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CLXII

Rime

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1.1Donna, de´ cui begli occhi alto diletto
1.2trasser i miei gran tempo, e lieto vissi,
1.3mentre a te non dispiacque esser fra noi,
1.4se vedi, che quant´io parlai né scrissi,
1.5non è stato se non doglia e sospetto
1.6dopo ´l quinci sparir dei raggi tuoi,
1.7impetra dal Signor, non più ne´ suoi
1.8lacci mi stringa il mondo, e possa l´alma,
1.9che devea gir inanzi, omai seguirti.
1.10Tu godi, assisa tra beati spirti,
1.11de la tua gran virtute, e chiara et alma
1.12senti e felice dirti;
1.13io senza te rimaso in questo inferno,
1.14sembro nave in gran mar senza governo,
1.15e vò là dove il calle e ´l piè m´invita,
1.16la tua morte piangendo e la mia vita.
2.1Sì come più di me nessuno in terra
2.2visse de´ suoi pensier pago e contento,
2.3te qui tenendo la divina cura,
2.4così cordoglio equale a quel, ch´io sento,
2.5non è, né credo ch´esser possa, e guerra
2.6non fe´ giamai sì dispietata e dura
2.7la spada, che suoi colpi non misura,
2.8quanto or a me, che ´n un sol chiuder d´occhi
2.9le mie vive speranze ha tutte extinto;
2.10ond´io son ben in guisa oppresso e vinto,
2.11che pur che ´l cor di lagrime trabbocchi,
2.12mentre d´intorno cinto
2.13sarò de la caduca e frale spoglia,
2.14altro non cerco: o quando fia che voglia
2.15di vita il Re celeste e pio levarme?
2.16Prega ´l tu, Santa, e così pòi quetarme.
3.1Avea per sua vaghezza teso Amore
3.2un´alta rete a mezzo del mio corso,
3.3d´oro e di perle e di rubin contesta,
3.4che veduta al più fero e rigid´orso
3.5umiliava e ´nteneriva il core
3.6e quetava ogni nembo, ogni tempesta;
3.7questa lieto mi prese, e poscia in festa
3.8tenne molt´anni: or l´ha sparsa e disciolta,
3.9per far me sempre tristo, acerba sorte.
3.10Ahi cieca, sorda, avara, invida morte,
3.11dunque hai di me la parte maggior tolta,
3.12e l´altra sprezzi? O forte
3.13tenor di stelle, o già mia speme, quanto
3.14meglio m´era il morir, che ´l viver tanto!
3.15Deh non mi lasciar qui più lungo spazio,
3.16ch´io son di sostenermi stanco e sazio.
4.1Sovra le notti mie fur chiaro lume
4.2e nel dubbio sentier fidata scorta
4.3i tuoi begli occhi e le dolci parole.
4.4Or, lasso, che ti se´ oscurata e torta
4.5tanto da me, conven ch´io mi consume
4.6senza i soavi accenti e ´l puro sole:
4.7né so cosa mirar, che mi console,
4.8o voce udir, che ´l cor dolente appaghi
4.9né mica in questo lamentoso albergo,
4.10lo qual dì e notte pur di pianto aspergo,
4.11chiedendo che si volga e me rimpiaghi
4.12morte, né più da tergo
4.13lasci, e m´ancida col suo stral secondo:
4.14poi che col primo ha impoverito il mondo,
4.15toltane te, per cui la nostra etade
4.16sì ricca fu di senno e di beltade.
5.1Avess´io almen penna più ferma o stile
5.2possente agli altri secoli di mille
5.3de le tue lode farne passar una;
5.4che già di leggiadrissime faville
5.5s´accenderebbe ogni anima gentile,
5.6e io mi dorrei men di mia fortuna,
5.7e men di morte, in aspettando alcuna
5.8vendetta contra lei da le mie rime.
5.9E per chieder ancora, o se ´l mio inchiostro,
5.10Mantova e Smirna, s´avanzasse al vostro
5.11tanto, che non pur lei la più sublime
5.12in questo basso chiostro,
5.13ma tal là su facesse opra, che ´l cielo
5.14la sforzasse a tornar nel suo bel velo:
5.15perché non fosse uom poi così beato,
5.16con ch´io cangiassi il mio gioioso stato.
6.1Se tu stessa, canzone,
6.2di quel vedermi lieto mai non credi,
6.3che più vo desiando, a pianger riedi,
6.4e di´, del pianto molle, ovunque arrive:
6.5Madonna è morta, e quel misero vive.
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