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1.1Con piacer grande e pien di maraviglia
1.2nel viso de quel sagio io stava intento,
1.3quando cridando disse: – Alza le ciglia,
1.4ché ben sarebbe fuor de sentimento
1.5chi non ridesse de sì gran pazzia,
1.6come tu vederai se stai attento –.
1.7Ecco venir alor per una via
1.8gente con lumi in mano in longa schiera,
1.9cantando una sua strana melodia;
1.10e un cataletto poi dreto a quelli era,
1.11dove un uman cadavero iaceva
1.12portato con gran pianti e molta cera.
1.13Ridendo alor Democrito diceva:
1.14– Fatiglie lume a ciò che non cadesse
1.15o qualche gran percossa non receva.
1.16Ah! ah! qual è colui che non ridesse?
1.17Chi piange qua, chi canta: o sciocca gente,
1.18chi è quel che tanta varietà intendesse?
1.19Se pur con l'opre sue questo è eccellente,
1.20a che pianti, a che lumi e pompe vane?
1.21Ben fia l'anima sua per sé lucente.
1.22Oh, quante inane son le glorie umane!
1.23Queste vostre marmoree sepulture
1.24son stanze al fin de vermi e bestie strane:
1.25a che tanti trofei, tante pitture,
1.26per ornar tal cadaver che vivendo
1.27fu forsi pien de vizi e de bruture?
1.28Pochi animali sono che morendo
1.29abiano il corpo suo più vile e osceno
1.30che quel de l'omo né che sia più orrendo,
1.31però, pazzi, scondetelo nel seno
1.32a nostra antiqua matre, né più bello
1.33coperchio se può aver che 'l ciel sereno.
1.34Natura a noi nostro terreno ostello
1.35nudo cel dette e senza pompa alcuna,
1.36e però nudo a lei tornàngli quello.
1.37Ah! ah! alcun non è sotto la luna
1.38che sempre una pazzia non abia seco,
1.39e sagio è quello il qual no'n'ha più d'una.
1.40Però de questo mondo io rido meco,
1.41ché chi resguarda tutta nostra vita
1.42e che non rida, certo è pazzo o ceco.
1.43Quello se tien per la sua età fiorita
1.44superbo e vano come fa il pavone
1.45e stima aver in lui beltà infinita;
1.46quell'altro poi il reputa un garzone
1.47e de lui ride e tiense assai più accorto,
1.48ch'ognun di sé sempre ha bona opinione:
1.49e così questo mondo è proprio un orto
1.50de fiori, qual tutti hanno il suo odore,
1.51del qual ne prende ognun qualche conforto,
1.52anzi ben spesso pur mortal dolore:
1.53sopra tutti che vive con suspetto,
1.54che non è, credo, servitù magiore:
1.55come è un signor con tante cure in petto,
1.56che d'ognun teme e, signoria cercando,
1.57se trova più de gli altri esser subietto.
1.58E come credi alor ch'io rida, quando
1.59il vedo circundar da la milizia
1.60de' suoi soldati come un uom nefando,
1.61che par voglian menarlo a la iustizia,
1.62tanti ne ha intorno? e lui superbo e altiero,
1.63gonfio non di saper, ma de stultizia,
1.64sta, per farse onorar, con viso austero,
1.65e forse teme più quel ch'ha più presso,
1.66ben che nel volto voglia parer fero,
1.67a pena che se fidi de se stesso,
1.68sì ch'io credo che un uom d'un umil stato
1.69fra sé medesmo se desidri spesso.
1.70De tanti adulator ch'ha sempre a lato,
1.71forse più parte lo vorria vedere
1.72destrutto e in mille pezzi lacerato.
1.73Or pensa, figliol mio, che gran piacere
1.74e qual vita quïeta aver può questo,
1.75temendo morte fin sopra il tagliere.
1.76E qual dolore a l'uomo è più molesto,
1.77trovarse servo chi esser signor crede?
1.78Chi nol comprende è stulto manifesto.
1.79Che giova star ne la superba sede,
1.80rocche fondar e eccellente mura,
1.81fragile essendo l'uom come se vede?
1.82A che, pazzi, cercar con tanta cura
1.83pompe, regni, tesori, umane glorie,
1.84se morte e il tempo edace il tutto fura?
1.85De quanti son disperse le memorie,
1.86ch'ebbeno monarchia de molti regni
1.87e tante innumerabile vittorie!
1.88Mira che han fatto al fin quei sciocchi ingegni:
1.89un grave e longo affanno han sempre auto
1.90chiuso nel cuore pien de van disegni
1.91e, come vedi, il tempo hanno perduto –.
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