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Ecloghe

PoeTree.it

1.1Già si tuffava il Sol ne l'ampio nido
1.2Ov'egli alberga, e l'ali umide ombrose
1.3Stendea l'oscura Notte intorno a 'l cielo;
1.4Già dispiegava il suo gemmato manto
1.5D'ardenti stelle, e di rugiada un nembo
1.6Piovea soave a la gran madre in seno;
1.7Quando Damone, e di pastori e ninfe
1.8Seco leggiadro stuol, da le campagne
1.9Tornava ad un convito a 'l proprio albergo,
1.10Che 'l primo dì de 'l mese innanzi Aprile
1.11Fea per costume antico, allor che 'l sole
1.12Riconducea quel dilettoso giorno.
1.13Ed un pastor fra lor detto Tirinto,
1.14Tirinto amante de la bella Clori,
1.15A l'amico Damon rivolto, disse: -
2.1Dimmi, Damon, perchè da te si serba
2.2Ogni giro di sol quest'uso? E quale
2.3Prima cagione a lui principio diede?
3.1Poi che me 'l chiedi, e veggio stare intenti
3.2Pastori e ninfe, ancor che l'ora sia
3.3Di pascer anzi il gusto che l'udito,
3.4Dirò donde tal uso origin ebbe.
3.5Fur già molti anni in quest'erbose rive
3.6Duo pastori, uno Alceo, l'altro Sileno,
3.7Ch'ebber due figli, e in un istesso giorno
3.8Da l'acerbo destin tolti lor furo.
3.9Nacque a Sileno una fanciulla poi,
3.10Che in età crebbe ed in bellezza, ed arse
3.11Di mille pastorelli i cori e l'alme.
3.12Questa ne 'l vago april de' suoi verd'anni,
3.13Di grazia e di beltà leggiadro fiore,
3.14Le rose impallidir, d'invidia vinte,
3.15Fea a 'l purpureo color de 'l suo bel volto,
3.16Ed arrossir per la vergogna i gigli
3.17A 'l suo dolce candore: e se ne giva
3.18Per questi prati e selve altera e sola,
3.19Di nullo amante e da ciascuno amata.
3.20Ma non consente Amor ch'alta beltate
3.21Non provi in sè quali in altrui sian l'arme
3.22Onde, in virtù di lui, piacendo ancide.
3.23Un giovine pastor, di nome Alcippo,
3.24Alcippo il biondo, in queste selve giunse,
3.25A cui fu tanto il ciel largo e cortese,
3.26Quanto Fortuna de' suoi doni avara;
3.27Questi fermossi con Sileno, ed era
3.28Per natura signor, per sorte servo.
3.29Ma come pria vide Amarilli bella,
3.30(Ch'ebbe tal nome la leggiadra Ninfa)
3.31Mirolla intento, e più d'ognun s'accese
3.32Di quella fiamma onde ciascuno ardea.
3.33Ella, volgendo in lui l'altero sguardo,
3.34Pria si compiacque di sua dolce vista,
3.35Ed indi da 'l piacer nacque il desio,
3.36Desio d'amor via più d'ogni altro ardente.
3.37Il giovinetto innamorato Alcippo
3.38Avea pien de 'l suo ardor quest'aere tutto,.
3.39E da 'l suo sospirare eran le fronde
3.40Mosse non pur, ma impallidite ed arse;
3.41E la bella Amarilli, che sì lieta
3.42Di libertate e di bellezza altera
3.43Errar soleva, ora pensosa e mesta
3.44Se 'n gìa per questi campi, e 'l suo bel volto
3.45Pallidetto scopriva i bei colori
3.46Come a 'l più ardente sol languida rosa.
3.47Era chiuso l'incendio in ambo i cori
3.48Sotto chiavi di tema e di vergogna;
3.49Ma tanto il fero ardor crebbe ne 'l petto
3.50D'Alcippo, ch'alfin vinto ogni ritegno,
3.51Fu forza che s'aprisse in tai parole,
3.52Mentre era un dì con Amarilli a l'ombra:
3.53- Donna de l'alma mia, de la mia vita,
3.54Perdona a 'l folle ardir; t'amo, t'adoro,
3.55Ed ardo de 'l tuo ardor; nè ti sdegnare
3.56S'io son vil esca di sì nobil fiamma,
3.57Ch'ognuno scalda a cui risplende il sole!
3.58Deh! gradisci il mio cor, questo cor fido,
3.59Ch'arso de le tue fiamme io ti consacro. -
3.60Qui tacque: ed ella, in lui volgendo i lumi,
3.61Da 'l profondo de 'l cor trasse un sospiro,
3.62E disse: - Alcippo, io t'amo; e questa mano
3.63Sia pegno de 'l mio amor, de la mia fede
3.64Con che ora a te mi lego; e per lei giuro
3.65Che d'altri non sarò se tua non sono. -
3.66Tacque: e i begli occhi gravidi di perle
3.67Di purpureo color fur tinti intorno;
3.68E 'l fortunato Alcippo a lei sol rese
3.69Per parole sospir, per grazie pianto.
3.70Ma, mentre in tale stato eran le cose,
3.71Giunse un pastor, di nome Ergasto, e seco
3.72Un che per figlio tenne, Aminta detto.
3.73Questi vide Amarilli, e restò preso
3.74Da 'l laccio stesso onde Amor tanti avvinse.
3.75Ben se n'avvide Ergasto e non gli spiacque,
3.76Poi che donna di lui degna gli parve.
3.77La richiese a Sileno, e da Sileno
3.78Fu per Aminta suo sposa promessa.
3.79Ma, com'ella da 'l padre il tutto intese,
3.80Mostrossi a 'l giogo marital ritrosa
3.81Ed a l'amor de 'l suo novello amante;
3.82Nè con dolci parole, o con lusinghe
3.83Potè piegarla mai; di che sdegnato,
3.84Disse: - Farai de 'l tuo volere il mio,
3.85Chè così voglio. - E poi da lei partissi,
3.86E 'l dì prefisse a le future nozze.
3.87Ma come prima ella rimase sola,
3.88Sospirò, pianse: e de' begli occhi suoi
3.89Eran le belle lagrime cristallo,
3.90E fiamma i suoi sospiri: e quando tregua
3.91Per brevissimo spazio ebbe da loro,
3.92Il suo dolore in tai parole espresse:
3.93- Dunque romper la fè, dunque degg'io
3.94Lasciare Alcippo mio, l'anima mia?
3.95O pur deggio morir misera in prima?
3.96S'io moro, ohimè! quanto martìre, Alcippo,
3.97Partendomi da te, dolente avrai!
3.98Forse vorrai seguirmi... Ahi! che più temo
3.99L'incerta tua, che la mia certa morte.
3.100Ma s'io poi resto in questa amara vita,
3.101Esser potrò d'altrui, se non d'Alcippo?
3.102Ah! che meglio è morir: mora Amarilli,
3.103E viva la sua fede: e sia quel letto,
3.104Ch'è fatto a i brevi sonni ed a i diletti,
3.105A me d'affanni e di perpetuo sonno. -
3.106Tacque, e i languidi lumi a 'l cielo affisse,
3.107Ch'avrian forse a pietà mosso l'inferno.
3.108Intanto venne il giorno che prescritto
3.109Avea il padre a le nozze, ella a la morte:
3.110E ne l'ultima sera a 'l gran convito,
3.111Ch'avea fatto Sileno, era anche Alceo:
3.112E poi che fu di Cerere e di Bacco
3.113In loro ogni appetito in tutto estinto,
3.114Disse Ergasto a Silen: - Già quattro lustri
3.115Rivolti ha 'l ciel, ch'in questo istesso giorno,
3.116Giorno per me felice e memorando,
3.117Mi diè per figlio Aminta, e di lui figli
3.118Or mi promette co 'l favor de 'l cielo. -
3.119Cui rispose Silen: - Deh! dimmi, Ergasto,
3.120Come trovasti Aminta? e qual ventura
3.121A lui te padre, a te lui figlio diede? -
3.122Ed egli: - Io 'l vidi solo errar piangendo
3.123In questo bosco, che feconda e bagna
3.124Con l'onde sue d'argento il chiaro Mincio,
3.125Di qui passando un giorno, ed avea a 'l collo
3.126Questa imagine appesa, ch'ancor tengo
3.127E terrò sempre per memoria. - Allora
3.128L'interruppe Sileno, ed abbracciando
3.129Aminta, per suo figlio il riconobbe.
3.130Stupissi Ergasto: - Da qui innanzi, disse,
3.131Sarà figlio comun d'entrambi Aminta. -
3.132Soggiunse poi: - Meco il condussi, e quando
3.133Fummo ove il fiume si converte in lago,
3.134Era una cuna in su la molle arena,
3.135Ivi da 'l vento spinta: io corsi, e vidi
3.136Esservi dentro un fanciullin, ch'a 'l petto
3.137Un segno avea, quasi di stella impresso;
3.138E, vinto da stupore e da pietate,
3.139Il tolsi in braccio ed il condussi meco.
3.140Ma, come giunse in su 'l fiorir de gli anni,
3.141Da me partissi; ed io mirando a caso
3.142L'altr'ier in questo albergo il riconobbi.
3.143Questi ebbe nome Alcippo. - Allora Alcèo
3.144S'accorse ch'era il suo perduto figlio,
3.145E ricercar con ogni studio il fece,
3.146Di meraviglia e d'allegrezza pieno.
3.147Ripigliò Ergasto: - Poi che preparate
3.148Son già le nozze, or Amarilli bella
3.149D'Alcippo sia, s'esser non può d'Aminta. -
3.150Fur concordi Sileno e 'l buon Alceo,
3.151E raddoppiâr la gioia: e solo Alcippo
3.152Attendean per dar fine a i lor contenti,
3.153E più d'ognun la candida Amarilli,
3.154Che, poi ch'allor d'Alcippo suo sperava
3.155Legar la fè con più sincero nodo,
3.156Vestì di gioia e fe' sereno il volto
3.157In cui vivo il dolore era ritratto.
3.158Mentre aspettavan di vedere Alcippo,
3.159Ecco un servo venir turbato in vista,
3.160Dicendo: - Oh miserello Alcippo! oh sorte
3.161Più d'ogni altra crudele! - A tai parole
3.162Sbigottîr tutti, e solo Alceo piangendo
3.163Domandògli: - Il mio Alcippo è morto, o vivo? -
3.164Rispose: - È morto; e di dolore è morto.
3.165Misero! Il vidi a 'l tramontar de 'l sole
3.166Uscir da questo tetto, e troppo in volto
3.167Cangiato, ohimè! da quel ch'esser solea;
3.168Errò per lungo spazio, ed io il seguii:
3.169Stette alfine in un prato e 'n terra fisse
3.170Le luci, e disse le parole estreme:
3.171«Vita soave e di dolcezza piena
3.172Mentre a l'empia mia sorte ed a 'l ciel piacque,
3.173Che fai or meco sconsolata e trista?
3.174Tempo è ben di morir, se l'alma mia
3.175È già fatta d'altrui. Felice morte,
3.176S'allor moria quando vivea sua fede!
3.177Sua fede è morta, e non è sciolta, ch'ella
3.178Esser d'altrui non può se non è mia,
3.179Mentre ch'io vivo. Ahi! già morir mi sento.
3.180Cresci, dolore, e fa il pietoso e crudo
3.181Ufficio, ch'a far pronta era la mano,
3.182E sciogli la sua fede e la mia vita.»
3.183Qui tacque, e pien di morte i sensi e 'l volto,
3.184Come reciso fior, cadde fra l'erba. -
3.185Se questo ad Amarilli il cor trafisse,
3.186Chi sente amor per sè lo stimi: svenne,
3.187E restò breve spazio esangue; e, come
3.188Prima raccolse i languidetti spirti,
3.189Corse ove Alcippo suo giacea: ma quando
3.190Il vide in atto tal, sopra lui cadde,
3.191E 'n questo flebil suon proruppe e disse: -
3.192Oh occhi de 'l mio core e di amor lumi,
3.193Ch'or rende morte, ohimè! torbidi e chiusi,
3.194Oh volto già di fiamme, ora di neve,
3.195Oh bocca già di rose, or di vïole,
3.196Io vi miro e non moro? Alcippo amato,
3.197Tu 'l mio foco accendesti, or sei di ghiaccio,
3.198Nè spegne il gelo tuo l'incendio mio?
3.199Ohimè! qual'io ti veggio! oh luci triste,
3.200Anzi fonti di tenebre e di pianto,
3.201Troppo vedeste; or vi chiudete omai:
3.202Deh! non lacrime più, non più parole,
3.203Non più sospiri; sola morte, sola
3.204Esser può testimon de 'l mio martìre.
3.205Anima bella, se qui 'ntorno sei
3.206A le tue belle membra, e vedi ed odi
3.207Il mio dolore e le mie voci estreme,
3.208Deh! per pietà, s'anco è per me pietate,
3.209Teco m'accogli, ch'io ti seguo. - In questo
3.210Rivenne Alcippo, e gli occhi stanchi aprendo
3.211Il suo perduto ben si vide in braccio:
3.212Vista dolce e beata! e questi e quella,
3.213L'un de la fede e l'altra de la vita
3.214Che già spente tenean, restâr sicuri;
3.215E se ne gîr da la temuta morte
3.216A le bramate e non sperate nozze.
3.217Così cangia fortuna in un momento
3.218Lo stato uman da l'uno a l'altro estremo.
3.219Ebber figli costor ch'a gli avi miei
3.220Fur padri: onde si serba ancor memoria
3.221Ne 'l giorno istesso ogni anno in un convito
3.222Di quell'antica e memorabil cena.
3.223Ma già l'ora trascorre: e 'l tempo chiede
3.224Altro che ragionar, Tirinto mio.
4.1Dunque sediamo a mensa, e celebriamo
4.2Con la presente la passata festa.
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