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1.1Fatto silenzio la sua sacra bocca,
1.2per man mi prese e m'introdusse seco
1.3nel più secreto de l'angusta rocca,
1.4ch'era nel sasso un piccolletto speco,
1.5dove l'assidue lacrime spargeva
1.6quel venerando e sapïente greco.
1.7Qui d'ogni disciplina libri aveva,
1.8umidi e guasti dal continuo pianto
1.9che fuor de gli occhi tristi gli pioveva.
1.10Ivi era ancora pur ne l'antro santo
1.11s'una marmorea lastra un teschio umano
1.12e una sedia poi a canto a canto;
1.13e qui, sempre tenendomi per mano,
1.14menommi e a Dianeo revolto disse:
1.15– Sedian qui un puoco e non vi paia strano –.
1.16E tenendo sue luce in le mie fisse,
1.17incominciava: – Forsi un atto altiero
1.18ti parve perché presto io non te aprisse;
1.19non s'entra, figliol mio, sì de legero
1.20in questo piccol mondo mio, del quale
1.21io mi contento qual del tutto intiero,
1.22perché dove è men turba è manco male.
1.23Son vari i volti, come veder dèi,
1.24e l'opinione varie e inequale:
1.25a vita solitaria io non me dei
1.26per aver poi comerzio de la gente
1.27che augumentasse li singulti mei.
1.28Non è più pena a una purgata mente
1.29che la conversazïon d'un rude ingegno
1.30per la proporzïone inconveniente;
1.31e per darte di ciò più aperto segno,
1.32se due cìtare senti discordante,
1.33noce a le orecchie e par noci anche al legno,
1.34ché la bona, che bona parea avante,
1.35quando ambe sonan, non te par più dessa,
1.36e nondimeno in sé fia pur prestante.
1.37Ma poi che la venuta t'è concessa
1.38nel parvo ospizio, creder degio certo
1.39che 'l ciel nol facia senza causa espressa:
1.40però con paternal amor te ho aperto
1.41e la causa del pianto sentirai
1.42ch'io spando sempre in questo mio deserto.
1.43Il dì che a lacrimare io cominciai,
1.44se celebravan gli olimpiaci giochi
1.45dove per sorte mia me ritrovai:
1.46da certi palchi e eminenti luochi
1.47li innumerabil populi mirava
1.48che morte forsi in breve ha fatto puochi,
1.49e con la mente mia così parlava:
1.50– O stato uman che sei qual fumo al vento,
1.51quanto la tua infelicità me aggrava!
1.52La turba qual fa qui sì gran convento,
1.53cui numer quasi lo amplo luoco eccede,
1.54tutta può estinguer morte in un momento.
1.55E qual è chi gli pensa e chi sel crede?
1.56Questo animal sol nato a contemplare,
1.57ha sempre morte a' fianchi e non la vede –.
1.58Carità alor me strinse a lacrimare,
1.59vedendo nostra fragil condizione
1.60qual debil barca in tempestuoso mare.
1.61Fra tante innumerabile persone,
1.62sì gli eccellenti spirti erano rari,
1.63che duol ne presi a un tratto e ammirazione.
1.64Ma più se fecer mei suspiri amari,
1.65ahimè, ch'io dubitai che la Natura
1.66gli altri animali avesse assai più cari,
1.67ché non nasce sì abietta creatura,
1.68che non glie insegni questa matre immensa
1.69reger sua vita con mirabil cura:
1.70ma a l'uomo non, ché rare volte pensa
1.71che ragion sia so natural istinto
1.72e il più del tempo in mal oprar despensa.
1.73Se bene in forma umana è fuor depinto,
1.74spesso è poi dentro bestia sì nociva,
1.75che non fu pegior quella in laberinto:
1.76non credo più malvagia fera viva
1.77che l'uomo bestïale e senza freno,
1.78ch'abbia la mente sua de virtù priva.
1.79Però con tal pensier dolente in seno
1.80in questo solitario luoco ascesi
1.81de caritate e de suspiri pieno,
1.82e per compagno questo teschio io presi,
1.83che reducesse a la memoria mia
1.84il viver vero e i giorni mei mal spesi.
1.85Questo mi fa cognoscer quel ch'io sia:
1.86tacendo, meco parla alcuna fiata
1.87e dice: – Mira al fin che di te fia;
1.88mira il principio e de che fu creata
1.89tua forma e quanto è tua speranza vana,
1.90sopra cose mortal siando fondata –,
1.91e piango seco la miseria umana –.
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