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1.1Per vergogna era in viso ancora acceso
1.2quando il savio il parlar ebbe finito,
1.3col qual con gli altri pazzi io fui represo.
1.4Vedendome restar a tal partito,
1.5in me cognobe manifesto errore,
1.6ché 'l volto accusa il cor quando ha fallito:
1.7però me disse alora: – Il tuo colore
1.8mostra che 'l mio parlar, se ben comprendo,
1.9in qualche parte t'abia punto il core.
1.10Se col mio rider la tua mente offendo,
1.11dime in che modo, e non te fia descaro
1.12qualche cosa imparar ben che ridendo,
1.13perché da me tu serai fatto chiaro
1.14che lo intenso mio riso è con ragione,
1.15vedendo il mondan fango a ognun sì caro –.
1.16Alor glie descopersi la cagione
1.17ch'io era per vergogna un foco in viso,
1.18perché già fui d'Amor anch'io pregione.
1.19Response lui con un modesto riso:
1.20– S'io biasimasse Amor, io farei male,
1.21ché Amor primo già nacque in paradiso.
1.22Rido de questo vostro amor mortale,
1.23ch'essendo infamia e danno, è ditto dio
1.24e dato gli hanno l'ale, el fuoco e il strale;
1.25fascino è questo e un bestial desio,
1.26anzi nel cuore umano un cieco foco
1.27che in fumo ogni virtù scazza e in oblio.
1.28Da beltà carnal nasce e dura poco,
1.29ché quella causa da la qual procede
1.30in breve se corrumpe e muta loco,
1.31ma quello Amor gentil che 'l tutto eccede,
1.32acceso per virtù d'un'alma eletta,
1.33nel cielo ha posto la sua prima sede;
1.34e la causa è immortale e pura e netta
1.35da la qual vene, e però eterno dura
1.36quel vero amor che un gentil cor diletta.
1.37Vechiezza o morte con sua falce dura
1.38a una pura alma la sua gran chiarezza
1.39anichilar non puon, né puon far scura;
1.40ma questa fragile e carnal bellezza,
1.41quale da' pazzi è tanto desiata,
1.42morte o Fortuna facilmente spezza:
1.43però di questa gente sì insensata
1.44rido, ché tanto stenta acquistar cosa
1.45che quasi è persa pria che guadagnata.
1.46Se un'anima preclara e virtüosa
1.47ami, figliolo, per piacere a lei
1.48ogni opra tua fia degna e glorïosa,
1.49ché quando inanti a sua presenza sei,
1.50pria moriresti che far cosa mai
1.51degna di biasmo dove sia costei;
1.52ma quel simplice pazzo che audito hai
1.53de la sua amica lamentar sì forte,
1.54ama sol del bel viso i chiari rai,
1.55e quello amor bestiale è di tal sorte
1.56che per aver quella sua cara amante
1.57ruinerebe la celeste corte.
1.58E che ama al fin quel simplice ignorante?
1.59Un fascio d'osse chiuse in carnal veste,
1.60qual temerebe averle nude avante:
1.61non sa il sciocco garzon che quelle teste
1.62prive de carn'è: orribile sì in vista
1.63che simel dentro la sua ninfa è a queste.
1.64Ah! ah! com'è possibil ch'io desista
1.65de rider, poi che questi pazzi vedo
1.66con tanto ardor amar cosa sì trista? –.
1.67E poi si volse e a me disse: – Credo
1.68che cieco tu non sii tanto di mente,
1.69che stii sumerso in questo error sì fedo;
1.70e se la gioventù lieta e fervente
1.71vanegiar t'ha già fatto, io tengo certo
1.72che non te offende il rider mio presente.
1.73Alora l'angel mio, di me più esperto,
1.74rispose a lui: – Democrito mio degno,
1.75a me il suo cuor è sempre stato aperto:
1.76io l'ho condutto qua nel santo regno
1.77al chiaro fonte de la sacra diva,
1.78per purgar e alzar suo basso ingegno.
1.79Prima sua compagnia sempre fugiva,
1.80mentre ch'io il vidi errar fra il vulgo basso,
1.81fra quella turba d'ogni virtù priva,
1.82ma poi che in ver il monte piegò il passo
1.83e prese quel sentier ch'al ben ne invia,
1.84gli apparvi e qui il guidai de passo in passo;
1.85e però sotto la custodia mia
1.86te osserva e il riso tuo non glie par strano,
1.87anzi ridirà teco in compagnia –.
1.88Alor il sagio, vòlto in ver il piano,
1.89tornò a rider con riso più disciolto,
1.90tenendome però sempre per mano,
1.91cridando forte: – Oh, populazzo stolto! –.
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