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III

Giovanni Roselli (????–????)
Poesie

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1.1Se mai divo furor famoso e degno
1.2mosse l'alma a cantar sì alte rime
1.3che d'ogni mio altro stil passasse il segno,
2.1ora mostri mie ingegno amplo e sublime,
2.2per consolar color che duro caso
2.3di sì dannosa morte tanto opprime.
3.1Era el mondo ne l'orto e ne l'occaso
3.2di splendor pelegrino ornato e chiaro,
3.3del qual per morte ora è cieco rimaso.
4.1Al laüdabil fine in pianto amaro
4.2molti commosson l'alma sbigottita,
4.3come chi più suo ben che d'altri ha caro.
5.1Né cognobber costor l'alma esser gita
5.2a quell'alto Signor ch'a chi ben vive
5.3pace promette con eterna vita;
6.1onde el poeta nostro ben descrive
6.2la morte fin d'una pregion oscura,
6.3a chi vol contemplar cose alte e dive.
7.1E però a chi par troppo aspra e dura
7.2così beata morte, el proprio bene
7.3ama più che di quel che a noi si fura.
8.1Onde chi, amicizia alma mantene
8.2de l'amico perduto si duol tanto
8.3quanto ch'al primo moto si conviene;
9.1poi rafrena sua doglia e 'l tristo pianto,
9.2consolando se stesso con ragione,
9.3ch' esser de' guida a ciascun giusto e santo,
10.1e rimembra di Dio l'alta intenzione,
10.2el qual, se alcun suo ben a noi concede,
10.3non vuol che ci dogliàn, s'altro dispone.
11.1Così faccia ciascun che aperto crede
11.2l'alto don pelegrino a noi concesso
11.3da quel sommo Rettor che tutto vede;
12.1e de l'amico la memoria apresso
12.2a lor dolce rimanga, e per languire
12.3non sperin l'alto Idio aver mai flesso.
13.1Finisca adunque il lor crudo martire;
13.2savio consiglio e non lunghezza vana,
13.3se dal comune error voglion partire;
14.1ché per mille ragion par folle e strana
14.2l'aspra passion che prendon per la morte,
14.3la quale a lor non è troppo lontana.
15.1Chi esser dee che lacrimando forte
15.2si doglia che la morte lui aterra,
15.3se a lui seguirla è necessaria sorte?
16.1Ben misero è colui che 'l duolo afferra,
16.2se non fa con l'amico alcun profitto
16.3e col vulgo comun gravemente erra.
17.1Esser dee di ciascuno equo e dritto
17.2l'animo, poi che per vero destino
17.3lassar convien le membre e 'l corpo aflitto.
18.1Non veggiàn noi quanto è frale el camino
18.2d'esta misera vita, e in quanto affanno
18.3nutrito è il corpo misero e tapino,
19.1e del presente e di quel che daranno
19.2gli alti pianeti a noi nulla esser certo,
19.3se non la morte, fin d'ogni rio danno?
20.1Costei ci mostra el nostro error aperto
20.2e 'l tempo breve, misero che corre
20.3inver di lei per mille casi incerto.
21.1Perché dunque ci duol, se quel che tôrre
21.2non può potenza over caso felice,
21.3ne l'amico diletto prima occorre?
22.1Se l'universo tempo o quanto lice
22.2viver altrui nostro ingegno comprenda,
22.3nostra vita vedren quant'è infelice;
23.1e noto ci sarà quanto si stenda
23.2in breve caso el cupido disio
23.3de la plebe, che par che nulla intenda.
24.1E però ciascun, ch'è santo e pio,
24.2ama la morte, per uscir del laccio
24.3di questo corpo tenebroso e rio.
25.1Miseri noi, quanto è grave l'impaccio
25.2del viver nostro pien d'ogni tormento,
25.3suddito a fame, a sete, a neve, a giaccio!
26.1E però, rimembrando il crudo stento
26.2qual mantener conviensi in tal terreno,
26.3non facciàn del perduto alcun lamento.
27.1Anzi, con gran quïete el nostro seno
27.2de li purpurei fiori e di vïole
27.3odoriferi assai sia colmo e pieno;
28.1e là dove doler altri si suole,
28.2al pelegrin sepulto el dono inane
28.3faccia, po' che da noi ancor si cole
29.1le membra da lo spirto sì lontane.
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