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1.1Donna, nel volto mio dipinto porto
1.2l'un de' gravi dolor che men m'agghiada,
1.3e però non v'aggrada
1.4lasciar a quel cotanto sopraffarmi;
1.5ma a quel ch'i' ebbi dall'aurata spada
1.6per man d'Amor, che m'ha già presso a morto,
1.7non è mica gran torto,
1.8più ch'i' non fo, doglioso dimostrarmi;
1.9e non mi val che di fortezza m'armi
1.10or contra l'uno, or contra l'altro assalto,
1.11ché vinto l'uno e l'altro mi ratterra;
1.12ma pure in questa dura e aspra guerra
1.13il mio valor crescerebbe tant'alto,
1.14che mi faria di smalto
1.15a' colpi che di fuor Fortuna croscia,
1.16se la maggiore angoscia
1.17non fosse dentro alla piaga mortale,
1.18dove giunse d'Amor l'aurato strale.
2.1I' non avia provato ancora quanto
2.2le 'nvisibili fiamme son cocenti
2.3e le voci dolenti,
2.4che 'l mantaco d'Amor soffiando spiri.
2.5Tutt'altre doglie e tutt'altri tormenti
2.6mi paion nulla, e ciascun altro pianto
2.7mi pare o riso o canto,
2.8verso questi incredibili martiri.
2.9Lasso! che più non so dov'io m'aggiri!
2.10fedito son dalla lancia d'Achille,
2.11che chi da niun suo colpo era percosso,
2.12per suo rimedio un'altra volta addosso
2.13simili piaghe convenia sentille:
2.14così quelle faville,
2.15che mi son da' vostr'occhi al cor piovute,
2.16mai non aran salute,
2.17se da quegli occhi in quel medesmo loco
2.18non piove un'altra volta un simil foco.
3.1Se le mie rime pur la quinta parte
3.2della pietà, con che le manda 'l core,
3.3vi mostrasson di fuore,
3.4non le potresti udir che non piagnessi;
3.5ma elle perdon la voce e 'l tenore,
3.6e non ho tant'ingegno né tant'arte,
3.7che le povere carte
3.8possan mostrar gli orribili processi,
3.9donde 'l mio core è 'n bando di se stessi,
3.10d'altrui pensando e sé abbiendo in ira,
3.11come colui a cui di sé non cale.
3.12Quest'è la vesta orribile e mortale,
3.13che a Ercule mandò già Deianira,
3.14la qual né per sua ira,
3.15né per suo ingegno dalla propria carne
3.16poté poscia schiantarne,
3.17fin che l'ossa e la carne e 'l corpo tutto
3.18come cera dal foco fu distrutto.
4.1Ben veggh'io or l'autentica scrittura,
4.2di chi parla d'Amore, esser verace,
4.3dicendo che 'l fallace
4.4laccio d'Amor non lega uomo occupato,
4.5ma chi si posa in ozio e dorme e giace
4.6pigliando spasso senza grave cura;
4.7Amor si rassicura
4.8verso di lui e mettesi in agguato,
4.9fin che l'ha di sue frecce trapassato,
4.10e torna alla sua madre sorridendo,
4.11come vittorioso e buon guerriere.
4.12Misero me! che per riposo avere,
4.13dal luogo, dove gran fatica prendo,
4.14mi partii non credendo
4.15uscir del fuoco e rientrare in fiamma,
4.16che dì e notte m'infiamma,
4.17non trovando riposo a' dolor miei
4.18se non là dove io gli raddoppierei.
5.1L'eccesso di dolor, che 'l cuor mi spezza,
5.2quanto più gli racchiudo, più rinforza;
5.3e giammai non s'ammorza,
5.4ma come foco in fornace profonda,
5.5se fuor non esce, più dentro s'afforza,
5.6e contro a sé riflette sua caldezza,
5.7e l'aspra sua empiezza
5.8squadra le mura e ciascheduna sponda.
5.9Così, perch'io la mia pena nasconda
5.10e l'affanno incredibile e 'l martiro
5.11che per la bocca e per gli occhi sfavilla,
5.12sento il dolor, che crescendo s'immilla;
5.13e 'l vento accolto per fare un sospiro,
5.14s'io lo stringo o ritiro,
5.15mena po' dentro al cor tanta tempesta,
5.16che d'un sospir che resta
5.17n'escono po' cento impetuosi e maggi,
5.18che svellerebbon querce e pini e faggi.
6.1Ma lasso a me! ch'al medesimo grado
6.2non corrisponde il dire a quel ch'i' sento;
6.3e pur saria contento,
6.4ch'almen fosse creduto quel ch'i' dico
6.5dalla mia donna, in cui mi pare spento
6.6d'Amore 'l foco, e non le sono a grado;
6.7sicch'io indarno bado,
6.8ché del mio lamentar non cura un fico.
6.9Ma io non credo aver sì gran nimico,
6.10che se ascoltasse 'l mio acerbo dolore
6.11a tenera pietà non si movesse;
6.12e questa, che già vide, udì e lesse
6.13quel ch'io sostengo, e sol per suo amore,
6.14e vedelo a tutt'ore,
6.15e per udita e per esperienza,
6.16non muta sua sentenza,
6.17ma sorridendo dice: «A maggior male
6.18men doglia basterebbe, o altrettale».
7.1S'io credessi ch'Amor per mio pregare
7.2fra noi dirittamente giudicasse,
7.3io dire' che cavasse
7.4del suo turcasso una saetta d'oro
7.5e 'l cuor della mia donna trapassasse,
7.6per veder che difesa saprie fare;
7.7e dovesse lanciare
7.8a me con la 'mpiombata per ristoro,
7.9ché dov'io or nel viso mi scoloro
7.10per l'orata saetta, ond'io son punto,
7.11e ella ride, ch'ha quella del piombo,
7.12io udire' de' suoi pianti il rimbombo,
7.13che 'nfino a' mie' orecchi saria giunto.
7.14Allora in questo punto
7.15vo' credereste a me, madonna mia,
7.16e all'angoscia ria
7.17per dar rimedio avrestimi risposto,
7.18e non che tardi, ma per tempo, e tosto.
8.1Ritruova, canzon mia, quel freddo marmo,
8.2in cui raggio d'amor non par che spiri,
8.3e dille i mie' martiri,
8.4che la sorella tua mal par che conti;
8.5e se ti par che la pietà sormonti,
8.6chiedile umilemente una risposta,
8.7e po' dì che nascosta
8.8ti tenga quanto può a suo talento,
8.9ch'amore e fede in ogn'uom truovo spento.
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