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Stanze

Stanze

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1.1Ne l'odorato e lucido Orïente,
1.2là sotto 'l puro e temperato cielo
1.3de la felice Arabia, che non sente,
1.4sì che l'offenda, mai caldo né gelo,
1.5vive una riposata e lieta gente,
1.6tutta di bene amarsi accesa in zelo,
1.7come vol sua ventura, e come piacque
1.8a la cortese Dea che nel mar nacque.
2.1A cui più ch'altri mai servi e devoti,
2.2questi felici, e son nel ver ben tali,
2.3han posto più d'un tempio e fan lor voti
2.4sopra l'offese de' suoi dolci strali,
2.5e mille a prova eletti sacerdoti
2.6curan le cose sante e spiritali,
2.7et hanno in guardia lor tutta la legge
2.8che le belle contrade amica e regge.
3.1La qual in somma è questa: ch'ogni uom viva
3.2in tutti i suoi pensier seguendo Amore.
3.3Però quando alma se ne rende schiva,
3.4le mostran quanto grave è questo errore,
3.5e che del vero ben colui si priva,
3.6ch'al natural diletto indura il core,
3.7e sopra ogn'altro come gran peccato
3.8commette, chi non ama essendo amato.
4.1A questo confortando il popol tutto,
4.2onoran la lor Dea con pura fede;
4.3e quanto essa ne trae maggiore il frutto,
4.4ne torna lor più dolce la mercede;
4.5et han già la bell'opra a tal condutto,
4.6che senza question farne ogniun le crede;
4.7ond'ella, alquanto pria che 'l dì s'aprisse,
4.8a duo di lor nel tempio apparve, e disse:
5.1–Fedeli miei, che sotto l'Euro avete
5.2la gloria mia, quanto pote ire, alzata,
5.3sì come non bisogna veltro o rete
5.4a fera, che già sia presa e legata,
5.5così voi d'uopo qui più non mi sete,
5.6tanto ci son temuta e venerata:
5.7quel, che far si devea, tutto è fornito;
5.8da indi in qua si porta arena al lito.
6.1E se pur fia che le mie insegne sante
6.2lasciando, alcun da me cerchi partire,
6.3de l'altre schiere mie, che son cotante,
6.4sarà trionfo, e non sen' potrà gire.
6.5Per voi conven che 'l mio valor si cante
6.6in altre parti, sì che 'l possa udire
6.7la gente che non l'have udito ancora
6.8e per usanza mai non s'innamora.
7.1Sì come là, dove 'l mio buon romano
7.2casso di vita fe' l'un duce mauro,
7.3e col piè vago discorrendo al piano,
7.4parte le verdi piaggie il bel Metauro;
7.5ivi son donne, che fan via più vano
7.6lo stral d'Amor, che quel di Giove il lauro,
7.7sol per cagion di due, che la mia stella
7.8ardîr prime chiamar bugiarda e fella.
8.1L'una ha 'l governo in man de le contrade,
8.2l'altra è d'onor e sangue a lei compagna.
8.3Queste non pur a me chiudon le strade
8.4dei petti lor, che pianto altrui non bagna,
8.5ch'ancor vorrian di pari crudeltade
8.6da l'Orse a l'Austro e da l'Indo a la Spagna
8.7tutte inasprir le donne e i cavalieri,
8.8tanto hanno i cori adamantini e feri.
9.1E vanno argomentando, che si deve
9.2castitate pregiar più che la vita,
9.3mostrando ch'a Lucrezia non fu greve
9.4morir per questa, onde ne fu gradita;
9.5tal che la gloria mia, come a sol neve,
9.6si va struggendo e, se la vostra aita
9.7non mi riten quel regno a questo tempo,
9.8tutto il mi vedrò tôrre in picciol tempo.
10.1Però vorrei ch'andaste a quelle, fere
10.2solo ver me, là ov'elle fan soggiorno,
10.3e le traeste a le mie dolci schiere,
10.4prima che faccia notte, ov'ora è giorno,
10.5rotti gli schermi, ond'elle vanno altere
10.6e mille volte a me fer danno e scorno;
10.7dando loro a veder, quanto s'inganni
10.8che non mi dona il fior de' suoi verdi anni.
11.1Accingetevi dunque a l'alta impresa:
11.2io v'agevolerò la lunga via.
11.3Non vi sarà la terra al gir contesa,
11.4ché infino a lor per tutto ho signoria.
11.5E perché 'l mar non possa farvi offesa
11.6lo varcherete ne la conca mia;
11.7o prendete i miei cigni e 'l mio figliuolo,
11.8che regga il carro, e sì ven' gite a volo.–
12.1Così detto disparve, e le sue chiome
12.2spirâr nel suo sparir soavi odori,
12.3e tutto il ciel, cantando il suo bel nome,
12.4sparser di rose i pargoletti amori.
12.5Strinsersi intanto i sacerdoti, e come
12.6fu 'l sol de l'Oceàno Indico fuori,
12.7senza dimora giù per camin dritto,
12.8presa lor via, n'andâr verso l'Egitto.
13.1Le Piramidi e Memfi poi lasciate,
13.2stolta, che 'l bue d'altari e tempio cinse,
13.3vider le mura da colui nomate,
13.4che giovenetto il mondo corse e vinse,
13.5e Rodo e Creta, e queste anco varcate
13.6e te, che da l'Italia il mar distinse,
13.7e più che mezzo corso l'Appennino,
13.8entrâr nel vostro vago e lieto Urbino.
14.1E son or questi, ch'io v'addito e mostro,
14.2l'uno e l'altro di laude e d'onor degno.
14.3E perch'essi non sanno il parlar nostro,
14.4per interprete lor seco ne vegno,
14.5e 'n lor vece dirò, come che al vostro
14.6divin conspetto uom sia di dire indegno;
14.7e se cosa udirete, che non s'usi
14.8udir tra voi, la Dea strana mi scusi.
15.1O Donna in questa etade al mondo sola,
15.2anzi a cui par non fu giamai né fia,
15.3la cui fama immortal sopra 'l ciel vola
15.4di beltà, di valor, di cortesia,
15.5tanto ch'a tutte l'altre il pregio invola;
15.6e voi, che sete in un crudel e pia
15.7alma gentil dignissima d'impero
15.8e che di sola voi cantasse Omero:
16.1qual credenza d'aver senz'Amor pace,
16.2senza cui lieta un'ora uom mai non have,
16.3le sante leggi sue fuggir vi face,
16.4come cosa mortal si fugge e pave?
16.5E lui, ch'a tutti gli altri giova e piace,
16.6sole voi riputar dannoso e grave?
16.7e di signor mansueto e fedele,
16.8tiranno disleal farlo e crudele?
17.1Amor è graziosa e dolce voglia,
17.2che i più selvaggi e più feroci affrena;
17.3Amor d'ogni viltà l'anime spoglia,
17.4e le scorge a diletto e trae di pena;
17.5Amor le cose umili ir alto invoglia,
17.6le brievi e fosche eterna e rasserena;
17.7Amor è seme d'ogni ben fecondo,
17.8e quel ch'informa e regge e serva il mondo.
18.1Però che non la terra solo e 'l mare,
18.2e l'aere e 'l foco e gli animali e l'erbe,
18.3e quanto sta nascosto e quanto appare
18.4di questo globo, Amor, tu guardi e serbe
18.5e, generando, fai tutto bastare
18.6con le tue fiamme dolcemente acerbe,
18.7ch'ancor la bella machina superna
18.8altri che tu, non volge e non governa.
19.1Anzi non pur Amor le vaghe stelle
19.2e 'l ciel, di cerchio in cerchio, tempra e move,
19.3ma l'altre creature via più belle,
19.4che senza madre già nacque di Giove,
19.5liete, care, felici, pure e snelle,
19.6virtù, che sol d'Amor descende e piove,
19.7creò da prima et or le nutre e pasce,
19.8onde 'l principio d'ogni vita nasce.
20.1Questa per vie sovra 'l penser divine
20.2scendendo pura giù ne le nostre alme,
20.3tal che state sarian, dentro al confine
20.4de le lor membra, quasi gravi salme,
20.5fatto ha poggiando altere e pellegrine
20.6gir per lo cielo, e gloriose et alme
20.7più che pria rimaner dopo la morte,
20.8il lor destin vincendo e la lor sorte.
21.1Questa fe' dolce ragionar Catullo
21.2di Lesbia, e di Corinna il Sulmonese,
21.3e dar a Cinzia nome, a noi trastullo
21.4uno, a cui patria fu questo paese,
21.5e per Delia e per Nemesi Tibullo
21.6cantar, e Gallo, che se stesso offese,
21.7via con le penne de la fama impigre
21.8portar Licori dal Timavo al Tigre.
22.1Questa fe' Cino poi lodar Selvaggia,
22.2d'altra lingua maestro e d'altri versi;
22.3e Dante, acciò che Bice onor ne traggia,
22.4stili trovar di maggior lumi aspersi;
22.5e perché 'l mondo in reverenzia l'aggia,
22.6sì come ebb'ei, di sì leggiadri e tersi
22.7concenti il maggior Tosco addolcir l'aura,
22.8che sempre s'udirà risonar Laura.
23.1La qual or cinta di silenzio eterno
23.2fôra, sì come pianta secca in erba,
23.3s'a lui, ch'arse per lei la state e 'l verno,
23.4come fu dolce, fosse stata acerba;
23.5e non men l'altre illustri, ch'io vi scerno.
23.6E qual si mostrò mai dura e superba
23.7verso quei, che potea sovra 'l suo nido
23.8alzarla a volo, e darle vita e grido?
24.1Questa novellamente ai padri vostri
24.2spirò desio, di cui, come a Dio piacque,
24.3per adornarne il mondo e gli occhi nostri
24.4bear de la sua vista, in terra nacque
24.5l'alma vostra beltà; né lingue o 'nchiostri
24.6contar porian, né vanno in mar tant'acque,
24.7quanta Amor da' bei cigli alta e diversa
24.8gioia, pace, dolcezza e grazia versa.
25.1Cosa dinanzi a voi non pò fermarsi,
25.2che d'ogni indegnità non sia lontana;
25.3ch'al primo incontro vostro suol destarsi
25.4penser, che fa gentil d'alma villana,
25.5e se potesse in voi fiso mirarsi,
25.6sormonteriasi oltra l'usanza umana:
25.7tutto quel, che gli amanti arde e trastulla,
25.8a lato ad un saluto vostro è nulla.
26.1Quanto in mill'anni il ciel devea mostrarne
26.2di vago e dolce, in voi spiegò e ripose,
26.3volendo a suo diletto exempio darne
26.4de le più care sue bellezze ascose.
26.5Chi non sa, come Amor soglia predarne,
26.6o pur di non amar seco propose,
26.7fermi ne' be' vostr'occhi un solo sguardo,
26.8e fugga poi, se pò, veloce o tardo.
27.1Rose bianche e vermiglie ambe le gote
27.2sembran, colte pur ora in paradiso;
27.3care perle e rubini, ond'escon note
27.4da far ogni uom da se stesso diviso;
27.5la vista un sol, che scalda entro e percote,
27.6e vaga primavera il dolce riso;
27.7ma l'accoglienza, il senno e la virtute
27.8potrebbon dare al mondo ogni salute.
28.1Se non fosse il pensier crudele et empio,
28.2che v'arma incontro Amor di ghiaccio il petto,
28.3e fa d'altrui sì doloroso scempio
28.4e priva del maggior vostro diletto
28.5voi con l'altre, a cui nôce il vostro exempio;
28.6sì come nôce al gregge simplicetto
28.7la scorta sua, quand'ella esce di strada,
28.8che tutto errando poi conven che vada.
29.1Così più d'un error versa dal fonte
29.2del vostro largo e cupo e lento orgoglio.
29.3E s'io avessi parole al voler pronte,
29.4pianger farei ben aspro e duro scoglio;
29.5che non si dolse al caso di Fetonte
29.6Febo, quant'io per voi, Donne, mi doglio.
29.7Pur mi consola, che, qual io mi sono,
29.8Amor mi detta, quanto a voi ragiono.
30.1E per bocca di lui chiaro vi dico:
30.2non chiudete l'entrata ai piacer suoi;
30.3se 'l ciel vi si girò largo et amico,
30.4non vi gite nemiche e scarse voi.
30.5Non basta il campo aver lieto et aprico,
30.6se non s'ara e sementa e miete poi:
30.7giardin non colto in breve divien selva,
30.8e fassi lustro ad ogni augello e belva.
31.1È la vostra bellezza quasi un orto,
31.2gli anni teneri vostri aprile e maggio:
31.3alor vi va per gioia e per diporto
31.4il signor, quando può, sed egli è saggio.
31.5Ma poi che 'l sole ogni fioretto ha morto,
31.6o 'l ghiaccio a le campagne ha fatto oltraggio,
31.7no 'l cura, e stando in qualche fresco loco
31.8passa il gran caldo, o tempra il verno al foco.
32.1Ahi poco degno è ben d'alta fortuna,
32.2chi ha gran doni e cari, e schifa usarli.
32.3A che spalmar i legni, se la bruna
32.4onda del porto dee poi macerarli?
32.5Questo sol, che riluce, o questa luna
32.6lucesse in van, non si devria spregiarli.
32.7Giovenezza e beltà, che non s'adopra,
32.8val quanto gemma, che s'asconda e copra.
33.1Qual fôra un uom, se l'una e l'altra luce
33.2di suo voler in nessun tempo aprisse,
33.3e 'l senso de le voci, a l'alma duce,
33.4tenesse chiuso sì, che nulla udisse,
33.5e 'l piè, che 'l fral di noi porta e conduce,
33.6mai d'orma non movesse, e mai non gisse;
33.7tal è proprio colei, che, bella e verde,
33.8neghittosa tra voi siede e si perde.
34.1Non vi mandò qua giù l'eterna cura,
34.2a fin che senz'amor tra noi viveste,
34.3né vi diè sì piacevole figura,
34.4perché in tormento altrui la possedeste.
34.5Se stata fosse ad ogni priego dura
34.6ciascuna madre, or voi dove sareste?
34.7Il mondo tutto, in quanto a sé, distrugge
34.8chi le paci amorose adombra e fugge.
35.1Come, a cui vi donate voi, disdice,
35.2sed egli a voi di sé si rende avaro,
35.3così voi, Donne, a quei, che v'hanno in vice
35.4di sole a la lor vita dolce e chiaro,
35.5mostrarvi acerbe e torbide non lice;
35.6e quelle men, cui più l'onesto è caro:
35.7che s'io sostenni te, mentre cadevi,
35.8debbo cadendo aver chi mi rilevi.
36.1Il pregio d'onestate, amato e colto
36.2da quelle antiche poste in prosa e 'n rima,
36.3e le voci, che 'l vulgo errante e stolto,
36.4di peccato e disnor, sì gravi estima,
36.5e quel lungo rimbombo indi raccolto,
36.6che s'ode risonar per ogni clima,
36.7son fole di romanzi e sogno et ombra,
36.8che l'alme simplicette preme e 'ngombra.
37.1Non è gran meraviglia, s'una o due
37.2sciocche donne alcun secol vide et ebbe,
37.3a cui sentir d'amor caro non fue,
37.4e 'ndarno viver gli anni poco increbbe;
37.5come la Greca, ch'a le tele sue
37.6scemò la notte, quanto 'l giorno accrebbe,
37.7misera, ch'a se stessa ogni ben tolse,
37.8mentre attender un uom vent'anni volse.
38.1Il qual errando in questa e 'n quella parte,
38.2solcando tutto 'l mar di seno in seno,
38.3a molte donne del suo amor fe' parte
38.4e lieto si raccolse loro in seno;
38.5che ben sapea, quanto dal ver si parte
38.6colui, ch'al legno suo non spiega il seno,
38.7mentr'egli ha 'l porto a man sinistra e destra,
38.8e l'aura de la vita ancor gli è destra.
39.1Come avrian posto al nostro nascimento
39.2necessità d'amor natura e Dio,
39.3se quel soave suo dolce concento,
39.4che piace sì, fosse malvagio e rio?
39.5Se per girar il sole, ir vago il vento,
39.6in su la fiamma, al chin correre il rio,
39.7non si pecca da lor, né voi peccate,
39.8quando 'l piacer, per cui si nasce, amate.
40.1Mirate quando Febo a noi ritorna,
40.2e fa le piaggie verdi e colorite:
40.3se dove avolger possa le sue corna
40.4e sé fermar, non ha ciascuna vite,
40.5essa giace e 'l giardin non se n'adorna,
40.6né 'l frutto suo né l'ombre son gradite;
40.7ma quando ad olmo od oppio alta s'appoggia,
40.8cresce feconda e per sole e per pioggia.
41.1Pasce la pastorella i verdi campi,
41.2e sente il suo monton cozzar vicino;
41.3ondeggia e par ch'in mezzo l'acque avampi
41.4con la sua amata il veloce delfino;
41.5per tutto, ove 'l terren d'ombra si stampi,
41.6sosten due rondinelle un faggio, un pino:
41.7e voi pur piace in disusate tempre
41.8viver solinghe e scompagnate sempre.
42.1Che giova posseder cittadi e regni,
42.2e palagi abitar d'alto lavoro,
42.3e servi intorno aver d'imperio degni
42.4e l'arche gravi per molto tesoro,
42.5esser cantate da sublimi ingegni,
42.6di porpora vestir, mangiar in oro,
42.7e di bellezza pareggiar il sole,
42.8giacendo poi nel letto fredde e sole?
43.1Ma che non giova aver fedeli amanti,
43.2e con loro partire ogni pensero,
43.3i desir, le paure, i risi, i pianti,
43.4e l'ira e la speranza, e 'l falso e 'l vero;
43.5et or con opre care, or con sembianti
43.6il grave de la vita far leggero,
43.7e sé, di rozze in atto e 'n pensier vili,
43.8sovra l'uso mondan scorte e gentili?
44.1Quanto esser vi dee caro un uom, che brami
44.2la vostra molto più che la sua gioia?
44.3Ch'altro che 'l nome vostro unqua non chiami?
44.4Che sol pensando in voi tempri ogni noia?
44.5Che più che 'l mondo in un vi tema et ami?
44.6Che spesso in voi si viva, in sé si moia?
44.7Che le vostre tranquille e pure luci
44.8del suo corso mortal segua per duci?
45.1O quanto è dolce, perch'Amor la stringa,
45.2talor sentirsi un'alma venir meno;
45.3saper come duo volti un sol depinga
45.4color, come due voglie regga un freno,
45.5come un bel ghiaccio ad arder si constringa,
45.6come un torbido ciel torni sereno,
45.7e come non so che si bea con gli occhi,
45.8perché sempre di gioia il cor trabbocchi.
46.1Puossi morta chiamar quella, di cui
46.2face d'Amor nessun pensero accende,
46.3né dice: che son io, lassa? che fui?
46.4né giova al mondo, e se medesma offende;
46.5né si ten cara, né vol darsi a lui,
46.6che già molt'anni sol un giorno attende;
46.7né sa, con l'alma ne la fronte expressa,
46.8altrui cercar e ritrovar se stessa.
47.1Però che voi non sete cosa integra,
47.2né noi, ma è ciascun del tutto il mezzo:
47.3Amor è quello poi, che ne rintegra
47.4e lega e strigne come chiodo al mezzo;
47.5onde ogni parte in tanto si rallegra,
47.6che suoi diletti e gioie non han mezzo:
47.7e s'uom durasse molto in tale stato,
47.8compitamente diverria beato.
48.1Così voi vi trovate, altrui cercando,
48.2e fate nel trovar paghe e felici.
48.3Dunque perché di voi ponete in bando
48.4Amor, se son di tanto ben radici
48.5le sue quadrella? or danno in guerreggiando
48.6qual maggior posson farvi alti nemici,
48.7che torvi il regno? e questo assai più vale:
48.8e voi lo vi togliete, e non vi cale.
49.1Ond'io vi do sano e fedel consiglio:
49.2non vi torca dal ver falsa vaghezza:
49.3se non si coglie, come rosa o giglio,
49.4cade da sé la vostra alma bellezza;
49.5ven poi, canuta il crin, severa il ciglio,
49.6la faticosa e debile vecchiezza,
49.7e vi dimostra per acerba prova,
49.8che 'l pentirsi da sezzo nulla giova.
50.1Ancor direi; ma temo, non tal volta
50.2vi gravi il lungo udire; oltra ch'io vedo
50.3questa selva d'Amor farsi più folta,
50.4quant'io parlando più sfrondar la credo.
50.5Dunque vostra mercé, che sempre è molta,
50.6darete agli oratori omai congedo.
50.7L'altro, ch'a dir rimane, essi diranno,
50.8quando la lingua vostra appresa aranno.
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