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Canto duodecimo

Rinaldo

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1.1Quegli, il parlar del paladino inteso,
1.2non dimostrossi a l'ubbedir ritroso,
1.3ma da terra levando il capo offeso,
1.4ch'era di sangue caldo e rugiadoso,
1.5su la destra appoggiò l'infermo peso,
1.6e con l'altra il sanguigno e polveroso
1.7volto fe' mondo; indi la voce e 'l guardo
1.8debil rivolse al cavalier gagliardo:
2.1— Signor, convien che d'alto al mio sermone
2.2principio dia, per sodisfarvi in tutto.
2.3Il gran Mambrin ch'a l'Asia legge impone,
2.4or sospinto d'Amor s'è qui condutto,
2.5e seco ha mille legni e di persone
2.6stuol grosso e forte ad ogni pugna instrutto,
2.7per far poi di Clarice intero acquisto,
2.8ch'acceso n'è, né 'l volto ancor n'ha visto.
3.1Oltra di ciò, di vendicarsi brama
3.2contra un guerriero, il qual Rinaldo è detto,
3.3perché gli tolse in mare una sua dama,
3.4lo stuol forzando a la sua guarda eletto;
3.5e poi tre suoi fratei d'illustre fama
3.6gli uccise ancor con inimico affetto.
3.7Già son più dì che 'l re da' legni scese,
3.8e 'l più vicino porto a forza prese.
4.1E con molti de' suoi scorse nascoso
4.2sin a Parigi, e tal fu sua ventura,
4.3che Clarice trovò ch'in dilettoso
4.4prato godeasi l'ombra e la verdura;
4.5quivi ardì di rapirla, a chi foss'oso
4.6di contradir dando morte aspra e dura;
4.7ed or al maggior passo egli camina
4.8ver' l'armata ch'è quinci assai vicina.
5.1Ma passando di qua questo guerriero
5.2vide, che fêa di sé superba mostra,
5.3e impose a noi che tosto ei prigioniero
5.4fosse condutto infra la gente nostra:
5.5ma troppo forte fu, troppo fu fiero,
5.6e troppo a tempo l'alta aita vostra. —
5.7Così disse il ferito e poi si tacque,
5.8e qual prima disteso in terra giacque.
6.1Si sente il petto a quel parlar trafitto
6.2Rinaldo, e per dolor fremendo geme;
6.3s'accoglie il sangue intorno il core afflitto,
6.4e fredde lascia l'altre parti estreme.
6.5Par quasi omai ch'ei non si regga dritto,
6.6e così avien ch'ogni suo membro treme,
6.7come suol tremolar l'onda talora
6.8cui lieve increspi molle e placid'ora.
7.1Poi, rosso il volto e torbido il sembiante,
7.2con fero, irato e minaccievol guardo,
7.3e spesso nel girar sì fiammeggiante
7.4che di Giove parea l'acceso dardo,
7.5chiede aita a Florindo; e ne l'istante
7.6medesmo verso 'l mar sprona Baiardo,
7.7e l'indirizza al più vicino porto
7.8per lo sentier ch'è più spedito e corto.
8.1Non così in terra, in mar o 'n ciel giamai
8.2cervo, delfino o partica saetta
8.3corse, notò, volò ratto, ch'assai
8.4non sia maggior de' cavalier la fretta:
8.5già per gran spazio è dilungata omai
8.6dal luogo onde partì la coppia eletta,
8.7ma pare al lor desir pur troppo lento
8.8ogni destrier, benché rassembri un vento.
9.1Tu sospesi per l'aria ir gli diresti,
9.2or chini e bassi, or alti e 'n su drizzati;
9.3né dimora né requie in lor vedresti,
9.4né pur i calli dai lor piè segnati.
9.5Fuman le membra sotto i colpi infesti
9.6che dagli sproni ognor son raddoppiati;
9.7i petti di sudor, di spuma i freni,
9.8d'arena i piedi son aspersi e pieni.
10.1Non sasso o sterpo o discosceso dorso
10.2d'orrido monte, o larga e cupa fossa
10.3trovan, che porre a tanta furia il morso
10.4ed arrestarli in lor viaggio possa.
10.5Lor tronca al fin l'impetuoso corso
10.6un gran torrente, che con grave scossa
10.7l'antico ponte avea pur dianzi rotto,
10.8togliendo ogni sostegno a lui di sotto.
11.1Non sa che farsi allor l'amante ardito,
11.2ch'esporsi a rischio tal non fora ardire,
11.3ma privo di ragion folle appetito,
11.4e di morte certissima desire.
11.5Pur quando al fin gli manchi ogni partito,
11.6vol che lasciar l'impresa, anzi morire:
11.7tutto si scuote, e gli occhi intorno volve,
11.8né men del dubbio caso ei si risolve.
12.1Venire in questa, onde deriva l'onda,
12.2un guerrier vede sovr'un gran battello,
12.3che sì veloce gia per la seconda
12.4acqua, come per l'aria alato augello.
12.5Rinaldo che 'l tragitti a l'altra sponda
12.6con dolce modo umil supplica quello,
12.7ché 'l cavalier gli sembra a l'armatura
12.8che già lo trasse da la valle oscura.
13.1Colui non udir finge, e tuttavia
13.2de l'ondoso sentier gran spazio avanza,
13.3tal ch'al baron di quel che più desia
13.4quasi manca del tutto ogni speranza.
13.5Pur i preghi rinforza or più che pria,
13.6e cerca di piegarlo a sua possanza
13.7con offerte e promesse: ond'in lui fisse
13.8gli occhi al fin lo straniero, e così disse:
14.1— Signor, se pur è ver che sì bramiate
14.2varcar sovra 'l mio legno esto torrente,
14.3convien ch'un dono or voi mi promettiate,
14.4con fé di poi servarlo interamente. —
14.5— Ogni cosa farò, se mi varcate
14.6di là — rispose l'altro impaziente.
14.7Quelli a la riva appressa allor la barca,
14.8e di peso novel la rende carca.
15.1Come furon di là, l'estran guerriero,
15.2volto a Rinaldo, a lui così ragiona:
15.3— Signor, con voi di venir chieggio al fiero
15.4certame, ov'ora il gran desio vi sprona;
15.5e perché il dono io ne riporti intiero,
15.6convien ch'altra armatura e via più buona,
15.7ch'io vi serbo, ha più dì, su quell'abete,
15.8vestiate; e questa qui lasciar potrete. —
16.1Stupito il paladin drizza la vista
16.2u' la verde armatura era sospesa,
16.3e vede lei con doppia aurata lista
16.4lucida lampeggiar qual fiamma accesa;
16.5né men forte gli par che bella in vista,
16.6e qual conviensi a così dubbia impresa:
16.7onde lieto se n'arma e la dispende,
16.8e grazie a lo straniero alte ne rende.
17.1Quelli a Florindo un destrier dona intanto
17.2c'ha vergate le gambe, a carbon spento
17.3simil la coda e i crini estremi, e 'l manto
17.4mischio con poco nero a molto argento;
17.5che sbuffa, ed or a questo, or a quel canto
17.6si volge, e par ch'al corso inviti il vento.
17.7Gli sprona il fianco allor, gli batte il dorso
17.8il buon Florindo, e gli rallenta il morso.
18.1L'istesso ancora i suoi compagni fêro,
18.2e così insieme al maggior corso andaro.
18.3Poi che 'l mondo vestì l'orrido e nero
18.4manto, e l'altro spogliò candido e chiaro,
18.5posa a l'alma od al corpo essi non diero,
18.6anzi il viaggio lor pur seguitaro
18.7al raggio algente de la bianca luna,
18.8ch'intorno si scotea la notte bruna.
19.1A lo scoprir del sol scopriro anch'essi
19.2l'avversa schiera a lor non molto lunge.
19.3Rinaldo allor con radoppiati e spessi
19.4colpi così ne' fianchi il destrier punge,
19.5che passa gli altri, e pria ch'alcun s'appressi
19.6ei tra' nemici impetuoso giunge;
19.7e scorge in mezo a lor Clarice bella,
19.8ch'egra e smarrita non si regge in sella.
20.1Fu da pietate ed ira insieme ei vinto;
20.2pur la pietate a l'ira allor diè loco,
20.3onde il sembiante, di furor dipinto,
20.4vibrò dagli occhi strai di tosco e foco;
20.5e tra' nemici il corridor sospinto
20.6diè principio di Marte al crudo gioco.
20.7Bene infelice è chi primier s'oppone
20.8al gran furor del gran figliuol d'Amone.
21.1Musa, or narrami i duci onde Mambrino
21.2cinto n'andava largamente intorno,
21.3de' quai fur molti allor dal paladino
21.4mandati con Plutone a far soggiorno.
21.5Dimmi l'imprese ancor, ch'al saracino
21.6scielto drappel rendean l'abito adorno;
21.7perché la lunga età n'involve e copre
21.8non pur l'insegne omai, ma i nomi e l'opre.
22.1In vermiglio color portava tinta
22.2l'incantata armatura il re famoso,
22.3e la superba testa intorno cinta
22.4tenea di fregio imperial pomposo;
22.5ne lo scudo l'impresa avea dipinta,
22.6un gran leon ferito e sanguinoso
22.7che la piaga mirava, e v'era scritto,
22.8“Io non perdono, e so chi m'ha trafitto”.
23.1Qual sanguigna cometa ai crini ardenti,
23.2o Sirio appar di sdegno acceso in vista,
23.3che con orrida luce e con nocenti
23.4raggi nascendo, il mondo ange e contrista,
23.5e sin dal ciel minaccia a l'egre genti
23.6morbi, ed a grave ardor ria sete mista:
23.7tal d'aspri mali annunzio egli risplende
23.8con squalido splendor ne l'armi orrende.
24.1Gli va da la man destra il destro Olante,
24.2che di Francardo fu german secondo,
24.3ed avea forma o forza di gigante,
24.4ma vago aspetto e crin aurato e biondo:
24.5colui che porse aita al magno Atlante,
24.6quando cangiò la spalla al grave pondo,
24.7e resse il ciel che lui regger dovea,
24.8per impresa ne l'arme impresso avea.
25.1Da l'altro lato va 'l superbo Alcastro,
25.2nato ov'il Nilo impingua il verde Egitto,
25.3nel cui natale in ciel regnava ogn'astro
25.4che torce l'uom dal camin buono e dritto.
25.5Porta un villan che con la zappa e 'l rastro
25.6frange le glebbe e si procaccia il vitto.
25.7L'impresa è poi del suo compagno Olpestro,
25.8congiunto ad una ninfa un dio silvestro.
26.1V'è 'l signor degli Assiri, il cauto Altorre,
26.2accerbo d'anni e di pensier maturo:
26.3una destrutta e fulminata torre
26.4ha ne lo scudo in campo verde oscuro.
26.5Porta un fanciul che fra le mani accôrre
26.6gli attomi tenta, il re dei Siri Arturo;
26.7quel di Cilicia, da fier disco estinto
26.8sovr'un letto di fiori il bel Giacinto.
27.1Atteone il formoso, ond'un più bello
27.2non forse allor la terra in sen nudria,
27.3se non che ferro, di pietà rubello,
27.4tagliolli un piè del qual or zoppo ei gia,
27.5pinto avea di Giunon l'adorno augello
27.6che nel guardarsi i piè mesto apparia;
27.7e v'era un motto che 'l suo grave duolo
27.8accennava, dicendo, “In questo solo”.
28.1Siegue il saggio Orimeno, a cui son noti
28.2de la madre natura i gran secreti:
28.3antivedea costui gli effetti e i moti
28.4de le sfere celesti e de' pianeti,
28.5le pioggie, i tuoni e lo spirar de' Noti,
28.6e quando il mar si turbi o pur s'acquieti;
28.7antivide sua morte, e de l'istessa
28.8la vera forma avea ne l'arme impressa.
29.1Va seco il re di Lidia, e porta un lauro
29.2ch'al suol sparge di fronde un ricco nembo;
29.3lo scudo orna al fratel la pioggia d'auro
29.4ch'accolse Danae simplicetta in grembo.
29.5Rosso ha lo scudo il fier gigante Oldauro
29.6senza pittura, e sol d'argento ha il lembo;
29.7e le tre dive ignude il forte Almeno,
29.8che regge altier de' Cappadoci il freno.
30.1Se 'n va presso costor l'empio Odrimarte,
30.2cui sol legge era il suo volere istesso,
30.3che 'l vero e i falsi divi a parte a parte
30.4in odio aveva ed in dispregio espresso;
30.5porta egli sé dipinto, e 'l fiero Marte
30.6incatenato e da' suoi piedi oppresso;
30.7l'accompagnan Corin, Pirro ed Aiace,
30.8ai quali orna lo scudo un'aurea face.
31.1Né tu da questi vai molto lontano,
31.2o Floridor, cui la novella sposa
31.3col pianto indarno e col pregar umano
31.4tentò ritener seco in dolce posa:
31.5ché lei lassata, ch'aspettando in vano
31.6mena fredda le notti e i dì pensosa,
31.7armato spieghi in verde campo il fiore
31.8che col pianto formò la dea d'amore.
32.1Vengon teco anco Almeto ed Odrismonte,
32.2che portan Cinzia ed Atteon scolpiti:
32.3ambo germani, ambo di forze conte,
32.4ambo d'aurato acciar cinti e guerniti.
32.5Vi viene il re de' Parti, il fier Corsonte,
32.6e scopre tre spinosi arbor fioriti;
32.7e riman lo sdegnoso Altin lo scempio:
32.8mostra di Vesta impresso il sacro tempio.
33.1Sovra un destrier via più che neve bianco
33.2di candid'arme altier ne va Filarco,
33.3non impugn'asta e non ha spada al fianco
33.4questi, ma porta ben la mazza e l'arco:
33.5è la su' impresa un uom dagli anni stanco,
33.6di crespe rughe il volto ingombro e carco.
33.7Niso, Alcasto, Orion, Breusso e Taumante,
33.8cinque germani, han per impresa Atlante.
34.1Al gigante Lurcon lo scudo indora
34.2in campo azuro uno stellato cielo;
34.3al re di Caria, Aridaman, l'infiora
34.4una rosa che s'apre in verde stelo;
34.5ne lo scudo d'Aldriso appar l'Aurora
34.6che sparge i fiori e 'n perle accolto il gielo;
34.7di Damasco il signor mostra dipinto
34.8il vago Adon, da l'empia fera estinto.
35.1Olindo e Floridan nati ad un parto,
35.2d'un valor, d'un parlar, d'un volto stesso,
35.3hanno un prato di fior varii consparto,
35.4in cui giace dal vin Sileno oppresso.
35.5Il signor d'Antiochia, il mesto Alarto,
35.6porta tronco nel mezzo un gran cipresso,
35.7cui con più nodi un motto tal s'attiene:
35.8“Seccò per mai non rinverdir mia spene”.
36.1Tra questi e tra molt'altri, onde corona
36.2larga fatta era intorno al re gagliardo,
36.3arrestando il troncon Rinaldo sprona
36.4con furioso assalto il suo Baiardo.
36.5Fuggi, Odrimarte, ché 'l tuo giorno a nona
36.6si chiuderà, sì nel fuggir sei tardo:
36.7ecco che te, cui d'ogni dio più forte
36.8credevi, ora un solo uom conduce a morte!
37.1Sanguigna trae da la sanguigna fronte
37.2il forte vincitor l'intera lancia,
37.3e Lurcon percotendo, un largo fonte
37.4uscir gli fa da la piagata guancia.
37.5Là dove corron Stige e Flegetonte,
37.6e 'l severo Minòs l'alme bilancia,
37.7fuggì l'altero spirto, e fe' fuggire
37.8a molti allora il lor soverchio ardire.
38.1Passa sdegnoso il cavaliero, e senza
38.2vita abbandona questi e senza onore;
38.3poi trova i duo fratei ch'in apparenza
38.4indifferenti, ahi! con che dolce errore,
38.5spesso i padri ingannar: ma differenza
38.6dura troppo or vi fa l'ostil furore,
38.7che scema Floridan d'ambe le braccia,
38.8e per mezzo ad Olindo apre la faccia.
39.1Contra Rinaldo allor si move Aldriso,
39.2non men ch'irato il cor, sdegnoso il ciglio.
39.3Morta la madre, uscio dal ventre inciso
39.4questi, e picciol schivar l'aspro periglio
39.5poteo del ferro, onde già grande ucciso
39.6poi fu, né gli giovò forza o consiglio.
39.7Né tu men gli giovasti, o biondo Apollo,
39.8cui da bambino il genitor sacrollo.
40.1Rinaldo poi con cinque aspre ferite
40.2que' cinque frati un dopo l'altro uccise,
40.3le cui speranze al fin lasciò schernite
40.4Fortuna, che lor destra un tempo arrise.
40.5L'alme nel corpo già tra lor sì unite,
40.6né disciolte da quel, restar divise,
40.7perché Pluton tutte albergolle insieme
40.8nel cerchio ov'i superbi aggrava e preme.
41.1Mentre, come villan che 'n verde prato
41.2stenda l'adunca falce in largo giro,
41.3ruota Rinaldo intorno il brando irato,
41.4dando sempre ai pagani aspro martiro,
41.5i due compagni suoi da l'altro lato
41.6il nemico drappel feri assaliro,
41.7come due tigri cui digiuno e rabbia
41.8spingan fra' tori a insanguinar le labbia.
42.1E ben lo san color che d'aurea face
42.2portano il campo de lo scudo adorno,
42.3de' quali un già vil busto in terra giace,
42.4privo del lume del sereno giorno.
42.5L'altro, trafitto il cor, si more e tace,
42.6pensando al suo natio dolce soggiorno,
42.7ed a l'amata moglie, omai vicina
42.8a le prime fatiche di Lucina.
43.1Restava il terzo ancor, quand'il romano
43.2eroe ne' danni suoi la spada strinse.
43.3Miser! la forza e lo schermirsi è vano
43.4contra colui ch'in ogni impresa vinse.
43.5Già la rapace Morte alza la mano,
43.6e 'l manto squarcia onde Natura il cinse;
43.7l'alma, qual lieve fumo o poca polve,
43.8nel puro aer si mischia e si dissolve.
44.1Atteon, che quel colpo orribil scorse,
44.2aggiacciò di stupor, d'ira s'accese,
44.3e verso 'l buon Florindo il destrier torse
44.4con fere voglie a darli morte intese;
44.5ma pria parole a lui che colpi porse,
44.6e 'n questa guisa ad oltraggiar lo prese:
44.7— Credi forse irne impune? Ahi! che s'aspetta
44.8a te gran pena, al morto aspra vendetta!
45.1Tu qui morrai su questi incolti piani,
45.2né rendrai gli occhi anzi il morir contenti;
45.3né chiuderanti con pietose mani
45.4quei già cassi di luce, i tuoi parenti:
45.5ma preda rimarrai di lupi e cani,
45.6esposto a l'onde, a le tempeste, ai venti. —
45.7Così detto, il destrier spronando punse,
45.8e d'un gran colpo a mezzo scudo il giunse.
46.1L'empio ferro crudel rompe il ferrigno
46.2scudo, e col duro usbergo il molle petto.
46.3Lelio, che quindi uscir vede il sanguigno
46.4umor macchiando il ferro terso e netto,
46.5d'ira infiammato e di furor maligno
46.6percosse e franse l'inimico elmetto,
46.7e 'n sino al naso penetrò la spada,
46.8onde convien che quel morendo cada.
47.1Il leggiadro garzone in terra langue,
47.2pallido il volto e nubiloso il ciglio,
47.3e da la fronte un ruscellin di sangue
47.4versa qual ostro lucido e vermiglio;
47.5ma bench'egli sia già freddo ed esangue,
47.6e provi omai di morte il crudo artiglio,
47.7è però tal che puote a un solo sguardo
47.8ferire ogn'alma d'amoroso dardo.
48.1Molti piagati e molti estinti avea
48.2in questo mezzo il paladin feroce,
48.3ed egli illeso ancor se 'n rimanea,
48.4ch'a l'arme sue non taglio o punta noce,
48.5ma pisto il corpo omai pur si dolea.
48.6Non perciò appar men destro e men feroce,
48.7anzi gagliardo i suoi nemici offende,
48.8e da lor si schermisce e si difende.
49.1Mambrino allor, che, quasi a sdegno avendo
49.2di trar la spada per sì vil impresa,
49.3l'empie brame di sangue entro premendo,
49.4fermo stava a mirar l'aspra contesa,
49.5si trasse avanti in fier sembiante orrendo,
49.6che minacciava altrui mortale offesa,
49.7e 'l folgorante sguardo ai suoi rivolse;
49.8indi in grave parlar la lingua sciolse:
50.1— Traggasi ognuno indietro: a me s'aspetta
50.2l'impresa, a me voi vendicar conviene,
50.3a me domar costui ch'in sì gran fretta
50.4ad incontrar la morte audace viene.
50.5Voi, gente infame, vil turba negletta,
50.6la qual io... ma tempo è che l'ira affrene,
50.7anzi pur che la volga e sfoghi altrove:
50.8state in disparte a rimirar mie prove! —
51.1Al superbo parlar del fier Mambrino
51.2alcun non è ch'ad ubbedir ritardi;
51.3fassi gran piazza intorno, e 'l Saracino
51.4volge a Rinaldo i detti alteri e i guardi:
51.5— Deh! perché teco non son or, meschino,
51.6Carlo e di Carlo i paladin gagliardi,
51.7e quanta gente nutre Italia e Francia,
51.8a provare il furor de la mia lancia?
52.1I tuoi compagni almen de la tua sorte
52.2fian testimonii, e non potranno aitarti.
52.3Tu giacendo vedrai vicino a morte
52.4da la vittrice man l'arme spogliarti. —
52.5Rinaldo a quello: — Io qui morrò qual forte,
52.6s'è fisso in ciel, né tu pria déi vantarti;
52.7o pur, ucciso te, che Giove il voglia,
52.8altier n'andrò de l'acquistata spoglia. —
53.1Mentre egli ancor così gli parla, arresta
53.2il re superbo la massiccia antenna;
53.3e spronando il corsier sovra la testa
53.4di voler côrre il paladino accenna:
53.5ma si sottragge a la percossa infesta
53.6Baiardo, lieve più ch'al vento penna.
53.7Rinaldo, nel passar presso la mano,
53.8tronca l'asta d'un colpo al fier pagano.
54.1Indi, ogni suo vigore in un raccolto,
54.2dechina il braccio e maggior colpo tira,
54.3e lo percuote a punto a mezzo il volto,
54.4là 've per stretta via si vede e spira.
54.5L'elmo che, dove 'l gran Tifeo è sepolto,
54.6temprò Vulcan, resse del brando a l'ira,
54.7ma china a forza il capo il re feroce,
54.8per ira e duol stridendo in aspra voce.
55.1Né sì di rabbia il tauro ardendo mugge,
55.2né sì percosso il mar da' venti geme,
55.3né sì ferito a morte il leon rugge,
55.4né sì sdegnato il ciel tonando freme:
55.5a l'orribil gridar s'asconde e fugge
55.6ogni animal, non pur ne dubbia e teme;
55.7si rinselvan le fere a stuolo a stuolo,
55.8e rivolgon gli augelli indietro il volo.
56.1L'irato re, ch'a vendicarsi intende,
56.2raggira il ferro in fiammeggiante ruota:
56.3l'aria si rompe ed alto suon ne rende,
56.4quasi di Giove il folgor la percuota;
56.5quando dal braccio il colpo orribil scende,
56.6par ch'intorno il terren tutto si scuota,
56.7com'avien se i vapor, secchi e rivolti
56.8in venti, stanno a forza entro sepolti.
57.1Ma 'l cauto paladin, che scorge aperto
57.2lo sdegno ostile e 'l fier rabbioso affetto,
57.3qual cavaliero in tai battaglie esperto,
57.4indi per sé n'attende utile effetto;
57.5e ne l'armi si tien chiuso e coperto,
57.6ed in se stesso sta raccolto e stretto,
57.7facendo or con lo scudo or con la spada
57.8che la percossa avversa indarno vada.
58.1Tal volta ancor con lieve e destro salto
58.2il veloce destrier tragge in disparte,
58.3e così van l'impetuoso assalto
58.4rende non men de l'inimico Marte;
58.5poi, vibrando la spada or basso or alto,
58.6sì lo schermirsi col ferir comparte,
58.7che n'è 'l gigante in molte parti offeso,
58.8ed egli ancor se 'n va salvo ed illeso.
59.1Chi visto ha mai ne l'africane arene,
59.2quando il leon l'alto elefante assale,
59.3com'egli destro ad affrontar lo viene,
59.4come de l'arte e del saltar si vale,
59.5che non fermo in un luogo il passo tiene,
59.6ma gira sempre, e par ch'al fianco aggia ale,
59.7Mambrino a questo e 'l gran Rinaldo a quello
59.8potria rassomigliar nel fier duello.
60.1Tra mille colpi al fin colse il gigante
60.2pur una volta il paladino in fronte,
60.3mentre spingendo il corridore avante
60.4quel ne venia per farli oltraggio ed onte.
60.5Quasi allor giacque da l'acciar pesante
60.6oppresso, qual Tifeo dal vasto monte;
60.7e, com'il mondo oscura notte adombre,
60.8agli occhi gli apparir tenebre ed ombre.
61.1Ma le membra il vigor, gli occhi la vista
61.2racquistar tosto, e 'l cor l'usato ardire.
61.3Di sì rio caso il cavalier s'attrista,
61.4ed apre il petto a novi sdegni ed ire;
61.5e tanto più che n'ha Clarice vista
61.6gli occhi oscurar, le guancie impallidire:
61.7onde fiere il pagan con tanta possa
61.8che se no 'l ferro, il duol ben giunge a l'ossa.
62.1Temendo a sé rio scorno, a lui ria morte,
62.2mira Clarice il suo gradito amore,
62.3e come varia del pugnar la sorte,
62.4varia ella il viso e varia stato al core:
62.5or con le guancie appar pallide e smorte,
62.6or di roseo le sparge e bel colore;
62.7tal, quando il giel dà loco a primavera,
62.8l'aria fassi nel marzo or chiara or nera.
63.1Intanto di lor forze orrendo saggio
63.2fanno i due cavalier ch'a fronte sono.
63.3Le spade nel girar sembrano un raggio
63.4che scorra il ciel con strepitoso tuono.
63.5Non è sempre l'istesso il lor viaggio,
63.6né sempre fanno ancor l'istesso suono,
63.7perché, sì come or punta or taglio n'esce,
63.8diverso il suono e 'l lor camin riesce.
64.1Caggion su l'ampie fronti e su le cave
64.2tempie l'aspre percosse a mille a mille:
64.3non quando l'aria più di pioggia è grave
64.4versa Giunon sì spesse aquose stille.
64.5L'armi, s'avien che lor gran colpo aggrave,
64.6spargon di fuoco al ciel vive faville,
64.7ed a' brandi la via darebbon sempre,
64.8s'elle non fosser d'incantate tempre.
65.1Ecco il fiero Mambrin, che folgorando
65.2tutto negli occhi, di furore ardente,
65.3alto si leva e in alto leva il brando,
65.4ed in giù poi n'avalla un gran fendente;
65.5ma non l'aspetta il paladin che, quando
65.6calar lo scorge e sibilar lo sente,
65.7tira tosto da canto il buon destriero,
65.8e van rende del reo l'empio pensiero.
66.1Il grave colpo, ch'è commesso al vento,
66.2tira il guerrier col suo gran peso a basso;
66.3sovra 'l ferrato arcion Mambrino il mento
66.4batte, e la spada sovr'un duro sasso.
66.5Non è Rinaldo ad oltraggiarlo lento,
66.6ma con tal forza il fiede e tal fracasso,
66.7e sì raddoppia ognor l'aspre percosse,
66.8ch'al fin de' sensi e di vigor lo scosse.
67.1Rassembra il paladin che, preso il ferro
67.2ad ambe man, raddoppia i colpi in fretta,
67.3forte villan che 'l noderoso cerro
67.4brami tagliar con la pesante accetta;
67.5pur tra sé disse alfin: — Vaneggio ed erro
67.6s'io credo penetrar la tempra eletta:
67.7tronchinsi i lacci a l'elmo, il capo al busto,
67.8mentre è stordito il Saracin robusto. —
68.1E ben avrebbe, il suo desir a riva
68.2guidando, il fier gigante a morte posto,
68.3ma vide il grosso stuol che ne veniva
68.4a vendicar il suo signor disposto;
68.5onde l'ira temprò ch'in lui bolliva,
68.6ed a miglior pensier s'apprese tosto:
68.7ché ne l'immenso ardir che 'n lui regnava,
68.8luogo ognor la prudenza ancor trovava.
69.1Vanne a Clarice, che nel dolce guardo
69.2gli dimostrava quel che 'l cor chiudea,
69.3perch'a la voce ed al destrier gagliardo
69.4già prima lui riconosciuto avea;
69.5e la si recca in groppa al suo Baiardo,
69.6dicendo: — Non vi spiaccia, alma mia dea,
69.7accettar di colui la pronta aita,
69.8ch'ama più il vostro onor che la sua vita. —
70.1Così disse ei, che fisso ha nel pensiero
70.2di ritrarsi al sicur con la donzella;
70.3ma 'l sovragiunse con assalto fiero,
70.4come suol nave rapida procella,
70.5l'aversa turba: allor l'estran guerriero
70.6spargendo gio certo liquor tra quella,
70.7e con sommesso mormorar fra' denti,
70.8formava intanto non intesi accenti.
71.1Deggio 'l dire o tacer? Di quei che prima
71.2moveano al paladin spietata guerra,
71.3tenta or ciascun com'il compagno opprima,
71.4e contra lui l'arme sdegnoso afferra:
71.5così tra lor conversi oltr'ogni stima
71.6rendon del sangue lor rossa la terra.
71.7Ne stupisce Rinaldo, e ciò che vede
71.8agli occhi suoi medesmi a pien non crede.
72.1E pensa ben tra sé che tale incanto
72.2solo opra sia del mago a lui germano;
72.3fissamente colui rimira intanto,
72.4né l'imaginar suo gli sembra vano;
72.5pur non parla di ciò, ma 'l prega alquanto
72.6che disfar voglia quell'incanto strano,
72.7ché fora biasmo lor se sì vilmente
72.8uccidesser sì forte e nobil gente.
73.1— Il farò ben — rispose quelli allora,
73.2e dal più oltre caminar si tolse.
73.3Tre volte ai regni de la bianca Aurora,
73.4tre volte gli occhi a l'occidente volse,
73.5ed altre tante in sacri detti ancora
73.6la sacra lingua mormorando sciolse;
73.7alcune erbe non men sparse tre volte,
73.8che nel sen de la terra avea raccolte.
74.1Lassa il pagano stuol l'aspra battaglia,
74.2in cui ciascun di lor fora al fin morto,
74.3e contra 'l paladin allor si scaglia,
74.4stupido tutto, e del su' errore accorto;
74.5ma, strano a dir, la via gli vieta e taglia
74.6fuoco d'incanto a l'improviso sorto,
74.7simile a quel che già Scamandro scerse,
74.8ch'in cener poi l'alto Ilion converse.
75.1Né stella che risplenda a mezzo giorno,
75.2o ch'aggia a notte i crin di sangue aspersi,
75.3né ciel ch'appaia di tre soli adorno,
75.4né ruggiada che rossa indi si versi,
75.5né l'eclipsar di quel che suolsi intorno
75.6scuoter l'ombre e mostrar color diversi,
75.7recaro altrui giamai tal maraviglia,
75.8qualor ciascun del novo incanto piglia.
76.1Di là stanno i pagani alto fremendo
76.2e minacciando il nobil paladino,
76.3ch'entrar a piè volea nel foco orrendo
76.4per l'orgoglio domar del Saracino;
76.5ma lo strano guerrier, la man tendendo,
76.6il prese e 'l distornò da quel camino,
76.7ché gli disse che 'l fuoco in un sol punto
76.8lui con l'armi e le veste avria consunto;
77.1e che ben tosto in sanguinoso Marte
77.2potrebbe essercitar gli sdegni e l'ire,
77.3quando non fia chi con astuzia ed arte
77.4la battaglia tra lor cerchi impedire;
77.5e 'l prega poi che seco in altra parte
77.6con la sua compagnia degni venire,
77.7ad onorare il suo più caro albergo,
77.8che d'un bel colle preme il verde tergo.
78.1Rinaldo, ch'oltramodo a lui desia
78.2di compiacere, a pien ciò gli concede.
78.3Così partirsi, e l'altra compagnia
78.4di ragionar modo agli amanti diede:
78.5ond'il barone a la sua donna gia,
78.6dimostrando il su' amore e la sua fede,
78.7e purgandosi in quel ch'era sospetto
78.8con destro modo e con acceso affetto.
79.1Il sentier, ch'è ben lungo e discosceso,
79.2pian sembra e curto ai duo fidi amadori;
79.3veggion splendere al fin, qual raggio acceso
79.4che sorgendo dal Gange il mondo indori,
79.5il bel palagio, e così bene inteso,
79.6ch'opra par di celesti architettori:
79.7quadra la forma, e la materia è d'aspro
79.8per molti intagli oriental diaspro.
80.1Con benigne accoglienze e con reale
80.2pompa accolti ambo fur nel tetto altero,
80.3e sùbito curato, e del suo male
80.4quasi guarito fu 'l roman guerriero.
80.5Fu la cena abbondante, e forse quale
80.6Cleopatra e Locullo un tempo fêro;
80.7e qui lor poi l'albergator cortese
80.8fe' d'esser Malagigi al fin palese.
81.1Oh con che lieto affetto, oh con qual caro
81.2modo Rinaldo il suo cugino abbraccia!
81.3Quasi il dolce piacer in pianto amaro
81.4accolto sparge su l'allegra faccia,
81.5perciò che lor d'amor perfetto e raro
81.6indissolubil nodo i cuori allaccia.
81.7Fa quell'altro il medesmo; indi da canto
81.8Clarice e 'l su' amador ritira alquanto.
82.1Quivi, poi che disgombro ebbe da quella,
82.2con mille rai di ragion vive e vere,
82.3del rio sospetto l'ombra iniqua e fella
82.4che rendea le lor menti oscure e nere,
82.5così aperse le labra a la favella,
82.6principio ad ambeduo d'alto piacere:
82.7— Dire a ragion colui si dee prudente
82.8che scorge più di quel ch'egli ha presente.
83.1Colui che col presente e col passato
83.2così bene il futur misura e scorge,
83.3che, se gli è da Fortuna appresentato,
83.4al suo crine la man veloce porge,
83.5né da nessuno error folle adombrato,
83.6lassando il peggio, del miglior s'accorge:
83.7ciò vi dico io, perché possiate voi
83.8prudenti e saggi dimostrarvi poi.
84.1Ed or che vi si porge e tempo e loco
84.2commodo a terminar vostri martiri,
84.3ché so ben ch'ambo in amoroso foco
84.4per l'altro ardete e 'n casti e bei desiri,
84.5a quel ch'avvenir può pensate un poco,
84.6ai varii di Fortuna instabil giri,
84.7a le guerre, agli incendi onde la Francia
84.8n'andrà più giorni in lacrimosa guancia.
85.1Fia ben vittrice al fin, ma non d'amore
85.2fiano i nostri pensier per molti mesi,
85.3ma sol d'odio, di rabbia e di furore,
85.4e di desio d'aspre vendette accesi;
85.5a sangue, a morti, a stragi, a tutte l'ore
85.6gli animi incrudeliti avremo intesi.
85.7Dunque or che 'l tempo par ch'a ciò v'invite,
85.8con laccio maritale in un v'unite.
86.1Né rimagniate già, perché lontani
86.2ed ignari ne sian vostri parenti,
86.3ché questi abusi sono, e folli e vani
86.4respetti sol de le vulgari genti.
86.5E quel sommo Signor, de le cui mani
86.6opra son gli alti cieli e gli elementi,
86.7n'impose sol che di concordi voglie
86.8concorrà col marito in un la moglie. —
87.1Spinti i fidi amador da questi detti,
87.2e dal desir ch'in lor ne gia di paro,
87.3venner concordi a' maritali effetti,
87.4ch'in presenza d'ognun si celebraro.
87.5Fur i lor cuor da gentil laccio stretti,
87.6ch'Amore e Castità dolce annodaro;
87.7sorrise Giove, e con secondo tuono
87.8veder gran luce, udir fe' lieto suono.
88.1Già ne venia con chiari almi splendori
88.2Cinzia versando in perle accolto il gielo,
88.3e senza ombre noiose e senza orrori
88.4candido distendea la Notte il velo.
88.5Già spargeva Imeneo coi vaghi amori
88.6fiori e frondi nel suol, canti nel cielo,
88.7quando di propria man Venere bella
88.8congiunse in un Rinaldo e la donzella.
89.1Or che sì destro il cielo a voi si gira,
89.2godete, o coppia di felici amanti,
89.3godete il ben che casto Amor v'inspira,
89.4e l'oneste dolcezze e i gaudi santi.
89.5Ecco che tace omai la roca lira
89.6che cantò i vostri affanni e i vostri pianti;
89.7e che voi insieme il desir vostro, ed io
89.8ho qui condutto a fin il canto mio.
90.1Così scherzando io risonar già fêa
90.2di Rinaldo gli ardori e i dolci affanni,
90.3allor ch'ad altri studi il dì togliea
90.4nel quarto lustro ancor de' miei verd'anni:
90.5ad altri studi, onde poi speme avea
90.6di ristorar d'avversa sorte i danni;
90.7ingrati studi, dal cui pondo oppresso
90.8giaccio ignoto ad altrui, grave a me stesso.
91.1Ma se mai fia ch'a me longo ozio un giorno
91.2conceda, ed a me stesso il ciel mi renda,
91.3sì ch'a l'ombra cantando in bel soggiorno
91.4con Febo l'ore e i dì felici spenda,
91.5portarò forse, o gran Luigi, intorno
91.6i vostri onori ovunque il sol risplenda,
91.7con quella grazia che m'avrete infusa,
91.8destando a dir di voi più degna musa.
92.1Tu de l'ingegno mio, de le fatiche
92.2parto primiero e caro frutto amato,
92.3picciol volume ne le piagge apriche
92.4che Brenta inonda, in sì brev'ozio nato:
92.5così ti dian benigne stelle amiche
92.6viver, quando io sarò di vita orbato;
92.7così t'accoglia chiara fama in seno
92.8tra quei de le cui lodi il mondo è pieno.
93.1Pria che di quel signor giunghi al cospetto,
93.2c'ho nel core io, tu ne la fronte impresso,
93.3al cui nome gentil vile e negletto
93.4albergo sei, non qual conviensi ad esso,
93.5vanne a colui che fu dal cielo eletto
93.6a darmi vita col suo sangue istesso:
93.7io per lui parlo e spiro e per lui sono,
93.8e se nulla ho di bel, tutto è suo dono.
94.1Ei con l'acuto sguardo, onde le cose
94.2mirando oltra la scorza al centro giunge,
94.3vedrà i difetti tuoi, ch'a me nascose
94.4occhio mal san che scorge poco lunge;
94.5e con la man ch'ora veraci prose
94.6a finte poesie di novo aggiunge,
94.7ti purgarà quanto patir tu puoi,
94.8aggiungendo vaghezza ai versi tuoi.
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