about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books

CANTO I

Prometeo

PoeTree.it

1.1L'accorto Prometéo, l'inclito figlio
1.2a cantar di Giapeto il cor mi sprona,
1.3e quanti sopportò travagli e pene
1.4per amor de' mortali, e qual raccolse
1.5di largo beneficio empia mercede,
1.6se la diva, cui tutta a parte a parte
1.7la peregrina istoria è manifesta,
1.8del suo favor m'aita, e non ricusa
1.9sovra italico labbro alcuna stilla
1.10d'antica derivar greca dolcezza.
2.1Ma de' suoi duri memorandi affanni
2.2qual dapprima dirò? Forse la pena
2.3del celeste suo furto, e di Pandora
2.4il fatal vaso e la fatal sembianza
2.5che di poca favilla al sol rapita
2.6fe' sopra il rapitor l'alta vendetta?
2.7O primamente del regal suo padre
2.8canterem la magnanima caduta
2.9e con lui tutta del titanio seme
2.10sterminata la gloria e la speranza,
2.11quando il forte Giapeto incontro a Giove
2.12stette e gran pezza del poter di sue
2.13folgori in cielo dubitar lo fece?
2.14Certo il grande conflitto, onde prostrata
2.15giacque d'Uran la generosa prole,
2.16che di sorte minor ma non d'ardire
2.17del ciel paterno la ragion perdéo,
2.18di gran suono potrebbe empir la cetra
2.19e dar molta al mio crin delfica fronda.
2.20Ma lunge troppo il canto andrìa; né penne
2.21per sì gran volo alle mie terga or sento.
2.22E già sull'erto Caucaso mi chiama
2.23de' liberi miei carmi disioso
2.24il solitario Prometéo, che, seco
2.25le rie vicende nel pensier volgendo
2.26di sua stirpe infelice, e l'ire ancora
2.27del superbo oppressor temendo accese
2.28(ché nel cor de' potenti a lunga prova
2.29ratto nasce lo sdegno e tardo muore),
2.30su quell'orride balze sconosciuti
2.31tragge misero eroe giorni dolenti:
2.32se non che, quando sotto il sacro velo
2.33delle tranquille tenebre notturne
2.34tace del biondo Ipperion la luce,
2.35ei, sovra il sommo della rupe assiso,
2.36delle stelle che son lingua del fato
2.37alle armoniche danze il guardo intende;
2.38e, con lor ragionando, i vaghi errori
2.39co' numeri ne frena e le fatiche,
2.40primo degli astri assalitor felice.
2.41Felice, se voler d'empio destino
2.42alla sciagura del suo lungo esiglio
2.43non aggiungea compagno Epimetéo;
2.44l'incauto Epimetéo stolto fratello,
2.45pel cui folle consiglio su la terra
2.46versò l'uomo ingannato il primo pianto
2.47e de' morbi sentì la punta acuta.
2.48Come volgesse un sì gran danno il fato
2.49ditelo, o sante Muse; e far vi piaccia
2.50al ver che teme di mostrar la fronte
2.51de' vostri accenti un verecondo velo.
3.1Vita vivendo incolta orrenda e dura
3.2l'umana gente, di pudore in tutto
3.3d'accorgimento e di ragion spogliata;
3.4e mal soffrendo del saturnio Giove
3.5il superbo pensier, che alla tremenda
3.6sua deità né tempio ancor sorgesse,
3.7né altar fumasse né suonar s'udisse
3.8su le labbra terrene il suo gran nome;
3.9di sé mandar quaggiù prese consiglio
3.10la conoscenza alfine e la paura,
3.11e dell'alma del par che delle membra
3.12le consonanti qualità diverse,
3.13ond'abito novello e più gentile
3.14dell'uom vestisse la mortal natura.
3.15Vols'anco il guardo agli animanti; e manche
3.16le facoltà veggendone e d'emenda
3.17necessitose, sì che nulla omai
3.18differenza avvisar sapea tra loro
3.19che di membra e di pelo e di figura,
3.20pietà n'ebbe il gran padre; e di lor pure
3.21fatto pensoso noverarli a parte
3.22del nuovo beneficio in cor concluse.
4.1Agl'imperi di Giove obbediente
4.2scese adunque Mercurio in aureo vase
4.3il celeste tesor seco recando,
4.4e di partirlo fra mortali e bruti
4.5al saggio Prometéo diè norma e cura
4.6ed allo stolto Epimetéo; ché tale
4.7era il senno di Giove ed il consiglio.
4.8Meravigliò turbossi a quel comando
4.9il maggior Giapetìda; e, perché tutti
4.10e di prudenza e di saper vincea,
4.11arretrarsi modesto ed escusarsi
4.12e non atto chiamarsi a tanta impresa,
4.13del cui solo pensiero il cor tremava.
4.14Ma l'altro, che di senno e d'intelletto
4.15avea povero il capo e nondimeno
4.16presuntuosi indocili e superbi
4.17i pensieri nudrìa (ché d'ignoranza
4.18ostinato figliuol sempre è l'orgoglio),
4.19si trasse innanzi baldanzoso, e, nullo
4.20timor prendendo del fatale incarco,
4.21sopra l'omero suo l'assunse, e disse:
5.1- Onorato di Maia egregio figlio,
5.2all'olimpo ti rendi; e questa reca
5.3non ingrata novella al tuo signore,
5.4che del provvido suo supremo cenno
5.5esecutor lasciasti Epimetéo. -
6.1Disse: e Mercurio i bei talari aperse,
6.2caro dono d'Apollo, onde volando
6.3le preste superava ale de' venti;
6.4e, della verga da Pluton temuta
6.5agitando le serpi, in un baleno
6.6fra le nubi si spinse, e sparve agli occhi.
7.1Ma del fraterno temerario ardire
7.2dolente Prometéo con amendue
7.3le man coprissi vergognando il volto;
7.4e, poiché tanta ad impedir follìa
7.5opra invan fe' di preghi e di consigli,
7.6s'involò sospirando; e al ciel converso
8.1- O Sole, ei disse, o tu che tutte osservi
8.2maestoso e tranquillo in tua carriera
8.3de' mortali le cure e de' celesti,
8.4se nell'ampio tuo corso unqua t'avvegna
8.5fuggitivo e ramingo in su la terra
8.6mirar qualcuno di mia stirpe oppressa,
8.7fammi fede con esso, o Sole amico,
8.8che niuna colpa nella colpa io m'ebbi
8.9dell'incauto fratello. Oh aure oh venti
8.10che dell'etra non pur scorrete i campi
8.11ma battete le penne anco sotterra
8.12e le bufere generate in grembo
8.13del morto regno, se di voi taluno
8.14là penetrar può dove il mio gran padre
8.15nel procelloso tartaro profondo
8.16di non giuste catene avvinto giace,
8.17a lui portate le mie voci, e conto
8.18gli fate, o venti, il mio destin crudele:
8.19ma non gli dite del minor suo figlio
8.20la demenza fatal; ché acerba al core
8.21sarìa del prode genitor ferita
8.22più che il cielo perduto, e sempiterno
8.23di tristezza argomento e di vergogna. -
9.1Così dicendo dileguossi; e mesta
9.2apparve al suo dolor l'aria e la luce.
10.1Lieto frattanto dell'assunta impresa,
10.2e dell'alto suo senno persuaso,
10.3impose mano all'opra Epimetéo.
10.4E primamente congregati i bruti,
10.5senza misura liberal fu loro
10.6dei tesori di Giove, e così larga
10.7quella sua stolta cortesia, che tutto
10.8scoperse il vaso in un momento il fondo.
10.9Dell'uomo allor si risovvenne; e gli occhi
10.10dentro l'urna ficcando, e sotto e sopra
10.11scotendola veloce onde un avanzo
10.12una reliquia ritrovarvi ancora
10.13della celeste dote, esser del tutto
10.14già consumata la conobbe alfine.
10.15A quella vista stupefatto e muto,
10.16le pupille abbassò; tremògli il core,
10.17gli tremar le ginocchia, e di man cadde
10.18il vasello fatal, che cupamente
10.19risonò rotolando in sul terreno.
10.20Indi qual meglio seppesi, e dell'uomo
10.21iniquamente del suo aver frodato
10.22le rampogne temendo e le querele,
10.23senza far motto, senza levar ciglio,
10.24pauroso e confuso allontanossi.
10.25Come fanciul che, quando manco il teme,
10.26còlto repente dalla madre in fallo,
10.27di vergogna s'imporpora, e la mano
10.28paventando severa che più volte
10.29gli fe' le orecchie dolorose e rosse
10.30queto queto s'arretra, e con obliquo
10.31occhio guatando al rischio suo s'invola:
10.32d'Epimetéo tal era in quel momento
10.33il fuggir l'arrossire e la paura.
11.1Or che farà l'insano? A qual de' numi
11.2o de' mortali chiederà consiglio,
11.3e con qual fronte? perocché del pari
11.4al cielo ei fece ed alla terra oltraggio.
11.5Misero! non gli avanza in quello stato
11.6altro più scampo che del buon germano
11.7implorar la pietà. Deposta adunque
11.8vergogna e tema (ché nel cor d'un folle
11.9la tema sempre e la vergogna è breve),
11.10a lui smarrito appresentossi e mesto;
11.11ed intero narrando il suo fallire
11.12- Deh! porgi, disse, all'error mio riparo,
11.13dolce fratello, se non vuoi che l'ira
11.14mi percota di Giove e mi distrugga;
11.15ch'egli ha ben d'onde fulminarmi, e troppo
11.16abbonda la ragion del mio castigo. -
11.17Ed in queste parole il delinquente,
11.18siccome vereconda verginetta,
11.19singhiozzando e pregando lagrimava.
12.1A quel pianto commosso, a quella doglia
12.2il generoso Prometéo rispose:
13.1- Dura mi chiedi e perigliosa impresa,
13.2miserando fratello; ed obliasti
13.3che da gran tempo dell'ingiusto Giove
13.4il sospetto m'osserva e la vendetta,
13.5da che spersi noi tutti e fulminati
13.6e dell'Olimpo eternamente privi
13.7noi miseri Titani ha quel superbo
13.8del fulmine signor, che vinti ancora
13.9tuttavolta ne teme e ne persegue
13.10iniquamente; perocché spietati
13.11fa la tema i tiranni, i quai demenza
13.12estimano l'amor santo del giusto
13.13e prudenza di regno esser crudeli.
13.14Quindi il barbaro in me da quel momento
13.15dell'oppresso Giapeto il sangue aborre,
13.16e, più che il sangue di Giapeto, il core
13.17che fermo e puro mi riscalda il seno,
13.18e l'intelletto di saper nutrito
13.19ond'anco ai numi m'avvicino e tutta
13.20senza vel mi si mostra la natura.
13.21L'invidia, fratel mio, col suo veleno
13.22assale ancor degl'immortali il petto:
13.23e dove in trono non s' asside il giusto,
13.24colpa divien, che mai non si perdona,
13.25dell'ingegno l'altezza e la virtude,
13.26e fortunata è l'ignoranza sola.
13.27Quindi non già tem'io di te, fratello,
13.28ché te dall'ira del crudel tiranno
13.29l'insipienza tua pone in sicuro;
13.30né duolmi no del tuo destin, ché poche
13.31son le pene ove poco è l'intelletto:
13.32dell'uom ben duolmi, un infinito a cui
13.33dannaggio partorì la tua stoltezza,
13.34sì che fatto è minor del bruto istesso.
13.35Ed io tel dissi, sconsigliato; e tu,
13.36e tu fede negasti a mie parole.
13.37Qual dunque adesso a tanto error salute?
13.38Poco ti parve agli animai largito
13.39aver scaltrezza ardir prudenza e senno
13.40e del futuro il sentimento ancora,
13.41che il più bello il più grande e prezioso
13.42hai lor profuso de' celesti doni;
13.43l'istinto io dico, quel divino occulto
13.44non mai fallace e sempre vivo istinto,
13.45che, con tacito cenno imperioso
13.46ciò che nuoce insegnando e ciò che giova
13.47dirittamente il bruto alla verace
13.48sua natural felicità conduce.
13.49Ciò che ieri gli piacque, anco domani
13.50gli piacerà. De' suoi pochi desiri
13.51il termine sta fisso; e ciò ch'ei trova
13.52il suo bisogno a satisfar bastante,
13.53sempre buon lo ritrova e sempre bello.
13.54Fortunato, che l'arte ei non conosce
13.55funesta e ria di fabbricar sventure,
13.56l'orribil arte di crear le brame.
13.57Fortunato, che docile la terra,
13.58e liberal gli partorisce il cibo,
13.59né col rastro gli è d'uopo e coll'aratro
13.60piagar sudando alla ritrosa il seno,
13.61né della vite spremere i funesti
13.62dolci veneni ad ammorzar sua sete.
13.63E fortunato ancor, che contro i nembi
13.64contro il furor de' verni e l'aspro morso
13.65dell'algente aquilon né vestimento
13.66indossar gli è mestieri né la fiamma
13.67ricercar di Vulcano entro la selce
13.68e de' lor rami dispogliar le piante.
13.69A lui spontanee l'erbe e senza l'uopo
13.70di chimico tormento la segreta
13.71lor medica virtù fan manifesta.
13.72A lui la pioggia il vento e la procella
13.73del lor muto appressar mandano il segno,
13.74perché cauto ne scampi o se n'allegri;
13.75e a lui la terra (meraviglia a dirsi!)
13.76i suoi profondi scuotimenti avvisa,
13.77quando a darle travaglio alza il tridente
13.78l'irato Enosigéo. Fuggendo allora
13.79atterrito per tutta la campagna,
13.80con fioche voci e con lunghi lamenti
13.81all'ignaro mortal predice e grida
13.82il vicin crollo della madre antica,
13.83ed accorto fa lui del suo periglio,
13.84dell'uom non meno che di sé pietoso.
14.1Né la virtù soltanto a lui si svela
14.2or innocente or ria che nelle fibre
14.3de' vegetanti imprigionò natura;
14.4né sol degli elementi ei sente e dice
14.5i vicini tumulti (ahi nostro danno,
14.6che il sapiente favellar del bruto
14.7capir non puote in intelletto umano!):
14.8ma fra l'immenso popolo diverso
14.9de' suoi simìli chi nel cuor gli desta
14.10dell'amico ad un tratto e del nemico
14.11la conoscenza? E quale iddio lo sforza
14.12a tremar di paura innanzi a questo,
14.13e innanzi a quello saltellar di gioia?
14.14Chi tal gli diede e tanto e sì sublime
14.15accorgimento, e ne lasciò l'uom privo?
14.16Fu la tua cieca largitate, o caro
14.17malaccorto fratello. Ahi che alla mano
14.18che lo profuse più non torna il dono!
14.19E taccio che partecipe del lampo
14.20della diva ragion lo festi ancora;
14.21la qual se pigra e languida e confusa
14.22nell'animante scintillar si vede,
14.23colpa è sol forse di sue membra a cui
14.24non fu del tatto liberal natura,
14.25né della lingua all'imperfetto guizzo
14.26permise la volubile parola.
15.1Nudo intanto ed inerme e degl'insetti
15.2al pungolo protervo abbandonato,
15.3l'uom, de' venti trastullo e delle piogge,
15.4or tremante di gelo or da' cocenti
15.5raggi del sole abbrustolato e bruno,
15.6ovunque fermi ovunque volga il piede,
15.7sia laddove d'Ammon ferve l'arena
15.8sia dove ha cuna e dove ha tomba il sole,
15.9dappertutto di vesti è l'infelice
15.10il molle corpo a ricoprir dannato;
15.11furando adesso la sua spoglia al solo
15.12quadrupedante, per furarla un giorno
15.13al vermicciuol pur anco ed alla pianta.
15.14Se talor tanto la gentil sua cute
15.15tollerando s'indura che gli eterni
15.16ghiacci pur giunga a sostener d'Arturo,
15.17e invan la pioggia lo flagelli invano
15.18d'Orizia il punga l'ispido marito;
15.19quanto affanno gli val quanto conflitto
15.20quel penoso trionfo? e quanta insieme
15.21natìa beltate al suo sembiante è tolta?
15.22Squallido, bieco, rabbuffato ed irto,
15.23di fiera il volto ei tien, di fiera il pelo;
15.24e l'uom nell'uomo tu ricerchi indarno.
16.1Né de' mali suoi tanti è qui la trista
16.2serie conclusa. Primamente l'aria
16.3co' vagiti a ferir l'invia natura
16.4di tuttequante idee povero e nudo.
16.5Misero! il solo de' viventi, il solo
16.6cui d'aita sprovvisto in sul medesmo
16.7limitar della vita aspra madrigna
16.8la gran madre abbandona e della Parca
16.9al severo governo lo rassegna.
16.10Egro piangente derelitto ei dunque
16.11né l'alimento suo né la materna
16.12poppa conosce, a suggere la morte
16.13pronto al par che la vita. Se vien manco
16.14l'opra un istante della pia nutrice,
16.15qual nauseoso miserando obbietto!
16.16Uopo è dal corpo tenerello e nudo
16.17degli elementi allontanar l'insulto,
16.18uopo è il passo insegnargli e la favella.
16.19Né migliora, crescendo, il suo destino.
16.20Se vuol la piena traversar d'un fiume,
16.21pria del nuoto imparar l'arte è costretto.
16.22Se del ventre i latrati acquetar brama,
16.23la dolce stilla del materno seno
16.24mutar gli è forza nel caonio frutto,
16.25e coll'aspro cinghial nella foresta
16.26miseramente disputarsi il vitto.
17.1Verrà poi tempo, è ver (ché l'alma Temi
17.2delle sorti potente e del futuro
17.3a me nell'antro del Parnaso il disse,
17.4e molte rivelò meravigliose
17.5dell'oscuro avvenir tarde vicende),
17.6tempo verrà che Cerere divina,
17.7delle provvide leggi ispiratrice,
17.8dal ciel recando una gentil sua pianta,
17.9cortese ne farà dono alla terra;
17.10e dagli alati suoi serpenti addotto
17.11Trittolemo inviando, un cotal figlio
17.12di Metanira, a propagarne il seme
17.13e l'uso ad insegnar del curvo aratro,
17.14farà col senno e l'arte e la pietade
17.15all'uom corretto abbandonar le querce
17.16ed abborrir dell'irte fiere il cibo.
17.17Ma parergli ben caro un sì bel dono
17.18gli farà di Giunon l'aspro marito:
17.19perocché dio severo, i petti umani
17.20sollecitando con pungenti cure,
17.21comanderà di tutte l'erbe inique
17.22l'empio parto alla terra, onde penoso
17.23del frutto cereal venga l'acquisto.
17.24Di triboli e di felce orridi i campi
17.25si vedran largamente. Aspra boscaglia,
17.26l'ispido cardo e la sdegnosa ortica
17.27abbonderà per tutto; e dei sudati
17.28nitidi cólti si faran tiranni
17.29l'ostinata gramigna il maledetto
17.30loglio e le vote detestate avene;
17.31le quai proterve alla divina pianta
17.32il delicato corpo soffocando
17.33e involando l'umor del pio terreno,
17.34ingiusta le daran morte crudele.
17.35Né fian già questi gli avversari soli.
17.36Che palpitar di tema e di sospetto
17.37il faticoso agricoltor faranno.
17.38Allorché volte al rapitor cornuto
17.39dell'agenorea figlia il sol le terga
17.40de' fratelli Ledéi la spera infiamma,
17.41e susurrando la matura spiga
17.42le bionde chiome inchina e chiamar sembra
17.43l'operoso villano a corne il frutto,
17.44ecco nuovi terrori all'infelice,
17.45ecco nuovi perigli e nuovi affanni.
17.46La saltante gragnuola il caldo vento
17.47i torrenti le selve e le voraci
17.48torme pennute gli saran sovente
17.49di lagrime cagione e di sospiri.
18.1So ben che, quando di Dodona il vitto
18.2in altro vitto cangeran le genti,
18.3nuove sembianze ancora e nuovo rito
18.4prenderà l'universo. All'auree stelle
18.5darà figura allor sentiero e nome
18.6l'audace navigante. Allor recise
18.7dai patrii gioghi scenderan le querce,
18.8che su i flutti volando andran superbe
18.9co' venti a rinnovar la lite antica
18.10e in remote a portar barbare terre
18.11merci a vicenda e, più d'assai che merci,
18.12costumanze e follie, morbi ed errori.
18.13In uso volgerà dell'uomo allora
18.14i suoi fuochi Vulcan, de' quai nascose
18.15l'invido Giove nella fredda selce
18.16gli elementi immortali. Le sue care
18.17forme divine scoprirà natura;
18.18germoglieran gli affetti e tutte insomma
18.19si schiuderanno del desir le fonti,
18.20che dovran l'uman cuore impetuose
18.21irrigar sempre e non sbramarlo mai.
18.22Generato il desir, tosto pur fia
18.23generato il bisogno. E questo sozzo
18.24mostro ingegnoso, col dolore al fianco
18.25che acuto il punge, e col piacer da fronte
18.26che dolce il chiama e l'aspra via gl'infiora,
18.27s'ammoglierà non pigro alla malvagia,
18.28che tutto vince, indomita fatica;
18.29e con vile connubio alle pudiche
18.30arti darà la prima vita, all'arti
18.31di turpe genitor figlie vezzose.
19.1Dall'antico suo stato a mano a mano
19.2dunque l'uom tolto, ed innocente in prima
19.3nelle selve gli augei nell'onde i pesci
19.4insidiando; e poi fidando avaro
19.5il frumento alla terra, al mar la vita;
19.6reggitor della sua, poscia di molte
19.7congregate famiglie; indi le mura
19.8e le leggi ponendo in sua difesa;
19.9indi in sen di natura in sen di Giove
19.10spingendo il guardo, e all'un strappando e all'altra
19.11l'oscuro vel che li tenea nascosi;
19.12alfin dal seggio, in che gli avea locati
19.13il suo primo timor, cacciando i numi,
19.14e sé stesso mettendo in quella vece
19.15dalla forza protetto e dal terrore;
19.16l'uom, dico, a tanta di pensieri altezza
19.17e delle cose alla cagion salito,
19.18sé stesso, ahi folle! estimerà felice:
19.19e misero più fia, quanto più lunge
19.20l'arte vedrassi allontanar natura.
20.1Sorgeran le città, si cangeranno
20.2in superbi palagi le divelte
20.3rupi, e morbide coltri e aurate travi
20.4difenderanno de' mortali il sonno.
20.5Più lauto il cibo più gentil la veste
20.6troveranno le membra, e su le labbra
20.7verrà d'amico più frequente il nome,
20.8e più stretti gli amplessi e più soavi
20.9faransi i modi e più cortesi i detti:
20.10ma più bugiardo batterà nel petto
20.11il cor pur anco, e latreran più vivi
20.12i suoi rimorsi; più fugaci i sonni,
20.13più fugace la vita; e con avaro
20.14confin divisi si vedranno i campi,
20.15e risonar la barbara parola
20.16s'udrà del tuo del mio. Sovra le mense
20.17manderan l'erbe i lor veleni, e colme
20.18delle madrigne ne saran le tazze
20.19e le tazze de' regi. Infame ordigno
20.20diverranno di morte il bronzo e il ferro;
20.21e, più del ferro e più del bronzo infame,
20.22l'oro esecrato a tutte colpe il varco
20.23spalancherà, poiché divelto un giorno
20.24un rio demon l'avrà dal violato
20.25sen della terra, che il chiudea gelosa,
20.26del suo parto fatal forse pentita.
20.27Di Temide per lui calcata e franta
20.28si vedrà la bilancia, ed il delitto
20.29lieto esultar dell'innocenza oppressa:
20.30per lui mendica la virtù, per lui
20.31ricco–vestita l'ignoranza, mute
20.32d'onor le leggi, e con nefandi incensi
20.33adorata la colpa e il ciel tradito.
21.1Luogo sarà nelle cittadi impuro,
21.2d'ogni vizio sentina, a cui di corte
21.3daran nome i mortai, d'abisso i numi.
21.4Quell'avversaria d'ogni patto, e d'ogni
21.5scelleranza maestra e consigliera,
21.6Ambizion vi sederà reina:
21.7né in veruna così, siccome io veggo
21.8nella man di costei, fabbro di mali
21.9sarà l'empio metallo, onde la cruda
21.10non pur la terra comprerà ma il cielo.
21.11Quindi (iniquo mercato!) alla superba
21.12l'amico un giorno venderà l'amico,
21.13la consorte il marito, e la sua patria
21.14sacrilego ed infame il cittadino;
21.15a lei spergiuro le battaglie e il sangue
21.16de' suoi prodi guerrieri il capitano;
21.17a lei le ròcche il traditor custode,
21.18e la voce de' numi il sacerdote.
21.19E per lei nelle fervide fucine
21.20suda Vulcano, in omicidi arnesi
21.21le pacifiche falci figurando
21.22e i vomeri innocenti: e Marte intanto
21.23lo scudo imbraccia e la grave asta impugna,
21.24e l'ugna de' cavalli procellosi
21.25sanguinando per tutta la campagna,
21.26di pianti allaga e di delitti il mondo.
22.1Oh Marte! oh guerra! orribil mostro, nato
22.2(chi 'l crederia?) nel cielo; ove d'olimpo
22.3i cardini scuotesti, e colla tua
22.4sanguigna face violasti il puro
22.5delle vergini stelle almo candore,
22.6e le prime saette in man ponesti
22.7contro Saturno di Saturno al figlio;
22.8oh guerra! oh delle Furie la più ria,
22.9la più ria delle Furie e la più antica!
22.10Al tremendo tuo nome il ciel si turba
22.11per la memoria della prisca offesa,
22.12e sbigottita palpita natura.
22.13D'amor di caritate i santi nodi
22.14tu rompesti primiera, e contro i padri
22.15i figli armasti ambiziosi e crudi,
22.16e i fratelli azzuffasti co' fratelli.
22.17Le sitibonde glebe e ber sol use
22.18le lagrime dell'alba tu con altre
22.19stille disseti, e con allegro piede
22.20squarciate membra calpestando e bocche
22.21spiranti e petti palpitanti ancora
22.22in tiepida di sangue atra laguna,
22.23con fiera gioia a quell'orror sorridi,
22.24crudele!, e l'inno di vittoria intuoni;
22.25mentre sulla tua gota a calde gocce
22.26gronda sangue l'allòr che ti corona.
22.27Ahi! che tu sulle stesse are de' numi
22.28sovente arruoti i tuoi pugnali, ed osi
22.29santificar le colpe e temeraria
22.30la vendetta arrogarti anco del cielo,
22.31del ciel che tutta a sé serbolla ed alto
22.32all'uom gridò - Mortal, perdona ed ama. -
22.33E l'uom, sordo a quel grido e dai sonori
22.34serpi d'Aletto flagellato e spinto,
22.35l'un si squarcia coll'altro, e la più bella
22.36a struggere dell'opre s'affatica
22.37in che tanto pensier pose natura.
22.38Sangue corrono i campi, e sangue i fiumi;
22.39sangue si vende, oh dio!, sangue si compra,
22.40e tradimento e forza a piè del trono
22.41fan l'orrendo contratto. Occulta intanto
22.42e d'atro velo ricoperta il viso,
22.43la celeste pietà di porta in porta
22.44va, delle spose scapigliate e degli
22.45orfani figli e de' padri cadenti
22.46asciugando le lagrime furtive;
22.47furtive, e agli occhi e al mesto cor sol note,
22.48poiché aperto dolor già fatto è colpa.
22.49Deh, santissima dea! se chiusi in terra
22.50sono i cuor de' tiranni alle tue voci,
22.51se dei traditi vacillanti troni
22.52ferma è pur la ragion, che d'altre piaghe
22.53solcar si debba dell'Europa il petto,
22.54perché tutto nell'angliche catene
22.55gema Nettuno e fornicar si vegga
22.56con peggior drudi l'agenorea figlia,
22.57deh! tu squarcia le nuvole, e passaggio
22.58dell'oppresso universo apri alle grida.
22.59L'ale impenna ai sospiri, e nell'orecchio
22.60del maggior nume come tuon li spingi.
22.61Destalo: ed egli le saette impugni
22.62già troppo neghittose, e sul tonante
22.63carro immortal di sua giustizia assiso,
22.64della terra, che tutta peccatrice
22.65furiando delira e si distrugge,
22.66la gran contesa a giudicar discenda. -
23.1Così parlava il ben veggente e giusto
23.2delle caucasee rupi abitatore;
23.3e, tutto foco i rai, foco le gote,
23.4del remoto futuro entro gli abissi
23.5spingea le luci, che l'antica Temi
23.6lunga stagion gli avea nella divina
23.7grand'arte de' profeti esercitate.
23.8E in quel sacro furor l'alma rapito
23.9che i secoli sormonta e tutto al guardo
23.10il turbine veloce e la ruina
23.11dell'umane vicende sottomette,
23.12mentre signor del fato e del suo libro
23.13col più tardo avvenir parla il pensiero,
23.14vedea quel saggio fra tempeste e nembi
23.15sopra libere penne al ciel levarsi
23.16della terra i sospiri, e seguitarli
23.17con obliqui occhi e con incerto passo
23.18(quali il greco cantor poscia le vide)
23.19le dolorose ed umili Preghiere,
23.20di lagrime per via bagnando il viso
23.21e tutto alla pietà movendo il cielo.
23.22Abbracciar le ginocchia le vedea
23.23d'un dio maggior di Giove, a cui salire
23.24distinto non sapeva il suo concetto
23.25né nomarlo il suo labbro; e questo dio
23.26stender la destra alle dolenti dive,
23.27ed inchinar sovr'esse i maestosi
23.28suoi neri sopraccigli, onde le chiome
23.29d'ambrosia rugiadose tremolando
23.30sulla fronte immortal diero una scossa
23.31che tutto fece traballar l'olimpo.
23.32Poi dalla grande orribile farètra,
23.33che Morte ed Ira sue ministre al piede
23.34rinfrescando gli vanno e mai non votasi,
23.35il fulmine prendea, con cui tremendo
23.36ai mortali ragiona il suo disdegno.
23.37E tosto innanzi un giovinetto eroe
23.38gli comparìa, che il gesto e il portamento
23.39avea di Marte, e Marte egli non era.
23.40Tricolor cinto gli fasciava il fianco
23.41superbamente, e tricolor cimiero
23.42gli ondeggiava sul capo. La sua fronte,
23.43di cortesia temprata e di fierezza,
23.44profondi palesava alti pensieri;
23.45alla fronte di Giove simigliante,
23.46quando Pallade ancor non partorita
23.47gli affaticava l'immortal cerébro.
23.48L'ineffabile nume onnipossente
23.49a lui quindi facea queste parole:
24.1- Prendi, invitto guerrier, prendi securo
24.2la folgore di Dio. Per me la vibra
24.3su gli ostinati troni, omai di troppo
24.4sangue vermigli; col mio strale in pugno,
24.5a chieder pace a supplicar gli sforza;
24.6e finisca per te del mondo il pianto. -
24.7Così dicendo, il fulmine supremo
24.8gli consegnò; né della man mutata
24.9accorgersi parea l'arme divina,
24.10ma più terribil anzi e più sdegnosa
24.11guizzar nel pugno del novello erede.
24.12Ed ei con braccio vigoroso e saldo
24.13su i germanici campi la vibrava
24.14fieramente. Al nitrito al calpestìo
24.15de' gallici cavalli risonavano
24.16le retiche montagne, e attrita e pesta
24.17sotto l'ugne ferrate si scaldava
24.18la vindelica neve. Non potea
24.19stupefatto raggiungere il pensiero
24.20di sue vittorie il volo, e non ardìa
24.21darle tutte la Fama alla sua tromba,
24.22paventando bugiarda esser tenuta.
24.23Al fragor de' suoi tuoni, al truce lampo
24.24de' tremendi suoi sguardi e di sua spada,
24.25ivan l'onde dell'Istro impaurite,
24.26e con volo di timida colomba
24.27fuggia scema dell'ali e degli artigli
24.28la bellicosa degli augei reina.
24.29Tremava tutta e si battea la guancia,
24.30del contumace suo furor pentita,
24.31la superba Lamagna; e del suo sangue
24.32tinto e satollo alfin sorgea l'olivo.
24.33All'apparir che fea sulle gelate
24.34noriche vette l'arbore divina
24.35esultava la terra, e rispettosi
24.36a baciarla venieno a carezzarla
24.37con molli penne d'ogni parte i venti.
24.38Sulle pannonie rupi alto sferzando
24.39i destrier rugiadosi in sul mattino
24.40la salutava il Sole, e con soave
24.41riso di luce dal mortal suo sonno
24.42tutto svegliava a nuova vita il mondo.
24.43Riconducean secure al pasco antico
24.44l'allegre pastorelle i cari armenti.
24.45Affilava cantando il villan duro
24.46il curvo dente di Saturno, e lieto
24.47l'ore affrettava di troncar la spica;
24.48ché d'oltraggio guerrier più non temea.
24.49Qua stringesi una madre al seno il figlio
24.50cui già spento piangea, né al ciel si sente
24.51più lamentarse del fecondo grembo.
24.52Là del salvo marito al collo gitta
24.53una tenera sposa ambe le braccia,
24.54e, sull'adusto affaticato petto
24.55le ferite cercando, con pietosa
24.56bocca le bacia, e colla man le tenta
24.57ripugnante d'orror. Odesi altrove
24.58risonar d'inni il tempio e, sciolte in fumo
24.59van l'odorate lagrime sabée
24.60lassù le nari a rallegrar de' numi.
24.61E per le piazze intanto e per le vie
24.62un trambusto di danze e di guerrieri
24.63cantici e ludi; un esclamar per tutto,
24.64un abbracciarsi, un fremere di gioia,
24.65che di dolce follìa l'alme rapisce.
24.66E in cotanta esultanza ecco novello
24.67di letizia argomento; ecco Minerva
24.68che la sazia di sangue pesante asta
24.69depon placata, e ne' cecropii prati
24.70le vergini cavalle a pascer manda
24.71il trifoglio divin, mentre lo scudo
24.72stan nel fiume a lavar d'Argo le figlie.
24.73Ed essa la gran dea per l'ampie sale
24.74de' peripati l'attiche lucerne
24.75raccende, in nembo d'erudita polve
24.76strascinando il regal paludamento.
24.77Riviver liete d'ogni parte vedi
24.78d'Academo le selve, e in gran frequenza
24.79correr l'Arti a sudar nei sacri arringhi.
24.80Quindi un picchio incessante un cigolìo
24.81di scalpelli e di marmi, un mescolarsi
24.82di colori e pennelli onde operose
24.83prendon le tele sentimento e vita;
24.84poi di cetre un fragor, che vario e dolce
24.85scorre sull'alme e giù dal balzo arriva
24.86del beato Elicona. Ivi seduto
24.87fra le pudiche aganippee fanciulle
24.88lo stesso di Latona inclito figlio
24.89di quel famoso giovinetto i forti
24.90fatti cantava e le fatiche e l'ira,
24.91con questo carme innamorando il cielo.
25.1- Chi è colui che rapido qual folgore
25.2scende dal monte, e sguardi formidabili
25.3vibra in sembianze giovanili e tenere?
25.4Lo precorre Bellona; e sotto il fervido
25.5calpestar dei fumanti atri cornipedi
25.6tremano l'Alpi, e su le porte cozie
25.7l'italo genio spaventato affacciasi,
25.8memore ancor dell'ardimento punico.
25.9Oh del primo maggior secondo Annibale,
25.10pochi sono i tuoi forti, e non si coprono
25.11di ferro il petto né l'aìta affidali
25.12di numidi elefanti, ma del gallico
25.13valor l'usbergo portano sull'anima,
25.14e l'arte sanno di morire o vincere.
25.15Oh val di Dego orrenda! oh gioghi indomiti
25.16di Montenotte! oh re de' fiumi Erìdano!
25.17E tu Mincio fatal, che di cadaveri
25.18le tue lagune già vedesti crescere
25.19e dal nido natìo smarrita e pallida
25.20l'ombra involarsi del cantor di Mantova;
25.21e voi dell'Adda iniqui ponti, e d'Arcoli
25.22ostinate pianure; e voi di Rezia
25.23fieri dirupi, e dell'estremo Norico
25.24risonanti fucine ove fa gemere
25.25Vulcano a Marte la tedesca incudine;
25.26dove son, rispondete, i vostri eserciti?
25.27Dove i duci i cavalli e i tuoni e i fulmini
25.28de' vostri bronzi? e il fior più scelto e vivido
25.29della bionda Lamagna? Ohimè! l'italico
25.30campo del sangue di quei prodi impinguasi,
25.31e vagar l'insepolte ombre si veggono
25.32sdegnosamente e fremere sull'Adige
25.33di germanica strage ingombro e turgido.
25.34Salve, o madre d'eroi, salve, terribile
25.35francese Libertà! salve, magnanimo
25.36campion che chiudi in fior di membra altissimo
25.37vigor di senno! A te dinanzi attonita
25.38tace la terra: ma dolente mòstrati
25.39le non ben rotte sue catene Ausonia,
25.40e di spezzarle interamente prégati.
25.41Deh l'ascolta per dio! deh forte avvolgile
25.42la man nel crine venerando, e salvala;
25.43ch'ella t'è madre, e le materne lagrime
25.44al cor d'un figlio la pietà comandano.
25.45Poi sull'olimpo che t'aspetta il nèttare
25.46vien co' numi a libar fra Giove ed Ercole. -
26.1Questi accenti sposava alla sua cetra
26.2il signor delle Muse; e, mentre i boschi
26.3di Pindo e Citeron molce il suo canto,
26.4tacciono i sacri ruscelletti, e l'aure
26.5non osano di far rissa e bisbiglio.
26.6Stillavan tutti liquida fragranza
26.7i suoi biondi capelli, e all'agitarsi
26.8della testa immortal quante sul suolo
26.9cadean le gocce del licor celeste
26.10tante nascean viole ed asfodilli.
26.11Poi, finito il cantar, dell'aurea fronte
26.12toglieasi Febo il suo bel lauro istesso,
26.13di poeti superbia e di guerrieri,
26.14e dell'invitto lo ponea sul crine.
26.15Allor dal volto dell'eroe partissi
26.16tal di raggi e di lampi un largo nembo
26.17che tutta di sua luce empiea la terra;
26.18non da quella diversa che Minerva
26.19sul capo accese del divino Achille
26.20e tremenda a toccar gli astri giungea,
26.21quando apparve de' Teucri all'improvviso
26.22sul terribile fosso, e alla sua vista
26.23si rovesciar cavalli e cavalieri
26.24confusamente, e salva si sottrasse
26.25dall'ettoreo furor la combattuta
26.26esangue spoglia del diletto amico.
26.27Tal era lo splendor che dalle care
26.28fiere sembianze del guerriero uscìa.
26.29Tergea l'Europa, in lui mirando, il pianto,
26.30e, il suo possente salvator da lungi
26.31colla manca accennando alle sorelle,
26.32porgea lor colla destra il ramoscello
26.33del sacro olivo, e promettea che presto
26.34colla vindice man tolte le avrìa
26.35dell'anglico ladrone alle catene.
26.36Carco d'odii frattanto e di delitti,
26.37con mozzi artigli e dischiomata giuba,
26.38agonizzar dell'Adria si vedea
26.39l'orgoglioso decrepito lione:
26.40e all'avara del Tebro meretrice
26.41dai scettrati suoi drudi abbandonata
26.42cadean guaste dagli anni e vilipese
26.43le tre corone al crin lascivo avvinte.
27.1D'arcano velo circondati e chiusi
27.2eran questi i portenti che per entro
27.3la sacra notte del futur vedea
27.4l'indovino Titano: e preso intanto
27.5di stupor di rispetto e di paura
27.6non alitava non battea palpèbra
27.7a quell'alte parole Epimetéo.
27.8E come, quando ne' Carpazii flutti
27.9che avea turbati l'aquilon, se chiude
27.10l'enfiata bocca l'iperboreo dio
27.11e gli muor la procella in su le labbra,
27.12a poco a poco quetasi pur anco
27.13la discordia dell'onde, e al sol che torna
27.14leggiadramente tremolar le vedi;
27.15allor la rete il pescator ripiglia,
27.16ed allegro il nocchier, lasciando il porto
27.17e spiegando la vela, al mar di nuovo
27.18le sue speranze crede e la sua vita:
27.19non altrimenti di Giapeto al figlio,
27.20poiché lo spirto racquetossi e il petto
27.21dal profetico ardor sconvolto e scosso,
27.22il primo volto venne il color primo.
27.23E calmato e sereno - Or via, fratello,
27.24datti pace, soggiunse: al tuo fallire
27.25non disperar salute: io te n'affido,
27.26sorgerà l'uomo dal suo basso stato,
27.27e tanto al ciel si leverà sublime
27.28che d'invidia n'andran pur tocchi i numi. -
28.1Disse: e, nel cor magnanimo premendo
28.2il suo disegno, e dal disìo soltanto
28.3di liberar le sue promesse acceso,
28.4verso la sacra argolica contrada
28.5per molta terra e molto mar divisa,
28.6come del fato lo spingea la forza,
28.7senza più dubitar prese la via.
28.8E doloroso di lasciar l'antico
28.9dolce ricetto - Addio, sclamava, addio,
28.10care selve beate, che ramingo
28.11nel vostro sen mi riceveste il giorno
28.12che mal del cielo disputò l'impero
28.13il misero mio padre, e voi pietose
28.14agli strali di Giove in quel periglio
28.15mi nascondeste, né veruno il seppe
28.16de' mortali gran tempo e de' celesti.
28.17Salve, rupe sublime, ov'io solea
28.18nei sacri della notte alti silenzi
28.19interrogar le stelle e in quei lucenti
28.20volti del fato esaminar le vie;
28.21mentre queti d'intorno e rispettosi
28.22tacean sul monte e nella selva i venti,
28.23e sol nell'ombra mormorar da lunge
28.24quinci il Caspio s'udìa quindi l'Eusino.
28.25Addio, sonante Arrago; addio, veloce
28.26onda del Gerro, alle cui fonti assiso
28.27io salutava in oriente il sole,
28.28e contemplar godea come all'aspetto
28.29dell'immortal sua lampa genitrice
28.30rivestivansi allegre e rugiadose
28.31del deposto color l'erbette e i fiori
28.32e tutta dal suo sonno uscìa la terra.
28.33Voi dunque di mie veglie e di mie pene
28.34confidenti pietosi, o boschi, o fiumi,
28.35o spelonche, o dirupi, ricevete
28.36del fido vostro solitario amico
28.37i dolenti congedi. Io v'abbandono:
28.38ma il cor che spesso l'avvenir segreto
28.39co' suoi palpiti avvisa, il cor mi viene
28.40significando occultamente in petto
28.41che tornerò pur anco al vostro seno,
28.42ed illustre darò perpetua fama
28.43con più grandi sventure a queste rupi.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)