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1.1Assicurato da quel santo dire
1.2del mio tutor, tanto me feci avanti
1.3ch'io poteva il parlar dei sagi audire,
1.4quali in circulo stavan tutti quanti:
1.5del cerchio il centro era un che ne lo aspetto
1.6greco me parve a l'abito e sembianti;
1.7suo ragionar questo era e il suo subietto:
1.8se l'anima è immortale o morte pate,
1.9o se pur sol del mondo è un intelletto
1.10o ver se son sustanze separate,
1.11se idee sono in nel Motore eterno,
1.12se furno sempre o con corpi create.
1.13Ma il mio rettor ch'avea di me il governo,
1.14a quel parlar vedendomi sì attento
1.15ch'era tanto alto e a nostra patria esterno,
1.16disse: – La nave del tuo sentimento
1.17piccola è a navigar in sì gran mare,
1.18ché se sumergeria per poco vento.
1.19La scienza qual convene a te imparare
1.20è questa: de cognoscer ben te stesso
1.21e come il ben mondan se debia amare,
1.22né te fia poco don dal ciel concesso
1.23se 'l potrai far, perché è assai granda impresa,
1.24ché l'uom se inganna in un suo fatto spesso –.
1.25Non feci alor alcuna altra contesa
1.26contra recordi suoi pieni de amore,
1.27da poi ch'io ebbi sua sentenza intesa,
1.28ché l'uom de' iudicare il suo valore
1.29e portar salma su le spalle poi
1.30che de le forze sue non sia magiore.
1.31E così se partissemo ambidoi
1.32dal divin Plato e da sua magna scola,
1.33che da lor non fu visto alcun di noi,
1.34tanto eran quelli attenti a sua parola,
1.35ratti da un suavissimo pensiero
1.36ch'ogni elevato ingegno e mente invola.
1.37Era il cortile un iusto quadro vero
1.38del gran palagio a loge aperte intorno,
1.39come i chiostri vedian d'un monastero,
1.40de collone zafiree tutto adorno
1.41con capitelli sculti in cotal fogia,
1.42ch'ogni altro parangon ne arebbe scorno;
1.43il parapetto poi, dove se apogia
1.44chi vaghegiar desia quell'ampla corte,
1.45pur stando sotto la eccellente logia,
1.46fabricato è de pietra di tal sorte
1.47lucida ch'io vedeva mia figura
1.48sì natural che ancor stupisco forte.
1.49Qui di me cominciai aver più cura,
1.50poi che nel fido spechio ebbi mirato
1.51e cognobi che 'l tempo il tutto fura
1.52vedendo il viso mio così cangiato,
1.53ché fanciul poco avanti io parea ancora
1.54e in poco spazio effigie aver mutato:
1.55cognobi il tempo, ch'ogni ben divora,
1.56far come fa un signor che a' servi dona
1.57un dono, poi gliel toglie in poco d'ora.
1.58Se 'l tempo favorisse una persona
1.59mandandoli la vaga gioventute,
1.60ogni favore in breve l'abandona:
1.61i giorni al fine e l'ore son perdute,
1.62chi ben resguarda tutta nostra vita,
1.63se non se spendeno a acquistar virtute.
1.64In mezzo de la piazza ampla e espedita
1.65sono doi fonti, la cui gran chiarezza
1.66ognuno che qua vene a bere invita:
1.67sopra la cima ne la prima altezza
1.68del vase qual in sé l'onda receve,
1.69una matrona sta di gran bellezza
1.70d'un marmor sculta bianco come neve
1.71e da sue belle mamme escon quel'acque
1.72de i chiari fonti con mormorio leve,
1.73la cui chiarezza a l'ochio mio sì piacque
1.74che ber me fece, e poi ch'ebbi bevuto,
1.75non fui sì consolato da ch'io nacque.
1.76D'ogni vil cura fui così soluto
1.77per la virtù de quel liquor celeste,
1.78che senza prova non l'arei creduto;
1.79e come suol cangiar le spurche veste
1.80l'afflitto artese quando il tempo vene
1.81de farse bello e reposar le feste,
1.82così de le mie voglie ansie e terrene
1.83e la mia mente e il tristo cuor spogliai,
1.84per fruire in reposo tanto bene.
1.85Al fine a la mia guida adimandai
1.86ch'era la imagin che dal bianco seno
1.87spargeva il liquor dolce ch'io gustai.
1.88Qual me respose con viso sereno:
1.89– Questa è Filosofia, che co'i doi rivi
1.90adacqua tutto questo loco ameno,
1.91che 'l nutrimento sporge a questi divi –.
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