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1.1– Per far che sii del stato mio più certo
1.2e più che non domandi satisfarte,
1.3ché spontaneo servizio ha magior merto,
1.4voglio che sappi ancor da me in qual parte
1.5io nato sia e, senza me se sali
1.6questo alto colle, in vano affaticarte.
1.7Le mente de voi miseri mortali
1.8sono le stanze dove io fui creato
1.9e dove prese forma e le grande ali;
1.10de queste sacre penne io fui dotato
1.11non per servir al vulgo ignaro e basso,
1.12ma ad ogni spirto degno e elevato;
1.13però se ascender vuoi su l'alto sasso,
1.14non anderai per questo alpestre calle,
1.15ch'a piè montando, remaresti lasso,
1.16ma nave ti farò de le mie spalle
1.17e l'ale mie seran securi remi
1.18per navigar fuor di questa ampla valle;
1.19e porterotti ai luochi più supremi
1.20di questo arduo colle in un momento,
1.21né de periglio alcun convien che temi –.
1.22Cessando alora in me tutto il spavento,
1.23fermai la mente mia, come se vede
1.24fermar le foglie quando cessa il vento.
1.25Così di lui pigliando vera fede,
1.26securo ascesi sopra le sue rene,
1.27ché a noia m'era già l'andare a piede.
1.28Poi che le membra mie grave e terrene
1.29io vidi alzare subito tanto alto,
1.30de le mie brazze al col glie fei catene
1.31e, dubiando cader sul duro smalto,
1.32glie disse: – Icaro già per troppo alzarse
1.33dié nome al mar col ruinoso salto –.
1.34Quando ei sentì mio detto e abraciarse,
1.35disse: – Non dubitar, ché le mie penne
1.36non fian dal sole liquefatte e arse.
1.37Se Icaro la via sua troppo alto tenne,
1.38io non eccederò l'eccelso monte
1.39e a noi non avverrà ch'a lui avvenne.
1.40Qui Eraclito vedrai con mesta fronte,
1.41qui vederai le lacrime pietose
1.42che inanti a' piedi suoi gli fanno un fonte –.
1.43Così il timor in tutto al fin depose
1.44e tal piacer prendea per l'aere errando,
1.45ch'io smenticava tutte le altre cose.
1.46Dimme, lettor, se t'aricordi quando
1.47Ogniro vien da' populi cimeri,
1.48per quella porta eburnea passando
1.49con le gran squadre de' suoi somnî neri,
1.50e pare a te volar con gran diletto,
1.51e questi somnî giuraresti veri:
1.52tal piacer prendeva io nel mio concetto,
1.53fin che Dianeo mi pose in su la cima
1.54di quello arduo monte al ciel eretto.
1.55Era quel luoco ove me fermai prima
1.56un piano intorno al piccolletto ostello
1.57in la parte del monte più sublima,
1.58per arte non, ma per natura bello,
1.59con vista sì espedita e tanto grata,
1.60che mai per contemplar fu paro a quello.
1.61Del tugurietto ne la prima intrata,
1.62sopra de l'arco de l'angusta porta,
1.63era una pietra a littere intagliata,
1.64e dimandai a la mia fida scorta
1.65de la scrittura mi facesse chiaro,
1.66che 'l tempo quasi avea corrosa e morta.
1.67Qual non mi fu de la risposta avaro
1.68e disse a me: – Secondo il mio iudizio,
1.69epitafio fu questo a un uom preclaro;
1.70guasto l'han gli anni e solo un breve inizio
1.71se lege, né però per quello ancora
1.72se può ben del suo nome aver indizio.
1.73Il saggio che qua dentro fa dimora,
1.74per memoria a chi 'l vede qui già il pose,
1.75ché morte i nomi e i sassi ancor divora –.
1.76Poi che Dianeo a me così rispose,
1.77satisfatto e pensoso alor restai
1.78come chi sente triste e vere cose;
1.79e così stando, a destra mi voltai
1.80e vide un rivo che di casa usciva
1.81di colui che suol pianger nostri guai:
1.82chiara era l'acqua, tremolante e viva,
1.83per le pietre stillando tanto bella,
1.84che il sguardo non offeso al fondo giva.
1.85Essendo io donque aprossimato a quella,
1.86a bever me chinai del bel liquore
1.87facendo de la mano mia scutella,
1.88ma tanto amar mi parve il suo sapore
1.89e differente il gusto sì a la vista,
1.90che, contentato l'ochio del colore,
1.91restò del gusto la mia bocca trista.
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