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PARTE TERZA

Filostrato

PoeTree.it

1.1Fulvida luce, il raggio della quale
1.2infino a questo loco m'ha guidato
1.3com'io volea per l'amorose sale,
1.4or convien che 'l tuo lume duplicato
1.5guidi lo 'ngegno mio, e faccil tale,
1.6che 'n particella alcuna dichiarato
1.7per me appaia il ben del dolce regno
1.8d'Amor, del qual fu fatto Troiol degno.
2.1Al qual regno pervien chi fedelmente,
2.2con senno e con virtù, può sofferire
2.3d'amor le passioni interamente:
2.4per altro modo, rado pervenire
2.5vi si può bene; adunque sii presente,
2.6o bella donna, e 'l mio alto disire
2.7riempi della grazia ch'io dimando,
2.8le lodi tue continue cantando.
3.1Troiolo ancora che el molto ardesse,
3.2nondimen bene star pur li parea,
3.3pensando sol ch'a Criseida piacesse,
3.4e che ella umilmente rispondea
3.5alle lettere sue quando scrivesse,
3.6ed ancor più qualora la vedea:
3.7ella il guardava con sì dolce aspetto
3.8ch'a lui parea sentir sommo diletto.
4.1Erasi Pandar, come detto avanti,
4.2dalla donna in concordia dipartito,
4.3e lieto nella mente e ne' sembianti,
4.4di Troiolo cercava, cui smarrito
4.5intra lieta speranza e tristi pianti
4.6lasciato avea quando se n'era gito;
4.7e tanto il gì in qua e 'n là cercando,
4.8ch'egli il trovò in un tempio pensando.
5.1Al qual tantosto che esso pervenne,
5.2da parte il trasse e cominciògli a dire:
5.3— Amico car, tanto di te mi tenne
5.4quand'io uguanno ti vidi languire
5.5sì forte per amor, che 'l cor sostenne
5.6per te gran parte in sé del tuo martire,
5.7che per darti conforto riposato
5.8non ho giammai finch'io te l'ho trovato.
6.1Io son per te divenuto mezzano,
6.2per te gittato ho 'n terra il mio onore,
6.3per te ho io corrotto il petto sano
6.4di mia sorella, e posto l'ho nel core
6.5il tuo amor; né passerà lontano
6.6tempo che 'l vederai con più dolzore
6.7che porger non ti può la mia favella,
6.8quando in braccio averai Criseida bella.
7.1Ma come Dio, che tutto quanto vede,
7.2e tu che 'l sai, a ciò non m'ha indotto
7.3di premio isperanza, ma sol fede,
7.4che come amico portoti, condotto
7.5m'ha ad ovrar che tu truovi mercede.
7.6Per ch'io ti priego, s'el non ti sia rotto
7.7da ria fortuna il disiato bene,
7.8che facci com'a savio far convene.
8.1Tu sai ch'egli è la fama di costei
8.2santa nel vulgo, né si disse mai
8.3da nullo altro che tutto ben di lei;
8.4or venuto è che tu nelle man l'hai
8.5e puogliel tor se fai quel che non dei;
8.6benché addivenir ciò non può mai
8.7sanza mia gran vergogna, ché parente
8.8le sono e trattator similemente.
9.1Per ch'io ti priego tanto quant'io posso,
9.2ch'occulto sia tra noi questo mestiero:
9.3i' ho dal cuor di Criseida rimosso
9.4ogni vergogna e ciaschedun pensiero
9.5che contra t'era, ed hol tanto percosso
9.6col ragionar del tuo amor sincero,
9.7che ella t'ama ed è disposta a fare
9.8ciò che ti piacerà di comandare.
10.1Né fuor che tempo manca a tale effetto,
10.2il qual come l'avrà, nelle sue braccia
10.3ti metterò a prenderne diletto;
10.4ma, per Dio, fa che tale opra si taccia,
10.5né t'esca fuor per caso alcun del petto,
10.6o caro amico mio; né ti dispiaccia
10.7se molte volte ti priego di questo:
10.8tu vedi ben che 'l mio priego è onesto. —
11.1Chi poria dire intera la letizia
11.2che l'anima di Troiolo sentiva,
11.3udendo Pandar? Ché la sua tristizia,
11.4com' più parlava, più scemando giva.
11.5Li sospir, ch'egli aveva a gran divizia,
11.6gli dieder luogo e la pena cattiva
11.7si dipartì, e 'l viso lagrimoso,
11.8bene sperando, divenne gioioso.
12.1E sì come la nuova primavera
12.2di fronde e di fioretti gli arbuscelli,
12.3ignudi stati in la stagion severa,
12.4di subito riveste e fagli belli,
12.5e prati e colli e ciascuna rivera
12.6riveste d'erbe e di bei fior novelli,
12.7così di nuova gioia subito pieno,
12.8si rifé Troiol nel viso sereno.
13.1E dopo un sospiretto, riguardando
13.2Pandar nel viso, disse: — Amico caro,
13.3tu ti dei ricordare e come e quando
13.4già pianger mi trovasti nello amaro
13.5tempo che io soleva avere amando,
13.6ed ancor simil quando procacciaro
13.7le tue parole di voler sapere
13.8qual fosse la cagion del mio dolere.
14.1E sai quant'io mi tenni a discovrirlo
14.2a te che sol mi sei unico amico,
14.3né era a me alcun periglio il dirlo,
14.4benché per ciò non fosse atto pudico;
14.5pensa dunque ora come consentirlo
14.6io potrei mai, ché mentre teco il dico,
14.7ch'altri nol senta triemo di paura.
14.8Tolga Iddio via cotal disavventura.
15.1Ma nondimen per quello Iddio ti giuro
15.2che 'l cielo e 'l mondo ugualmente governa,
15.3e s'io non vegna nelle man del duro
15.4Agamennon, che, se mia vita etterna
15.5fosse come è mortal, tu puoi sicuro
15.6viver, ch'a mio poter sarà interna
15.7questa credenza, e 'n ogni atto servato
15.8l'onor di quella che m'ha 'l cor piagato.
16.1Quanto per me tu aggi detto e fatto
16.2assai conosco e manifesto veggio,
16.3né meritar giammai in alcun atto
16.4nol ti potrei, ché d'inferno e di peggio,
16.5in paradiso posso dir m'hai tratto;
16.6ma per l'amistà nostra ti richieggio
16.7che quel nome villan tu non ti pogni
16.8dove sovvien dell'amico a' bisogni.
17.1Lascialo stare alli dolenti avari,
17.2cui oro induce a sì fatto servigio;
17.3tu fatto l'hai per trarmi degli amari
17.4pianti ov'io era e del duro letigio
17.5che io avea con pensieri avversari
17.6e turbator d'ogni dolce vestigio,
17.7sì come per amico si dee fare,
17.8quando l'amico il vede tribulare.
18.1E perché tu conosca quanto piena
18.2benivolenza da me t'è portata,
18.3io ho la mia sorella Polissena
18.4più di bellezza che altra pregiata,
18.5ed ancor c'è con esso lei Elena
18.6bellissima, la quale è mia cognata:
18.7apri il cor tuo se te ne piace alcuna,
18.8poi me lascia operar con qual sia l'una.
19.1Ma poi che tanto hai fatto, assai più ch'io
19.2pregato non t'avrei, metti in effetto,
19.3quando tempo parratti, il mio disio;
19.4a te ricorro e sol da te aspetto
19.5l'alto piacere ed il conforto mio,
19.6la gioia e 'l bene e 'l sollazzo e 'l diletto,
19.7né più farò se non quanto dirai;
19.8mio fia 'l diletto e tu 'l grado n'avrai. —
20.1Rimase Pandar di Troiol contento,
20.2e ciascheduno a sue bisogne attese.
20.3Ma come ch'a Troiolo ogni dì cento
20.4paresse d'esser con quella alle prese,
20.5pur sofferia, e con sommo argomento
20.6in sé reggeva l'amorose offese,
20.7dando a' pensier d'amor la notte parte,
20.8e 'l dì co' suoi al faticoso Marte.
21.1In questo mezzo il tempo disiato
21.2da' due amanti venne, donde fessi
21.3Criseida chiamar Pandaro e mostrato
21.4tutto gliel'ha; ma Pandaro dolessi
21.5di Troiolo che 'l dì davanti andato
21.6era con certi, per bisogni espressi
21.7della lor guerra, alquanto di lontano,
21.8benché dovea tornare a mano a mano.
22.1Disselo a lei, il che udir gravoso
22.2molto le fu, ma questo non ostante,
22.3Pandar, sì come amico studioso,
22.4mandò tosto per lui un presto fante,
22.5il qual sanza pigliare alcun riposo,
22.6in brieve spazio a Troiol fu davante;
22.7il quale, udito ciò per che venia,
22.8lieto per ritornar si mise in via.
23.1E giunto a Pandar, da lui pienamente
23.2intese ciò che esso far dovea;
23.3laonde esso assai impaziente
23.4la notte attese, la qual gli parea
23.5che si fuggisse; e poi tacitamente
23.6con Pandar solo il suo cammin prendea
23.7in ver là dove Criseida stava,
23.8che sola e paurosa l'aspettava.
24.1Era la notte oscura e tenebrosa
24.2come Troiol voleva, il quale attento
24.3mirando andava ciascheduna cosa,
24.4non forse alcuna desse sturbamento
24.5poco o assai alla sua amorosa
24.6voglia, la qual del suo grave tormento
24.7fosse sperava; ed in parte segreta
24.8sol se n'entrò nella casa già cheta.
25.1E 'n certo loco remoto ed oscuro,
25.2come imposto gli fu, la donna attese,
25.3né gli fu l'aspettar forte né duro,
25.4né 'l non veder dove fosse palese,
25.5ma baldanzoso, con seco, sicuro,
25.6spesso diceva: «La donna cortese
25.7tosto verrà, ed io sarò giocondo
25.8più che se sol signor fossi del mondo».
26.1Criseida l'aveva ben sentito
26.2venire; per che, acciò ch'ei la 'ntendesse
26.3com'era posto, ella aveva tossito,
26.4e perché l'esser non gli rincrescesse
26.5spesso parlava con suono espedito,
26.6e avacciava che ciascun sen gisse
26.7tosto a dormir, dicendo ch'ella avea
26.8tal sonno che vegghiar più non potea.
27.1Poi che ciascun sen fu ito a dormire,
27.2e la casa rimase tutta queta,
27.3tosto parve a Criseida di gire
27.4dov'era Troiolo in parte segreta,
27.5il qual, com'egli la sentì venire,
27.6drizzato in piè e con la faccia lieta,
27.7le si fé 'ncontro, tacito aspettando,
27.8per esser presto ad ogni suo comando.
28.1Avea la donna un torchio in mano acceso,
28.2e tutta sola discese le scale,
28.3e Troiol vide aspettarla sospeso,
28.4cui ella salutò; poi disse quale
28.5ella poté: — Signor, s'io t'ho offeso,
28.6in parte tale il tuo splendor reale
28.7tenendo chiuso, priegoti per Dio,
28.8che mi perdoni, dolce mio disio. —
29.1A cui Troiolo disse: — Donna bella,
29.2sola speranza e ben della mia mente,
29.3sempre davanti m'è stata la stella
29.4del tuo bel viso splendido e lucente;
29.5e stata m'è più cara particella
29.6questa, che 'l mio palagio certamente,
29.7e dimandar perdono a ciò non tocca. —
29.8Poi l'abbracciò e basciaronsi in bocca.
30.1Né si partiron prima di quel loco,
30.2che mille volte insieme s'abbracciaro
30.3con dolce festa e con ardente gioco,
30.4e altrettante e vie più si basciaro,
30.5sì come quei ch'ardevan d'egual foco,
30.6e che l'un l'altro molto aveva caro;
30.7ma come l'accoglienze si finiro,
30.8salir le scale e 'n camera ne giro.
31.1Lungo sarebbe a raccontar la festa,
31.2ed impossibile a dire il diletto
31.3che 'nsieme preser pervenuti in questa;
31.4ei si spogliaro ed entraron nel letto,
31.5dove la donna nell'ultima vesta
31.6rimasa già, con piacevole detto
31.7gli disse: — Spogliomi io? Le nuove spose
31.8son la notte primiera vergognose. —
32.1A cui Troiolo disse: — Anima mia,
32.2io te ne priego, sì ch'io t'abbi in braccio
32.3ignuda sì come il mio cor disia. —
32.4Ed ella allora: — Ve' ch'io me ne spaccio. —
32.5E la camiscia sua gittata via,
32.6nelle sue braccia si ricolse avaccio;
32.7e strignendo l'un l'altro con fervore,
32.8d'amor sentiron l'ultimo valore.
33.1O dolce notte, e molto disiata,
33.2chente fostù alli due lieti amanti!
33.3Se la scienza mi fosse donata
33.4che ebber li poeti tutti quanti,
33.5per me non potrebbe esser disegnata.
33.6Pensisel chi fu mai cotanto avanti
33.7mercé d'Amor, quanto furon costoro,
33.8e saprà 'n parte la letizia loro.
34.1Ei non uscir di braccio l'uno all'altro
34.2in tutta notte, e tenendosi in braccio,
34.3si credieno esser tolti l'uno all'altro,
34.4o che non fosse ver che 'nsieme in braccio,
34.5sì com'elli eran, fosse l'uno all'altro,
34.6ma sognar si credien d'essere in braccio;
34.7e l'uno all'altro domandava spesso:
34.8— Hotti io in braccio, o sogno, o sei tu desso? —
35.1Ei si miravan con tanto disio,
35.2che l'un dall'altro gli occhi non torcea,
35.3e l'uno all'altro diceva: — Amor mio,
35.4deh, può egli esser ch'io con teco stea? —
35.5— Sì, cuor del corpo, mercé n'abbia Dio —
35.6sovente l'uno all'altro rispondea.
35.7E strignendosi forte spessamente,
35.8si basciavano insieme dolcemente.
36.1Troiolo spesso i belli occhi amorosi
36.2basciava di Criseida, dicendo:
36.3— Voi mi metteste nel core i focosi
36.4dardi d'amor del qual io tutto incendo,
36.5voi mi pigliaste ed io non mi nascosi,
36.6come suol far chi dubita, fuggendo;
36.7voi mi tenete e sempre mi terrete,
36.8occhi miei bei, nell'amorosa rete. —
37.1Poi gli basciava e ribasciava ancora,
37.2e Criseida ancora i suoi basciava,
37.3poi tutto il viso e 'l petto, e nessuna ora
37.4sanza mille sospiri valicava,
37.5non de' dolenti per cui si scolora,
37.6ma di quei pii pe' quai si dimostrava
37.7l'affezion che giaceva nel petto:
37.8e dopo quei rinnovava il diletto.
38.1Deh, pensin qui li dolorosi avari,
38.2che biasiman chi è innamorato
38.3e chi, come fan essi, a far denari,
38.4in alcun modo, non s'è tutto dato,
38.5e guardin se, tenendoli ben cari,
38.6tanto piacer fu mai da lor prestato,
38.7quanto ne presta amore in un sol punto,
38.8a cui egli è con ventura congiunto.
39.1Ei diranno di sì ma mentiranno,
39.2e questo amor, dolorosa pazzia
39.3con risa e con ischerni chiameranno,
39.4sanza veder che solo una ora fia
39.5nella qual sé e' denar perderanno,
39.6sanza aver gioia saputo che sia
39.7nella lor vita; Iddio gli faccia tristi,
39.8ed agli amanti doni i loro acquisti.
40.1Rassicurati insieme i due amanti,
40.2insieme cominciaro a ragionare,
40.3e l'uno all'altro i preteriti pianti
40.4e l'angosce e' sospiri a raccontare;
40.5e tai ragionamenti tutti quanti
40.6spesso rompien con fervente basciare,
40.7e sbandendo la lor passata noia
40.8prendieno insieme dilettosa gioia.
41.1Ragion non vi si fece di dormire,
41.2ma che la notte non venisse meno
41.3per bene assai vegghiar avien disire:
41.4saziarsi l'un dell'altro non potieno,
41.5quantunque molto fosse il fare e 'l dire
41.6ciò ch'a quell'atto appartener credieno,
41.7e sanza invan lasciar correr le dotte,
41.8tutte s'adoperaron quella notte.
42.1Ma poi che' galli presso al giorno udiro
42.2cantar per l'aurora che surgea,
42.3dell'abbracciar si raffocò 'l disiro,
42.4dolendosi dell'ora che dovea
42.5lor dipartir ed in nuovo martiro,
42.6il qual nessun ancor provato avea,
42.7porgli, per l'esser da sé separati,
42.8vie più che mai d'amor ora infiammati.
43.1Li quai come Criseida cantare
43.2sentì, dolente disse: — O amor mio,
43.3ora si fa da doversi levare,
43.4se ben vogliam celar nostro disio,
43.5ma io ti voglio, amor mio, abbracciare,
43.6pria che ti lievi, un poco, acciò che io
43.7men doglia senta della tua partita;
43.8deh, abbraccia tu me, dolce mia vita. —
44.1Troiolo l'abbracciò quasi piangendo,
44.2e stringendola forte la basciava,
44.3il giorno che venia maladicendo,
44.4che lor così avaccio separava.
44.5Poi cominciò in verso lei dicendo:
44.6— Il dipartir sanza modo mi grava:
44.7come partir da te mi debbo mai,
44.8che 'l ben ch'i' sento, donna, tu mel dai?
45.1Non so com'io non mora pur pensando
45.2ch'andar me ne convien contra 'l volere
45.3e già di vita ch'io n'ho preso il bando,
45.4e morte sopra me monta a potere,
45.5né so del ritornar come né quando.
45.6O Fortuna perché da tal piacere
45.7lontani me, che più ch'altro mi piace?
45.8Perché mi togli il sollazzo e la pace?
46.1Deh, com' farò, se già nel primo passo
46.2sì mi stringe il disio del ritornarci,
46.3che vita nol sostiene, oh me lasso?
46.4Deh, perché vien' sì tosto a lontanarci,
46.5o dispietato giorno? quando basso
46.6sarai ch'io ti veggia ristorarci?
46.7Oh me, ch'io non so! — Quindi rivolto
46.8a Criseida basciava il fresco volto,
47.1dicendo: — S'io credessi in la tua mente,
47.2donna mia bella, sì com'io ti tegno
47.3dentro la mia, star continuamente
47.4più caro mi saria che 'l troian regno,
47.5e di questo partir saria paziente,
47.6poscia ch'a quel contra mia voglia vegno,
47.7e spererei tornarci a tempo e loco,
47.8a temperar com ora il nostro foco. —
48.1Criseida gli rispose sospirando,
48.2mentre che stretto nelle braccia il tene:
48.3— Anima mia, io udii, ragionando
48.4già è assai, s'i' mi ricordo bene,
48.5ch'Amore è uno spirto avaro, e quando
48.6alcuna cosa prende, sì la tene
48.7serrata forte e stretta con gli artigli,
48.8ch'a liberarla invan si dan consigli.
49.1Ed egli ha me ghermito in tal manera
49.2per te, caro mio ben, che s'io volessi
49.3ritornarmi ora quale in prima m'era,
49.4non ti cappia nel capo ch'io potessi;
49.5tu mi se' sempre da mane e da sera
49.6nella mente fermato, e s'io credessi
49.7così essere a te io, mi terrei
49.8beata più che chieder non saprei.
50.1Però sicuro vivi del mio amore,
50.2il qual mai per altrui più non provai,
50.3e se 'l tornarci disii con fervore,
50.4io il disio vie più di te assai,
50.5né prima mi fien date licite ore
50.6sopra di me, che tu ci tornerai;
50.7cuor del mio corpo, i' mi ti raccomando. —
50.8E così detto, il basciò sospirando.
51.1Levossi Troiol contr'a suo piacere,
51.2poi ribasciata l'ebbe cento volte,
51.3ma pur veggendo quel ch'era dovere,
51.4si vestì tutto, e poscia, dopo molte
51.5parole, disse: — Io fo il tuo volere,
51.6io me ne vo; fa che non mi sien tolte
51.7le tue promesse, e accomandoti a Dio,
51.8e teco lascio lo spirito mio. —
52.1A lei non venne alla risposta voce,
52.2tanto la noia la strinse del partire,
52.3ma Troiol quindi con passo veloce,
52.4ver lo palagio suo ne prese a gire,
52.5e sente ben ch'amor vie più il coce
52.6ch'el non facea prima nel disire,
52.7tanto ha da più Criseida trovata,
52.8che seco non l'avea prima stimata.
53.1Tornato Troiol nel real palagio,
53.2tacitamente se n'entrò nel letto
53.3per dormir s'el potesse alquanto ad agio,
53.4ma non gli poté sonno entrar nel petto,
53.5sì gli facean nuovi pensier disagio,
53.6rammemorando il lasciato diletto,
53.7pensando seco quanto più valea
53.8Criseida, che el non si credea.
54.1El giva ciascuno atto rivolgendo
54.2nel suo pensiero e 'l savio ragionare,
54.3e seco stesso ancora ripetendo
54.4il piacevole e dolce motteggiare;
54.5l'amor di lei ancor giva sentendo
54.6troppo maggior che 'l suo immaginare,
54.7e con tali pensier più s'accendea
54.8in amor forte, e non se n'avvedea.
55.1Criseida seco facea il simigliante,
55.2di Troiolo parlando nel suo core,
55.3e seco lieta di sì fatto amante,
55.4grazie infinite ne rende ad Amore,
55.5e parle ben mille anni che davante
55.6a lei ritorni lo suo amadore,
55.7e ch'ella il tenga in braccio e basci spesso,
55.8come la notte avea fatto da presso.
56.1Fu la mattina Pandaro venuto
56.2a Troiolo levato, e salutollo;
56.3Troiolo gli rendé il suo saluto,
56.4e con disio gli si gittò al collo:
56.5— Pandaro mio, tu sii il ben venuto —
56.6e nella fronte con amor basciollo
56.7— tu m'hai d'inferno messo in paradiso,
56.8amico mio, se io non sia ucciso.
57.1Io non potrei giammai operar tanto,
57.2se per te mille volte il dì morisse,
57.3che io facessi un attimo di quanto
57.4cognosco aperto ti si convenisse;
57.5tu m'hai in gioia posto d'aspro pianto. —
57.6E da capo basciollo, e quindi disse:
57.7— Dolce mio ben che contento mi fai,
57.8quando sarà ch'io più ti tenga mai?
58.1Non vede il sol, che tutto il mondo vede,
58.2sì bella donna, né tanto piacente,
58.3e, se le mie parole mertan fede,
58.4sì costumata, vaga ed avvenente,
58.5quanto colei la cui buona mercede,
58.6più ch'altro vivo allegro veramente.
58.7Lodato sia Amor che mi fé suo,
58.8e similmente il buon servigio tuo.
59.1Dunque non m'hai poca cosa donata,
59.2né me a poca cosa donato hai;
59.3la vita mia ti fia sempre obbligata,
59.4ad ogni tuo piacer sempre l'avrai,
59.5tu l'hai da morte a vita suscitata. —
59.6E qui si tacque allegro più che mai.
59.7Pandaro, uditol, stette alquanto, e poi
59.8così rispose lieto a' detti suoi:
60.1— S'io ho, bel dolce amico, fatto cosa
60.2che ti sia cara, assai ne son contento,
60.3ed èmmi sommamente graziosa;
60.4ma nondimen più che mai ti rammento
60.5che ponghi freno alla mente amorosa,
60.6e che sia savio, ché dove tormento
60.7hai tolto via con dilettosa gioia,
60.8per favellar non ti ritorni a noia. —
61.1Io il farò sì che a grado fieti —
61.2rispose Troiolo al suo caro amico.
61.3Poi gli contò gli accidenti suoi lieti
61.4con somma festa, e seguì: — Ben ti dico
61.5ch'io non fu' mai d'amor dentro alle reti
61.6com'io sono ora, e vie più che l'antico
61.7ora mi coce il foco, che tratto aggio
61.8degli occhi di Criseida e del visaggio.
62.1Io ardo più che mai, e questo foco,
62.2ch'io sento nuovo, è d'altra qualitate
62.3che quel di prima: el mi rinfresca gioco
62.4sempre nel cor, pensando alla biltate
62.5che n'è cagion, ma vero è che un poco
62.6le voglie mie più calde che l'usate
62.7fa di tornar nell'amorose braccia,
62.8e di basciar la dilicata faccia. —
63.1Saziar non si poteva il giovinetto
63.2di ragionar con Pandaro del bene
63.3il qual sentito aveva, e del diletto,
63.4e del conforto dato alle sue pene,
63.5e dello amor che portava perfetto
63.6a Criseida, in cui sola la spene
63.7aveva posta, e messone in oblio
63.8ogni suo altro fatto e gran disio.
64.1Tra picciol tempo, la lieta fortuna
64.2di Troiolo rendé luogo a' suoi amori,
64.3il qual, poscia che fu la notte bruna,
64.4del suo palagio solo uscito fori,
64.5senza nel ciel vedere stella alcuna,
64.6per lo cammino usato, a' suoi dolzori
64.7nascosamente se n'entrò, e cheto
64.8nel luogo usato e' si stette segreto.
65.1Come Criseida altra volta venne,
65.2così a tempo venne questa volta,
65.3ed il modo di prima tutto tenne;
65.4e poi che lieta e graziosa accolta
65.5fatta s'ebber fra lor quanto convenne,
65.6presi per man con allegrezza molta
65.7nella camera insieme se n'entraro,
65.8e sanza indugio alcun si coricaro.
66.1Come Criseida Troiolo in braccio ebbe,
66.2così gioiosa cominciò a dire:
66.3— Qual donna fu o mai esser potrebbe,
66.4la qual potesse tanto ben sentire
66.5quant'io fo ora? Deh, chi sen terrebbe
66.6di non volere a mano a man morire
66.7se altro non potesse, per avere
66.8un poco sol di così gran piacere? —
67.1Poi cominciava: — Dolce l'amor mio,
67.2io non so che mi dir, né mai potrei
67.3dir la dolcezza e 'l focoso disio
67.4che m'hai nel petto messo, ov'io vorrei
67.5averti tutto sempre sì com'io
67.6v'ho l'immagine tua, né chiederei
67.7a Giove più, se questo mi facesse,
67.8che sì com'ora sempre ti tenesse.
68.1lo non mi credo ch'el possa giammai
68.2questo foco allenar, com'io credea
68.3che el facesse, poi che 'nsieme assai
68.4fossimo stati, ma ben non vedea:
68.5l'acqua del fabbro su gittata ci hai
68.6sì che egli arde più che non facea,
68.7perché mai non t'amai quant'ora t'amo,
68.8e giorno e notte ti disio e bramo. —
69.1Troiolo a lei diceva il simigliante,
69.2tenendosi amenduni in braccio stretti,
69.3e motteggiando usavan tutte quante
69.4quelle parole ch'a cotai diletti
69.5si soglion dir tra l'uno e l'altro amante,
69.6basciandosi le bocche, gli occhi e' petti,
69.7rendendo l'uno all'altro le salute
69.8che scrivendosi insieme eran taciute.
70.1Ma il nemico giorno s'appressava,
70.2come per segno si sentiva aperto,
70.3il qual ciascun cruccioso biastemiava,
70.4parendo lor che el si fosse offerto
70.5più tosto assai ch'offrirsi non usava;
70.6il che doleva a ciascun per lo certo,
70.7ma poi che più non si poteva allora,
70.8ciascun su si levò sanza dimora.
71.1E l'un dall'altro fece dipartenza
71.2al modo usato, dopo più sospiri,
71.3e nel futuro ordinaron che senza
71.4indugio si tornasse a quei disiri,
71.5sì che potesser con la lor presenza
71.6rattemperar gli amorosi martiri,
71.7ed operar la lieta gioventute,
71.8mentre durasse, in sì fatta salute.
72.1Era contento Troiolo, ed in canti
72.2menava la sua vita e 'n allegrezza;
72.3l'alte bellezze ed i vaghi sembianti
72.4di qualunque altra donna nulla prezza,
72.5fuor che la sua Criseida, e tutti quanti
72.6gli altri uomin vivere in trista gramezza,
72.7a respetto di sé, seco credeva,
72.8tanto il suo ben gli aggradava e piaceva.
73.1Esso talvolta Pandaro pigliava
73.2per mano, e 'n un giardin con lui ne gia,
73.3e con el pria di Criseida parlava,
73.4del suo valore e della cortesia,
73.5poi lietamente con lui cominciava,
73.6rimoto tutto da malinconia,
73.7dolcemente a cantare in cotal guisa,
73.8qual qui sanz'alcun mezzo sì divisa:
74.1— O luce etterna, il cui lieto splendore
74.2fa bello il terzo ciel dal qual ne piove
74.3piacer, vaghezza, pietate ed amore,
74.4del sole amica, e figliuola di Giove,
74.5benigna donna d'ogni gentil core,
74.6certa cagion del valor che mi move
74.7a' sospir dolci della mia salute,
74.8sempre lodata sia la tua virtute.
75.1Il ciel, la terra ed il mare e lo 'nferno,
75.2ciascuno in sé la tua potenza sente,
75.3o chiara luce, e s'io il ver discerno,
75.4le piante, i semi e l'erbe parimente,
75.5gli uccei, le fiere e' pesci, con etterno
75.6vapor ti senton nel tempo piacente,
75.7e gli uomini e gl'iddii; né creatura
75.8sanza di te nel mondo vale o dura.
76.1Tu Giove prima agli alti effetti lieto,
76.2pe' quai vivono e son tutte le cose,
76.3movesti, bella dea, e mansueto
76.4sovente il rendi all'opere noiose
76.5di noi mortali, il meritato fleto
76.6in liete feste volgi e dilettose,
76.7e 'n mille forme già quaggiù 'l mandasti,
76.8quand'ora d'una ed or d'altra il piagasti.
77.1Tu 'l fiero Marte al tuo piacer benegno
77.2ed umil rendi, e cacci ciascuna ira;
77.3tu discacci viltà e d'alto sdegno
77.4riempi chi per te, dea, sospira;
77.5tu d'alta signoria merito e degno
77.6fai ciaschedun, secondo ch'el disira;
77.7tu fai cortese ognuno e costumato
77.8che del tuo foco alquanto è infiammato.
78.1Tu 'n unità le case e le cittadi,
78.2li regni e le province e 'l mondo tutto
78.3tien', bella dea; tu dell'amistadi
78.4se' cagion certa e del lor caro frutto;
78.5tu sola le nascose qualitadi
78.6delle cose conosci, onde il costrutto
78.7vi metti tal, che fai maravigliare
78.8chi tua potenza non sa ragguardare.
79.1Tu legge, o dea, poni all'universo,
79.2per la quale esso in esser si mantiene;
79.3né è alcuno al tuo figliuolo avverso
79.4che non sen penta, se d'esser sostiene;
79.5ed io che già con ragionar perverso
79.6gli fui, agual, sì come si conviene,
79.7mi riconosco innamorato tanto,
79.8che espriemer giammai non potrei quanto.
80.1Il che avvegna che alcun riprenda,
80.2poco men curo, ch'el non sa che dirsi;
80.3Ercole forte in questo mi difenda,
80.4che da Amore non poté schermirsi,
80.5avvegna ch'ogni savio il ne commenda.
80.6E chi con frode non vuol ricoprirsi,
80.7non dirà mai ch'a me sia disdicevole
80.8ciò ch'ad Ercole fu già convenevole.
81.1Adunque io amo, ed intra i grandi effetti
81.2tuoi, quest'un molto mi piace e aggrada;
81.3questo seguisco, in cui tutti i diletti
81.4son, se diritto l'anima mia bada,
81.5più che in altro compiuti e perfetti;
81.6anzi da questo ogn'altro si digrada,
81.7questo mi fa seguitar quella donna,
81.8che di valore più ch'altro s'indonna.
82.1Questo m'induce aguale a rallegrarmi,
82.2e farà sempre, sol che io sia saggio;
82.3questo m'induce, dea, tanto a lodarmi
82.4del tuo lucente e virtuoso raggio,
82.5per lo qual benedico ch'alcune armi
82.6non mi difeser dal chiaro visaggio,
82.7nel qual la tua virtù vidi dipinta,
82.8e la potenza lucida e distinta.
83.1E benedico il tempo, l'anno e 'l mese,
83.2il giorno, l'ora e 'l punto che costei
83.3onesta, bella, leggiadra e cortese,
83.4primieramente apparve agli occhi miei;
83.5benedico figliuolto che m'accese
83.6del suo valor per la virtù di lei,
83.7e che m'ha fatto a lei servo verace,
83.8negli occhi suoi ponendo la mia pace.
84.1E benedico i ferventi sospiri
84.2ch'io ho per lei cacciati già del petto,
84.3e benedico i pianti e li martiri
84.4che fatti m'ha avere amor perfetto,
84.5e benedico i focosi disiri
84.6tratti del suo più bel che altro aspetto,
84.7perciocché prezzo di sì alta cosa
84.8istati sono, e tanto graziosa.
85.1Ma sopra tutti benedico Iddio
85.2che tanto cara donna diede al mondo,
85.3e che tanto di lume ancor nel mio
85.4discerner pose in questo basso fondo,
85.5che 'n lei innanzi ogni altro il gran disio
85.6io accendessi, e fossine giocondo.
85.7A che grazie giammai non si porieno
85.8render per uom, quai render si dovrieno.
86.1Se cento lingue, e ciascuna parlante,
86.2nella mia bocca fossero, e 'l sapere
86.3nel petto avessi d'ogni poetante,
86.4espriemer non potrei le virtù vere,
86.5l'alta piacevolezza e l'abbondante
86.6sua cortesia; chi n'ha dunque potere,
86.7priego divoto che lei lungamente
86.8mi presti e me ne facci conoscente;
87.1che se' tu dessa, dea, che far lo puoi,
87.2sol che tu vogli, ed io ten priego molto.
87.3Chi più felice si potrà dir poi,
87.4se 'l tempo che con meco esser dee volto.
87.5tutto disponi a' piacer miei e suoi?
87.6Deh, fallo, dea, poi ch'io mi son raccolto
87.7nelle tue braccia, donde uscito m'era,
87.8non ben sapendo la tua virtù vera.
88.1Segua chi vuole i regni e le ricchezze,
88.2l'arme, i cavai, le selve, i can, gli uccelli,
88.3di Pallade gli studi, e le prodezze
88.4di Marte, ch'io in mirar gli occhi belli
88.5della mia donna e le vere bellezze,
88.6il tempo vo' por tutto, ché son quelli
88.7che sopra Giove mi pongon, qualora
88.8gli miro, tanto il cor se ne innamora.
89.1Io non ho grazie quai si converrieno
89.2a te da me, o bella luce etterna;
89.3però prima tacer che non appieno
89.4renderle vommi; tu, chiara lucerna,
89.5al disidero mio non venir meno,
89.6prolunga, cela, correggi e governa
89.7il mio ardore e quel di questa a cui
89.8son dato, e fa ch'io non sia mai d'altrui. —
90.1Nell'opere opportune alla lor guerra
90.2egli era sempre nell'armi il primiero;
90.3ché sopra i Greci uscia fuor della terra,
90.4tanto animoso e sì forte e sì fiero,
90.5che ciascun ne dottava, se non erra
90.6la storia, e questo spirto tanto altiero
90.7più che l'usato gli prestava Amore,
90.8di cui egli era fedel servidore.
91.1Ne' tempi delle triegue egli uccellava,
91.2falcon, gerfalchi ed aquile tenendo,
91.3e tal fiata con li can cacciava,
91.4orsi, cinghiari e gran lion seguendo,
91.5li piccioli animal tutti spregiava;
91.6ed a' suoi tempi Criseida vedendo,
91.7si rifaceva grazioso e bello,
91.8come falcon ch'uscisse di cappello.
92.1Era d'amor tutto il suo ragionare,
92.2o di costumi, e pien di cortesia,
92.3lodava molto i valenti onorare,
92.4e simile i cattivi cacciar via;
92.5piaceagli ancora di vedere ornare
92.6li giovani d'onesta leggiadria,
92.7e tenea sanza amore ogni uom perduto,
92.8di che che stato el si fosse suto.
93.1Ed avvegna ch'el fosse di reale
93.2sangue, e volendo ancor molto potesse,
93.3benigno si faceva a tutti eguale,
93.4come ch'alcun talvolta nol valesse.
93.5Così voleva Amor che tutto vale,
93.6che el per compiacere altrui il facesse;
93.7superbia, invidia e avarizia in ira
93.8aveva, e ciò ch'ognun dietro si tira.
94.1Ma poco tempo durò cotal bene,
94.2mercé della Fortuna invidiosa,
94.3che 'n questo mondo nulla fermo tene:
94.4ella gli volse la faccia crucciosa
94.5per nuovo caso, si com'egli avviene,
94.6e sottosopra volgendo ogni cosa,
94.7Criseida gli tolse e' dolci frutti,
94.8e' lieti amor rivolse in tristi lutti.
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