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1.1S'io non ho persa la memoria e il lume,
1.2me ricordo, pastor, ch'io t'ho veduto
1.3spesso in riva del re de ciascun fiume.
2.1Esser potria, pastor, che conosciuto
2.2m'abbi là, ché ivi nacqui, ivi le fasce
2.3portai, sempre ivi ho il mio tugurio avuto.
3.1Amìrome che 'l Po per Rhen tu lasce,
3.2sendo de più excellenza il Po che Rheno:
3.3suol pur star volentier l'huom dove nasce.
4.1Tu intenderai da me la causa a pieno;
4.2ma dimme il nome e la tua patria pria,
4.3ch'io sapia a chi ho scoprir ciò che ho nel seno.
5.1Paleno è il nome mio, la patria mia
5.2posta da Galli fu: de lei già nacque
5.3quel pastor per cui Lesbia immortal fia;
6.1per mezo il corpo suo rimbomban l'acque
6.2del fiume in che il magnanimo Roberto
6.3per tedesco furor summerso giacque.
7.1La tua loquela te m'avea scoperto;
7.2et io son, se no 'l sciai, detto Clearco,
7.3dove io sia nato t'ho di sopra aperto.
8.1Hormai dirotte perché ho facto il varco
8.2da l'Eridano a Rhen. Pastor, tu sciai
8.3che a molti è largo il cielo, a molti parco;
9.1non perché non sia bella abandonai
9.2la patria mia, ché gli è sì vaga e lieta
9.3come una altra che 'l sol scaldi coi rai,
10.1ma perché sempre il mio fatal pianeta
10.2ivi mi fu contrario, come acade,
10.3ché accepto in patria non è alcun propheta.
11.1Vedea rider le vite e l'altrui biade,
11.2le mie guaste da grandine e da venti
11.3e ogni anno esser mei campi al fiume strade;
12.1vedea i greggi d'altrui grassi e gli armenti,
12.2sempre i mei magri, e ciò che cum le labia
12.3gustavan parea toco da serpenti:
13.1l'herba li generava e l'aqua rabia;
13.2o dal lupo o dal morbo m'eran tolte
13.3le pecorelle, carche ognhor di scabia.
14.1E vedendo io tutte le stelle vòlte
14.2contra me, disperato me disposi
14.3partir, però che inteso avea più volte
15.1certi frutti de Persia venenosi,
15.2posti in altro terren, perdere il tòsco
15.3e farsi a l'human gusto gratïosi;
16.1dissi: “Qui steril pianta mi conosco;
16.2forsi di tal natura mutarommi,
16.3s'io vo sotto altro cielo e in altro bosco”.
17.1Ma l'empia stella mia, che ognhor guidommi
17.2de male in peggio cum soi occulti inganni,
17.3questo pensier de l'animo levommi:
18.1legiadra nympha sotto verdi panni
18.2mostrommi, che di sé tanto me accese
18.3che me stesso scordai, nonché gli affanni.
19.1Né maraviglia fu se la mi prese,
19.2sendo lei troppo bella, io gioven troppo:
19.3mal quella età fa contra Amor diffese.
20.1Riseme insin che ebbe ben stretto il groppo;
20.2poi parve che sì cruda divenisse,
20.3che qual d'un serpe fier m'era il suo intoppo.
21.1Cum diversi pastori in mille risse
21.2per lei son stato, e ben diece anni io persi
21.3prima che dal suo giogo io mi partisse;
22.1per ben servirla, abandonar soffersi
22.2il pover gregge mio; taccio il gran grido
22.3che tra le nymphe gli acquistai coi versi.
23.1Da Fortuna agitato e da Cupido
23.2fuggendo, me ne venni in queste ville
23.3e sotto questa pianta ho facto il nido:
24.1qui le mie pecorelle stan tranquille,
24.2qui coglio fructo e, quel che più mi piace,
24.3in me spente d'amor son le faville.
25.1Saggio è chi fugge guerra e cerca pace,
25.2stolto chi in steril campo s'afatica:
25.3sì che il disegno tuo non me dispiace.
26.1Ma dimme, se non te è, pastor, fatica:
26.2questa pianta gentil come è chiamata,
26.3che anche io parlar ne sapia ove si 'n dica?
27.1Chiamase da' pastor' la pianta amata,
27.2perché non nacque mai qui pianta alcuna
27.3che a gli abitanti il Rhen fusse sì grata.
28.1Gran tempo è che ne è stata ognhor grande una
28.2di tal stirpe, ma, come era sublime,
28.3rüinava percossa da fortuna;
29.1e perché longo seria dir le prime,
29.2cominciarò da quella a cui successe
29.3questa, che hor sino al ciel manda le cime.
30.1Ebbe nel crescer suo travaglie spesse,
30.2hor cum rami et hor senza, e al fin molesta
30.3greggia de monstri la corrose e fesse:
31.1d'un feroce serpente avean la testa,
31.2di cane il resto, e fu tanto aspro il morso,
31.3che cadè come svèlta da tempesta.
32.1Et anche arìan questo altro tronco morso,
32.2che era una virga alhor tenera e humile,
32.3ma subito i pastor' gli dier soccorso:
33.1i quai, divisi in schiere al martial stile,
33.2cum archi e foco i fier' monstri cacciorno,
33.3guastando li lor parti e lor covile;
34.1corse di sangue il Rhen caldo quel giorno:
34.2quegli pel mondo andor vagi e destrutti,
34.3e sempre cum suo mal fecer ritorno.
35.1Doppo la fuga de tal' monstri brutti,
35.2lieti il germe novel cum festa e canto
35.3corsero ad abracciar i pastor' tutti;
36.1e perché gli era pur debile alquanto,
36.2aciò meglio sorgesse alto da terra
36.3gli poser per sustegno un palo acanto.
37.1Ma spesso dei più saggi il iudicio erra:
37.2fiorì quel tronco, e sì le braccia sparse,
37.3che a questo altro facea cum l'ombra guerra.
38.1Ma la Natura al fin iusta mostrarse
38.2volse, e tal acto sì gli spiacque e increbbe,
38.3che in breve la radice al crudel arse.
39.1Spento che l'invidioso e maligno ebbe,
39.2un bel genebro in quel loco produsse,
39.3che fuor del suo costume in alto crebbe;
40.1né credo che mai vite ad olmo fusse
40.2legata sì, come un fervente zelo
40.3queste due piante ad abracciarse indusse.
41.1De pari ambedue son sempre ite al cielo:
41.2Giove le mira e n'ha tanta vagheza,
41.3che gli fa temperato il caldo e il gielo;
42.1Phebo più che il suo lauro assai le apreza,
42.2et externi pastor' n'han rami tolti,
42.3inamorati de la lor belleza,
43.1tal che ne son hormai boschi alti e folti
43.2di questa fronde amata già sì rara;
43.3né adorna più sol Rhen, ma fiumi molti:
44.1il Santerno, Lamon, Mintio, Panara,
44.2Sechia e il fiume che Cesar passò quando
44.3conobbe Roma al suo trïumpho avara.
45.1Et è gran tempo che Virtù, che errando
45.2giva mendica, a questa pianta venne,
45.3chiedendo aiuto al suo infelice bando.
46.1Quella i rami gli porse e la sustenne,
46.2onde i vitii, che avean qui facto il piede
46.3e già troppo superbi di lor penne,
47.1aciò che non avesse Virtù sede
47.2volser l'arbor tagliar; ma se ne avide
47.3Virtù preclara, che da longe vede,
48.1e cum sì buon rimedio gli provide,
48.2che via cacciolli, benché fusser forti:
48.3né creder che pur un più qui se anide,
49.1e cussì andrà chi gli vorà far torti.
49.2Ma pensa tu, Palen, se qui mi godo,
49.3vivendo dove sono i vitii morti!
50.1Narrato t'ho, benché cum stranio modo,
50.2le gran felicità, le gran ruine
50.3di questo arbor, che sempre è stato sodo;
51.1sorto è qual rosa tra infinite spine
51.2e, se ben guardi al suo principio duro,
51.3iudicarai che fia stupendo il fine.
52.1Quei pastor' vecchi che fundarno il muro
52.2là sopra il Tebro, ove l'armento hibero
52.3da l'Aventin ladron fu mal securo,
53.1non ebbero al montar grado legiero,
53.2ma ogni pover vicin gli fe' battaglia:
53.3poi sopra ogni pastor tenner l'impero.
54.1Presto comincia, presto manca in paglia
54.2foco: chi vòl durar come la fronda
54.3di Pallade, convien tardando saglia.
55.1Non è sì grata a chi ha gran sete l'onda,
55.2né a un peregrin, se 'l sol Leone accende,
55.3l'ombra, né a' navicanti aura seconda,
56.1come a me il tuo parlar, che accorta rende
56.2la mente mia; ma che vòl dir quel vago
56.3serpe che su pel tronco se distende?
57.1Posto è a guardarlo, come fu quel drago
57.2le piante in Libia amate da Natura,
57.3che frutti producean simili al Tago;
58.1né bisogna de Alcide aver paura,
58.2benché stia qui vicin, ché gli è in favore
58.3di questa pianta e vòl che sia secura.
59.1Se pòn giovar d'un povero pastore
59.2i preghi, prego che ognhor cresca e monti
59.3e sempre ne succeda una magiore.
60.1Hor lasciam questo, e fa' che tu mi conti,
60.2Palen, qual causa t'ha suspinto e mosso
60.3a veder Rheno e gli soi fertil' monti.
61.1Hoggi il tuo amor m'ha sì infiammato ogni osso,
61.2che come al vento foglia a quel me inclino,
61.3e alcun secreto asconder non ti posso.
62.1Non sol per venir qui presi il camino,
62.2convien che sia più longo il mio vïaggio:
62.3vomene ai colli del pastor Quirino;
63.1certi boi meco e pecorelle io haggio
63.2per spazar là, tra quei pastor' de Giove:
63.3cerco l'utile mio e il mio vantaggio.
64.1Esser caro ti pò che te ritrove
64.2a parlar meco, e il ciel loda e ringratia:
64.3tu meni le tue bestie e non sciai dove.
65.1Ivi questi animal' ebber già gratia,
65.2hor sol capretti, porci, asini e vacche
65.3stimati son da quella gente latia.
66.1Se avessi de dinar piene le sacche,
66.2indietro tornarai cum tutte vòte,
66.3tu mal contento e le tue bestie stracche;
67.1ma se meni di quelle a lor più note,
67.2vedrai che, come il tuo Clearco narra,
67.3fien di bon pregio apresso ognun che puote.
68.1A queste tal' ciascun le porte sbarra;
68.2e non condur, se pòi, se non capretti,
68.3che inanti che sian visti averai l'arra.
69.1Non arian donque i mei pensieri effetti!
69.2Hor veggio che 'l proverbio non è vano:
69.3“Molti gli amici son, pochi i perfetti”.
70.1Per dar fede a parole de Tribano
70.2perduti ho i passi, e più persi n'arei,
70.3s'io non odiva il tuo consiglio sano!
71.1Guarda se tra gli armenti e greggi mei
71.2cosa c'è che ti piaccia: io te la dono,
71.3ricever magior gratia io non potrei.
72.1Io te ringratio: io non voglio altro dono
72.2che l'amor tuo! Ma guarda hormai che 'l sole
72.3a l'occeàno per colcarse è prono;
73.1andiamo, ché questo aer nocer suole.
73.2Vo' che ceni cum me, ché dir potresti:
73.3“Clearco mi pasce sol di parole”.
74.1Né vo' che sol per cenar meco resti,
74.2ché tu averai da me povera cena,
74.3ma perché a un raro suon l'orecchie presti.
75.1Tu odirai un pastor che, quando mena
75.2il plectro su per le squillante corde,
75.3sia il ciel quanto vòl tristo, il raserena;
76.1ove canti costui, serpe non morde,
76.2non è immobile il monte, aqua non corre,
76.3e par che Borea de soffiar se scorde;
77.1mai can' non volse col suo gregge porre,
77.2sol cum la cetra guarda la sua torma,
77.3né mai pur uno agnel se vide tòrre.
78.1Detto è Calvitio, e de gli antiqui l'orma
78.2segue lui solo, e ciascun altro parmi
78.3cantar trïvialmente: a lui la norma
79.1ha data Apollo, e i soi son veri carmi.
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