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XLVIII

Rime

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1.1Signori abbati miei, se si può dire,
1.2ditemi quel che voi m'avete fatto,
1.3ché gran piacer l'arei certo d'udire.
2.1Sappeva ben ch'io era prima matto,
2.2matto, cioè, che volentieri amavo,
2.3ma or mi par aver girato affatto.
3.1Le virtù vostre me v'han fatto schiavo
3.2e m'han legato con tanti legami,
3.3ch'i' non so quando i pie' mai me ne cavo.
4.1È forza ch'io v'adori, non che v'ami;
4.2d'amor però di quel savio d'Atene,
4.3non di questi amorazzi sporchi e infami.
5.1Voi sète sì cortesi e sì da bene
5.2che, non pur da me sol, ma ancor da tutti,
5.3amore, onor, rispetto vi si viene.
6.1Ben sapete che l'esser anco putti
6.2non so che più vi conciglia e v'acquista,
6.3massimamente che non sète brutti;
7.1ma, per Dio, siavi tolta dalla vista,
7.2né dalla vista sol, ma dal pensiero,
7.3una fantasiaccia così trista;
8.1ch'i' v'amo e vi vo' ben, a dir el vero,
8.2non tanto perché siate bei, ma buoni.
8.3E potta, ch'io non dico, di san Piero,
9.1chi è colui che di voi non ragioni?
9.2Che la virtù delle vostre maniere,
9.3per dirlo in lingua furba, non canzoni?
10.1Ché non è oggi facile a vedere
10.2giovane, nobil, bella e vaga gente
10.3ch'abbia anche insieme voglia di sapere,
11.1che adorni il corpo ad un tratto e la mente,
11.2anzi che a questa più che a quello attenda,
11.3come voi fate tutti veramente.
12.1Però non vo' che sia chi mi riprenda,
12.2s'io dico che con voi sempre starei
12.3a dormir et a fare ogni facenda.
13.1E se i fati o le stelle o sian gli dei
13.2volesser ch'io potessi far la vita
13.3secondo gli auspici e' voti miei,
14.1da poi che 'l genio vostro sì m'invita,
14.2vorrei farla con voi; ma il bel saria
14.3che, com'è dolce, fusse anco infinita.
15.1O che grata, o che bella compagnia!
15.2Bella ciò è per me; ma ben per voi
15.3so io che bella non saria la mia.
16.1Ma noi ci accorderemmo poi fra noi:
16.2quando fussimo un pezzo insieme stati,
16.3ogniuno andrebbe a fare i fatti suoi.
17.1Fariamo spesso quel gioco de' frati,
17.2che certo è bello e fatto con giudizio
17.3in un convento ove sian tanti abbati:
18.1diremmo ogni mattina il nostro uffizio;
18.2voi cantaresti, io vel terrei secreto,
18.3ché non son buono a sì fatto essercizio;
19.1pur, per non stare inutilmente cheto,
19.2vi farei quel servigio, se voleste,
19.3che fa chi suona a gli organi di drieto.
20.1Qual più solenni e qual più allegre feste,
20.2qual più bel tempo e qual maggior bonaccia,
20.3maggior consolazion sarien di queste?
21.1A chi piace l'onor, la robba piaccia:
21.2io tengo il sommo bene in questo mondo
21.3lo stare in compagnia che sodisfaccia:
22.1il verno al foco, in un bel cerchio tondo,
22.2a dire ogniun la sua; la state al fresco:
22.3questo piacer non ha né fin né fondo.
23.1Et io di lui pensando sì m'adesco,
23.2che credo di morir se mai v'arrivo:
23.3or, parlandone indarno, a me rincresco.
24.1Vi scrissi l'altro dì che m'espedivo
24.2per venir via, ch'io moro di martello,
24.3et ora un'altra volta ve lo scrivo.
25.1Io ho lasciato in Padova il cervello:
25.2voi avete il mio cor serrato e stretto
25.3sotto la vostra chiave e 'l vostro anello.
26.1Fatemi apparecchiare in tanto il letto,
26.2quella sedia curule e due cuccini,
26.3ch'io possa riposarmi a mio diletto;
27.1e state sani, abbati miei divini.
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