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1.1Io vado per cantare ad Amarille,
1.2che le mie capre sopra il monte sono,
1.3e Titiro le pasce e le governa.
1.4Pasci, Titiro mio, le mie caprette,
1.5e poi menale a bere a la fontana,
1.6e guarda ben che 'l capro non t'offenda,
1.7che suol cozar con le rugose corna.
1.8O graziosa mia bella Amarille,
1.9perché non poni fuor de la spelonca
1.10la testa e chiami il tuo fedele amante?
1.11Certo in odio tu m'hai, certo ti paio
1.12barbato e simo; tu sarai cagione
1.13che con le proprie man mi darò morte.
1.14ecco io ti porto diece belle poma,
1.15le quali ho tolte giù da quella pianta
1.16che tu mi comandasti; e poi dimane
1.17io te ne recherò de l'altre anchora.
1.18Deh, guarda il mio dolore! Almen foss'io
1.19un'ape murmurante, ch'io verrei
1.20ne la cara spelonca, trappassando
1.21l'hedera verde che la porta ingombra,
1.22e 'l filice, ove dormi e ti nascondi.
1.23Hor io conosco Amor, quant'egli è grave.
1.24Certo la madre sua tra dure selve
1.25nutrillo, e dielli latte di leona.
1.26Ah, che 'l m'infiamma le midolle e gli ossi!
1.27O bel guardo gentile, o cuor di sasso,
1.28o Nympha, c'ha' le ciglia adorne e nere,
1.29accetta il tuo capraro; a lui conciedi
1.30tanto de l'amor tuo, che 'l pigli un bascio;
1.31ch'un bascio anchor senz'altro è gran diletto.
1.32Tu mi farai straziar questa ghirlanda,
1.33la qual ti serbo, et è contesta tutta
1.34d'apio, di persa e di vermiglie rose.
1.35O mia fiera ventura, ove m'hai posto?
1.36Perché non s'ode il suon di miei lamenti?
1.37Io mi dispoglierò l'irsuta vesta,
1.38e getterommi in mar da quella riva
1.39donde Olpio piscator contempla i toni;
1.40e s'io morrò, so che n'harai diletto.
1.41Ben m'avid'io, quando faccea la pruova
1.42se tu m'amavi, che la foglia mai
1.43del papavero mio non rese suono,
1.44ma sopra il pugno queta si disciolse.
1.45Dissemi anchor l'antica Parabata,
1.46che col cribro indovina e mai non erra,
1.47spigolando l'altr'hier, che di buon cuore
1.48t'amo ben io, ma tu non m'ami punto.
1.49Sappi ch'io tengo una capretta bianca
1.50che suol far sempre dui capretti al parto;
1.51questa ti serbo; e Ritaca, la bruna
1.52figlia d'Amermo, spesso me la chiede
1.53con molti prieghi, et alla fine haralla,
1.54che tu sei troppo dilicata e schiva.
1.55L'occhio destro mi salta; io credo certo
1.56che tosto la vedrò; però starommi
1.57appoggiato a quel pin cantando a l'ombra;
1.58e forse quivi guarderammi, ch'ella
1.59non ha di ferro o di diamante il cuore.
1.60Quando la bella virginetta volse
1.61Hippomene gentil pigliar per moglie,
1.62con certi pomi in man si diede al corso;
1.63ma come furon d'Atalanta scorti,
1.64ratto s'accese di profondo amore.
1.65Quando Melampo hebbe condotto in Pylo
1.66i buoi d'Iphiclo, il suo fratel Biante
1.67godeo l'amata e graziosa donna,
1.68madre de la prudente Alphesibea.
1.69Pascendo, poi, ne' monti il vago Adone
1.70le pecorelle sue, d'ardente amore
1.71accese sì la bella Citherea,
1.72che benché morto sia, non l'abbandona.
1.73I' tengo anchor beato Endimione,
1.74che dormì per amor sì lungo sonno,
1.75beato Iasion, che tanto fece,
1.76quanto non deve udir gente profana.
1.77Duolmi la testa, e tu di ciò non curi.
1.78Io non canterò più, ma gitterommi
1.79disteso in terra, e darò pasto a i lupi:
1.80ch'a te sarà come soave mele.
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