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I

Giovanni Roselli (????–????)
Poesie

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1.1Era la notte ombrosa in ciascun loco
1.2quïete agli animal ch'alberga in terra
1.3doppo gli razzi del superno foco,
2.1quand'io senti' la fiamma, onde s'atterra,
2.2sfavillarmi nel petto d'amor crudo
2.3di colei, che mi mosse or pace or guerra,
3.1e vidimi nel foco essere ignudo
3.2d'ogni aiuto fedel; e l'alma trista
3.3nutriva la speranza, saldo scudo.
4.1Allor m'aparve inanzi dalla vista
4.2un uccel faretrato ardito e franco,
4.3di ben mille color suo penna mista,
5.1el qual si puose dal sinistro fianco
5.2d'esto corpo mortal, misero, aflitto,
5.3d'infiniti sospir pasciuto e stanco.
6.1«Che giova il lagrimar senza profitto?
6.2— cominciò, e con voce alta e soave
6.3tal che atento mi fece al santo ditto —
7.1Se tu vorrai che la possente chiave,
7.2la qual io porto, snodi la catena
7.3che ti par a portar cotanto grave,
8.1o se vorrai temprar l'ardente pena,
8.2vedendo a te benigno quel signore
8.3che sospirando a morte agnor ti mena,
9.1lèvati suso e vinci ogni dolore
9.2colla virtù, che affaticata avanza
9.3ogni vostro mortal, profondo errore».
10.1Allor ripresi alquanto di baldanza
10.2e benigno mi volsi al divo sole,
10.3che diede al viver mio ferma speranza,
11.1e cominciai: «Le tue sante parole
11.2porgono al tristo cuor tanto conforto
11.3che ripiglia valor, qual far si suole.
12.1Se da contrarî venti il vero porto
12.2si nega a' naviganti e 'l mar s'adira,
12.3tal che contro non val governa accorto,
13.1e, mentre tempestando il legno agira,
13.2si leva un venticello e gonfia il velo
13.3e dal torto camin franchi gli tira,
14.1e come que' pel già posato cielo
14.2stracchi da la difesa ognun s'aviva,
14.3che per fortuna avea cangiato il pelo,
15.1così quella favella altera e diva
15.2dette franco vigor al corpo lasso,
15.3qual dispetto con pianto ognor nutriva.
16.1Onde con riverenzia, a capo basso
16.2seguiterò le tue orme divine,
16.3non curando montagne, o bosco, o sasso».
17.1Allar mostrò le luce pellegrine
17.2accese tutte in un soave riso,
17.3ove il folle sperar già mai non fine.
18.1Po' m'amunì che 'l mio guardar diviso
18.2unque non fusse dal suo presto volo,
18.3tenendo sempre al ciel levato il viso;
19.1e colle penne insino al primo volo
19.2levossi allora e poi drizzò il camino,
19.3ond'io mossi, sperando, alegro e solo.
20.1Mentre io seguiva el mio fatal destino,
20.2radoppiando la fiamma e 'l fuoco acceso,
20.3che notrir mi dovea, tristo e tapino,
21.1vidi ne l'aier già esser sospeso
21.2Cupido roteando, e gli occhi fissi
21.3teneva in terra e nel calare inteso.
22.1Chiuso nell'ale poi parve che gissi
22.2per l'aer, fulgurando in quella parte
22.3ave le forze sue volse sentissi.
23.1Quivi per influenzia erano sparte
23.2in pochi abitator l'ample virtuti,
23.3ch'ebbe Mercurio, e l'eloquenzia e l'arte.
24.1Poi che la guida ed io fummo venuti
24.2nel luogo trïunfal, ove mi piacque
24.3sentir del mio signar gli ultimi aiuti,
25.1vidi fioriti colli e le dolce acque
25.2surger intorno al dilettoso monte,
25.3ove della mia stirpe el nome nacque;
26.1e surger vidi dalla avversa fronte
26.2due rivi in Appennino a piè del colle,
26.3qua' nutricava un generoso fonte.
27.1Natura trïunfar del mondo volle
27.2quel ch'a man destra discendendo tolse
27.3el nome, che Tiberio ancora estolle.
28.1Da man sinistra il sopranome colse
28.2Arno da Sarnia apresso a la colina,
28.3ove in mille lacciuoli il cuor s'involse.
29.1Crebbemi dentro un'amorosa spina
29.2il luogo adorno e la dannosa gente,
29.3che m'invitava alla fatal rapina.
30.1Stavami sempre accesa nella mente
30.2l'alta impromessa, ond'io gridai allora:
30.3- Porgi a' prieghi, signor, l'urecchie intente:
31.1poi che 'l mesto dolor tanto m'accora
31.2ch'al grave mio martir non truovo scampo
31.3e l'ardente mia fiamma cresce ognora,
32.1qual fia il soccorso e 'l dilettoso campo
32.2ch'aver dovevo, e questo dolce sito
32.3che tempra il foco e l'amoroso vampo
33.1e, come già ben puoi aver sentito,
33.2radoppia il caldo e la bramosa voglia,
33.3che m'ha in tanti sospir sempre nutrito?
34.1Come adunque farò, ch'io non mi doglia
34.2della tua fede e del superchio affanno,
34.3che di vera quïete il cuor mi spoglia?
35.1Ecco l'adorno loco; e senza inganno
35.2temprar tu puoi la dispietata fera
35.3e le durezze che nel cuor gli stanno.
36.1L'alto tuo ingegno, in cui la mente spera,
36.2adopra, qual facesti in grembo a Dido,
36.3quando piegasti la sua fé sincera,
37.1e qual facesti al doloroso grido
37.2d'Adrïana, che Bacco accese e strinse
37.3a farla degna di cotanto nido.
38.1E come la tua forza ancor sospinse
38.2Febo a seguir la ninfa insino al fiume,
38.3ave di laür le suo membra cinse,
39.1tale ora accendi il disïato lume,
39.2sì che, dall'auro stral percosso e vinto,
39.3senta la forza di sì degno acume.
40.1E come il viso di pallor dipinto
40.2ebbe Medea poi che Iason l'accese,
40.3sì che fé del suo sangue il mondo tinto,
41.1simil l'alte tue fiamme in lei discese
41.2senta, onde, in vista impalidita e smorta,
41.3vendetta vegga di cotante offese.
42.1Tanto il dolor ne l'ira mi traporta
42.2ch'ancor direi, se non ch'altronde spero
42.3giusta mercé dalla tua mente accorta».
43.1Vinto Cupido dal parlar altero,
43.2sorrise risguardando in quelle ville,
43.3ov'era il mio signor tanto severo;
44.1e coll'orato stral quelle tranquille
44.2luci turbò, spirando in lei la fiamma
44.3che l'alma accende d'immortal faville.
45.1Il cuor, che nel pensier sempre rinfiamma,
45.2sentì la piaga, e il generoso sangue
45.3consumava languendo a dramma a dramma.
46.1E come, dal disio commosso, un angue
46.2rapido cerca spegner l'alta brama,
46.3né già mai nel furor posando langue,
47.1l'impeto ardente a così degna trama
47.2simil la trasse; and'io senti' el diletto
47.3dentro da l'alma dolorosa e grama.
48.1Poi con mille sospir congiunsi il petto
48.2colla leggiadra ninfa e in terra giacqui,
48.3per impir l'alto e disïato affetto.
49.1Raccontar non porrei quanto gli piacqui,
49.2finché lassù giacemmo in su quell'erba,
49.3ove poi più che prima a lei dispiacqui.
50.1Qui la fiera selvaggia, aspra e superba
50.2rinovar cominciò l'antico stile,
50.3che la vita mi fé cotanto acerba.
51.1Lasso! ch'io vidi il cuor già fatto umìle,
51.2acceso in fiamma ancor più che non lice,
51.3sentir la forza del piombato astile.
52.1E quanto mi pareva esser felice
52.2po' ch'adopiammo il dissolubil nodo,
52.3tanto dolente or esser mi condice.
53.1«Amor, la forza e il dispiatato frodo,
53.2che fatto m'ha', a lamentar m'invita,
53.3e l'alto sdegno per lo qual mi rodo.
54.1Ma pria ch'io venga alla dolente vita
54.2dirò degli altri per dolore spenti,
54.3tanta pietade in te vider smarita.
55.1Filide ancor si duol de' tardi e lenti
55.2passi di Demofon, sì che conversa,
55.3piangendo, mostra gli amorosi stenti.
56.1Fedra, da poi che la fortuna avversa
56.2d'Ipolito sentì, se stessa danna
56.3di morte dolorosa, aspra e perversa.
57.1Silla Minos del suo amor condanna
57.2esser indegna, onde l'uccel rapace
57.3per la giusta ira nel fuggir l'affanna.
58.1Biblide a l'acque lagrimando giace
58.2co' crini sparsi, e duolsi del fratello
58.3che non si piega all'amorosa face.
59.1Ifis, ch'è vinto dal maligno e fello
59.2amor, quale Anasarte ancor non cura,
59.3pendette inanzi a l'infelice ostello.
60.1Ecco per doglia le sue membra indura,
60.2onde Narcisso l'ombra al fonte geme,
60.3che dal soave amplesso agnor si fura.
61.1Ahi, falso Amor, perché cotanto preme
61.2l'aspra tua fiamma e la tua gran durezza,
61.3per cui venir conviensi all'ore estreme?
62.1Raccontar ben vorrei quanta fermezza
62.2in te si truova e quant'è frale e vana
62.3tua fede, tua speranza e tua dolcezza;
63.1ma, perch'io sento la mia mente insana
63.2già vacillar per la futura morte,
63.3la qual mi par non sia troppo lontana,
64.1partir conviemmi e lagrimar sì forte
64.2ch'a pietà muova il ciel, a cui s'aspetta
64.3aver mercé di sì malvagia sorte».
65.1Mentre ch'io parlo e che 'l dolor m'affretta
65.2alla giusta partita, inanzi scorsi
65.3una donna venir tutta soletta;
66.1poi che di me ed io di lei m'accorsi,
66.2ella parlò con un soave accento,
66.3onde tristi sospir dal cuor levorsi:
67.1«Pietà mi muove al tuo aspro tormento
67.2trovar soccorso, e ciò ben far vorria
67.3coll'alte forze che nell'erbe sento.
68.1Io son la ninfa grazïosa e pia
68.2ch'amai Ulisse e Pico, a cui fu' cruda
68.3perché dal nastro amor chiesto fuggia.
69.1E perché brieve nel mio dir conchiuda,
69.2io son severa a chi amar perdona
69.3l'amante, di pietà spogliata e gnuda.
70.1Segui adunque la dea che 'l ciel ti dona
70.2per degna guida al tuo tristo languire,
70.3mentre la voglia nel venir ti sprona».
71.1«Poi che nel tuo cospetto il mio martire
71.2par per vera virtù trovar mercede,
71.3— rispuosi a Circe — e' mi convien seguire».
72.1Ella m'intese e dal sinistro pede
72.2spogliata entrò ne' luoghi oscuri e foschi,
72.3ove l'erbe a cercar china si diede.
73.1Quivi raccolse più di mille toschi
73.2di radici e di fior, fin che la luna
73.3lume stillò ne' dolorosi boschi.
74.1Poi urlar cominciò per l'aier bruna;
74.2diversi canti, orribili sospiri,
74.3pianti, mugghi, latrari insieme auna.
75.1«Che pur pensando nel pensier t'agiri?
75.2— disse la dea — Del sol brieve fia 'l tempo
75.3ch'averan fine i tuoi lunghi desiri.
76.1Vedi le stelle, ch'al turbato tempo
76.2fanno splendor, sì che facciàn ritorno
76.3mentre ch'è atta la stagione e 'l tempo».
77.1Ragiunto avea la luna ogni suo corno
77.2quando tornammo, e lei non volle intrare
77.3dentro alle porte di quel luogo adorno.
78.1Quivi di cera a lei vidi creare
78.2simil forma alla ninfa, cui non calse
78.3del fuoco, a cui già mai potti restare;
79.1e sparse l'acque simulate e false
79.2del fonte, che, da poi passato è l'onda,
79.3indrieto ritornar unque si valse.
80.1Tre volte poscia quell'altra circonda
80.2di tre fila diverse, e fé tre nodi
80.3ch'ogni somma potenzia in tre gioconda.
81.1L'immagin volse a' simiglianti modi
81.2e l'erbe messe in sulla fiamma accesa,
81.3l'erbe che vincon gli amorosi frodi.
82.1Spesse volte la luna esser offesa
82.2si vede per la forza, e stare i fiumi;
82.3né sa, né puossi contro usar diffesa.
83.1Cominciò poi sopra gli ardenti fumi:
83.2«Proserpina, ch'al centro etterna regni,
83.3vinto Pluton da' generosi lumi,
84.1Aletto, che nutrir sempre t'ingegni,
84.2Discordia, e voi sorelle, che vendetta
84.3fate in inferno de' celesti sdegni,
85.1Minos per cui giustizia al fin s'aspetta,
85.2Caron che l'ombre navigando passi
85.3e cacci indrieto qualunque s'affretta,
86.1Cerber, che' luoghi tenebrosi e bassi
86.2guardi da' spirti ch'innumati al sonno
86.3vengon da' corpi consumati e lassi,
87.1poi che l'erbe per sé guarir non ponno
87.2la fiamma di costui, vi chiamo in versi,
87.3pe' qual da luogo a luogo immoti vonno.
88.1Questi cantando, per la selva spersi
88.2Pico e' compagni, e feci il tempo oscuro
88.3e in più di mille forme gli conversi.
89.1Solvete il nodo inviluppato e duro,
89.2spengasi il foco e il dispiatato sdegno,
89.3sì che viva d'amore omai sicuro!»
90.1Volse mostrar natura il vero segno
90.2della mia libertade e la gran forza
90.3che gli dei hanno del terrestre regno.
91.1E quando il foco le radici sforza
91.2superando l'amor, vidi 'n quell'ochi,
91.3non so per qual virtù, la fiamma smorza;
92.1e senti' spirti, ch'ululando rochi
92.2dicean: «Rimanti, ché finita è l'opra
92.3c'ha in te spento gli amorosi fuochi!»
93.1Mentre che Circe nel gittar s'adopra
93.2all'acque il cener, subito mi parse
93.3il cielo aperto e l'emisper di sopra,
94.1e quella fiamma, che gran tempo m'arse,
94.2volar là dentro, e far serene e belle
94.3l'alte cose del cielo. E la dea sparse,
95.1ed io rimasi a contemplar le stelle.
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