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1.1Usanza è de ciascun che stato sia
1.2percosso in acqua, in foco o in ceppi avinto,
1.3per far la gente a sé benigna e pia
1.4portare al collo il suo caso depinto,
1.5ma perché mal depinger se potria
1.6il mio più strano assai che un laberinto,
1.7mostrando il vo' cum questa cetra mesta
1.8e cum la poca voce che mi resta.
2.1Udreti come invan suo ingegno adopra
2.2chi pensa di fugir Amor c'ha l'ali,
2.3né sì bon scudo è ch'el difenda o copra
2.4tanta virtute han soi dorati strali:
2.5e chi si asconde alfin convien si scopra,
2.6onde poi trova radopiati e' mali,
2.7com'io che vo spargendo amare strida,
2.8e così va chi in sé tropo se fida.
3.1Io fui ne la mia prima e verde etate,
3.2benché esaltar non doverei me stesso,
3.3d'aspetto sì gentil, di tal beltate,
3.4che di me ardeva l'uno e l'altro sesso.
3.5Lucrezia, ch'ebbe in sé tanta onestate,
3.6avrebbe ogni penser casto demesso
3.7veduta una sol volta mia belleza,
3.8ma in me non manco fu superbia e aspreza.
4.1E come ad Ecco fu crudel Narciso,
4.2così verso ogni donna era protervo,
4.3né mai sguardo d'alcuna o dolce riso
4.4accender puòte in me pur un sol nervo.
4.5Odiava chi laudava il mio bel viso,
4.6vivendo più silvatico ch'un cervo.
4.7O quanti preghi, o quanti don' sprezai,
4.8quanti animi gentil' languir lasciai!
5.1E per esser sicuro e più possente
5.2a' colpi del fanciul alato e cieco,
5.3cercai de farmi da la patria assente,
5.4pensando contrastar meglio cum seco.
5.5Et alïeno al tutto da la gente,
5.6per stanza ellessi un solitario speco;
5.7vestìmi alor di questo portamento
5.8e crescer mi lassai la barba al mento.
6.1Era questa spelunca a un monte in cima
6.2che chi v'entra s'oblia ogn'altra cura.
6.3Ivi abitò già una sibilla in prima,
6.4come in marmo mostrava una scrittura.
6.5Denanti giù correndo a la valle ima,
6.6mormorando passava un'acqua pura,
6.7amica al sonno, e de l'entrata l'arco
6.8d'edera si vedea vestito e carco.
7.1A la bocca de l'antro in ciel sorgea
7.2una gran quercia che col verde manto
7.3da l'estivo fervore il deffendea:
7.4mai non fu sito delettevol tanto.
7.5E credo quando Natura il facea
7.6aver volse in quel loco il primo vanto.
7.7Austro né Borea in quella parte regna,
7.8ma una aura dolce, placida e benegna.
8.1Ivi eran mille fonti e mille rivi,
8.2fiori infiniti, boschi ombrosi e spessi,
8.3naranci a copia, limon', cedri e olivi
8.4genebri, lauri, pin', mirti e cupressi;
8.5et arbori non mai del suo onor privi,
8.6ai quai son frutti a ogni stagion concessi.
8.7Non ebbe Alcinoo sì mirabil' piante
8.8nel bel giardin de le figlie d'Atlante.
9.1Trovar non si potrebbe altra montagna
9.2più conveniente a solitaria vita.
9.3Da un canto il mar vicin la tocca e bagna,
9.4che l'occhio pasce e a contemplar invita.
9.5Da l'altro, una spaziosa e gran campagna
9.6da Cerere e da Bacco assai nutrita,
9.7d'armenti piena, greggi e di capanne,
9.8ove s'odono ognor zuffoli e canne.
10.1Qui feci nido senza andar più intorno
10.2cum la persona travagliata e rotta.
10.3La prima sera, nel morir del giorno,
10.4ecco un leon venire a quella grotta
10.5ch'avea lì drento il suo antiquo sogiorno.
10.6Or pensa tu s'ebbi paura alotta!
10.7Venendo quello a me, getta'mi in terra:
10.8ché a chi se umilia mai non suol far guerra.
11.1Turbosse prima e 'l suo passo ritenne,
11.2ma poi che inanti a sé me vide steso,
11.3tutto mansueto ad odorar mi venne,
11.4onde io m'assicurai ch'era suspeso.
11.5Lui per compagno suo sempre mi tenne
11.6e m'ha da tuti gli animal' diffeso;
11.7né de la preda sua mi fu scortese,
11.8e dir posso ch'io vissi a le sue spese.
12.1Così vivendo in solitario loco,
12.2passando andava i mei giovenil' anni.
12.3E cum varii esercizii a poco a poco
12.4il tempo dispensava senza affanni,
12.5cercando ogni piacere e ciascun gioco
12.6che fusse contra agli amorosi inganni:
12.7or intento cum gli ami a' fiumicelli,
12.8et or col visco a' simplicetti uccelli.
13.1Or mi ponea a seder sopra d'un sasso,
13.2mirando il mare, or questa nave, or quella;
13.3e se, per pioggia, uscir non potea a spasso,
13.4ordiva rete dentro alla mia cella.
13.5O tessea sporte e, quando era già lasso,
13.6scorrevo qualche istoria antica e bella;
13.7e più degli altri autor', legeva Ovidio
13.8che Amor fugir insegna e 'l suo fastidio.
14.1Ma Amor che de chi 'l fugge è sempre a' fianchi,
14.2mi combatea continuamente il core.
14.3E poi che vide i mei crin' fatti bianchi,
14.4mi cominciò assalir cum più furore;
14.5e quando i membri mei tenea più franchi,
14.6si reser vinti dal superchio ardore,
14.7tal ch'io lasciai le silve e gli antri foschi,
14.8ché Amor quando vòl tira un om de' boschi.
15.1E insin da prima avuto aria vittoria,
15.2ma quel crudel tardò la sua vendetta
15.3per più mia infamia e per magior sua gloria,
15.4perché vechieza a lui manco è sugetta.
15.5Tolto m'ha l'inteletto e la memoria
15.6e dato a chi straziarmi se diletta.
15.7Né trovo altro ristor che andar disperso,
15.8narrando a ognuno il mio caso perverso.
16.1Non era meglio, oimè, dopoi che 'n sorte
16.2avea d'entrar ne l'amoroso groppo,
16.3entrarli ne l'età robusta e forte?
16.4C'ogni poca fatica a un vechio è troppo.
16.5Ma sper che presto mi soccorra Morte,
16.6c'ormai venir dovrebbe di galoppo;
16.7ché, se ben gli anni mei passati io conto,
16.8se al fin non son, apresso li son gionto.
17.1E però voi che rebelanti sète
17.2a quel signor c'ogni cor aspro move,
17.3a lui senza difesa vi rendete:
17.4ch'io ho fatto per fugir tutte le prove,
17.5pur alfin preso m'ha come vedete,
17.6e già prese Pluton, Nettuno e Iove.
17.7Esempio sono al mondo e chiaro specchio
17.8che chi gioven non ama, ama poi vecchio.
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