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CANTO SECONDO

Cinque canti

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1.1Pensar cosa miglior non si può al mondo,
1.2d'un signor giusto e in ogni parte buono,
1.3che del debito suo non getti il pondo,
1.4benché talor ne vada curvo e prono;
1.5che curi et ame i populi, secondo
1.6che da' lor padri amati i figli sono;
1.7che l'opre e le fatiche pei figliuoli
1.8fan quasi sempre, e raro per sé soli:
2.1ponga ai perigli et alle cose strette
2.2il petto inanzi, e faccia agli altri schermo:
2.3che non sia il mercenario il qual non stette,
2.4poi che venir vide a sé il lupo, fermo;
2.5ma sì bene il pastor vero, che mette
2.6la vita propria pel suo gregge infermo,
2.7il qual conosce le sue pecorelle
2.8ad una ad una, e lui conoscono elle.
3.1Tal fu in terra Saturno, Ercole e Giove,
3.2Bacco, Poluce, Osiri e poi Quirino,
3.3che con giustizia e virtuose prove,
3.4e con soave e a tutti ugual domino,
3.5fur degni in Grecia, in India, in Roma, e dove
3.6corse lor fama, aver onor divino;
3.7che riputar non si potrian defunti,
3.8ma a più degno governo in cielo assunti.
4.1Quando il signor è buono, i sudditi anco
4.2fa buoni; ch'ognun imita chi regge:
4.3e s'alcun pur riman col vizio, manco
4.4lo mostra fuor, o in parte lo corregge.
4.5O beati gli regni a chi un uom franco
4.6e sciolto da ogni colpa abbi a dar legge!
4.7Così infelici ancora e miserandi,
4.8ove un ingiusto, ove un crudel commandi;
5.1che sempre accresca e più gravi la soma,
5.2come in Italia molti a' giorni nostri,
5.3de' quali il biasmo in questo e l'altro idioma
5.4faran sentir anco i futuri inchiostri:
5.5che migliori non son che Gaio a Roma,
5.6o Neron fosse, o fosser gli altri mostri:
5.7ma se ne tace, perché è sempre meglio
5.8lasciar i vivi, e dir del tempo veglio.
6.1E dir qual sotto Fallari Agrigento,
6.2qual fu sotto i Dionigi Siracusa,
6.3qual Fere in man del suo tiran cruento;
6.4dai quali e senza colpa e senza accusa
6.5la gente ogni dì quasi a cento a cento
6.6era troncata, o in lungo esiglio esclusa.
6.7Ma né senza martìr sono essi ancora,
6.8ch'al cor lor sta non minor pena ognora.
7.1Sta lor la pena de la qual si tacque
7.2il nome dianzi, e de la qual dicea
7.3che nacque quando la brutt'Ira nacque,
7.4la Crudeltade e la Rapina rea:
7.5e quantunque in un ventre con lor giacque,
7.6di tormentarle mai non rimanea.
7.7Or dirò il nome, ch'io non l'ho ancor detto:
7.8nomata questa pena era il Sospetto.
8.1Il Sospetto, piggior di tutti i mali,
8.2spirto piggior d'ogni maligna peste
8.3che l'infelici menti de' mortali
8.4con venenoso stimolo moleste;
8.5non le povere o l'umili, ma quali
8.6s'aggiran dentro alle superbe teste
8.7di questi scelerati, che per opra
8.8di gran fortuna agli altri stan di sopra.
9.1Beato chi lontan da questi affanni
9.2nuoce a nessun, perché a nessun è odioso!
9.3Infelici altretanto e più i tiranni,
9.4a cui né notte mai né dì riposo
9.5dà questa peste, e lor ricorda i danni,
9.6e morti date od in palese o ascoso!
9.7Quinci dimostra che timor sol d'uno
9.8han tutti gli altri, et essi n'han d'ognuno.
10.1Non v'incresca di starmi un poco a udire,
10.2ché non però dal mio sentier mi scosto;
10.3anzi farò questo ch'or narro uscire
10.4dove poi vi parrà che sia a proposto.
10.5Uno di questi, il qual prima a nudrire
10.6usò la barba, per tener discosto
10.7chi gli potea la vita a un colpo tòrre,
10.8nel suo palazzo edificò una torre,
11.1che, d'alte fosse cinta e grosse mura,
11.2avea un sol ponte che si leva e cala;
11.3fuor ch'un balcon, non v'era altra apertura,
11.4ove a pena entra il giorno e l'aria esala:
11.5quivi dormia la notte, et era cura
11.6de la moglier di mandar giù la scala:
11.7di quella entrata è un gran mastin custode,
11.8ch'altri mai che lor due non vede et ode.
12.1Non ha ne la moglier però sì grande
12.2fede il meschin, che prima ch'a lei vada,
12.3quand'uno e quando un altro suo non mande,
12.4che cerchi i luoghi onde a temer gli accada.
12.5Ma ciò poco gli val, ché le nefande
12.6man de la donna, e la sua propria spada,
12.7fér d'infinito mal tarda vendetta,
12.8e all'inferno volò il suo spirto in fretta.
13.1E Radamanto, giudice del loco,
13.2tutto il cacciò sotto il bollente stagno,
13.3dove non pianse e non gridò: — I' mi cuoco —,
13.4come gridava ogn'altro suo compagno;
13.5e la pena mostrò curar sì poco,
13.6che disse il giustiziere: — Io te la cagno —;
13.7e lo mandò ne le più oscure cave,
13.8dov'è un martìr d'ogni martìr più grave.
14.1Né quivi parve ancor che si dogliesse;
14.2e domandato, disse la cagione:
14.3che quando egli vivea, tanto l'oppresse
14.4e tal gli diè il Sospetto afflizione
14.5(che nel capo quel giorno se gli messe,
14.6che si fece signor contra ragione),
14.7che sol ora il pensar d'esserne fuore
14.8sentir non gli lasciava altro dolore.
15.1Si consigliaro i saggi de l'inferno
15.2come potesse aver degno tormento;
15.3che saria contra l'instituto eterno
15.4se peccator là giù stesse contento;
15.5e di nuovo mandarlo al caldo, al verno
15.6concluso fu da tutto il parlamento;
15.7e di nuovo al Sospetto in preda darlo,
15.8ch'entrasse in lui senza più mai lasciarlo.
16.1Così di novo entrò il Sospetto in questa
16.2alma, e di sé e di lei fece tutt'uno,
16.3come in ceppo salvatico s'inesta
16.4pomo diverso, e 'l nespilo sul pruno;
16.5o di molti colori un color resta,
16.6quando un pittor ne piglia di ciascuno
16.7per imitar la carne, e ne riesce
16.8un differente a tutti quei che mesce.
17.1Di sospettoso che 'l tiràn fu in prima,
17.2or divenuto era il Sospetto istesso;
17.3e, come morte la ragion di prima
17.4avesse in lui, gli parea averla appresso.
17.5Ma ritornando al mio parlar di prima,
17.6ché per questo in oblio non l'avea messo,
17.7Alcina se ne va dove sul tergo
17.8d'un alto scoglio ha questo spirto albergo.
18.1Lo scoglio ove 'l Sospetto fa soggiorno
18.2è dal mar alto da seicento braccia,
18.3di rovinose balze cinto intorno,
18.4e da ogni canto di cader minaccia.
18.5Il più stretto sentier che vada al Forno,
18.6là dove il Grafagnino il ferro caccia,
18.7la via Flamminia o l'Appia nomar voglio
18.8verso quel che dal mar va in cima al scoglio.
19.1Prima che giunghi alla suprema altezza,
19.2sette ponti ritrovi e sette porte:
19.3tutte hanno con lor guardie una fortezza;
19.4la settima de l'altre è la più forte.
19.5Là dentro, in grande affanno e in gran tristezza,
19.6ché gli par sempre a' fianchi aver la morte,
19.7il Sospetto meschin solo s'annida;
19.8nessun vuol seco e di nessun si fida.
20.1Grida da' merli e tien le guardie deste,
20.2né mai riposa al sol né al cielo oscuro;
20.3e ferro sopra ferro e ferro veste:
20.4quanto più s'arma, è tanto men sicuro.
20.5Muta et accresce or quelle cose or queste
20.6alle porte, al serraglio, al fosso, al muro:
20.7per darne altrui, munizion gli avanza;
20.8e non gli par che mai n'abbia a bastanza.
21.1Alcina, che sapea ch'indi il Sospetto
21.2né a prieghi né a minacce vorria uscire,
21.3e trarlone era forza al suo dispetto,
21.4tutto pensò ciò che potea seguire.
21.5Avea seco arrecato a questo effetto
21.6l'acqua del fiume che fa l'uom dormire,
21.7et entrando invisibil ne la rocca,
21.8con essa ne le tempie un poco il tocca.
22.1Quel cade addormentato; Alcina il prende,
22.2e scongiurando gli spirti infernali
22.3fa venir quivi un carro, e su vel stende,
22.4che tiran duo serpenti c'hanno l'ali;
22.5poi verso Italia in tanta fretta scende,
22.6che con la più non van di Giove i strali.
22.7La medesima notte è in Lombardia,
22.8in ripa di Ticin dentro a Pavia:
23.1là dove il re de' Longobardi allora
23.2l'antiquo seggio, Desiderio, avea.
23.3Nel ciel oriental sorgea l'aurora
23.4quando perdé il vigor l'acqua letea:
23.5lasciò il sonno il Sospetto; e quel, che fuora
23.6e lontan dal castel suo si vedea,
23.7morto saria, se non fosse già morto;
23.8ma la fata ebbe presta al suo conforto.
24.1Gli promesse ella indietro rimandarlo
24.2senza alcun danno; e in guisa gli promesse,
24.3che poté in qualche parte assicurarlo,
24.4non sì però ch'in tutto le credesse;
24.5ma prima in Desiderio, che di Carlo
24.6temea le forze, entrasse gli commesse,
24.7e che non se gli levi mai del seno
24.8fin che tutto di sé non l'abbia pieno.
25.1Mentre fu Carlo i giorni inanzi astretto
25.2dal re d'Africa a un tempo e da Marsiglio,
25.3il re de' Longobardi, per negletto
25.4e per perduto avendo posto il giglio,
25.5non curando né papa né interdetto
25.6alla Romagna avea dato di piglio;
25.7po' entrando ne la Marca, con battaglia
25.8e Pesaro avea preso e Sinigaglia.
26.1Indi sentendo ch'era il foco spento,
26.2morto Agramante e il re Marsiglio rotto,
26.3de la temerità sua mal contento
26.4si riputò a mal termine condotto.
26.5Or viene Alcina, e accresceli tormento:
26.6ché fa 'l rio spirto entrar in lui di botto,
26.7che notte e dì l'afflige, crucia et ange,
26.8e più che sopra un sasso in letto il frange.
27.1Gli par veder che lassi il Reno e l'Erra
27.2il popul già troiano e poi sicambro,
27.3et apra l'Alpi e scenda ne la terra
27.4che riga il Po, l'Ada, il Ticino e l'Ambro:
27.5veder s'aspetta in casa sua la guerra,
27.6e sua ruina più chiara che un ambro;
27.7né più certo rimedio al suo mal truova,
27.8che contra Francia ogni vicin commova.
28.1E come quel che gran tesori uniti
28.2avea d'esazioni e di rapine,
28.3et avea i sacri argenti convertiti
28.4in uso suo da le cose divine;
28.5con doni e con proferte e gran partiti
28.6colligò molte nazion vicine,
28.7come già il conte di Pontier gli scrisse
28.8prima che da la corte si partisse.
29.1Tutta avea Gano questa tela ordita,
29.2che 'l Longobardo dovea tesser poi;
29.3e quella poi non era oltre seguita,
29.4e fin qui stava ne' principii suoi.
29.5Or la mente, d'un stimolo ferita
29.6piggior di quel che caccia asini e buoi,
29.7conchiuse e fece nascer com'un fungo
29.8quel che più giorni avea menato in lungo.
30.1Fe' in pochi dì che Tassillone, ch'era
30.2suo genero e cugin del duca Namo,
30.3tutta la stirpe sua fuor di Bavera
30.4cacciò, senza lasciarvene un sol ramo:
30.5fe' similmente ribellar la fera
30.6Sansogna, e ritornar a re Gordamo;
30.7e trasse, per por Carlo in maggior briga,
30.8con gli Ungheri Boemi in una liga;
31.1e 'l re di Dazia e il re de le due Marche
31.2pór tra la Frisa e il termine d'Olanda
31.3tante fuste, galee, carache e barche,
31.4per gir ne l'Inghilterra e ne l'Irlanda,
31.5che per fuggir avean le some carche
31.6molte terre da mar da quella banda.
31.7Da un'altra parte si sentiva il vecchio
31.8nimico in Spagna far grande apparecchio.
32.1Tutto seguì ciò ch'avea ordito Gano,
32.2ch'era d'insidie e tradimenti il padre.
32.3Fu suscitato Unnuldo l'aquitano
32.4a soldar genti faziose e ladre:
32.5mettendo terre a sacco, capitano
32.6di ventura era detto da le squadre;
32.7nascosamente da Lupo aiutato,
32.8di Bertolagi di Baiona nato.
33.1Fér queste nove, per diversi avisi
33.2venute, a Carlo abbandonar le feste,
33.3e a donne e a cavallieri i giochi e' risi,
33.4e mutar le leggiadre in scure veste.
33.5De' saccheggiati populi et uccisi
33.6per ferro, fiamme, oppressioni e peste,
33.7le memorie percosse ad ora ad ora
33.8prometteano altrotanto e peggio ancora.
34.1O vita nostra di travaglio piena,
34.2come ogni tua allegrezza poco dura!
34.3Il tuo gioir è come aria serena,
34.4ch'alla fredda stagion troppo non dura:
34.5fu chiaro a terza il giorno, e a vespro mena
34.6sùbita pioggia, et ogni cosa oscura.
34.7Parea ai Franchi esser fuor d'ogni periglio,
34.8morto Agramante e rotto il re Marsiglio;
35.1et ecco un'altra volta che 'l ciel tuona
35.2da un'altra parte, e tutto arde de lampi,
35.3sì che ogni speme i miseri abbandona
35.4di poter frutto cor de li lor campi.
35.5E così avvien ch'una novella buona
35.6mai più di venti o trenta dì non campi,
35.7perché vien dietro un'altra che l'uccide;
35.8e piangerà doman l'uom ch'oggi ride.
36.1Per le cittadi uomini e donne errando,
36.2con visi bassi e d'allegrezza spenti,
36.3andavan taciturni sospirando,
36.4né si sentiano ancor chiari lamenti:
36.5qual ne le case attonite avvien, quando
36.6mariti o figli o più cari parenti
36.7si veggon travagliar ne l'ore estreme,
36.8ch'infinito è il timor, poca è la speme.
37.1E quella poca pur spegnere il gelo
37.2vuol de la tema, e dentro il cor si caccia:
37.3ma come può d'un piccolin candelo
37.4fuoco scaldar dov'alta neve agghiaccia?
37.5Chi leva a Dio, chi leva a' Santi in cielo
37.6le palme giunte e la smarrita faccia,
37.7pregandoli che, senza più martìre,
37.8basti il passato a disfogar lor ire.
38.1Come che il popul timido per tema
38.2disperi, e perda il cor e venga manco,
38.3nel magnanimo Carlo non iscema
38.4l'ardir, ma cresce, e nei paladini anco:
38.5ché la virtù di grande fa suprema,
38.6quanto travaglia più, l'animo franco;
38.7e gloria et immortal fama ne nasce,
38.8che me' d'ogn'altro cibo il guerrier pasce.
39.1Carlo, a cui ritrovar difficilmente,
39.2la terra e 'l mar cercando a parte a parte,
39.3si potria par di santa e buona mente,
39.4e d'ogni finzion netta e d'ogn'arte
39.5(e lasso ancor oltre l'età presente
39.6volgi l'antique e più famose carte);
39.7a Dio raccomandò sé, i figli e il stato,
39.8né più curò ch'esser di fede armato.
40.1Né men saggio che buono, poi ch'avuto
40.2ebbe ricorso alla Maggior Possanza,
40.3che non mancò né mancherà d'aiuto
40.4ad alcun mai che ponga in lei speranza,
40.5fece che, senza indugio, proveduto
40.6fu a tutti i luoghi ov'era più importanza:
40.7gli capitani suoi per ogni terra
40.8mandò a far scelta d'uomini da guerra.
41.1Non si sentiva allor questo rumore
41.2de' tamburi, com'oggi, andar in volta,
41.3invitando la gente di più core,
41.4o forse (per dir meglio) la più stolta,
41.5che per tre scudi e per prezzo minore
41.6vada ne' luoghi ove la vita è tolta:
41.7stolta più tosto la dirò che ardita,
41.8ch'a sì vil prezzo venda la sua vita.
42.1Alla vita l'onor s'ha da preporre;
42.2fuor che l'onor non altra cosa alcuna:
42.3prima che mai lasciarti l'onor tòrre
42.4déi mille vite perdere, non ch'una.
42.5Chi va per oro e vil guadagno a porre
42.6la sua vita in arbitrio di fortuna,
42.7per minor prezzo crederò che dia,
42.8se troverà chi compri, anco la mia.
43.1O, com'io dissi, non sanno che vaglia
43.2la vita quei che sì l'estiman poco;
43.3o c'han disegno, inanzi alla battaglia,
43.4che 'l piè gli salvi a più sicuro loco.
43.5La mercenaria mal fida canaglia
43.6prezzar li antiqui imperatori poco:
43.7de la lor nazion più tosto venti
43.8volean, che cento di diverse genti.
44.1Non era a quelli tempi alcun escluso
44.2che non portasse l'armi e andasse in guerra,
44.3fuor che fanciul da sedici anni in giuso,
44.4o quel che già l'estrema etade afferra:
44.5ma tal milizia solo era per uso
44.6di bisogno e d'onor de la sua terra:
44.7sempre sua vita esercitando sotto
44.8buon capitani, in arme era ognun dotto.
45.1Carlo per tutta Francia e per la Magna,
45.2per ogni terra a' suoi regni soggetta,
45.3fa scriver gente, e poi la piglia e cagna
45.4secondo che gli par atta et inetta;
45.5sì che fa in pochi giorni alla campagna
45.6un esercito uscir di gente eletta,
45.7da far che Marte fin su nel ciel treme,
45.8non che a' nimici l'impeto non sceme.
46.1Gli elmi, gli arnesi, le corazze e scudi,
46.2che poco dianzi fur messi da parte,
46.3e de lor fatte ampie officine ai studi
46.4de l'ingegnose aragne era gran parte,
46.5sì che forse tornar in su gli incudi
46.6temeano, e farsi ordigni a più vil arte;
46.7or imbruniti, fuor d'ogni timore,
46.8godeano esser riposti al primo onore.
47.1Sonan di qua, di là tanti martelli,
47.2che n'assorda di strepito ogni orecchia:
47.3quei batton piastre e le rifanno, e quelli
47.4vanno acconciando l'armatura vecchia;
47.5altri le barde torna alli penelli,
47.6coprirle altri di drappo s'apparecchia:
47.7chi cerca questa cosa, e chi ritrova
47.8quell'altra; altri racconcia, altri rinuova.
48.1Poi che Carlo al tesor ruppe il serraglio,
48.2ebbon da travagliar tutti i mestieri:
48.3ma né maggior né più commun travaglio
48.4era però, che di trovar destrieri:
48.5ché gli disagi e de le spade il taglio
48.6tolto n'avean da le decine i zeri:
48.7quali si fosson (ché i buon eran rari),
48.8come il sangue e la vita erano cari.
49.1Carlo, oltra l'ordinario che solea
49.2aver d'uomini d'armi alle frontiere,
49.3e de la gente che a piè combattea,
49.4che per pace era usato anco tenere,
49.5de l'un canto e de l'altro fatto avea
49.6che pieno era ogni cosa di bandiere:
49.7trenta sei mila armati in su l'arzoni,
49.8e quattro tanto e più furo i pedoni.
50.1E per gli molti esempi che già letto
50.2de' capitani avea del tempo veglio,
50.3com'uom ch'amava sopra ogni diletto
50.4d'udir istorie e farne al viver speglio;
50.5e più perché vedutone l'effetto
50.6per propria esperienzia, il sapea meglio;
50.7conobbe al tempo la prestezza usata
50.8aver più volte la vittoria data;
51.1e ch'era molto meglio ch'egli andasse
51.2i nimici a trovar ne la lor terra,
51.3e sopra gli lor campi s'alloggiasse,
51.4e desse lor de' frutti de la guerra;
51.5che dentro alle confine gli aspettasse
51.6che l'Alpi e 'l Pireneo fra dui mar serra.
51.7Fatta la mostra, i populi divise
51.8in molte parti, e a' suoi capi i commise.
52.1In quel tempo era in Francia il cardinale
52.2di Santa Maria in Portico venuto,
52.3per Leon terzo e pel seggio papale
52.4contra Lombardi a domandarli aiuto;
52.5ché mal era tra spada e pastorale,
52.6e con gran disvantaggio combattuto.
52.7L'imperator, dunque, il primier stendardo
52.8che fe' espedir, fu contra il Longobardo.
53.1Era Carlo amator sì de la Chiesa,
53.2sì d'essa protettor e di sue cose,
53.3che sempre l'augumento e la difesa,
53.4sempre l'util di quella al suo prepose:
53.5però, dopo molt'altre, questa impresa
53.6nome di Cristianissimo gli pose,
53.7e dal santo Pastor meritamente
53.8sacrato imperador fu di Ponente.
54.1Mandò il nipote Orlando, e mandò fanti
54.2seco, a cavallo e una gran schiera d'archi.
54.3Subito Orlando a pigliar l'Alpi inanti
54.4fece ir gli suoi più d'armatura scarchi;
54.5ma trovar ch'i nemici vigilanti
54.6avean prima di lor pigliato i varchi,
54.7e fur constretti d'aspettar il Conte
54.8con tutto l'altro campo a piè del monte.
55.1Orlando quei da l'armi più leggiere,
55.2quando pedoni e quando gente equestre,
55.3cominciò a la sua giunta a far vedere
55.4or su le manche or su le piagge destre;
55.5e far fuochi avampar tutte le sere,
55.6di qua e di là, per quelle cime alpestre;
55.7e di voler passar mostra ogni segno
55.8fuor ch'ove di passar forse ha disegno.
56.1A Mon Ginevra, al Mon Senese avea,
56.2e a tutti i monti ove la via più s'usa,
56.3provisto il Longobardo, e vi tenea
56.4con fanti e cavallieri ogni via chiusa;
56.5sopra Saluzzo i monti difendea
56.6un suo figliuolo, et esso quei di Susa.
56.7Per tutti questi passi, or basso or alto,
56.8Orlando movea loro ogni dì assalto.
57.1Spesso fa dar all'armi, e mai non lassa
57.2l'inimico posar né dì né notte:
57.3né però l'un su quel de l'altro passa,
57.4e ben si puon segnar pari le botte.
57.5Ma sarebb'ita in lungo e forse cassa
57.6d'effetto sua fatica in quelle grotte,
57.7se non gli avesse la vittoria in mano
57.8fatta cader un nuovo caso strano.
58.1Nel campo longobardo un giovane era,
58.2signor di Villafranca a piè de' monti,
58.3capitan de li armati alla leggiera,
58.4che n'avea mille ad ogn'impresa pronti,
58.5di tanto ardir, d'audacia così fiera,
58.6che sempre inanzi iva alle prime fronti;
58.7e sue degne opre non pur fra gli amici,
58.8ma laude anco trovar da gli nimici.
59.1Era il suo nome Otton da Villafranca,
59.2di lucid'armi e ricche vesti adorno,
59.3che la fida moglier, nomata Bianca,
59.4in ricamar avea speso alcun giorno.
59.5La destra parte era oro, era la manca
59.6argento, et anco avean dentro e d'intorno,
59.7quella d'argento e questa in nodi d'oro,
59.8le note incomincianti i nomi loro.
60.1Avea un caval sì snello e sì gagliardo,
60.2che par non avea al mondo, et era còrso,
60.3sparso di rosse macchie il col leardo,
60.4l'un fianco e l'altro, e dal ginocchio al dorso.
60.5Men sicuro di lui parea e più tardo,
60.6volga alla china o drizzi all'erta il corso,
60.7quell'animal che da le balze cozza
60.8coi duri sassi, e lenta la camozza.
61.1Su quel destrier Ottone, or alto or basso
61.2correndo, era per tutto in un momento,
61.3quando lanciando un dardo e quando un sasso,
61.4ché la persona sua ne valea cento.
61.5Or s'opponeva a questo, or a quel passo;
61.6né sol valea di forza e d'ardimento,
61.7ma facea con la lingua e con la fronte
61.8audaci mille cor, mille man pronte.
62.1Poi che Fortuna a quella audacia arriso
62.2ebbe cinque o sei giorni, entrò in gran sdegno;
62.3ché pur troppa baldanza l'era aviso
62.4ch'Otton pigliasse nel suo instabil regno,
62.5ch'avendo di lontano alcuno ucciso,
62.6d'entrar nel stuol facesse anco disegno;
62.7e gli ruppe in un tratto, come vetro,
62.8ogni speranza di tornar a dietro.
63.1Baldovin con molt'altri gli la tolse,
63.2ch'a un stretto passo il colse per sciagura:
63.3il cavallo al voltar dietro gli colse
63.4dove i schinchi e le cosce hanno giuntura;
63.5sì che lo fe' prigion, volse o non volse,
63.6quantunque il cavallier senza paura
63.7non si rendette mai, fra la tempesta
63.8di mille colpi, fin ch'ebbe elmo in testa.
64.1Perduto l'elmo, non fe' più contrasto,
64.2ma disse: — Io mi vi rendo —; e lasciò il brando,
64.3molto più del destrier che vedea guasto
64.4che del maggior suo danno sospirando.
64.5La presa di quest'uomo venne il basto,
64.6com'io vi dirò appresso, rassettando,
64.7sul qual fur poi le gravi some poste
64.8ch'a Desiderio si rupper le coste.
65.1Lasciato a Villafranca avea la fida,
65.2casta, bella, gentil, diletta moglie,
65.3quando di quella schiera si fe' guida,
65.4seguendo più l'altrui che le sue voglie:
65.5or restando prigion, n'andar le grida
65.6là dove più poteano arrecar doglie;
65.7alla moglie n'andar casta e fedele,
65.8che mandò al cielo i pianti e le querele.
66.1Sparso la Fama avea, com'è sua usanza
66.2di sempre aggrandir cosa che rapporte,
66.3che Otton preso e ferito era, non sanza
66.4grandissimo periglio de la morte.
66.5Perciò il figliuol del re, ch'avea la stanza
66.6vicino a lei con parte di sua corte,
66.7andò per visitarla e trar di pianto,
66.8se valesse il conforto però tanto.
67.1Penticon (ché quel nome avea il figliuolo
67.2del re de' Longobardi) poi che venne
67.3a veder la beltà che prima, solo
67.4conoscendo per fama, minor tenne;
67.5com'augel ch'entra ne le panie a volo,
67.6né può dal visco poi ritrar le penne,
67.7si ritrovò nel cieco laccio preso,
67.8che nel viso di lei stava ognor teso.
68.1E dove era venuto a dar conforto,
68.2non si partì che più bisogno n'ebbe.
68.3Dal camin dritto immantinente al torto
68.4voltò il disio, che smisurato crebbe:
68.5or, non che preso, ma che fosse morto
68.6Otton suo amico, intendere vorrebbe:
68.7l'uom che pur dianzi con ragione amava,
68.8contra ragione or mortalmente odiava.
69.1Né può d'un mutamento così iniquo
69.2render la causa o far scusa migliore,
69.3che attribuirlo all'ordine che, obliquo
69.4da tutti gli umani ordini, usa Amore;
69.5di cui per legge e per costume antiquo
69.6gli effetti son d'ogn'altro esempio fuore.
69.7Non potea Penticon al disio folle
69.8far resistenza; o se potea, non volle.
70.1E lasciandosi tutto in preda a quello,
70.2senza altra escusa e senza altro rispetto,
70.3cominciò a frequentar tanto il castello,
70.4ch'a tutto il mondo dar potea sospetto:
70.5indi fatto più audace, col più bello
70.6modo che seppe, a palesarle il petto,
70.7a pregar, a promettere, a venire
70.8a' mezi onde aver speri il suo desire.
71.1La bella donna, che non men pudica
71.2era che bella, e non men saggia e accorta,
71.3prima che farsi oltre il dovere amica
71.4di sì importuno amante, esser vuol morta.
71.5Ma quegli, avegna ch'ella sempre dica
71.6di non voler, però non si sconforta;
71.7et è disposto di far altre prove,
71.8quando il pregar e proferir non giove.
72.1Ella conosce ben di non potere
72.2mantener lungamente la contesa;
72.3e stando quivi, se non vuol cadere,
72.4non può, se non da morte, esser difesa.
72.5Ma questa suol, fra l'aspre, orride e fiere
72.6condizion, per ultima esser presa:
72.7quindi, prima fuggir, e perder prima
72.8ciò ch'altro ha al mondo, che l'onor, fa stima.
73.1Ma dove può ella andar, ch'ogni cittade
73.2che tra il mar, l'Alpi e l'Appennino siede,
73.3del padre de l'amante è in podestade,
73.4né sicuro per lei luogo ci vede?
73.5Passar l'Alpi non può, ch'ivi le strade
73.6chiude la gente, chi a caval, chi a piede:
73.7non ha il destrier che fe' alle Muse il fonte,
73.8né il carro in che Medea fuggì Creonte.
74.1Di questo fe' tra sé lungo discorso,
74.2né mai seppe pigliar util consiglio.
74.3Ad un suo vecchio al fin ebbe ricorso,
74.4che amava Otton come signore e figlio.
74.5Costui s'imaginò tosto il soccorso
74.6di trar l'afflitta donna di periglio,
74.7e le propose per segreti calli
74.8salva ridurla alle città dei Galli.
75.1Stato era cacciator tutta sua vita,
75.2ma molto più quand'eran gli anni in fiore;
75.3et avea per quei monti ogni via trita,
75.4di qua errando e di là, dentro e di fuore.
75.5Pur che non fosse nel partir sentita,
75.6la condurrebbe salva al suo signore:
75.7solo si teme che la prima mossa
75.8occulta a Penticon esser non possa;
76.1che, non che un dì, ma poche ore interpone
76.2che non sia seco, e v'ha sempre messaggio.
76.3Mentre va d'una in altra opinione
76.4come abbia a proveder il vecchio saggio,
76.5vede che lei salvar, e con ragione
76.6Otton può vendicar di tanto oltraggio,
76.7portar facendo al folle amante pena
76.8di quel desir ch'a tanto obbrobrio il mena.
77.1Esorta lei ch'anco duo dì costante
77.2stia, fin che di là torni ove andar vuole;
77.3e, come saggia, intanto al sciocco amante
77.4prometta largamente e dia parole.
77.5Fatto il pensier, si parte in uno instante
77.6per una via ch'in uso esser non suole,
77.7con lunghi avolgimenti, ma assai destra
77.8quanto creder si può d'una via alpestra.
78.1Tosto arrivò dove occupava il monte
78.2la gente del figliuol del re Pipino,
78.3e dimandò voler parlar al Conte;
78.4ma la guardia il condusse a Baldovino,
78.5che del campo tenea la prima fronte.
78.6Costui d'Orlando frate era uterino:
78.7vuo' dir ch'ambi eran nati d'una madre;
78.8ma l'un Milon, l'altro avea Gano padre.
79.1Il Maganzese, poi che di costui
79.2attentamente ebbe il parlar inteso,
79.3di liberar il signor suo, e per lui
79.4darli il figliuol del re nimico preso;
79.5non lasciò che parlasse al Conte, in cui
79.6di virtù vera era un disio sì acceso,
79.7che di ciò non seria stato contento,
79.8ch'aver gli parria odor di tradimento.
80.1E dubitava non facesse Orlando
80.2quel che Fabrizio e che Camil già féro,
80.3che l'uno a Pirro, e l'altro già assediando
80.4Falisci, in mano i traditor lor diero.
80.5Finse voler la notte occupar (quando
80.6la strada avea imparata) un poggio altiero
80.7che si vedea all'incontro oltre la valle,
80.8e i nimici assalir dietro alle spalle.
81.1Con volontà d'Orlando, in su la sera
81.2Baldovin se ne va con buona scorta
81.3de cavallieri armati alla leggiera,
81.4e un fante ognun di lor dietro si porta.
81.5La luna in mezo 'l ciel, che ritond'era,
81.6vien lor mostrando ogni via dritta e torta:
81.7appresso a terza, si trovar dal loco
81.8dove s'hanno a condur lontani poco.
82.1Si fermar quivi, e ricrear alquanto
82.2sé et i cavalli in una occulta piaggia;
82.3che seco vettovaglia aveano, quanto
82.4bastar potea per quella via selvaggia.
82.5Il vecchio corre alla sua donna intanto,
82.6e le divisa ciò ch'ordinato aggia.
82.7A Villafranca Penticon rimena
82.8il suo desio, che 'l giorno spunta a pena.
83.1La donna, che dal dì che le fu tolto
83.2il suo marito andò sempre negletta;
83.3questo, che spera di vederlo sciolto
83.4e far d'ogni sua ingiuria alta vendetta,
83.5ritrova i panni allegri, e il crine e 'l volto,
83.6quanto più sa, per più piacer rassetta;
83.7e fe' quel dì, quel che non fe' più inante,
83.8grata accoglienza al poco cauto amante.
84.1E con onesta forza, la mattina,
84.2e dolci preghi, a mangiar seco il tenne.
84.3Il vecchio intanto a Baldovin camina,
84.4ch'al venir ratto aver parve le penne:
84.5piglia tosto ogni uscita, indi declina
84.6ove il dì si facea lieto e solenne;
84.7e quivi, senza poter far difese,
84.8e Penticone e de' suoi molti prese.
85.1Lasciato avea chi sùbito al fratello
85.2la vera causa del suo andar narrassi;
85.3ch'avea per prender Penticon, non quello
85.4monte occupar, volti la sera i passi;
85.5sì che per l'orme sue verso il castello
85.6pregava che col resto il seguitassi.
85.7Benché non piacque al Conte che tacciuto
85.8questo gli avesse, pur non negò aiuto:
86.1e con tutti gli altri ordini si mosse,
86.2senza che tromba o che tambur s'udisse;
86.3e perché inteso il suo partir non fosse,
86.4lasciò chi 'l fuoco insino al dì nutrisse.
86.5La presa del figliuol, non che percosse,
86.6ma al vecchio padre in modo il cor trafisse,
86.7che si levò de l'Alpi; e mezza rotta
86.8salvò a Chivasco et a Vercei la frotta.
87.1Né a Vercei né a Chivasco il paladino
87.2di voler dar l'assalto ebbe disegno;
87.3anzi i passi volgea dritto al Ticino,
87.4alla città che capo era del regno.
87.5Desiderio, per chiuderli il camino,
87.6lo va a trovar, ma non gli fa ritegno;
87.7et è sì inferior nel gran conflitto,
87.8che ne riman perpetuamente afflitto.
88.1Quivi cader de' Longobardi tanti,
88.2e tanta fu quivi la strage loro,
88.3che 'l loco de la pugna gli abitanti
88.4Mortara dapoi sempre nominoro.
88.5Ma prima che seguir questo più inanti,
88.6ritornar voglio agli altri gigli d'oro,
88.7che Carlo ai capitani raccommanda
88.8ch'alle sue giuste imprese altrove manda.
89.1Con dieci mila fanti e settecento
89.2lance e duo milla arcier andò Rinaldo
89.3verso Guascogna, per far mal contento
89.4di sua perfidia l'Aquitan ribaldo.
89.5Bradamante e Ruggier, che 'l regimento
89.6avean del lito esposto al fiato caldo,
89.7ebbon di fanti non so quanti miglia,
89.8e legni armati a guardia di Marsiglia.
90.1Come chi guardi il mar, così si pone
90.2chi a cavallo, chi a piè, che guardi il lito.
90.3Olivier guardò Fiandra, Salamone
90.4Bretagna, Picardia Sansone ardito:
90.5dico per terra; ch'altra provisione,
90.6altro esercito al mar fu statuito.
90.7Con grossa armata cura ebbe Ricardo
90.8da la foce del Reno al Mar Picardo.
91.1E dal Picardo al capo di Bretagna,
91.2avendo uomini e legni in abondanza,
91.3uscì Carlo col resto alla campagna,
91.4e venne al Reno, e lo passò a Costanza;
91.5et arrivò sì presto ne la Magna,
91.6che la fama al venir poco l'avanza;
91.7passò il Danubio, e si trovò in Bavera,
91.8che mosso Tassillone anco non s'era.
92.1Tassillon, de Boemi e de Sassoni
92.2esercito aspettando e d'Ungheria,
92.3alle squadre di Francia e legioni
92.4tempo di prevenirli dato avia.
92.5Carlo fermò ad Augusta i confaloni,
92.6e mandò all'inimico ambasceria
92.7a saper se volesse esperienza
92.8far di sua forza o pur di sua clemenza.
93.1Tassillon, impaurito de la presta
93.2giunta di Carlo, ch'improviso il colse,
93.3con tutto il stato se gli diè in podesta,
93.4e Carlo umanamente lo raccolse;
93.5ma che rendesse alla prima richiesta
93.6il tolto a Namo et a' consorti, volse;
93.7e che lor d'ogni danno et interesse
93.8ch'avean per questo avuto, sodisfesse;
94.1e settecento lance per un anno,
94.2e dieci mila fanti gli pagasse;
94.3la qual gente volea ch'allora a danno
94.4di Desiderio in Lombardia calasse.
94.5Con gli statichi i Franchi se ne vanno;
94.6e prima che 'l passaggio altri vietasse
94.7(ché de' Boemi prossimi avean dubio),
94.8tornar ne l'altra ripa del Danubio.
95.1E verso Praga in tanta fretta andaro,
95.2di nostra fede a quella età nimica
95.3(ben che né ancora a questa nostra ho chiaro
95.4che le sia tutta la contrada amica),
95.5ch'a prima giunta i varchi le occupato,
95.6cacciato e rotto con poca fatica
95.7re Cardoranno, che mezo in fracasso
95.8quivi era accorso a divietar il passo.
96.1Gli Franceschi cacciar fa su le porte
96.2di Praga gli Boemi in fuga e in rotta.
96.3Quella città, di fosse e muta forte,
96.4salvò col suo signor la maggior frotta:
96.5le diè Carlo l'assalto; ma la sorte
96.6al suo disegno mal rispose allotta,
96.7ch'a gran colpi di lance il popul fiero
96.8fe' ritornar la gente de lo Impero.
97.1Ché, mentre era difeso et assalito
97.2da un lato il muro, il forte Cardorano
97.3(di cui se si volesse un uom più ardito,
97.4si cercheria forse pel mondo in vano)
97.5fuor d'una porta era d'un altro uscito,
97.6et avea fatto un bel menar di mano;
97.7e dentro, con prigioni e preda molta,
97.8sua gente seco salva avea raccolta.
98.1E fe' che Carlo andò più ritenuto
98.2et ebbe miglior guardia alle sue genti,
98.3avendo lor d'un sito proveduto
98.4da porvi più sicuri alloggiamenti,
98.5dove il fiume di Molta è ricevuto
98.6da l'acque d'Albi all'Oceàn correnti:
98.7la barbara cittade in loco sede,
98.8che quinci un fiume e quindi l'altro vede.
99.1Tra le due ripe, alla città distanti
99.2un tirar d'arco, s'erano alloggiati,
99.3sì che s'avean la città messa inanti,
99.4che gli altri fiumi avea dietro e dai lati.
99.5Carlo, perché dai luoghi circonstanti
99.6non abbian vettovaglia gli assediati,
99.7e perché il campo suo stia più sicuro,
99.8tra un fiume e l'altro in lungo tirò un muro;
100.1che era di fuor di travi e di testura
100.2di grossi legni, e dentro pien di terra;
100.3e perché non uscisson de le mura
100.4dal canto ove la doppia acqua gli serra,
100.5su le ripe di fuor ebbe gran cura
100.6di por ne le bastie genti da guerra,
100.7che con velette e scolte a nissun'ora
100.8lassassino uomo entrar o venir fuora.
101.1Quindi una lega appresso, era una antica
101.2selva di tassi e di fronzuti certi,
101.3che mai sentito colpo d'inimica
101.4secure non avea né d'altri ferri:
101.5quella mai non potesti fare aprica,
101.6né quando n'apri il dì né quando il serri,
101.7né al solstizio, né al tropico, né mai,
101.8Febo, vi penetrar tuoi chiari rai.
102.1Né mai Diana, né mai Ninfa alcuna,
102.2né Pane mai, né Satir, né Sileno
102.3si venne a ricrear all'ombra bruna
102.4di questo bosco di spavento pieno;
102.5ma scelerati spirti et importuna
102.6religion quivi dominio avieno,
102.7dove di sangue uman a Dei non noti
102.8si facean empi sacrifici e voti.
103.1Quivi era fama che Medea, fuggendo
103.2dopo tanti inimici al fin Teseo,
103.3che fu, con modo a ricontarlo orrendo,
103.4quasi ucciso per lei dal padre Egeo;
103.5né più per tutto il mondo loco avendo
103.6ove tornar se non odioso e reo,
103.7in quelle allora inabitate parti
103.8venne, e portò le sue malefiche arti.
104.1So ch'alcun scrive che la via non prese,
104.2quando fuggì dal suo figliastro audace,
104.3verso Boemia, ma andò nel paese
104.4che tra i Caspi e l'Oronte e Ircania giace,
104.5e che 'l nome di Media da lei scese:
104.6il che a negar non serò pertinace;
104.7ma dirò ben ch'anco in Boemia venne
104.8o dopo o allora, e signoria vi tenne;
105.1e fece in mezo a questa selva oscura,
105.2dove il sito le parve esser più ameno,
105.3la stanza sua di così grosse mura
105.4che non verria per molti secol meno;
105.5e per potervi star meglio sicura,
105.6di spirti intorno ogn'arbor avea pieno,
105.7che rispingean con morti e con percosse
105.8chi d'ir nei suoi segreti ardito fosse.
106.1E perché, per virtù d'erbe e d'incanti,
106.2de le Fate una et immortal fatt'era,
106.3tanto aspettò, che trionfar di quanti
106.4nimici avea vid'al fin Morte fiera:
106.5indi a grand'agio ripensando a tanti
106.6a' quai fatt'avea notte inanzi sera,
106.7all'ingiurie sofferte, affanni e lutto,
106.8vid'esser stato Amor cagion di tutto.
107.1E fatta omai per lunga età più saggia
107.2(ché van di par l'esperienze e gli anni),
107.3pensa per lo avvenir come non caggia
107.4più negli error ch'avea passati, e danni;
107.5e vede, quando Amor poter non v'aggia,
107.6ch'in lei né ancor avran poter gli affanni;
107.7e studia e pensa e fa nuovi consigli,
107.8come di quel tiran fugga gli artigli.
108.1Ma perché, essendo de la stirpe antica
108.2che già la irata Vener maledisse,
108.3vide che non potea viver pudica,
108.4et era forza che 'l destin seguisse;
108.5pensò come d'amor ogni fatica,
108.6ogni amarezza, ogni dolor fuggisse;
108.7come gaudi e piacer, quanti vi sono,
108.8prender potesse, e quanto v'è di buono.
109.1Cagion de la sua pena l'era aviso
109.2che fosse, com'avea visto l'effetto,
109.3il tener l'occhio tuttavia pur fiso,
109.4e l'animo ostinato in uno oggetto;
109.5ma quando avesse l'amor suo diviso
109.6fra molti e molti, arderia manco il petto:
109.7se l'un fosse per trarla in pena e in noia,
109.8cento serian per ritornarla in gioia.
110.1Di quel paese poi fatta regina,
110.2che venne a lungo andar pieno e frequente,
110.3perché ammirando ognun l'alta dottrina
110.4le facea omaggio volontariamente;
110.5nuova religione e disciplina
110.6instituì, da ogn'altra diferente:
110.7che, senza nominar marito o moglie,
110.8tutti empìano sossopra le sue voglie.
111.1E de li dieci giorni aveva usanza
111.2di ragunarsi il populo gli sei,
111.3femine e maschi, tutti in una stanza,
111.4confusamente i nobili e i plebei:
111.5in questa dimandavan perdonanza
111.6d'ogni gaudio intermesso agli lor Dei,
111.7ch'era a guisa d'un tempio fabricata
111.8di vari marmi, e di molt'oro ornata.
112.1Finita l'orazion, facean due stuoli,
112.2da un lato l'un, da l'altro l'altro sesso;
112.3indi levati i lumi, a corsi e a voli
112.4venian al nefandissimo complesso;
112.5e meschiarsi le madri coi figliuoli,
112.6con le sorelle i frati accadea spesso:
112.7e quella usanza, ch'ebbe inizio allora,
112.8tra gli Boemi par che duri ancora.
113.1Deh! perché quando, o figlia del re Oeta,
113.2o d'Atene o di Media tu fuggisti,
113.3deh! perché a far l'Italia nostra lieta
113.4con sì gioconda usanza non venisti?
113.5Ogni mente per te seria quieta,
113.6senza cordoglio e senza pensier tristi;
113.7e quella gelosia che sì tormenta
113.8gli nostri cor, serìa cacciata e spenta.
114.1Oh come, donne, miglior parte avreste
114.2d'un dolce, almo piacer, che non avete!
114.3Dove voi digiunate, e senza feste
114.4fate vigilie in molta fame e sete,
114.5tal satolle e sì fatte prendereste,
114.6che grasse vi vedrei più che non sete.
114.7Ma bene io stolto a porre in voi desire
114.8da farvi, per gir là, da noi fuggire!
115.1Visse più d'una età leggiadra e bella,
115.2regina di quei populi, Medea;
115.3ch'ad ogni suo piacer si rinovella,
115.4e da sé caccia ogni vecchiezza rea;
115.5e questo per virtù d'un bagno ch'ella
115.6per incanto nel bosco fatto avea;
115.7al qual, perché nissun altro s'accosti,
115.8avea mille demoni a guardia posti.
116.1Questa fata del populo boemme
116.2ebbe per tanti secoli governo,
116.3che 'l tempo si potria segnar con l'emme,
116.4e quasi credea ognun che fosse eterno:
116.5ma poi che a partorir in Bettelemme
116.6Maria venne il figliuol del Re superno;
116.7quivi regnare non poté, o non volse,
116.8e di vista degli uomini si tolse.
117.1E ne l'antiqua selva, fra la torma
117.2de li demoni suoi tornò a celarsi,
117.3dove ogni ottavo dì sua bella forma
117.4in bruttissima serpe avea a mutarsi.
117.5Per questa opinion, vestigio et orma
117.6di piede uman nissun potea trovarsi
117.7inanzi a questo dì di ch'io vi parlo,
117.8che l'aurea fiamma alzò in Boemia Carlo.
118.1L'imperador commanda che dal piede
118.2taglin le piante a lor bisogno et uso:
118.3l'esercito non osa, perché crede,
118.4da lunga fama e vano error deluso,
118.5che chi ferro alza incontra il bosco, fiede
118.6sé stesso e more, e ne l'inferno giuso
118.7visibilmente in carne e in ossa è tratto,
118.8o resta cieco o spiritato o attratto.
119.1Carlo, fatta cantar una solenne
119.2messa da l'arcivescovo Turpino,
119.3entra nel bosco, et alza una bipenne,
119.4e ne percuote un olmo più vicino:
119.5l'arbor, che tanta forza non sostenne,
119.6ché Carlo un colpo fe' da paladino,
119.7cadde in duo tronchi, come fu percosso;
119.8e sette palmi era d'intorno grosso!
120.1Chi si ricorda il dì di san Giovanni,
120.2che sotto Ercole o Borso era sì allegro?
120.3che poi veduto non abbian molt'anni,
120.4come né ancora altro piacere integro,
120.5di poi che cominciar gli assidui affanni
120.6dei quali è in tutta Italia ogni core egro:
120.7parlo del dì che si facea contesa
120.8di saettar dinanzi alla sua chiesa.
121.1Quel dì inanzi alla chiesa del Battista
121.2si ponean tutti i sagittari in schiera;
121.3né colpo uscia fin ch'al bersaglio vista
121.4la saetta del principe non era;
121.5poi con la nobiltà la plebe mista
121.6l'aria di frecce a gara facea nera:
121.7così ferito ch'ebbe il bosco Carlo,
121.8fu presto tutto il campo a seguitarlo.
122.1Sotto il continuo suon di mille accette
122.2trema la terra, e par che 'l ciel ribombi;
122.3or quella pianta or questa in terra mette
122.4il capo, e rompe all'altre braccia e lombi.
122.5Fuggon da' nidi lor guffi e civette,
122.6che vi son più che tortore o colombi;
122.7e, con le code fra le gambe, i lupi
122.8lascian l'antiche insidie e i lochi cupi.
123.1Per la molta bontà ch'era in effetto
123.2e vera in Carlo, non mendace e fata,
123.3fu sì la forza al diavol maledetto
123.4da l'aiuto di Dio quivi rispinta,
123.5ch'a lui non nocque, né, per suo rispetto,
123.6a chi s'avea per lui la spada cinta:
123.7sì che mal grado de l'inferno tutto
123.8alli demoni il nido era distrutto.
124.1Un fremito, qual suol da l'irate onde
124.2del tempestoso mar venir a' lidi,
124.3cotal si udì fra le turbate fronde,
124.4meschio di pianti e spaventosi gridi;
124.5indi un vento per l'aria si difonde
124.6che ben appar che Belzebù lo guidi:
124.7ma né per questo avvien ch'al saldo e fermo
124.8valor di Carlo abbia la selva schermo.
125.1Cade l'eccelso pin, cade il funebre
125.2cipresso, cade il venenoso tasso,
125.3cade l'olmo atto a riparar che l'ebre
125.4viti non giaccian sempre a capo basso;
125.5cadono, e fan cadendo le latebre
125.6cedere agli occhi et alle gambe il passo:
125.7piangon sopra le mura i Pagan stolti,
125.8vedendo alli lor Dei gli seggi tolti.
126.1Alcun dentro ne gode, ché n'aspetta
126.2di veder sopra a Carlo e tutti i Franchi
126.3scender dal ciel così dura vendetta
126.4ch'a sepelirli il populo si stanchi.
126.5Com'è troncato un arbore, si getta
126.6nel fiume ch'alla selva bagna i fianchi;
126.7e quello, ubidiente, ai corni sopra
126.8lo porta al loco ov'è poi messo in opra.
127.1In questo tempo avea l'iniquo Gano,
127.2per dar a Carlo in ogni parte briga,
127.3composto il re d'Arabia e il Soriano
127.4col Calife d'Egitto in una liga;
127.5e dopo il colpo, per celar la mano,
127.6in guisa d'uom che conscienza instiga,
127.7per voto a cui già s'obligasse inanti,
127.8era andato al Sepolcro, ai Luoghi santi.
128.1Quivi da Sansonetto ricevuto,
128.2che da Carlo in governo avea la terra,
128.3era stato alcun giorno, e poi venuto
128.4verso Costantinopoli per terra;
128.5dove certa notizia avendo avuto
128.6di Carlo che in Boemia facea guerra,
128.7s'era voltato, per la dritta via
128.8di Servia e di Belgrado, in Ungheria.
129.1Ritrovò, essendo già Filippo morto,
129.2aver il regno un figlio d'Otacchiero,
129.3che come l'avol dritto, così ei torto
129.4ebbe l'animo sempre da lo Impero.
129.5Gano gli venne in tempo a dar conforto,
129.6ch'era pel re di Francia in gran pensiero,
129.7del qual nimico discoperto s'era
129.8per la causa del duca di Baviera:
130.1e molto si dolea di Tassillone
130.2ch'avesse senza lui fatta la pace,
130.3di che il Boemme e l'Ungaro e il Sassone
130.4restava in preda alla francesca face.
130.5Avea d'aiutar Praga intenzione,
130.6ma de lo assunto si vedea incapace:
130.7impossibil gli par che in così breve
130.8tempo far possa quel ch'in ciò far deve.
131.1Ma se lo assedio si potea produrre,
131.2se potea andar in lungo ancora un mese,
131.3tanta gente era certo di condurre,
131.4oltre il soccorso che daria il paese,
131.5che i gigli d'or ne le bandiere azzurre
131.6quivi restar faria con l'altro arnese:
131.7ma s'ora andasse, non farebbe effetto
131.8se non d'attizzar Carlo a più dispetto.
132.1Gano promesse che farebbe ogn'opra
132.2che Praga ancor un mese si terrebbe;
132.3e poi che molto han ragionato sopra
132.4quanto far ciascun d'essi in questo debbe,
132.5parte Gano da Buda, e tra via adopra
132.6lo 'ngegno che molt'atto a tradire ebbe:
132.7va da Strigonia in Austria, indi si tiene
132.8a destra mano et in Boemia viene.
133.1Il peregrino di Gerusalemme,
133.2con quanti avea condotti a' suoi servigi,
133.3umilmente, senza oro e senza gemme
133.4ma di panni vestiti grossi e bigi,
133.5nel campo tolto al popolo boemme
133.6baciò la mano al buon re di Parigi,
133.7ch'avendolo raccolto ne le braccia,
133.8di qua e di là gli ribaciò la faccia.
134.1Era inclinato di natura molto
134.2a Gano Carlo, e ne facea gran stima,
134.3e poche cose fatte avria, che tolto
134.4il suo consiglio non avesse prima;
134.5com'ogni signor quasi in questo è stolto,
134.6che lascia il buono et il piggior sublima;
134.7né, se non fuor del stato, o dato in preda
134.8degli inimici, par che 'l suo error veda.
135.1Per non saper dal finto il vero amico
135.2scernere, in tal error misero incorre.
135.3Di questo vi potrei, ch'ora vi dico,
135.4più d'un esempio inanzi agli occhi porre;
135.5e senza ritornar al tempo antico,
135.6n'avrei più d'uno a nostra età da tòrre:
135.7ma se più verso a questo Canto giungo,
135.8temo vi offenda il suo troppo esser lungo.
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