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Canto undicesimo

Rinaldo

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1.1Ma trattasi in disparte alto sospira
1.2Clarice, e gelosia sol n'è cagione:
1.3tra sé fremendo l'accoglienze mira
1.4che fan quell'altre al gran figliol d'Amone,
1.5e s'arma incontro lui di sdegno e d'ira
1.6per l'onta in suo disnor fatta a Grifone,
1.7e per veder che ne lo scudo il volto
1.8d'ignota dama porta impresso e scolto.
2.1— Non ti basta, crudel, dice in se stessa,
2.2romper la fede e far torto al mi' amore,
2.3se non mi scopri la cagione espressa
2.4del tuo grave fallir, del mio dolore?
2.5Poiché viva non puoi, mi mostri impressa
2.6la donna, oimè! che ti possiede il core,
2.7ed onde io più mi doglia, ahi! perché questo?
2.8a la mia gloria sei con l'arme infesto.
3.1Lassa! qual sotto i fior l'angue è celato,
3.2tal sotto cortesia, sotto bellezza,
3.3s'asconde in te perfido cor spietato,
3.4che l'altrui fede e 'l puro amor disprezza.
3.5Fuggite, donne, oimè! fuggite il grato
3.6sembiante e 'l guardo umil pien di dolcezza,
3.7che promettendo vita altrui dan morte,
3.8e son d'un fido cor mal fide scorte.
4.1Ma stolta, a che sospiro? a che mi doglio?
4.2Se 'l più dolermi e 'l sospirar non vale,
4.3s'egli è perfido e lieve, io, come soglio,
4.4ancor dunque serò ferma e leale?
4.5Ahi! non fia ver ch'a lui scoprir mi voglio
4.6ne la costanza e ne la fede eguale. —
4.7Così detto tra sé, prese consiglio
4.8di mostrare a Rinaldo irato il ciglio.
5.1O di tema e d'amor figlia crudele,
5.2figlia che 'l genitor sovente uccidi,
5.3a l'alte sue dolcezze amaro fele,
5.4peste ch'infetti l'alme in cui t'annidi:
5.5torna a l'inferno omai tra le querele,
5.6tra l'aspre pene e tra gli eterni stridi!
5.7Né più turbar sì puro e casto foco,
5.8ch'ivi non merta aver tuo giaccio loco.
6.1Il paladin che sempre gli occhi porse
6.2sin da principio a la sua dolce amata,
6.3sì come lampo in ciel turbato scorse
6.4folgorar l'ira ne la faccia irata,
6.5non già de la cagione allor s'accorse
6.6che la rendesse incontro lui sdegnata.
6.7Pur cheto disse: — Lasso! or chi m'oscura
6.8il seren de l'angelica figura?
7.1Dunque sarò per così lunga via
7.2morte venuto a tôr così noiosa?
7.3Ché mi dà morte l'inimica mia,
7.4quando m'appar superba e disdegnosa.
7.5Qual fora, oimè! se fusse umile e pia,
7.6s'è tal, sendo crudel ed orgogliosa.
7.7Deh! come soffri, Amor, ch'ingiusto sdegno
7.8turb'i begli occhi, ov'è 'l tuo albergo e 'l regno? —
8.1Fra tanto Carlo ver' le regie mura
8.2vol che la nobil schiera il camin prenda.
8.3Spogliar si vede allor la gran pianura,
8.4prima di quella e poi di questa tenda,
8.5ed ogni cavalier cui dolce cura
8.6per dama de la corte il petto accenda,
8.7pigliare il freno del destrier di quella,
8.8ma con bel modo pria riporla in sella.
9.1Si reca ancor Rinaldo infra le braccia
9.2Clarice, e la ripon sul palafreno;
9.3ma quella da' bei lumi e da la faccia
9.4piover rassembra allor sdegno e veleno;
9.5e benché con la lingua immobil taccia,
9.6è 'l suo tacer d'aspre querele pieno,
9.7e ciò ch'a lui non vietan le parole,
9.8negar con gli atti e con gli sguardi vole.
10.1Il cavalier, ch'audace in tali imprese
10.2costume innato e cald'amor rendea,
10.3mentre per gli occhi al cor fiammelle accese
10.4dal caro amato oggetto egli traea,
10.5qual uomo in amar cauto, il tempo prese
10.6ch'ascosamente a lui già si togliea,
10.7e mostrando di fuor gli interni affetti,
10.8sciolse l'accorta lingua in questi detti:
11.1— Ahi! quant'empio è colui ch'ad uom mendico
11.2de le lunghe fatiche il frutto invola!
11.3quanto crudele e di pietà nemico
11.4chi negli affanni il miser non consola!
11.5Quest'or, signora, a voi piangendo dico,
11.6perché del mio penar la dolce e sola
11.7mercè mi si contende, e mi si toglie
11.8ogni conforto in sì gravose doglie.
12.1L'affanno dunque in lungo error sofferto,
12.2e quanto sol per voi ne l'arme oprai,
12.3avrà per degno e per estremo merto
12.4sdegno, ch'al cor mi mandi acerbi guai?
12.5sdegno, ch'in questo amaro stato incerto
12.6de' bei vostri occhi oscuri i dolci rai?
12.7da' quai prende vigor l'anima stanca,
12.8ed al duol si sottragge e si rinfranca.
13.1Misero, e qual cagione? — E quivi il corso
13.2volea di sue parole oltre seguire,
13.3ma sua lingua frenò con duro morso
13.4Clarice allor, così prendendo a dire:
13.5— Diavi nel vostro mal, diavi soccorso
13.6chi vi diè contra me forza ed ardire,
13.7il cui volto non sol nel cor portate,
13.8ma fuor ne l'arme impresso ancor mostrate! —
14.1Tu, fero Amor, tu che gli strai di queste
14.2voci drizzasti al cor del giovinetto,
14.3narra non men l'acerbe piaghe infeste,
14.4onde tua forte man gli aperse il petto:
14.5ché farle in qualche parte or manifeste
14.6a la mia musa è disegual soggetto,
14.7né potrebbe cantando alzarsi al vero,
14.8ov'alzar tu sol puoi l'altrui pensiero.
15.1Nel fosco senso de le voci irate
15.2ben tosto penetrò l'accorto amante,
15.3benché fossero fuor quelle mandate
15.4oscuramente e in suon basso e tremante;
15.5ed a far conta a lei sua lealtate
15.6già si moveva con umil sembiante,
15.7ch'era verace testimon del core,
15.8e certo segno de l'incerto amore.
16.1Ma Clarice, al suo dir la via troncando,
16.2lo schernì, lasso! con astuzia ed arte,
16.3ch'a sé chiamò cortesemente Orlando,
16.4lo qual da tutti gli altri iva in disparte,
16.5ed a lui di parlar materia dando,
16.6al suo mesto cugin la tolse in parte;
16.7da poi, giunti a Parigi, ancor gli tolse
16.8la dolce vista, ond'ei non men si dolse.
17.1Misero cavaliero, ingiustamente
17.2di Fortuna e d'Amor prova l'offese,
17.3e per l'aura del duol nel petto sente
17.4gir più crescendo ognor le fiamme accese;
17.5e, qual da poco umore acciar rovente
17.6più fervido che pria talor si rese,
17.7tale in lui da piacer fugace e breve,
17.8l'ardore e 'l duol maggior forza riceve.
18.1Quel sì breve piacer che talor prende
18.2dal caro oggetto e da l'amata vista,
18.3col suo dolce licor via più raccende
18.4il foco e 'l rio dolor ne l'alma trista:
18.5ché l'un contrario maggior l'altro rende,
18.6e 'l mal dal ben vigore e forza acquista,
18.7ch'ove lieve sarebbe, essendo ignoto,
18.8s'aggrava al paragon col farsi noto.
19.1Sei volte il sol de la fosca ombra scosse
19.2de la gran madre antiqua il duro volto,
19.3ma dal mesto amador già non rimosse
19.4le tenebre del duolo ond'era involto.
19.5Pur ei sì con Clarice intanto oprosse
19.6ch'ella amante il tenea fervido molto,
19.7se non leale, e nel suo casto petto
19.8già rallentava l'ostinato affetto.
20.1Non però di color conforme il molle
20.2animo veste e 'l placido pensiero:
20.3anzi lo sdegno, che dal petto tolle,
20.4ripon negli occhi e nel bel viso altero,
20.5onde 'l foco e 'l martir molto s'estolle
20.6ne l'innocente afflitto cavaliero,
20.7ch'oltra la scorza non penetra dove
20.8face in su' aita Amor pietose prove.
21.1Ma fra tanto pomposa e nobil festa
21.2nel suo stesso palagio il re prepara:
21.3la gente tutta a tai diletti desta
21.4la notte aspetta, e gli è la luce amara;
21.5chiama quella Rinaldo atra e molesta,
21.6chiama la sera poi lucida e cara.
21.7Oh stolta de' mortai fallace mente,
21.8che cieca il suo peggior brama sovente!
22.1Già la notte, stendendo umida l'ali,
22.2gli almi ed eterni fochi in cielo accende,
22.3là donde il bene e 'l mal tra noi mortali
22.4con varia sorte ognor deriva e scende;
22.5già soave armonia per le reali
22.6stanze altamente risonar s'intende,
22.7e concorde a' soavi e dolci accenti
22.8va misto al cielo il suon degli istromenti.
23.1D'alti guerrier, di donne adorne e belle
23.2il palagio real tosto è ripieno,
23.3e come suol tra le men chiare stelle
23.4splender Vener e Giove in ciel sereno,
23.5così tra' cavalier, tra le donzelle
23.6Clarice e 'l suo amator splende non meno;
23.7e da' bei lumi lor fiammelle aurate
23.8escon, d'empia dolcezza avvelenate.
24.1Non già Rinaldo ne l'amato viso
24.2pietà vede però del suo martoro,
24.3né ver' lui lampeggiar quel dolce riso
24.4che gli scopre d'Amor tutto 'l tesoro.
24.5Al fin dispone, ahi! duro infausto aviso,
24.6ch'Alda componga le discordie loro:
24.7Alda la bella invitar vole a danza,
24.8poi c'ha locato in lei la sua speranza.
25.1Egli costei con puro zelo amava,
25.2ed era amato con eguale affetto,
25.3perché quando altre volte in corte stava,
25.4con lei nudrito fu da fanciulletto.
25.5Sapeva poi ch'apriva ella e serrava
25.6di Clarice a sua voglia il duro petto
25.7e con bei modi e con parlar soave
25.8dolcemente di quel volgea la chiave.
26.1Ver' lei dunque si mosse e le richiese
26.2di ballar seco, ed ella era a ciò presta;
26.3ma fu dal forte Anselmo il Maganzese
26.4nel punto istesso a danza ancor richiesta.
26.5Alda, che 'l doppio invito a un tempo intese,
26.6chinò a terra lo sguardo e l'aurea testa,
26.7né quel né questo col parlar ricusa,
26.8ma tacendo si sta dubbia e confusa.
27.1Vedendo Anselmo ciò, l'altera fronte
27.2ed insiem'il parlar ver' l'altro torse:
27.3— Cedi, garzon: se non, da' gridi a l'onte,
27.4e da l'onte s'andrà più inanzi forse. —
27.5Non men altero quel di Chiaramonte
27.6a lui tai detti rispondendo porse:
27.7— Cedi pur tu: se non, verrassi tosto
27.8più oltre ancor, ch'io già ne son disposto. —
28.1Anselmo, folgorando il torvo sguardo,
28.2ad aspro riso allor la bocca mosse,
28.3e disse: — Se tanto osa un vil bastardo,
28.4che poi farebbe se mio pari ei fosse? —
28.5Or ben tal detto fu pungente dardo
28.6ch'al nobil giovanetto il cor percosse:
28.7come leon ferito in ira salse,
28.8e 'l suo sdegno frenar punto non valse.
29.1Con la sinistra mano al collo stringe
29.2quel superbo, e 'l trar fiato a lui contende,
29.3e con l'altra il pugnal di punta spinge,
29.4e trapassando il petto il cuor gli offende.
29.5Di rosseggiante smalto il suol dipinge
29.6tiepido rio che da la piaga scende,
29.7e col sangue esce ancor lo spirto insieme,
29.8sì che 'l corpo cadendo il terren preme.
30.1Come sanguigno in giù cader tremando
30.2il maganzese cavalier fu visto,
30.3intorno per la sala ir risonando
30.4strepito udissi di più voci misto,
30.5qual fremer s'ode ancor negli alvei, quando
30.6le pecchie infesta morbo orrido e tristo;
30.7e qual ne' boschi, allor ch'in lor serrati
30.8spiran d'Austro e di Coro i primi fiati.
31.1Si vider lampeggiar mille lucenti
31.2ferri in quel punto ancor, qual fuochi accesi,
31.3e quinci correr d'alta rabbia ardenti
31.4contra Rinaldo Gano e gli altri offesi;
31.5e quindi poscia al suo soccorso intenti
31.6i suoi fratelli opporsi a' Maganzesi,
31.7e col fior de' guerrier di Chiaramonte
31.8l'invitto cavalier ch'uccise Almonte.
32.1Le pavide donzelle i bei colori
32.2smarriro, oppresse da la fredda tema,
32.3come soglion talor vermigli fiori
32.4s'avien che troppo giel gli asconda e prema.
32.5Pallide i volti e palpitanti i cori,
32.6quelle col piede, che mal fermo trema,
32.7si ristrinsero intorno a la regina,
32.8quale in porto dal mar fragil carina.
33.1Carlo, tutto di sdegno acceso in volto,
33.2altri tiene e riprende, altri minaccia,
33.3e di spegner in lor l'orgoglio stolto
33.4con gli atti e col parlar tenta e procaccia.
33.5Ma Rinaldo, col manto al braccio avolto,
33.6con tardi passi e con sicura faccia,
33.7verso la porta il piè va ritirando,
33.8e tiene nella destra ignudo il brando.
34.1I Maganzesi, che sì audaci in prima
34.2gli erano adosso corsi a fargli offesa,
34.3come vider risorti oltre ogni stima
34.4tanti feri campioni in sua diffesa,
34.5l'ira frenaro e quella furia prima,
34.6pentiti omai di sì dubbiosa impresa;
34.7pur col mover de l'armi e con le voci
34.8si mostravan da lunge assai feroci:
35.1così di can timido stuol sovente,
35.2ch'incontra 'l toro, arda di sdegno e d'ira;
35.3corre per assalirlo e poi si pente,
35.4e latrando lo sguarda e si ritira,
35.5mentre in feroce aspetto alteramente
35.6quel move i passi e gli occhi intorno gira;
35.7e dov'ei volge il tardo e grave piede,
35.8la vile schiera paventando cede.
36.1Poté salvo ed illeso a la sua stanza
36.2dai nemici ritrarsi il giovinetto,
36.3ma 'l suo soverchio ardire e la baldanza
36.4lascia di sdegno a Carlo acceso il petto:
36.5troppo, troppo gli pare alta arroganza
36.6ch'abbia tanto oltre usato al suo cospetto,
36.7sì che, di Gan seguendo il rio consiglio,
36.8di Francia al fin gli diè perpetuo essiglio.
37.1Or che far deve l'infelice amante,
37.2non al suo re, non a sua donna grato?
37.3Partirà dunque, e 'l dolce almo sembiante,
37.4ond'egli vive, a lui sarà celato?
37.5Ahi! Fortuna crudel, per quante e quante
37.6fatiche a sì rio fin l'hai tu guidato:
37.7quand'ei trovar credea breve conforto,
37.8l'hai con un colpo sol trafitto e morto.
38.1La carta ei prende e ciò ch'Amor gli ditta
38.2scrive a l'amata in umil note espresso;
38.3poi che la lettra ebbe composta e scritta,
38.4la manda a lei per un secreto messo.
38.5Ma colei l'un minaccia e l'altra gitta,
38.6crudel forzando il suo volere istesso:
38.7gelosia n'è cagion, che 'l cor ripieno
38.8un'altra volta l'ha del suo veleno.
39.1L'aver dianzi veduto Alda la bella
39.2dal cavaliero a se stessa preporre,
39.3quando ei voleva in sua presenza quella
39.4prima di tutte l'altre a danza tôrre,
39.5e che per non lassar poi la donzella
39.6volse più tosto Anselmo a morte porre,
39.7l'era a l'acceso innamorato core,
39.8lassa! nova cagion d'alto timore.
40.1Tra sé dicea: — Deh! come ascondi il vero
40.2con umil voce, e dimandar mercede?
40.3Ahi crudo, ahi disleale, ahi lusinghiero,
40.4dunque ciò merta la mia pura fede?
40.5Dunque così s'inganna un cor sincero?
40.6Ben stolta ed infelice è chi ti crede:
40.7ma chi non crederebbe a que' sospiri
40.8ed a quel volger gli occhi in dolci giri?
41.1Amo, tu dici a me con l'occhio, ed ardo,
41.2con l'occhio ch'è in amar mal fido duce.
41.3Misera! io 'l credo, ma 'l soave sguardo
41.4d'Alda la bella ad arder ti conduce.
41.5Deh! benché spesso al discoprir sia tardo,
41.6fuor l'affetto de l'alma al fin traluce;
41.7e s'a' guardi, al parlar non ben risponde,
41.8più chiaro appar quant'al fin più s'asconde. —
42.1Sospeso il paladin fra tanto attende
42.2il messo ch'a Clarice avea mandato;
42.3ma quel tornando a lui di nova offende
42.4e profonda ferita il cor piagato.
42.5Com'il meschin l'empia risposta intende,
42.6riman tra vivo e morto in dubbio stato:
42.7non parla o piange, e non sospira, e tolto
42.8have ogni varco al duol ch'è dentro accolto.
43.1Qual suole spesso chiuso umor fervente
43.2in cavo rame a cui sott'arda il foco,
43.3con rauco suon, con gorgogliar frequente
43.4girsi sempre avanzando a poco a poco,
43.5poi con impeto ratto e violente
43.6versarsi, uscendo da l'angusto loco:
43.7tal versossi in lamenti il rio dolore,
43.8di cui non era più capace il core.
44.1Accolto ne' lamenti e ne' sospiri
44.2fuor esce il duolo, e 'l cor si sfoga intanto;
44.3ma quando sotto il fascio de' martiri
44.4poté al fin l'alma respirare alquanto,
44.5facendo dura forza ai suoi desiri,
44.6Rinaldo, ogni indugiar posto da canto,
44.7solo ed armato sul cavallo ascese;
44.8indi, a ventura errando, il camin prese.
45.1Mentre d'ogni piacere ignudo e casso
45.2camina il cavalier muto e pensoso,
45.3giunge ove Sena il fondo ha via men basso,
45.4e con piè corre al mar più strepitoso.
45.5Quivi ei raffrena il suo veloce passo
45.6e 'l collo sgrava de lo scudo odioso;
45.7dal collo il cavalier lo scudo tolse,
45.8e 'l guardo e le parole in lui rivolse:
46.1— O nemico crudel d'ogni mio bene,
46.2o turbator del mio stato giocondo,
46.3scudo infausto, infelice, onde mi viene
46.4l'aspro martir ch'a nullo oggi è secondo:
46.5tu, ch'al cor mi recasti acerbe pene,
46.6tu quelle porta or teco insieme al fondo;
46.7ma lasso! tu n'andrai nel fiume or solo,
46.8ché da me separar non puossi il duolo.
47.1Vattene, e quivi omai t'ascondi altrui,
47.2quivi ti copri infame odiosa peste;
47.3onde, com'io da te, crudel, già fui,
47.4così altro amante offeso ancor non reste. —
47.5Qui tacendo diè fine a' detti sui,
47.6e quei seguir le man veloci e preste;
47.7frangesi l'onda, e giù se 'n cala ratto
47.8lo scudo al fondo, dal suo peso tratto.
48.1Quinci Rinaldo poi si parte e piglia
48.2altro camin, né sa dov'ei si vada,
48.3e mentre ch'otto volte in ciel vermiglia
48.4l'Aurora apparse, candida rugiada
48.5versando dai crin d'oro e da le ciglia,
48.6errò per varia e per incerta strada;
48.7al fin vide il dì nono ombrosa valle
48.8a cui si gia per dritto e piano calle.
49.1Quivi era un uom d'assai strana figura,
49.2che sostegno del braccio al mento fêa,
49.3e con sembianza tenebrosa e scura
49.4gli occhi pregni di pianto al ciel volgea.
49.5In ogni atto di lui gravosa cura
49.6e duol profondo impresso si vedea;
49.7la bocca apriva e queruli lamenti
49.8quindi spargeva in dolorosi accenti.
50.1Quanto a la valle ria più s'avicina
50.2il cavalier, più cresce in lui la pena,
50.3tal ch'oppressa dal duol l'alma meschina
50.4reggersi e respirar puote a gran pena;
50.5ma pur senza arrestarsi egli camina
50.6per l'ampia strada che là dritto il mena,
50.7sin che, giunto a quell'uomo, in lui mirando
50.8sente il martir nel petto irsi avanzando.
51.1Giace la valle tra duo monti ascosa,
51.2da' quali orribil ombra in lei deriva;
51.3l'aria ivi 'l giorno appar sì tenebrosa,
51.4sì colma di squallor, di gaudio priva,
51.5com'altrov'esser suol quando nascosa
51.6Febo tien la sua luce ardente e viva;
51.7la terra ancor di spoglie atre e funeste
51.8la fronte e 'l tergo suo ricopre e veste.
52.1Sorgon con fosche e velenose fronde
52.2quivi piante d'ignota orrida forma,
52.3ed in quelle s'annida e si nasconde
52.4di neri infausti augelli odiosa torma,
52.5e l'un stridendo a l'altro ognor risponde
52.6con suon ch'a luogo tal ben si conforma:
52.7quel noioso a ferir va l'altrui core,
52.8sì che ben par la valle del dolore.
53.1Rinaldo com'ivi entro ha posto il piede,
53.2sente che quasi il cor per duol gli scoppia,
53.3sì che discende dal cavallo e siede,
53.4traendo fuor sospiri a coppia a coppia.
53.5Dovunque volge i torbidi occhi ei vede
53.6cosa ch'il grav'affanno in lui raddoppia;
53.7mai non può rimirar lunge o dappresso
53.8ch'il duol non veggia in vera forma espresso.
54.1— Lasso!, diceva, io luogo ho pur trovato
54.2ove dorrommi ognor meco a bastanza;
54.3ahi quanto, ahi quanto al mio penoso stato
54.4conviensi quest'oscura orrida stanza!
54.5Io qui vivrò, ché così vole il Fato,
54.6lo spazio che di vita ancor m'avanza:
54.7qui de' corbi morrò preda infelice,
54.8sol per amarti troppo, empia Clarice! —
55.1Tutto quel giorno e tutta notte ancora
55.2spese il mesto guerriero in tai lamenti,
55.3apparendogli innanzi ad ora ad ora
55.4varie forme d'orrori e di spaventi;
55.5ma quando ai rai de la vermiglia aurora
55.6si dileguaro l'umid'ombre algenti,
55.7un cavalier da presso armato scorse,
55.8ch'a Baiardo la man nel freno porse,
56.1dicendo: — Or meco vien, ché 'l tuo signore
56.2pur troppo indegno è di sì bon destriero,
56.3poiché soggiace al senso ed al dolore
56.4qual donna vil non già qual cavaliero. —
56.5Così parlando, da la valle fuore
56.6ratto il menò l'incognito straniero,
56.7onde ver' lui Rinaldo irato mosse,
56.8bench'in grave dolor immerso fosse.
57.1Non avrebbe però potuto mai
57.2tenerli dietro per la valle oscura,
57.3non potendo anco con la vista omai
57.4penetrar molto di quell'aria impura;
57.5ma quel così fulgenti e chiari rai
57.6spargea fuor de la lucid'armatura,
57.7che n'eran l'ombre in parte scosse e rotte,
57.8ed illustrata la profonda notte.
58.1Rinaldo per sentier ch'alluma e pinge
58.2lo splendor che da l'armi ardendo uscia,
58.3velocissimo il passo affretta e spinge,
58.4non mai torcendo da la dritta via;
58.5sì che dal luogo uscio ch'intorno cinge
58.6e sovr'ammanta nube oscura e ria,
58.7ed in questa sentì de l'aspra salma
58.8discarca alquanto sollevarsi l'alma.
59.1Fermossi allor quell'uom di luce adorno
59.2che così presto a lui volgea le spalle,
59.3e disse: — Il destrier togli, e più ritorno
59.4non far ne la dogliosa infausta valle;
59.5vanne a man destra, ch'a miglior soggiorno
59.6tosto ti condurrà quest'erto calle. —
59.7Indi per quello stesso a gir si pose,
59.8sì che ratto a sua vista ei si nascose.
60.1Per lo sentier Rinaldo i passi move
60.2ch'avea tenuto il cavalier estrano,
60.3e 'l vede ognor più di bellezze nove
60.4vago e adorno, e più facile e piano;
60.5speme ed ardir fra tanto infonde e piove
60.6ne lo suo cor benigna ignota mano.
60.7Giunse alla fine a piè d'un picciol colle,
60.8ch'il verdeggiante capo a l'aura estolle.
61.1Da quel scendea con piè distorto e lento
61.2lucido e cheto rio tra l'erbe e i fiori,
61.3ed ogni occhio rendea lieto e contento
61.4con le bellezze sue, co' suoi tesori.
61.5D'oro l'arene, i pesci avea d'argento,
61.6le sponde adorne de' più bei colori,
61.7e col soave suon de' suoi cristalli
61.8parea ch'altri invitasse a dolci balli.
62.1Rinaldo a l'alto, ov'il piacer l'alletta,
62.2il passo indrizza, dal desir sospinto,
62.3e vede il suol di viva e fresca erbetta
62.4colmo, e di fiori poi sparso e distinto;
62.5oltra ciò da vaghissima selvetta
62.6intorno intorno coronato e cinto:
62.7sì verde è l'erba e sì la selva è verde,
62.8ch'ogni color vi si smarisce e perde.
63.1L'aria d'almo candor quivi si veste,
63.2raccesa già da' lieti rai novelli,
63.3ed or su quelle frondi ed or su queste
63.4forman dolce armonia dipinti augelli:
63.5sì che rapito dal cantar celeste
63.6oblia Rinaldo i pensieri egri e felli,
63.7e la speme e l'ardire ognor ravviva
63.8grazia che largamente in lui deriva.
64.1Mentre di sì gioconda e sì gradita
64.2vista cibava gli occhi il cavaliero,
64.3e quindi egli porgeva a l'alma aita,
64.4e rischiarava il torbido pensiero,
64.5donna vi scorse che se 'n gia vestita
64.6di verde, e sovra 'l colle aveva impero:
64.7tien quella i lumi e 'l volto al ciel supino,
64.8quasi attenda di là favor divino.
65.1È serena, ridente e lieta in vista,
65.2e nel tacere espresse ha le parole;
65.3mostrano alta baldanza a speme mista
65.4gli occhi ch'apron lucenti un novo sole;
65.5ed indi fugge ogni cura egra e trista,
65.6come da Febo ancor la nebbia suole.
65.7Rinaldo, in lei mirando, al cor profondo
65.8manda per larga via piacer giocondo.
66.1Ei fa varii pensieri, e già gli sembra
66.2d'aver Clarice in suo poter ridutto,
66.3e già ne le leggiadre amate membra
66.4raccôr di sua fatica il caro frutto;
66.5e se pur tra sé volge e si rimembra
66.6il colei sdegno, a lui cagion di lutto,
66.7contempra in parte la presente noia
66.8con la futura imaginata gioia.
67.1Poi ch'appagati ha gli occhi, egli non meno
67.2la fame appaga, e 'l corpo ciba e pasce
67.3di quel che dal fecondo almo terreno
67.4sovra i vaghi arboscei produtto nasce;
67.5e del dolce ruscel gustando a pieno
67.6fa che l'arida sete in tutto il lasce.
67.7L'orecchie a lui percosse intanto sono
67.8da strepitoso d'arme orribil suono.
68.1Affamato leon, che l'unghie e i denti
68.2insanguinato già più dì non s'abbia,
68.3s'ode il muggito de' cornuti armenti,
68.4desta nel fero cuor desire e rabbia;
68.5fiamma riversa da' torvi occhi ardenti,
68.6fumo dal naso e spuma da le labbia;
68.7batte la coda e 'l folto crin rabbuffa,
68.8e lieto corre a sanguinosa zuffa:
69.1così al fero rimbombo appar focoso
69.2Rinaldo in volto, e 'l cor move e raccende,
69.3ch'avido di pugnar, l'ozio e 'l riposo
69.4già lungo troppo a noia e sdegno prende;
69.5senza punto tardar, sul poderoso
69.6destrier saltando leggiermente ascende,
69.7e là donde quel suono a lui ne viene,
69.8volge il cavallo e dritto il corso tiene.
70.1Vide, disceso al basso, ad aspra guerra
70.2star un sol cavalier con molti armati,
70.3ch'otto di lor n'avea già posti a terra,
70.4altri del tutto morti, altri piagati.
70.5Ahi! come destro ei si rinchiude e serra
70.6sotto lo scudo ai color colpi irati;
70.7come possente poi, come feroce
70.8fulmina orribilmente il ferro atroce!
71.1Or tutt'alzato sovra un gran fendente
71.2disnoda il braccio con destrezza e possa;
71.3di punta or vibra il brando suo tagliente,
71.4e col corpo accompagna la percossa.
71.5Rinaldo in lui stupisce, e l'alma sente
71.6da novo amor verso 'l guerrier commossa,
71.7ché la virtù non sol ne' fidi amici,
71.8ma s'ama negli ignoti e ne' nemici.
72.1Disponsi al fine, e con gran cor s'accinge
72.2a dare al franco cavalier soccorso:
72.3cogli sproni Baiardo al fianco stringe,
72.4ed a l'impeto suo rallenta il morso.
72.5Quel, come stral cui curvo acciar sospinge,
72.6move il piè ratto a furioso corso,
72.7e tra' nemici va con quel furore
72.8che tra' minori augei rapace astore.
73.1Rinaldo il ferro sin al mento pose
73.2tra lo spazio che parte ambe le ciglia;
73.3al primo ed al secondo entro, ascose
73.4nel ventre, là dov'il nutrir s'appiglia:
73.5caggiono ambo color qual piante annose,
73.6e fan la terra nel cader vermiglia.
73.7Non qui Rinaldo la sua furia affrena,
73.8ma passa inanzi e costor guarda a pena.
74.1Era quivi fra gli altri un giovanetto
74.2che di peli disgombra avea la guancia.
74.3Questi, vedendo che dannoso effetto
74.4fêa ne' compagni il cavalier di Francia,
74.5di generoso sdegno armato il petto
74.6sopra gli va con l'arrestata lancia,
74.7e con immenso ardir lo preme e 'ncalza,
74.8e 'l fiere a punto ov'il cimier s'inalza.
75.1Rompe la lancia, e non trapassa il duro
75.2ferro ch'asconde l'onorata testa;
75.3pur sotto l'elmo il paladin securo
75.4sente il furor de la percossa infesta,
75.5onde con fero cor, con volto oscuro,
75.6con mano a la vendetta ardita e presta,
75.7spinge una punta e poi segue la spada
75.8col corpo, onde più forte a ferir vada.
76.1Giunge a lo scudo e 'l rompe, e pur coperto
76.2è sette volte da villoso tergo;
76.3rompe non men, bench'egli sia conserto
76.4di spesse ferree lame, il forte usbergo.
76.5È dal ferro crudele il petto aperto,
76.6e quel si mostra sanguinoso a tergo:
76.7cade il garzon su la ferita, e afferra
76.8co' denti e morde l'inimica terra.
77.1Forma fra tanto pur queste parole
77.2confuse, in suon di rabbia e di dolore:
77.3— Soccorri, o padre, a l'unica tua prole,
77.4ch'io moro, oimè! degli anni miei nel fiore. —
77.5Così detto finì, qual lume suole
77.6cui manchi in tutto il notritivo umore;
77.7ma si rivolse al suon di quella voce
77.8un cavaliero in vista aspro e feroce.
78.1Questi, vedendo il figlio al pian sospinto
78.2morir, rabbioso a vendicarlo mosse,
78.3ch'ancorché gli anni abbian domato e vinto
78.4sua robbustezza e le corporee posse,
78.5l'ardir però del cor feroce estinto
78.6non era in lui, ch'altier più che mai fosse.
78.7Adopra l'armi, e fera ardente voglia
78.8di sanguinoso Marte ognor l'invoglia.
79.1Ma qual gran foco e senza forze acceso
79.2in secca paglia in van s'infuria al vento,
79.3perché nel colmo al suo furor conteso
79.4è 'l gir più inanzi, e manca il nutrimento,
79.5tale ei s'infuria in van, di rabbia acceso,
79.6non send'egual la forza a l'ardimento;
79.7e nel collo aspramente al fin trafitto,
79.8al termin giunse a lui dal ciel prescritto.
80.1Il paladin fra gli altri il destrier caccia,
80.2e rota in giro il suo fulmineo brando:
80.3a chi parte la spalla, a chi la faccia,
80.4altri manda disteso a terra urtando.
80.5Man, teste, busti e sanguinose braccia
80.6veggionsi andar per l'aria intorno errando;
80.7né men si mostra il suo compagno forte,
80.8ch'altrui piaga, stordisce e pone a morte.
81.1Già l'inimico stuol tutto si dona
81.2in preda, e n'ha cagione, al vil timore;
81.3e con l'ardir la speme anco abbandona,
81.4e cede a forza al fero ostil furore.
81.5Ciascun di quei guerrier veloce sprona
81.6con timorosa fuga il corridore;
81.7ma i franchi vincitor, fermati insieme,
81.8non degnan di seguir chi fugge e teme.
82.1Allor nel paladin le luci intende
82.2l'estran, colmo di nobil meraviglia,
82.3e fissamente a ricercar lo prende
82.4dal capo al piè con inarcate ciglia,
82.5tal ch'al fine il conosce, e lieto stende
82.6l'amiche braccia, e lui nel collo piglia,
82.7dicendo: — Or chi potea salvarmi in vita,
82.8se non chi sempre il giusto e 'l dritto aita?
83.1O fratello, o signore, o fido, o caro
83.2amico, o prim'onor del secol nostro,
83.3vedete qui chi di se stesso a paro
83.4v'ama: vedete qui Florindo vostro!
83.5Or nulla più mi fia grave ed amaro,
83.6poiché benigno cielo a me v'ha mostro,
83.7ché per voi giusta cura, alto sospetto
83.8continuamente mi premeva il petto. —
84.1Rimane a quel parlar l'altro guerriero
84.2qual chi per tema e per stupor s'adombra,
84.3né certo è ben se quel sia vivo e vero
84.4corpo, o pur de le membra ignuda l'ombra.
84.5Ma pur a mille segni il van pensiero
84.6e 'l folle dubbio al fin dal petto sgombra,
84.7e 'n lui manca il sospetto e 'l gaudio poggia,
84.8e cresce ognor qual rio per larga pioggia.
85.1Rinaldo con quel volto e con que' detti,
85.2con cui s'accoglion le più care cose,
85.3lieto l'accolse, e de' suo' interni affetti
85.4e nel volto e nel dir nulla gli ascose.
85.5Poi che con mille esteriori effetti
85.6ciascun di loro il suo piacer espose,
85.7chiede a l'altro Rinaldo in qual maniera
85.8dal tempestoso mar salvato s'era.
86.1Cominciò quelli: — Io mi credei sovente
86.2d'esser da l'onde rapide inghiottito,
86.3poi ch'al furor del flutto violente
86.4e dal legno e da voi fui dipartito;
86.5pur, come volse il Fato ultimamente,
86.6a gran pena arrivai notando al lito;
86.7ma tanto avea bevuto, e così lasso
86.8mi ritrovai, che non potei far passo.
87.1Io giacea fuor de' sensi, e la mia vita
87.2già correva al suo fin senza ritegno,
87.3s'in sorte così ria benigna aita
87.4porta non m'era dal celeste regno.
87.5Ma quel che, mosso da pietà infinita,
87.6discese in terra a trionfar sul Legno,
87.7fece ch'un cavalier quindi passasse
87.8ch'a la morte vicina mi sottrasse.
88.1Era costui del chiaro sangue altero
88.2degli antichi Corneli in Roma nato,
88.3famoso in arme errante cavaliero
88.4che Scipion l'ardito era nomato,
88.5e di sette città libero impero
88.6nel Lazio avea con titol di ducato.
88.7Questi m'accolse e mi condusse via
88.8in una sua città chiamata Ostia.
89.1A medici d'illustre esperienza
89.2de la salute mia diede il governo,
89.3né lasciò officio alcun di diligenza,
89.4come il moveva ascoso affetto interno;
89.5ma mentre me, che giaceva egro e senza
89.6vigor, conforta con amor paterno,
89.7da quella parte ov'ha 'l suo albergo il core,
89.8mi vide un segno che rassembra un fiore.
90.1Da la pelle il segnal rosso traspare
90.2come da vetro un fior d'orto vermiglio,
90.3il che forse al signor fe' rimembrare
90.4d'un, ch'avea già perduto, unico figlio;
90.5onde dal sommo a l'imo a risguardare
90.6mi cominciò con fisso immobil ciglio,
90.7pensando ch'esser forse io quel potea
90.8cui già bambino egli perduto avea.
91.1Ed era tal credenza in lui più forte
91.2per quel che già gli disse un indovino,
91.3che trovarebbe il figlio in dura sorte,
91.4ed a l'estremo d'ogni mal vicino,
91.5e che tolto da lui fora a la morte,
91.6e sottratto al furor di reo destino.
91.7Tra sé volgendo ciò, rivolte e fisse
91.8in me le luci, al fin così mi disse:
92.1“Signor, vorrei saper, se pur scortese
92.2mia richiesta od ingrata a voi non fia,
92.3il nome e 'l sangue vostro, e qual paese
92.4è la vera di voi patria natia.”
92.5Io tosto a quel parlar gli fei palese
92.6che Numanzia tenea per patria mia,
92.7e che, forse dal fior ch'avea nel petto,
92.8venni nel mio natal Florindo detto.
93.1Gli dissi ancor ch'a pien non era instrutto
93.2qual genitor m'avesse al mondo dato,
93.3e seguendo oltra poi, gli narrai tutto
93.4ciò ch'a me l'idol prima avea narrato.
93.5Allor quel non ritenne il volto asciutto,
93.6né ritenne il color del volto usato,
93.7e non frenò le voci; e con le braccia
93.8mi cinse e strinse, e giunse faccia a faccia.
94.1Mi disse poi com'era io suo figliuolo,
94.2ch'essendo già bambin gli fui rapito
94.3da un grosso di corsari armato stuolo,
94.4ch'a l'improviso dismontar sul lito:
94.5onde mia madre se 'n morì di duolo,
94.6ed egli ne rimase egro e smarrito;
94.7nel tempo istesso ancora io seppi come
94.8Florindo no, ma Lelio era 'l mio nome.
95.1Disposi allor, dal dir paterno e saggio,
95.2anzi pur dal voler di Dio sospinto,
95.3ed illustrato dal divin suo raggio,
95.4ch'aprì le nubi ond'era involto e cinto,
95.5adorar lui che 'l nostro uman legnaggio
95.6salvò morendo, onde Pluton fu vinto;
95.7così asperso di sacra e lucid'onda
95.8fui, che lava le membra e l'alma monda. —
96.1Qui si tacque il Romano; indi seguio
96.2ch'egli congiedo avea dal padre tolto,
96.3spronato, lasso! dal crudel desio
96.4di riveder il vago amato volto,
96.5e per tentar se mai potesse il rio
96.6sdegno ch'avea contr'esso Olinda accolto,
96.7sgombrar dal duro ed aggiacciato core
96.8con servitù, con fede e con amore.
97.1Gli disse ancor ch'a l'apparir del giorno
97.2senza cagione, il che gli parve strano,
97.3tutti gli fur que' cavalieri intorno,
97.4e l'assaltar con impeto villano,
97.5per farli a lor potere oltraggio e scorno;
97.6onde Rinaldo ad un, che steso al piano
97.7giacea, ne chiese la cagione, e poi
97.8chi si fosse egli, chi quell'altri suoi.
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