato,
126.8el n'è di notte già gran pezzo andato. —
127.1Come altra volta gli stretti abbracciari
127.2erano stati, così furono ora,
127.3ma questi fur più di lagrime amari,
127.4che stati fosser di dolcezza ancora
127.5piacevoli, ed i tristi ragionari
127.6fra loro incominciar sanza dimora.
127.7E cominciò Criseida: Dolce amico,
127.8ascolta bene attento quel ch'io dico.
128.1Poscia ch'io seppi la trista novella
128.2del traditor del mio padre malvagio,
128.3se Dio mi guardi la tua faccia bella,
128.4nulla giammai sentì tanto disagio
128.5quant'io ho poi sentito, come quella
128.6ch'oro non curo, città né palagio,
128.7ma sol di dimorar sempre con teco
128.8in festa ed in piacere, e tu con meco.
129.1E voleami del tutto disperare,
129.2non credendo giammai più rivederti,
129.3ma poi che tu la mia anima errare
129.4vedesti, e ritornar di nuovo, certi
129.5pensier mi sento per la mente andare
129.6utili forse, i quali vo' ch'aperti
129.7prima ti sien che noi più ci dogliamo,
129.8ché, forse, sperar bene ancor possiamo.
130.1Tu vedi che mio padre mi richiede,
130.2al qual di girne non ubbidirei
130.3se 'l re non mi stringesse, la cui fede
130.4convien si servi, come saper dei.
130.5Per che andar men convien con Diomede,
130.6ch'è stato trattator de' patti rei,
130.7qualora tornerà: volesse Iddio
130.8né el tornasse mai né tempo rio.
131.1E sai che qui è ogni mio parente
131.2fuor che mio padre, e ciascuna mia cosa
131.3ancora ci rimane, e s'alla mente
131.4mi torna ben, di questa perigliosa
131.5guerra si tratta continuamente
131.6pace tra voi e' Greci, e se la sposa
131.7si rende a Menelao, credo l'avrete,
131.8ed io so già che voi presso vi sete.
132.1Qui mi ritornerò se voi la fate,
132.2però ch'altrove non ho dove gire;
132.3e se per avventura la lasciate,
132.4nel tempo delle triegue di venire
132.5ci avrò cagione, e così fatte andate
132.6sai che non s'usa alle donne disdire;
132.7e' miei parenti mi ci vederanno
132.8di buona voglia e mi c'inviteranno.
133.1Allor potremo alcun sollazzo avere,
133.2come che l'aspettar sia grave noia;
133.3ma conviensi apparare a sostenere
133.4della fatica chi vuol che la gioia
133.5gli venga poscia con maggior piacere;
133.6io veggio pur che stando noi in Troia,
133.7sanza vederci più dì ci conviene
133.8talor passar con angosciose pene.
134.1Ed oltre a questo, maggiore speranza,
134.2o pace o no, mi nasce del tornarci:
134.3mio padre ha ora questa disianza,
134.4e forse avvisa ch'io non possa starci,
134.5per lo suo fallo, sanza dubitanza
134.6o di forza o di biasimo acquistarci;
134.7come saprà ch'io ci sia onorata,
134.8non curerà della mia ritornata.
135.1Ed a che far tra' Greci mi terrebbe,
135.2che, come vedi, son sempre nell'armi?
135.3E s'el non mi tien ivi, ove potrebbe
135.4in altra parte io nol veggio mandarmi,
135.5e s'el potesse, credo nol farebbe,
135.6però ch'a' Greci non vorria fidarmi.
135.7Qui dunque mi rimandi è opportuno,
135.8né ben ci veggio contrario alcuno.
136.1Egli è, come tu sai, vecchio ed avaro,
136.2e qui ha ciò che el può fare o dire:
136.3il che io gli dirò, se el l'ha caro,
136.4per lo miglior mi ci facci reddire,
136.5mostrandogli com'io possa riparo,
136.6ad ogni caso che sopravvenire
136.7potesse, porre, ed el per avarizia
136.8della mia ritornata avrà letizia. —
137.1Troiolo attento la donna ascoltava,
137.2ed il dir suo gli toccava la mente,
137.3e quasi verisimil gli sembrava
137.4dover ciò che diceva certamente
137.5esser così, ma perché molto amava,
137.6pur fede vi prestava lentamente;
137.7ma alla fin, come vago che fosse,
137.8seco cercando, a crederlo si mosse.
138.1Laonde parte della grieve doglia
138.2da lor partissi, e ritornò speranza,
138.3e divenuti poi di men ria voglia,
138.4ricominciaron l'amorosa usanza;
138.5e sì come augel di foglia in foglia
138.6nel nuovo tempo prende dilettanza
138.7del canto suo, così facean costoro,
138.8di molte cose parlando fra loro.
139.1Ma non potendo a Troiolo passare
139.2del cuor, che questa partir si dovea,
139.3incominciò in tal guisa a parlare:
139.4— O Criseida mia, più ch'altra dea
139.5amata assai, e più da onorare
139.6da me che dianzi uccider mi volea
139.7credendo morta te, che vita credi
139.8che sia la mia, se tosto tu non riedi?
140.1Vivi sicura come del morire
140.2che io m'ucciderei, se tu penassi
140.3niente troppo di qui rivenire;
140.4né veggio bene ancor com'io mi passi
140.5sanza doglioso ed amaro languire,
140.6sentendot'io altrove; e dubbio fassi
140.7novello in me, che el non ti ritegna
140.8Calcàs, e quel che parli non avvegna.
141.1Non so se pace fra noi si fia mai,
141.2ma pace o no, appena che tornarci
141.3credo che Calcàs ci voglia giammai,
141.4perché non crederia potere starci
141.5sanza infamia del fallo che assai
141.6fu, se in ciò non vogliamo ingannarci;
141.7e se con tanta istanza ti richiede,
141.8ch'el ti rimandi appena vi do fede.
142.1El ti darà in fra' Greci marito,
142.2e mostreratti che stare assediata
142.3è dubbio di venire a reo partito;
142.4lusingheratti, e farà ch'onorata
142.5sarai da' Greci, ed el v'è riverito,
142.6sì com'io 'ntendo, e molto v'è pregiata
142.7la sua virtù; per che, non sanza noia,
142.8temo che tu giammai non torni in Troia.
143.1E questo m'è a pensar tanto grave,
143.2che dir nol ti poria, anima bella
143.3e tu sola hai nelle tue man la chiave
143.4della mia vita e della morte, e quella
143.5so che la puoi e misera e soave
143.6come ti piace, fare, o chiara stella
143.7per cui io vado a grazioso porto;
143.8se tu mi lasci, pensa ch'io son morto.
144.1Dunque, per Dio, troviam modo e cagione
144.2che tu non vadi, se trovar si puote:
144.3andiamcene in un'altra regione,
144.4né ci curiam se le promesse vote
144.5vengon del re, se la sua offensione
144.6fuggir possiamo; e' son di qui remote
144.7genti che volentieri ci vedranno,
144.8e per signori ancor sempre n'avranno.
145.1Fuggiamci, dunque, quinci occultamente,
145.2e là n'andiamo insieme tu ed io,
145.3e quel che noi abbiam di rimanente
145.4nel mondo a viver, cuor del corpo mio,
145.5viviamlo con diletto insiememente.
145.6Questo vorrei, e questo ho in disio,
145.7s'el ti paresse, e questo è più sicuro,
145.8ed ogni altro partito mi par duro. —
146.1Criseida sospirando gli rispose:
146.2— Caro mio bene e del mio cor diletto,
146.3tutte potrebbon esser quelle cose,
146.4ed ancor più, nella forma c'hai detto;
146.5ma io ti giuro per quelle amorose
146.6saette che per te m'entrar nel petto,
146.7comandamenti, lusinghe o marito,
146.8non torceran da te mai l'appetito.
147.1Ma ciò che d'andar via tu ragionavi,
147.2non è savio consiglio al mio parere:
147.3pensar si deon questi tempi gravi,
147.4e di te e de' tuoi ti dee calere.
147.5Se n'andassimo via, come parlavi,
147.6tre cose ree ne potresti vedere:
147.7l'una verrebbe della rotta fede,
147.8che porta più di mal ch'altri non crede.
148.1E ciò sarebbe de' tuoi il periglio,
148.2che sé per una femmina lasciati
148.3vedendo fuor d'aiuto e di consiglio,
148.4darian paura agli altri degli agguati;
148.5e se io ben con meco m'assottiglio,
148.6voi ne sareste molto biasimati,
148.7né vi saria il ver giammai creduto
148.8da chi avesse sol questo veduto.
149.1E se tempo niuno fede o leanza
149.2richiede, quel della guerra par esso,
149.3perciocché nullo ha tanto di possanza,
149.4che guari possa per sé solo stesso;
149.5aggiungonvisi molti ad isperanza
149.6che quel che metton per altrui sia messo
149.7per lor, che sé 'n aver ed in persona
149.8mettono, e 'n ciò sperando s'abbandona.
150.1D'altra parte, che pensi tra le genti
150.2della partita tua si ragionasse?
150.3E' non dirien ch'Amor co' suoi ferventi
150.4dardi a cotal partito ti recasse,
150.5ma paura e viltà: dunque ritienti
150.6da tal pensier se mai nel cor t'entrasse,
150.7se el t'è punto la tua fama cara,
150.8che del valor tuo suona tanto chiara.
151.1Appresso pensa la mia onestate
151.2e la mia castità, somme tenute
151.3di quanta infamia sarien maculate,
151.4anzi del tutto disfatte e perdute
151.5sarieno in me, né giammai rilevate
151.6per iscusa sarieno, o per virtute
151.7ch'io potessi operar che ch'io facessi,
151.8se anni centomila in vita stessi.
152.1Ed oltre a questo vo' che tu riguardi
152.2a ciò che quasi d'ogni cosa avviene:
152.3non è cosa sì vil, pur ben si guardi,
152.4che non si faccia disiar con pene,
152.5e quanto tu più di possederla ardi,
152.6più tosto abbominio nel cor ti viene,
152.7se larga potestate di vederla
152.8fatta ti fia, ed ancor di tenerla.
153.1Il nostro amor che cotanto ti piace,
153.2è per ch'el ti convien furtivamente
153.3e di rado venire a questa pace;
153.4ma se tu m'averai liberamente,
153.5tosto si spegnerà l'ardente face
153.6che or t'accende, e me similemente;
153.7per che, se 'l nostro amor vogliam che duri,
153.8com'or facciam, convien sempre si furi.
154.1Dunque prendi conforto, e la Fortuna
154.2col dare il dosso vinci e rendi stanca;
154.3non soggiacette a lei giammai nessuna
154.4persona in cui trovasse anima franca.
154.5Seguiamo il corso suo, fingiti alcuna
154.6andata in questo mezzo, e 'n quella manca
154.7li tuoi sospiri, ch'al decimo giorno,
154.8sanza alcun fallo, qui farò ritorno. —
155.1— Se tu — disse allor Troiol — ci sarai
155.2infra 'l decimo giorno, i' son contento,
155.3ma 'n questo mezzo, i miei dolenti guai
155.4da cui avranno alcun alleggiamento?
155.5Io non posso ora, sì come tu sai,
155.6passare un'ora sanza gran tormento
155.7s'io non ti veggio; come dieci giorni
155.8passar potrò infin che tu ritorni?
156.1Deh, per Dio, trova modo a rimanere,
156.2deh, non andar, se tu vedi alcun modo;
156.3io ti conosco d'arguto sapere,
156.4se bene intendo ciò che da te odo;
156.5e se tu m'ami, tu puoi ben vedere
156.6che pur di ciò pensar tutto mi rodo,
156.7cioè che tu ten vada; veder puoi,
156.8se tu ten vai, qual fia mia vita poi. —
157.1— Oh me, — disse Criseida — tu m'uccidi,
157.2ed oltre al creder tuo malinconia
157.3troppa mi dai, e veggio non ti fidi
157.4quant'io credea nella promessa mia.
157.5Deh, ben mio dolce, perché sì diffidi?
157.6Perché a te di te to' la balia?
157.7Chi crederia che uomo in arme forte,
157.8un aspettar dieci dì non comporte?
158.1Io credo di gran lunga sia 'l migliore
158.2di prendere il partito ch'io t'ho detto;
158.3siene contento, dolce mio signore,
158.4e cappiati per certo dentro al petto
158.5ch'el me ne piange l'anima nel core
158.6d'allontanarmi dal tuo dolce aspetto,
158.7forse più che non credi e non ti pensi;
158.8ben lo sent'io per tutti quanti i sensi.
159.1Lo spender tempo è utile talvolta
159.2per tempo guadagnare, anima mia;
159.3io non ti son, come tu mostri, tolta
159.4perch'io al padre mio renduta sia;
159.5né ti cappia nel cuor ch'io sia sì stolta
159.6che non sappia trovare e modo e via
159.7di ritornare a te, cui io più bramo
159.8che la mia vita, e vie più troppo t'amo.
160.1Ond'io ti priego, se 'l mio priego vale,
160.2e per lo grande amore il qual mi porti,
160.3per quel ch'io porto a te ch'è altrettale,
160.4che tu di questa andata ti conforti,
160.5ché s' tu sapessi quanto mi fa male
160.6veder li pianti e li sospiri forti
160.7che tu ne gitti, el te ne 'ncrescerebbe,
160.8e di farne cotanti ti dorrebbe.
161.1Per te in allegrezza ed in disio
161.2spero di vivere e di tornar tosto,
161.3e trovar modo al tuo diletto e mio.
161.4Fa ch'io ti veggia in tal guisa disposto,
161.5pria che da te io mi diparta, ch'io
161.6non abbia più dolor, che quel che posto
161.7m'ha nella mente amor troppo focoso;
161.8fallo, ten priego, dolce mio riposo.
162.1E priegoti, mentr'io sarò lontana,
162.2che prender non ti lasci dal piacere
162.3d'alcuna donna, o da vaghezza strana;
162.4ché, s'io 'l sapessi, dei per certo avere
162.5che io m'ucciderei sì come insana,
162.6dolendomi di te ch'oltre al dovere
162.7mi lasceresti per altra, che sai
162.8che t'amo più ch'uom donna amasse mai. —
163.1A quest'ultima parte sospirando
163.2rispose Troiol: — S'io far lo volessi
163.3ciò che tu ora tocchi sospicando,
163.4non so veder com'io giammai potessi,
163.5sì m'ha per te ghermito Amore amando;
163.6né so veder come in vita si cessi
163.7questo amor ch'io ti porto, e la ragione
163.8ti spiegherò, ed in brieve sermone.
164.1Non mi sospinse ad amarti bellezza,
164.2la quale spesso altrui suole irretire;
164.3non mi trasse ad amarti gentilezza
164.4che suol pigliar de' nobili il disire;
164.5non ornamento ancora né ricchezza
164.6mi fé per te amor nel cor sentire;
164.7delle quai tutte sei più copiosa,
164.8che altra fosse mai donna amorosa;
165.1ma gli atti tuoi altieri e signorili,
165.2il valore e 'l parlar cavalleresco,
165.3i tuoi costumi più ch'altra gentili,
165.4ed il vezzoso tuo sdegno donnesco,
165.5per lo quale apparien d'esserti vili
165.6ogni appetito ed oprar popolesco,
165.7qual tu mi sei, o donna mia possente,
165.8con amor mi ti miser nella mente.
166.1E queste cose non posson tor gli anni
166.2con mobile fortuna, laond'io,
166.3con più angoscia e con maggiori affanni,
166.4sempre d'averti spero nel disio.
166.5Oimè lasso, qual fia de' miei danni
166.6ristoro, se ten vai, dolce amor mio?
166.7Certo nessun, se non la morte omai,
166.8questa fia sola fine de' miei guai. —
167.1Poscia ch'essi ebber molto ragionato
167.2e pianto insieme, perché s'appressava
167.3già l'aurora, quello hanno lasciato,
167.4e strettamente l'un l'altro abbracciava.
167.5Ma poi che' galli molto ebber cantato,
167.6dopo ben mille basci si levava
167.7ciascun, l'un l'altro sé raccomandando
167.8e così dipartirsi lagrimando.
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