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1.1Io tenea per pietate il volto basso,
1.2odendo il pianto de quel gran sapiente,
1.3ch'arebbe intenerito un duro sasso.
1.4E turbato così me avea la mente,
1.5ch'io desïava alora infra me stesso
1.6da quel luoco esser diece miglia assente,
1.7ché per quel pianto suo cognobbi espresso
1.8nostra miseria, la qual m'era ignota
1.9per fine alora ch'io parlai con esso.
1.10Viveva inanti con la mente vota
1.11di tal passione, e una incurabil doglia
1.12l'animo nuoce men quanto è men nota.
1.13Così cangiato donque aspetto e voglia,
1.14pensava tristo sopra nostra vita
1.15frale e caduca come secca foglia:
1.16da tanto mal vedendola impedita,
1.17m'era il viver alor quasi molesto
1.18e pensava di far indi partita.
1.19Ma il saggio con aspetto manco mesto,
1.20poi che cognobbe in me tanta tristezza,
1.21a confortarmi fu prudente e presto,
1.22e cominciò: – Figliol, chi troppo aprezza
1.23questa vita mortal, ha veder corto,
1.24né meno è cieco quel chi la disprezza,
1.25ché a Dio farebbe e a la Natura torto
1.26di qui partirsi senza lor volere,
1.27in quel fondando tutto il suo conforto;
1.28ché 'l servo debbe aver sempre in piacere
1.29quel che piace al signor, però cercare
1.30non debbe alcun la morte né temere,
1.31ma vorebbe ciascun considerare
1.32a che fin qui nel mondo fu creato
1.33e i ricchi don del ciel mal non usare.
1.34Se 'l mondo de gli uman fusse privato,
1.35quale altro animale è ch'abbia iudizio
1.36de cognoscere il ben che 'l ciel gli ha dato?
1.37Quale altro scerne la virtù dal vizio,
1.38eccetto l'uom? Dunque egli è creatura
1.39eletta sola a così magno offizio,
1.40nata a contemplar l'opre di Natura
1.41e a cognoscer come il gran Rettore
1.42governa il mondo con mirabil cura.
1.43Vedese il sole col suo gran splendore
1.44illuminar la terra e l'auree stelle
1.45e il tutto nascer per il suo calore,
1.46e tante varie cose e tante belle,
1.47che Dio ne mostra sol per farne fede
1.48de la potenza sua, mirando in quelle.
1.49Se l'uom per vero effetto questo vede,
1.50perché non usa donque de l'ingegno
1.51a questo fin pel qual Dio gliel concede?
1.52Da qui il mio pianto nasce e il pio sdegno:
1.53che i cieli con le sue bellezze eterne
1.54narran la gloria del celeste regno,
1.55e raro ochio mortal questo discerne,
1.56ma fonda sua speranza in ben terreni
1.57e le cose del ciel non cura e sperne,
1.58anzi da la virtù son sì alïeni
1.59gli umani spesso che tu iuraresti
1.60de spiriti bestial tutti esser pieni.
1.61Quello uno asino par in ne' suoi gesti,
1.62inetto, duro e senza discrezione,
1.63e un atto in lui moral non trovaresti;
1.64quell'altro altiero va come un leone,
1.65iracondo, leger, bizarro e forte
1.66e periglioso a star fra le persone,
1.67e è bestia furiosa di tal sorte,
1.68ch'ognuno fuge la sua compagnia
1.69e praticarlo è un praticar con morte;
1.70quell'altro è poi una fallace arpia
1.71che aspetto ha umano e molto grato viso,
1.72il busto è fera venenosa e ria:
1.73perfido è questo e con un finto riso
1.74cerca ingannarte e, poi che arà il suo intento,
1.75di te non cura se ben fusti occiso.
1.76Ahi, mostro orrendo, al mondo è gran portento
1.77portar l'umanità solo nel volto,
1.78il resto bestia piena di spavento!
1.79Quell'altro poi, qual sta nel bosco folto
1.80come lupo rapace e sanguinoso,
1.81ch'al peregrin la robba e vita ha tolto,
1.82non è costui uno animal rabioso,
1.83carnifice crudele e irrazionale
1.84e in una umana veste un lupo ascoso?
1.85Ahimè, figliol, ché quasi ogni mortale
1.86vedo portar rechiuso dentro il petto
1.87il spirito d'alcun bruto animale,
1.88quale impedisse tanto l'intelletto,
1.89che, ben che sia ragion suo vero istinto,
1.90più non ha luoco nel suo rio concetto,
1.91l'animo ha tanto da tal furia vinto –.
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