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1.1Sì come can che assalta sul sentiero
1.2il stanco peregrino a l'improviso
1.3nel primo assalto impetüoso e fiero,
1.4e se poi trova che glie mostri il viso,
1.5retorna voluntieri in sua magione,
1.6l'altro revolge la paura in riso,
1.7così da noi se partì poi Timone
1.8senza farne più motto o impedimento,
1.9inteso quello angelico sermone.
1.10Io, che già descaciato avea il spavento
1.11e de saper chi egli era avea desio
1.12e la cagion di questo movimento,
1.13me volsi e dimandai al duca mio
1.14chi fusse e come in lui era nasciuta
1.15questa ria voglia fuor d'ogni atto pio.
1.16E ello a me: – Colei che i stati muta
1.17a voi mortali e instabil fa ogni cosa
1.18e spesso i boni scacia e ' tristi aiuta,
1.19che calva è dreto e in fronte capillosa,
1.20a lui fu prima placida e cortese,
1.21ma scortese a la fin troppo e retrosa.
1.22Patrizio era costui atenïese,
1.23splendido, liberal, pronto a servire
1.24gli amici, per li quali il tutto spese;
1.25vedendose per questo impoverire,
1.26chiedea da loro poi tal volta aiuto
1.27ch'al caso suo volesser suvvenire,
1.28ma al fin trovava ognuno sordo e muto
1.29a' preghi suoi, non ne facendo stima
1.30come se mai l'avesser più veduto;
1.31questo al cor fugli sì mordace lima
1.32che le precordie sue sì glie destrusse
1.33ch'el cangiò tutto da quel ch'era prima:
1.34carità in lui estinse e poi glie indusse
1.35un odio inestinguibil dentro il petto,
1.36qual credo del suo esilio cagion fusse;
1.37venegli ogni mortal tanto in despetto
1.38che 'l nome d'uomo sol glie facea orrore,
1.39più in odio avendo chi gli fu più accetto.
1.40Cridava spesso: – O animal pegiore
1.41e più crudel che alcuna fera in bosco,
1.42quanto ben ti starebbe in fronte il core!
1.43La tua perfidia ch'or tardi cognosco
1.44in el tuo volto cognosciuto arei
1.45e il mel che in bocca avevi e in seno il tosco.
1.46Gli animal tutti quanto son più rei,
1.47almeno in selve solitarie stanno,
1.48ma tu pegior sempre presente sei.
1.49Da qual bestia crudel vien magior danno
1.50che da l'un uomo a l'altro? e da qual fonte
1.51sorge nel mondo più travagli e affanno?
1.52Tu le fere persegui in piano e in monte
1.53e ne le selve, e i pesci in gli alti mari,
1.54e ne l'aer a gli augei ancor fai onte;
1.55tu con pensieri tuoi ardenti e avari,
1.56a le crude rapine sempre desti,
1.57l'umana prole insidi e a' tuoi più cari,
1.58e giorni e notte sempre altrui molesti;
1.59e per aver d'alcun la ricca spoglia,
1.60non solamente un uom, Dio tradiresti.
1.61Mai non è sazia la tua ingorda voglia:
1.62tua vita è d'altri morte; o sanguinoso
1.63qual lupo che sue fauce in sangue moglia,
1.64e poi credi, bestial presuntüoso,
1.65ch'al tuo servizio il tutto sia creato
1.66e per salute tua e per tuo riposo.
1.67Duolmi assai d'esser de tua spezie nato,
1.68ché de lo ingegno forsi serei privo,
1.69il qual per magior male al fine è dato,
1.70per far che mentre al mondo l'uom sta vivo
1.71sempre sia afflitto da un dolor interno
1.72qual sia pensando e al tempo fugitivo;
1.73il tuo consorzio mai state né verno,
1.74né in alcuno altro tempo avere intendo:
1.75tuo nemico esser voglio in sempiterno
1.76e in te il mio iusto sdegno andrà crescendo,
1.77de giorno in giorno tua perfidia estrema
1.78per esperienza crescer cognoscendo –.
1.79Sempre fu de Timon poi questo il tema,
1.80odiare e lacerare ogni mortale:
1.81pargli che col mal dire il suo mal scema –.
1.82E io a lui: – Donque condutto a tale
1.83l'ha sua bontate il povero infelice?
1.84Ben tolerar se può ch'el dica male,
1.85ch'al giocator che perde par che lice
1.86il biastemar, se non chi sta a vedere,
1.87che spesso gli ha robati i dinar dice.
1.88Difficil cosa è perdere e tacere,
1.89sì che non è miracol che costui
1.90sia fuor di sé né voglia alcun vedere,
1.91ché molto importa dir chi son, chi fui –.
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