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1.1Quanta fatica, messer Alessandro,
1.2hanno certi filosofi durata,
1.3come dir, verbigrazia, Anassimandro
2.1e Cleombroto e quell'altra brigata,
2.2per dichiararci qual sia 'l sommo bene
2.3e la vita felice alma e beata!
3.1Chi vuol di scudi aver le casse piene;
3.2chi stare allegro sempre e far gran cera,
3.3pigliando questo mondo com'e' viene:
4.1andar a letto com'e' si fa sera,
4.2non far da cosa a cosa differenzia,
4.3non guardar più la bianca che la nera.
5.1Questa hanno certi chiamata indolenzia,
5.2ch'è, messer Alessandro, una faccenda,
5.3che l'auditor non v'ha data sentenzia:
6.1vo' dir ch'io credo che la non s'intenda;
6.2voi chiamatela vita alla carlona,
6.3qua è un che n'ha fatto una leggenda.
7.1Un'altra opinion, che non è buona,
7.2tien che l'imperador e 'l prete Ianni
7.3sien maggior del torrazzo di Cremona,
8.1perché veston di seta e non di panni,
8.2son spettabili viri, ogniun gli guarda,
8.3son come fra gli uccelli i barbagianni.
9.1E fu un tratto una vecchia lombarda
9.2che credeva che 'l papa non fuss'uomo,
9.3ma un drago, una montagna, una bombarda;
10.1e, vedendolo andare a vespro in duomo,
10.2si fece croce per la maraviglia:
10.3questo scrive uno istorico da Como.
11.1Dell'altra filosofica famiglia
11.2sono intricati più, dico, gli errori,
11.3ch'una matassa quando si scompiglia.
12.1Vergilio disse che i lavoratori
12.2starebbon ben, s'egli avessin cervello,
12.3se fussin del lor ben conoscitori;
13.1ma questo alla sentenzia è stran suggello:
13.2è come dare inanzi intero un pane
13.3a chi non abbia denti né coltello.
14.1Chi vuol che le persone sien mal sane
14.2dice che lo studiar ci fa beati
14.3e la scienzia delle cose strane;
15.1e qui gridan le regole de' frati,
15.2che danno l'ignoranzia per precetto
15.3e non voglion che mai libro si guati.
16.1Non è mancato ancor chi abbi detto
16.2gran ben del matrimonio e de' contenti
16.3che son nel marital pudico letto.
17.1Questo amo io più che tutti i miei parenti
17.2e dico che lo starvi è cosa santa,
17.3ma senza compagnia, non altrimenti.
18.1Son queste opinion più di novanta;
18.2son tante, quanti gli uomini, le vite
18.3e sempre ogniun l'altrui celebra e canta;
19.1ma fra le più stimate e reverite
19.2è, per detto d'ogniun, quella de' preti,
19.3perch'egli han grandi entrate e poche uscite.
20.1Or tacete, filosofi e poeti;
20.2voi, Svetonio e Platina e Plutarco,
20.3che scriveste le vite, state cheti:
21.1lasciate dir a me, che non imbarco
21.2e son in questo così buono autore,
21.3stato per dir, come san Marco.
22.1Più bella vita al mondo un debitore,
22.2fallito, rovinato e disperato,
22.3ha che 'l gran turco e che l'imperatore.
23.1Questo è colui che si può dir beato:
23.2in tutto l'universo ove noi stiamo
23.3non è più lieto e più tranquillo stato.
24.1E perché paia che noi procediamo
24.2con le misure in mano e con le seste,
24.3prima quel che sia debito vediamo.
25.1Debito è far altrui le cose oneste,
25.2come dir ch'a' più vecchi si conviene
25.3trar le berette et abbassar le teste;
26.1adunque far il debito è far bene
26.2e quanto è fatto il debito più spesso,
26.3tanto questa ragion più lega e tiene.
27.1Or fatto il presupposito e concesso
27.2che 'l debito sia opra virtuosa,
27.3le consequenzie sue vengon appresso.
28.1Ha l'anima gentile e generosa
28.2un uom ch'affronti e faccia stocchi assai:
28.3è uom da fargli fare ogni gran cosa.
29.1Non ebbe tanto cuore Ercole mai,
29.2né que' che vanno in piazza a dare al toro,
29.3sbricchi, sgherri, barbon, bravi, sbisai.
30.1O teste degne d'immortale alloro,
30.2ma più delle carezze e de' rispetti
30.3e delle feste che son fatte loro!
31.1Non è tal carità fra' più diletti
31.2figliuoli e padri, e fra moglie e marito,
31.3e s'altri son fra sé di sangue stretti.
32.1È più accarezzato e più servito
32.2un debitor da chi ha aver da lui
32.3che se del corpo fuor gli fusse uscito:
33.1non par che tenga memoria d'altrui.
33.2Andate a dir ch'un avaraccio boia
33.3abbia le belle grazie c'ha costui:
34.1anzi non è chi non brami che muoia,
34.2tanto è perseguitato e mal voluto,
34.3tanto l'han proprio i suoi figliuoli a noia.
35.1Un debitore è volentier veduto,
35.2mai non si truova che nulla gli manchi,
35.3sempre alle spese d'altri è mantenuto.
36.1Guardate un prete, quando va per Banchi,
36.2che sberettate egli ha da ogni canto,
36.3quanta gente gli è sempre intorno a' fianchi.
37.1Questo è colui che si può dare il vanto
37.2di vera fama e di solida gloria,
37.3quel ch'è canonizzato come un santo.
38.1Non ha proporzione annale o istoria
38.2con gli autentichi libri de' mercanti,
38.3che son la vera idea della memoria;
39.1e costor vi son drento tutti quanti,
39.2e quindi tratti a farsi più immortali.
39.3E' son dipinti su per tutti i canti:
40.1voi vedete certi abiti ducali,
40.2fatti con orpimento e zafferano,
40.3con lettere patenti di speziali.
41.1E sarà tal che prima era un cristiano,
41.2che si farà più noto a questo modo
41.3che non è Lancilotto né Tristano.
42.1Un debitor, ch'è savio, dorme sodo;
42.2fa sonni che così gli facess'io!
42.3Par che bea papaveri nel brodo.
43.1Disse un tratto Alcibiade a suo zio,
43.2ch'avea di certi conti dispiacere:
43.3“Voi sète pazzo, per lo vero Dio!
44.1Lasciatevi pensare a chi ha avere,
44.2o qualche modo più presto trovate,
44.3ch'i creditor non gli abbino a vedere”.
45.1Vo' dir per questo, se ben voi notate,
45.2che se i debiti ad un metton pensiero,
45.3si vorria dargli cento bastonate.
46.1Vedete, Caccia mio, s'io dico il vero,
46.2ché il peggio che gli possa intervenire
46.3è l'esserne portato com'un cero.
47.1Voi vedete il bargello a voi venire
47.2con una certa grazia e leggiadria,
47.3che par che voglia menarvi a dormire;
48.1né so, quand'io veggo un che vada via
48.2con tanta gente da lato e d'intorno,
48.3che differenzia a lui dal papa sia.
49.1Poi, forse che lo menano in un forno?
49.2Sèrronlo a chiave in una forte rocca,
49.3com'un gioiel di molte perle adorno.
50.1Come egli è giunto, ogniun la man gli tocca,
50.2ogniun gli fa carezze e accoglienze,
50.3ogniun per carità lo bacia in bocca.
51.1O gloriose Stinche di Firenze,
51.2luogo celestial, luogo divino,
51.3degno di centomila riverenze:
52.1a voi ne vien la gente a capo chino,
52.2e prima che la vostra scala saglia,
52.3s'abbassa in su l'entrar dell'usciolino;
53.1a voi nessuna fabbrica s'agguaglia:
53.2sète più belle assai che 'l culiseo,
53.3o s'altra a Roma è più degna anticaglia;
54.1voi sète quel famoso Pritaneo,
54.2dove teneva in grasso i suoi baroni
54.3el popol che discese da Teseo;
55.1voi gli tenete in stia come i capponi,
55.2mandate il piatto lor publicamente,
55.3non altrimenti che si fa a' lioni.
56.1Com'uno è quivi, è giunto finalmente
56.2a quello stato ch'Aristotel pose,
56.3che 'l senso cessa e sol opra la mente.
57.1Voi fate anche le genti industriose:
57.2chi cuce palle, chi lavora fusa,
57.3chi stecchi e chi mille altre belle cose;
58.1non vi ha né l'ozio né 'l negozio scusa,
58.2l'uno e l'altro ricapito vi truova,
58.3di tutti duoi v'è la scienzia infusa.
59.1S'alla città vien qualche buona nuova,
59.2voi sète quasi le prime a sapella:
59.3par che corrieri addosso il ciel vi piova.
60.1E qui si sente un romor di martella,
60.2di picconi e di travi, per mandare
60.3libero ogniun in questa parte e 'n quella.
61.1Ma s'io vi son, lasciàtemivi stare;
61.2di questa pietà vostra io non mi curo,
61.3a pena morto me ne voglio andare.
62.1Non so più bel che star drento ad un muro,
62.2quieto, agiato, dormendo a chiusi occhi,
62.3e del corpo e dell'anima sicuro.
63.1Fate, parente mio, pur de gli stocchi;
63.2pigliate spesso a credenza, a 'nteresse,
63.3e lasciate ch'a gli altri il pensier tocchi,
64.1ché la tela ordisce un, l'altro la tesse.
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