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1.1Poscia ch'io vidi andar verso l'occaso
1.2cum soi raggi oscurati il mio bel sole,
1.3son qua giuso come huom morto rimaso;
2.1come adonque potrò mai far parole
2.2di questa sorte maledetta e rea,
2.3non sendo il spirto in me, come esser sòle?
3.1In compagnia cum quel de la mia dea
3.2fugì del ceco mondo in un momento,
3.3ché in terra senza lui star non potea.
4.1Però, tanto ch'io scriva il mio lamento,
4.2te prego, alma passata a l'altra riva,
4.3venir te piaccia a le mie membra drento;
5.1poi ritornar potrai a la mia diva,
5.2ché, narrato ch'io arò tal caso strano,
5.3non curo più che 'l miser corpo viva.
6.1Sento il valor in me sorger pian piano,
6.2tornato è il spirto: hor su, fa' che sii presta,
6.3lingua, nel dir e tu nel scriver, mano!
7.1Prima farò la causa manifesta
7.2di tanto mal, ma a queste rime orecchia
7.3non porga chi anche pianto non gli presta.
8.1Quella che fra la gente ognhor s'invecchia,
8.2e più in le corte se rinchiude e serra,
8.3trista quando nel ben d'altrui si specchia,
9.1l'origin fu di questa horribil guerra:
9.2ché essendo già disposta la Natura
9.3l'ultima forza sua mostrare in terra,
10.1incominciata aveva una figura;
10.2et era sì difficile il disegno,
10.3che non saper finirla ebbe paura.
11.1Le dee, vedendo il magisterio degno,
11.2temendo perder di belleza il pregio,
11.3mossero gran rumor ne l'alto regno;
12.1e ingenochiate inanti al scanno regio,
12.2disser: “Come comporti, eterno Giove,
12.3che 'l mondo abia del cielo esser più egregio?”.
13.1E cum mille arte insidïose e nove
13.2cercor che al fin tal opra non giongesse;
13.3ma vane fur tutte lor forze e prove:
14.1Natura, che gli avea già le man' messe
14.2e d'un sì bel principio inamorata,
14.3in pochi giorni l'altre parte impresse.
15.1Apena qua giù l'opra ebbe mostrata,
15.2che, spinto da la fama, ogni huom gli corse
15.3sì come a veder cosa inusitata;
16.1onde l'invidia e l'odio magior sorse:
16.2Iunon cum l'altre dee, turbata e accesa,
16.3le man' più volte di dolor si morse;
17.1e congiurate a vendicar l'offesa,
17.2fecer concilio su ne l'alta corte
17.3e fu de ognuna la sententia intesa.
18.1Conclusero a la fin de mandar Morte
18.2a guastar de Natura il bel lavoro,
18.3sì come capitan securo e forte;
19.1cussì cum quella iniqua s'acordoro.
19.2Morte un dì, armata ben de mille strali,
19.3venne per satisfar al sacro choro:
20.1squadre avea inanti de infiniti mali
20.2e dietro a sé, che sempre l'acompagna,
20.3una turba de miseri mortali.
21.1Non se pose di fuori a la campagna,
21.2ma entrò ne la cità cum la sua schiera
21.3che mai non perde, ma sempre guadagna.
22.1Pur alhor gionto il mese de octobre era,
22.2nel tempo che l'autonno i campi scorre,
22.3inimico e contrario a primavera,
23.1quando lei cominciò l'assedio porre:
23.2prese dentro il palazo e d'ogni intorno,
23.3ché al suo contrasto non val porta o torre.
24.1La bella donna mia stava quel giorno,
24.2presaga del suo mal, pensosa in vista,
24.3né mai trovosse in habito più adorno;
25.1poi che quella malvaggia l'ebbe vista,
25.2vinta da la beltà maravigliosa,
25.3tirosse indietro, già pentita e trista;
26.1e stando molti dì fra sé dubiosa,
26.2deliberosse non gli dar suplicio,
26.3ché gl'increscea guastar sì bella cosa.
27.1Ma usar non puòte tanto beneficio,
27.2ché dal ciel gionto a lei commandò un messo
27.3che dovesse exequir presto il suo officio;
28.1onde, sforzata, al fin se gli fe' apresso
28.2e cum dolce parlar, mansueto e pio,
28.3si mosse e nel suo dir lacrimò spesso:
29.1“Non scio se sciai ch'io sia: Morte son io,
29.2de la qual tanto l'universo teme!
29.3Ciò che qui nasce gionge al regno mio.
30.1Mieto cum la mia falce l'uman sceme,
30.2non guardo a roba, a gioventù, né a honori
30.3e il mio valore ogni possanza preme:
31.1de pontifici, regi e imperatori
31.2potrei mostrarti una caterva immensa,
31.3che qua fur primi e là sono inferiori.
32.1Stolto chi gli anni soi tutti dispensa
32.2senza pensar di me! Ché l'huom pò manco
32.3alhor, quando più forte esser si pensa;
33.1e non è alcun cussì animoso e franco
33.2che, remirando ben la faza mia,
33.3non venga di color pallido e bianco.
34.1Già son più giorni ch'io mi messi in via
34.2per trïumphar de la tua gran beltade,
34.3più d'ogni altra che in terra o che in ciel sia;
35.1ma, vista te, di man l'arco mi cade,
35.2onde io restai di maraviglia piena,
35.3ché mai più non trovosse in me pietade;
36.1contra mia voglia il crudel ciel mi mena
36.2a farti mal: lui solo incolpa e acusa,
36.3e Invidia acerba, che ti dà tal pena.
37.1Io t'ho voluto far prima mia scusa,
37.2pregoti mi perdoni simil onta:
37.3mira ch'io son per gran dolor confusa;
38.1ma grato esser ti pò che hora te afronta
38.2l'arco mio, sendo tu nel più bel stato,
38.3ché men gloria è il morir quando l'huom smonta.
39.1Quanto era più felice e più lodato
39.2Pompeo, se morto fusse nei primi anni
39.3che poi che fu in Thessalia fracassato!
40.1I grandi acquisti seguono i gran danni:
40.2la rota di Fortuna intorno gira,
40.3e chi più in vita sta prova più affanni;
41.1mentre in questa terrestre pregion dira
41.2si trova l'huomo, è come barca a l'acque,
41.3che hor Austro, hor Borea la combatte e tira;
42.1sempre rapire a bon'hora mi piacque
42.2colui che più amo per magior sua pace”.
42.3E qui, facendo fin, la Morte tacque.
43.1“Fa' pur l'officio tuo, poi che al ciel piace!”
43.2rispose quella glorïosa donna,
43.3la cui memoria mi consuma e sface.
44.1“Ben sapeva io, se ogni salda colonna
44.2manca col tempo, che una qualche volta
44.3m'avevo a dispogliar questa fral gonna;
45.1quanto quella più presto me fia tolta,
45.2tanto più ne serò contenta e alegra,
45.3ché ogni anima gentil brama esser sciolta.
46.1Sempre stata è qua giù la mia mente egra,
46.2tu sei contra ogni mal scuto e riparo:
46.3però vientine hormai, non esser pegra!
47.1Pregote ben che a quel mio amico caro
47.2qual amai tanto et amarò anchor morta,
47.3per cui solo il morir mi pare amaro,
48.1vogli esser tarda, e che a mia breve e corta
48.2ciò che vien tolto s'agionga a sua vita,
48.3benché lui batterà spesso a tua porta;
49.1scio che, se gli ha questa novella odita,
49.2correndo a me ne vien per dritto calle,
49.3per potersi trovare a la partita”.
50.1E detto questo, le sue stanche spalle
50.2pose al lecto, expectando la percossa
50.3qual prova ognuno a uscir di questa valle.
51.1Alhora, tutta vergognosa mossa,
51.2Morte la debil carne ebbe assalita,
51.3ricercando pian pian le tènere ossa.
52.1Al primo tratto fu beltà smarita,
52.2ma la Virtù, che a lei non è conforme,
52.3incontra se gli fe' constante e ardita,
53.1e disse: “Ove ne vai, cieca e deforme?
53.2Hor non sai ben che ti affatichi indarno,
53.3e che dove son io tua forza dorme?
54.1Sotterra pur il corpo exangue e scarno,
54.2che lei vivrà sinché averan lor corso
54.3al mar Histro, Thesin, Po, Tebro et Arno!
55.1Pensavi trovar lei senza soccorso?
55.2Chi servo se mi fa, perir non lasso,
55.3né teme di Fortuna o de tuo morso”.
56.1A questo tenne Morte il capo basso
56.2e non rese a Virtù risposta alcuna,
56.3intenta a exanimare il corpo lasso.
57.1Le sancte muse tutte ad una ad una
57.2vennero intorno al doloroso letto
57.3e Natura affannata, in veste bruna,
58.1battease cum le palme il viso e il petto,
58.2vedendo ogni suo honor esser destrutto,
58.3e roppe ogni sua stampa per dispetto;
59.1da ogni parte suspir', singulti e lutto
59.2si sentian risonare, e gridi e guai,
59.3come se rüinasse il mondo tutto.
60.1Ma lei, volgendo i soi già stanchi rai,
60.2confortava ciascuno a pacienza:
60.3chi alhor non pianse non piangerà mai.
61.1Toccando a ognun la man prese licenza,
61.2dicendo: “Hora da vui io me divido,
61.3col spirto no, ma sol cum la presenza”.
62.1Il fanciul cieco e misero Cupido,
62.2che aveva di costei le luce elette
62.3sin quando nacque per suo albergo e nido,
63.1tre giorni a contrastar cum Morte stette,
63.2crescendo ognhor la sua perseveranza,
63.3sinché ne la pharetra fur saette.
64.1Poi che vide esser vana sua possanza
64.2e che già quasi extinta era la scorza,
64.3piangendo abandonò l'amata stanza,
65.1come quando un castel preso è per forza,
65.2poi che le gente dentro al fin son rotte,
65.3ciascun il corpo di salvar si sforza;
66.1guasto avea l'ale e l'arco per le botte
66.2et era in facia exterrito e smarito,
66.3come huom solo fra boschi a meza notte.
67.1Poi che l'ultimo assalto ebbe finito,
67.2ritornò Morte nel suo regno tetro,
67.3lassando quel bel viso impalledito.
68.1Posta che fu a giacer sopra il pherètro,
68.2Amor d'intorno a lei giva volando
68.3e a la pompa funebre andava dietro;
69.1partita poi tutta la turba, quando
69.2vide in la fossa il bel corpo gentile,
69.3allato se gli pose lacrimando;
70.1e seco insieme sotto un sasso vile
70.2restò coperto cum la face extinta,
70.3che ogni superbo cor già facea humile.
71.1Però non tema hormai più d'esser vinta
71.2la gente che de lui paventa tanto,
71.3ché gli è sotterra ogni sua forza spinta.
72.1Felice marmo, rico del bel manto!
72.2Ché al chiaro suon de la celeste tromba,
72.3quando sorgerà il mondo tutto quanto,
73.1non fia di te la più lodata tomba.
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