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Canto decimo

Rinaldo

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1.1Ma 'l fero Amor, che al fin discopre e vede
1.2gli occulti fatti, ancorché d'occhi privo,
1.3a la regina chiari indizii diede
1.4del partir de l'amante fuggitivo,
1.5lasciando lei d'acerbi affanni erede,
1.6e fuor per gli occhi in lagrimoso rivo
1.7ogni gioia scacciando: ond'egro il core
1.8rimase in preda al sùbito dolore.
2.1Di sì grave nimico afflitto geme
2.2il cor, già presso a l'ultima sua sorte;
2.3ma tosto in suo favor s'arma la speme,
2.4e schermo gli è da la vicina morte:
2.5raduna il duolo a l'altrui danno insieme
2.6lo stuol de' sensi impetuoso e forte,
2.7e la speranza in quell'assalto crudo
2.8la ragion chiama, e di lei fassi scudo.
3.1Mentre or la speme il duol preme ed atterra,
3.2or quasi vinta fugge e si ritira,
3.3Amor risguarda la dubbiosa guerra,
3.4né qua né là col suo favore aspira.
3.5Ma Floriana intanto apre e disserra
3.6a' lamenti la via, piange e sospira:
3.7talor sì ne' pensier giace sepolta,
3.8che non vede, non parla e non ascolta.
4.1E se non ch'anco di vergogna il freno,
4.2benché sia rotto, non è rotto in tutto,
4.3né quel animo altier venuto è meno
4.4che la puote ritrar da simil lutto,
4.5onta farebbe al vago crine e al seno,
4.6né lasciaria di sangue il volto asciutto;
4.7pur mentre splende in ciel raggio di giorno,
4.8per la real città s'aggira intorno.
5.1S'aggira intorno, e non con grave passo,
5.2qual si conviene a donna ed a regina,
5.3ch'a ciò punto non guarda, e 'l corpo lasso
5.4dal furor trasportato oltre camina:
5.5onde non manco egli di lena è casso
5.6che sia di gioia l'anima meschina;
5.7e non trovando questa o tregua o pace,
5.8né quello anco in riposo unqua si giace.
6.1Così a punto suol far chi alberga e serra
6.2in sé rio spirto ad infestarlo intento,
6.3dal qual soffre continua interna guerra
6.4sì che non ha di posa un sol momento;
6.5e, mentre scorre furioso ed erra,
6.6porta seco ad ognora il suo tormento.
6.7O possanza d'Amor, come ne' sforzi,
6.8come in noi del giudizio il lume ammorzi!
7.1Pur si risveglia ed eseguisce intanto
7.2ciò ch'a la vita sua giovevol sia,
7.3ché per mare e per terra in ogni canto
7.4molti guerrier dietro l'amante invia,
7.5i quai per ricondurlo oprin poi quanto
7.6d'eloquenza e di forza in lor più fia;
7.7e quel che non potran co' detti umani,
7.8almen si faccia con l'armate mani.
8.1Con dubbia mente e con tremante petto
8.2de' suoi guerrieri aspetta ella il ritorno,
8.3qual prigioniero in cieca fossa astretto
8.4a la sentenza il destinato giorno;
8.5e ben si legge nel pensoso aspetto
8.6quai cure entro nel cor faccian soggiorno:
8.7gli atti dolenti e 'l parlar rotto danno
8.8segno non men del grave interno affanno.
9.1In questa di fortuna atra procella,
9.2cui tempesta maggior seguì da poi,
9.3trasse più giorni la real donzella,
9.4aspettando qualcun de' guerrier suoi.
9.5Ahi! che 'l lungo aspettar fora per ella
9.6il meglio assai, bench'or così l'annoi:
9.7vivi, vivi meschina in questo stato,
9.8e ti sia l'aspettar soave e grato!
10.1Ecco che 'l terzo dì sei di coloro,
10.2che dietro 'l paladin furon mandati,
10.3ritorno fêr poi che la speme loro
10.4in tutto al fin gli aveva abbandonati:
10.5ché da Rinaldo al primo assalto foro
10.6vinti ed in molte parti ancor piagati,
10.7con lor volendo, mal suo grado, trarlo,
10.8perch'egli in cortesia negava farlo.
11.1Giunti a l'alta donzella i sei baroni,
11.2sciolse un d'essi la lingua in queste voci:
11.3— Regina, noi trovammo i due campioni
11.4che giano al lor camin pronti e veloci;
11.5e prima con benigni umil sermoni,
11.6e dopoi con parole aspre e feroci,
11.7ultimamente con l'armata mano
11.8tentamo ricondurli, e sempre in vano.
12.1Al cortese parlar cortesemente
12.2il figliolo d'Amon diede risposta,
12.3e con modo efficace ed eloquente
12.4purgò l'error de la partita ascosta.
12.5Soggiunse ch'a lasciarvi era dolente,
12.6e ch'al ritorno avea l'alma disposta,
12.7ma che 'l forzava un caso repentino
12.8gir prima in Francia al figlio di Pipino.
13.1Né meno ancor si dimostrò cortese
13.2alle nostre minaccie il cavaliero,
13.3perché placidi detti egli ne rese
13.4in cambio del parlar acro e severo.
13.5Ma ben di sdegno e di furor s'accese,
13.6e conoscer si fe' tremendo e fiero,
13.7quando assalito fu; tal ch'indi in breve
13.8parve ogni nostro sforzo al sol di neve.
14.1Ne disse, poi ch'in suo poter ridutti
14.2n'ebbe, e tolto il fuggire e 'l far difesa,
14.3ch'egli certo n'avria morti e distrutti
14.4in pena sol di sì arrogante impresa;
14.5ma perché troppo avea di servir tutti
14.6i servi vostri la sua mente accesa,
14.7volea, dando perdono al nostro ardire,
14.8far pago in qualche parte il suo desire. —
15.1Per l'orecchie que' detti a la donzella
15.2girno il core a ferir nel petto allora,
15.3qual da giust'arco spinte aspre quadrella
15.4nel segno il punto a colpir van talora.
15.5Slargati i lacci suoi, l'anima bella
15.6in quel tempo volò dal corpo fuora;
15.7pur, dopo lungo error, con tarde penne
15.8ne la vaga prigion mesta rivenne.
16.1Allor la dama aprì le luci, e 'ntorno
16.2quelle con guardo languido converse,
16.3e ch'al secreto suo caro soggiorno
16.4l'avean portata sovra 'l letto scerse,
16.5e le sue damigelle a sé d'intorno
16.6vide non men di caldo pianto asperse;
16.7onde, quasi posar dormendo voglia,
16.8fa ch'ognuna di lor quinci si toglia.
17.1Come sola rimase, e 'l seno e 'l volto
17.2scorse d'amare stille aver rigato;
17.3l'infermo spirto in un sospiro accolto
17.4spinse da l'imo del suo cor turbato;
17.5congiunto palma a palma indi, e rivolto
17.6in se medesma il fosco guardo irato,
17.7disse: — Ahi, che fo? chi questo pianto elice?
17.8Deh! ch'a regina il lagrimar disdice.
18.1Lascia a l'ignobil alme, ai bassi petti,
18.2Floriana sfogar piangendo i guai;
18.3tu mostra con alteri e degni effetti
18.4il regal sangue onde l'origin trai.
18.5Mentre arrise Fortuna ai tuoi diletti,
18.6né provasti inimico il ciel giamai;
18.7mentre ti fu la castità gradita,
18.8già vivesti onorata e lieta vita.
19.1Or ch'è morto l'onore onde vivevi,
19.2e t'è contrario il cielo e la fortuna,
19.3mori! mori, infelice, e non t'aggrevi
19.4uscir di vita dolorosa e bruna:
19.5ché quanto averla pria cara dovevi,
19.6quand'era senza nota e macchia alcuna,
19.7tanto ora esser ti dee noiosa e schiva,
19.8de' suoi primi ornamenti orbata e priva.
20.1Tu, sommo Dio, ch'ascolti i miei lamenti,
20.2e sin dal cielo il mio dolor rimiri,
20.3s'a le tu' orecchie onesti preghi ardenti
20.4penetrar mai sovra i superni giri,
20.5se ti mosser giamai devote menti
20.6a dar effetto ai lor giusti desiri,
20.7fa' che 'l crudel cagion de la mia morte
20.8pena condegna in premio ne riporte.
21.1Fa', giusto Re, ch'a fera donna il core
21.2doni, che prenda i suoi lamenti a gioco,
21.3e si veggia preposto altro amadore
21.4men degno e ch'arda in men vivace foco!
21.5Questo picciol conforto al gran dolore
21.6chieggio. Padre pietoso, ahi! chieggio poco:
21.7altra pena, altro scempio, altra vendetta
21.8al suo peccare al mio morir s'aspetta.
22.1Tu che ben sai, Signor, quanto far déi,
22.2punisci lui secondo il suo fallire,
22.3perch'unqua imaginarmi io non saprei
22.4strazio eguale al suo merto, al mio desire.
22.5Ma perché meno in lungo i detti miei?
22.6Di parlar no, ben tempo è di morire:
22.7pongasi al dire, al far togliasi il morso,
22.8tronchisi omai de la mia vita il corso. —
23.1Così detto un pugnale in furia prende,
23.2ch'al gran figlio d'Amon già tolto avea,
23.3e 'n lui lo sguardo fissamente intende,
23.4in lui che nudo ne la man tenea.
23.5In questa di rossor le gote accende,
23.6ch'intrepido furor quivi spargea,
23.7e con fermezza non più vista altrove
23.8di novo ancor queste parole move:
24.1— O di crudo signor ferro pietoso,
24.2il mal ch'ei femmi, a te sanar conviene:
24.3ei mi trafisse col partir ascoso
24.4il cor ch'aspro martir per ciò sostiene;
24.5tu con aperta forza il doloroso
24.6uccidi, com'uccisa è già sua spene;
24.7ché quanto il primo colpo a lui fu grave,
24.8tanto il secondo, e più, gli fia soave.
25.1Quegli già lo privò d'ogni dolzore.
25.2ch'il ciel con larga man versava in lui,
25.3ma questi gli torrà tutto il dolore
25.4che lo fanno invidiar le pene altrui.
25.5Tu, caro letto, che d'un dolce amore
25.6testimon fusti mentre lieta io fui,
25.7or ch'è cangiata in ria la destra sorte,
25.8testimonio ancor sii de la mia morte.
26.1E come nel tuo sen prima accogliesti
26.2le mie gioie, i diletti e i gaudii tutti,
26.3ed or non meno accolti insieme hai questi
26.4sospir dolenti e questi estremi lutti,
26.5così accogli il mio sangue, e in te ne resti
26.6eterno segno. — E qui con gli occhi asciutti
26.7alzò la man per far l'indegno effetto,
26.8e trapassarsi, oimè! l'audace petto.
27.1Ma 'l ferro, più di lei benigno e pio,
27.2lasciò di sé la man cadendo vòta;
27.3il balcon in quel punto ancor s'aprio,
27.4quasi repente gran furor lo scuota.
27.5Sovra un gran carro allor tosto appario,
27.6tratto da quattro augei di forma ignota,
27.7un'antiqua matrona all'improviso,
27.8venerabile gli occhi e grave il viso.
28.1Era costei Medea l'incantatrice,
28.2sorella al genitor de la regina,
28.3che per darle venia, fida adiutrice,
28.4in tanto mal remedio e medicina;
28.5ché già del caso occorso all'infelice
28.6e dell'empia sua voglia era indovina,
28.7e per giunger a tempo in suo soccorso
28.8avea su questo carro il ciel trascorso.
29.1Come entra e vede la real nipote,
29.2che di nuovo il pugnal volea ritôrre,
29.3adosso le si stringe, onde non puote
29.4ai suo crudel disegno effetto porre.
29.5La spruzza alquanto poi gli occhi e le gote
29.6con un liquor ch'al suo martir soccorre;
29.7e mentre a lei di sonno i lumi aggrava,
29.8d'ogni soverchio affanno il cor le sgrava.
30.1La maga, che sapea le più secrete
30.2cose, né l'era alcun sentier conteso,
30.3l'incantato liquor dal fiume Lete
30.4a questo effetto prima avea già preso,
30.5il qual potea con dolce alma quiete
30.6le membra ristorar e 'l cor offeso.
30.7Ma la regina sopra 'l carro pose,
30.8come dormendo i rai degli occhi ascose.
31.1La pon sul carro ed ella ancor v'ascende,
31.2e di sua propria man regge la briglia.
31.3Quel rato vola e l'aria seca e fende,
31.4e dov'essa l'indrizza il camin piglia:
31.5né sì veloce in giù si cala e scende
31.6l'augel che tien nel sol fisse le ciglia,
31.7né sì veloce al ciel sospinto sale
31.8razzo dal fuoco, o pur da l'arco strale.
32.1Giace un'isola in mar oltra quei segni,
32.2che per fin pose a' naviganti Alcide,
32.3ove agli audaci ed arrischiati legni
32.4Calpe in due parti l'ocean divide,
32.5in cui par che la gioia e 'l gaudio regni,
32.6così d'ogni vaghezza adorna ride;
32.7in cui scherzando co' fratelli il Gioco,
32.8rende più bello e dilettoso il loco.
33.1Quivi alcun narra che de' chiari eroi
33.2le stanze sian da Giove a lor concesse,
33.3poscia che l'alme degli incarchi suoi
33.4sgravate sono, ond'eran dianzi oppresse.
33.5Quivi null'è che l'uom mai punto annoi,
33.6lieto divien ciascun che vi s'appresse;
33.7e perché il luogo fa sì strano effetto,
33.8l'isola del Piacer egli vien detto.
34.1La maga a questa parte il carro inchina,
34.2e come giunta v'è, tosto l'arresta,
34.3e posa sovra l'erbe la regina
34.4che dal salubre sonno era omai desta.
34.5Non più la punge l'amorosa spina,
34.6non più 'l perduto ben or la molesta:
34.7ben fisso in mente tien l'avuto danno,
34.8ma non però ne può sentir affanno.
35.1In questo luoco a cui benigno il cielo
35.2con man più larga le sue grazie infonde,
35.3a cui d'intorno il gran signor di Delo
35.4rai più temprati e bei sparge e diffonde,
35.5ove fioriscon gemme in aureo stelo,
35.6d'argento i pesci e di cristal son l'onde,
35.7Medea ritenne la nipote amata
35.8seco, ch'ivi era d'albergar usata.
36.1Intanto al suo camin pronto e veloce
36.2va con Florindo il gran figliuol d'Amone,
36.3avendo vinto già lo stuol feroce
36.4ch'osò di venir seco al parangone;
36.5e perché 'l vecchio amor lo scalda e coce,
36.6di tornar in Europa ei si dispone,
36.7lasciando Media e le contrade a tergo,
36.8ove genti infideli han loro albergo.
37.1Verso Armenia costor prendon la via,
37.2poi c'han tutta la Media attraversata;
37.3verso Armenia maggior, che 'n cruda e ria
37.4pugna avean dianzi del suo rege orbata.
37.5Passan quella ed Assiria, ed in Soria
37.6giungon, che Siria fu già pria nomata;
37.7quivi a Baruti in nave al fin intraro,
37.8essendo il mare e 'l ciel tranquillo e chiaro.
38.1Scorsero, poi che si fidaro a l'acque,
38.2e le spiegate vele ai venti apriro,
38.3l'isola vaga che già tanto piacque
38.4a l'alma dea che regge il terzo giro;
38.5e quella ov'il gran Giove in culla giacque,
38.6e la Morea non lunge indi scopriro,
38.7con la Sicilia, ove l'aeree fronti
38.8stendon su l'onde i tre famosi monti.
39.1Mentre ne vanno al bel camin contenti
39.2i cavalier, gli occhi girando intorno,
39.3tien l'accorto nocchiero i lumi intenti
39.4nel cheto ciel di mille fregi adorno:
39.5mira egli i duo Trioni, astri lucenti,
39.6ed Orione armato a l'altrui scorno,
39.7e con l'Iadi poggiose il pigro Arturo,
39.8sovente a' naviganti infesto e duro.
40.1Contempla il volto de la luna ancora,
40.2e rosso il vede e tutto acceso in vista:
40.3tal parve forse per vergogna allora
40.4ch'ignuda fu ne le fresch'onde vista:
40.5onde il nocchier si turba e si scolora,
40.6e ne rende la mente afflitta e trista;
40.7d'oscura nube intanto ella si vela,
40.8e le bellezze sue nasconde e cela.
41.1Ecco precipitose ir giù cadendo
41.2più stelle, e 'l lor camin lasciar segnato,
41.3come razzi talor, ch'al ciel salendo
41.4caggion da poi che l'impeto è mancato.
41.5Allor grida il nocchier: — Lasso! comprendo
41.6che ne sfida a battaglia Eolo turbato. —
41.7In questa per l'ondoso umido mare
41.8guizzante schiera di delfini appare.
42.1Egli l'orecchie ad ogni suono intente
42.2porge, e raccolto in sé sospira e tace,
42.3e fremer l'onda dal più basso sente,
42.4sì come fiamma suol chiusa in fornace,
42.5che, mentre esalar cerca e violente
42.6scorre, il luogo di lei non è capace.
42.7Strider strepito egual s'ode non meno
42.8di Giunon per l'oscuro aereo seno.
43.1Ma già l'atra spelonca Eolo disserra,
43.2scioglie i venti, gli instiga e fuor gli caccia;
43.3vago ognun di costor d'orribil guerra
43.4primo essere a l'uscir ratto procaccia;
43.5trema al furor tremendo, e par la terra
43.6che d'immobile omai mobil si faccia;
43.7e, qual tra gli elementi or nasca amore,
43.8il tutto involve un tenebroso orrore.
44.1Sin dal suo fondo il mar sossopra è mosso,
44.2e vien spumoso, torbido e sonante;
44.3l'aer da varie parti allor percosso
44.4si veste un novo orribile sembiante.
44.5Il nocchier, che venir si vede adosso
44.6tanti fieri nemici in un istante,
44.7s'arma e s'accinge a la dubbiosa impresa,
44.8ed invita i compagni a far diffesa.
45.1Tosto l'ignavo stuol, ch'a nulla è buono,
45.2e i marinar col suo timor offende:
45.3ove non veda il mar, non n'oda il suono,
45.4poi che gli è commandato, al basso scende.
45.5Altri i lini maggior, che sciolti sono,
45.6cala, e solo il trinchetto il vento prende;
45.7altri col fischio altrui commanda e legge
45.8gli impon, sì ch'a sua voglia ognun si regge.
46.1Ma che più giova omai l'industria e l'arte?
46.2Sì sempre cresce il verno impetuoso,
46.3e l'onda il pin da l'una a l'altra parte
46.4scorre qual capitan vittorioso,
46.5e fuor seco trarrebbe a parte a parte
46.6gli uomini tutti nel suo fondo algoso,
46.7se per non esser preda a l'acque sorde
46.8non s'afferrasser quelli a legni, a corde.
47.1Il tempestoso mar sovente in alto
47.2cotanto spinge i flutti suoi voraci,
47.3che par ch'al re del ciel movano assalto
47.4Nettun superbo e gli altri dei seguaci.
47.5La barca allor con periglioso salto
47.6portata è in su presso l'eteree faci;
47.7scorge, da l'onde poi spinta al profondo,
47.8tra duo gran monti d'acqua il terren fondo.
48.1Né men de' venti è formidabil l'ira,
48.2né men l'afflitta nave urta e conquassa,
48.3la qual di qua di là sovente gira
48.4come sovente ancor s'alza ed abbassa.
48.5Borrea a la fin con tal fierezza spira
48.6che l'arbore maggior rompe e fracassa,
48.7e qual gelido egli è, tal manda al core
48.8de' naviganti un gelido timore.
49.1Ahi! chi narrar potrebbe i varii effetti
49.2che fanno i venti e fan l'onde sonanti?
49.3Deh! chi mai dir potria gli interni affetti
49.4de' mesti e sbigotiti naviganti?
49.5Tutti rivolgon nei dubbiosi petti
49.6quella morte crudel c'hanno davanti,
49.7e veggon lei ch'in spaventosa faccia
49.8orribil gli sovrasta e gli minaccia.
50.1Sospira altri la moglie, altri il figliuolo,
50.2in cui solea già vagheggiar se stesso;
50.3altri il suo genitor, che vecchio e solo
50.4lasciò, né men da povertade oppresso;
50.5altri de' cari amici il fido stuolo,
50.6ch'anzi il suo fin veder non gli è concesso;
50.7altri, cui cura tal punto non preme,
50.8piange sé solo e di sé solo teme.
51.1Molti con menti poi devote e pure
51.2giungon le palme e levan gli occhi al cielo
51.3ma lor l'han tolto, oimè! le nubi oscure,
51.4e 'l disteso d'intorno orrido velo.
51.5Sorgon tal volta in lor nove paure,
51.6e gli scorre per l'ossa un freddo gielo,
51.7s'avien che quel si mostri in vista acceso,
51.8quasi egli abbia i lor preghi a sdegno preso.
52.1Rinaldo fatto avea nel palischermo
52.2de' marinari il più sagace intrare,
52.3ch'in quel volea, come a l'estremo schermo
52.4col suo compagno andarsi egli a salvare,
52.5perch'indi a l'elemento asciutto e fermo
52.6si credea breve spazio esser di mare,
52.7e s'era trasportato in quel primiero
52.8la spada, il bel ritratto e 'l buon destriero.
53.1Ma il marinar, che più che 'l paladino
53.2e che 'l compagno assai se stesso amava,
53.3temendo pur che di soverchio il pino
53.4carco non fusse s'altri ancor v'entrava,
53.5sì che cedesse a l'impeto marino,
53.6tagliò la fune ond'egli avinto stava,
53.7e col battel si fe' tosto lontano,
53.8pregar lasciando e minacciarsi in vano.
54.1La nave intanto il dritto lato e 'l manco
54.2aperto mostra al gran colpir de l'onde;
54.3entran quelle per l'uno e l'altro fianco,
54.4ed a le prime sieguon le seconde.
54.5Viene ogni marinar pallido e bianco:
54.6pur, a ciò che 'l naviglio non s'affonde,
54.7o tenta d'impedir la strada al mare,
54.8o 'l legno vòta pur de l'acque amare.
55.1Ecco che d'Aquilon l'orribil fiato
55.2fa che di timon privo il legno resta,
55.3ed è dal mar rapito e fuor gettato
55.4l'infelice nocchier, percosso in testa.
55.5Lasso! non gli giovò l'esser legato,
55.6con tal forza lo trasse onda molesta;
55.7seco lo trasse nel suo fondo, e 'nsieme
55.8trasse nel fondo la comune speme.
56.1Or che dee fare in mezo l'onde insane,
56.2privo del suo rettor, legno sdruscito?
56.3Vani i rimedii e le speranze vane
56.4forano omai, ché 'l caso è già seguito.
56.5Ciascun de' naviganti allor rimane
56.6oppresso da la tema ed invilito,
56.7e par che fredda mano al cor gli stringa,
56.8ed aspro ghiaccio il corpo induri e cinga.
57.1Tu solo, altera coppia, isgomentarti
57.2vista non fusti ne l'estrema sorte
57.3ché tal ti piacque in volto allor mostrarti
57.4qual anco eri nel core invitta e forte.
57.5Ma già spinto ad un scoglio e in mille parti
57.6spezzato il legno, espon gli uomini a morte:
57.7s'ode in quel punto in suon flebile e tristo
57.8invocar Macon altri, ed altri Cristo.
58.1Rari, e que' rari in vari modi allora
58.2veggonsi i notator per l'ampio mare:
58.3quegli alza un braccio sol de l'onda fuora,
58.4questi col sommo de la fronte appare;
58.5altri mostra le gambe e in breve ancora
58.6scorgonsi quelle poi sott'acqua intrare;
58.7s'afferra altri a lo scoglio, altri ad un legno,
58.8altri fa del compagno a sé ritegno.
59.1Ma de' guerrier l'invitta copia avea
59.2asse ben lungo e largo allor pigliato,
59.3e con la destra a quella s'attenea,
59.4con l'altra ributava il flutto irato;
59.5ed a la forte man sempre aggiungea,
59.6sospinto a tempo fuor, gagliardo fiato;
59.7stender anco in quel punto in largo i piedi,
59.8poi giunti in uno a sé raccôr gli vedi.
60.1Gran pezzo andaro i duo guerrieri uniti,
60.2rompendo a forza l'impeto marino:
60.3da vasto monte d'acqua al fin colpiti
60.4si separar Florindo e 'l paladino;
60.5ma perde quegli il legno, ond'ambo arditi
60.6erano in tal furor di reo destino,
60.7né con mani o con piedi oprar può tanto
60.8che di nuovo afferrar lo possa alquanto.
61.1Da l'altra parte il buon figliuol d'Amone
61.2per aitarlo e forza ed arte adopra,
61.3e sovente se stesso in rischio pone,
61.4ma riesce al desir contraria l'opra:
61.5ché 'l mare al suo disegno ognor s'oppone,
61.6e par che quello ormai nasconda e copra,
61.7onde in Rinaldo il duol cotanto cresce
61.8che quasi la sua vita omai gli incresce.
62.1Quasi si diede in preda a l'acque salse,
62.2l'ira e lo sdegno in se stesso rivolto;
62.3ma l'amica ragione in lui prevalse,
62.4e 'l sottrasse al desir crudele e stolto.
62.5Come il consiglio oppresso in lui risalse,
62.6tutto il suo gran vigor in un raccolto,
62.7franse col forte petto i flutti insani,
62.8oprò le gambe e 'l fiato, oprò le mani.
63.1Già da lunge apparisce umil la terra,
63.2che par che sotto l'onde ascosa giaccia;
63.3allora ad ogni tema il petto serra,
63.4e con più forza i piè move e le braccia.
63.5Ecco ch'il molle estremo lito afferra,
63.6e, chinati i ginocchi, alta la faccia
63.7leva con guardo riverente al cielo,
63.8e Dio ringrazia con devoto zelo.
64.1Ma quando gli sovvien che restò morto
64.2in mezzo l'onde il suo compagno caro,
64.3e c'han voraci invidi flutti absorto
64.4sì sovrana beltà, valor sì raro,
64.5men de la vita sua prende conforto
64.6che prenda duol de l'altrui fine amaro;
64.7e partiria col morto i giorni suoi,
64.8qual già fêr, Leda, i duo gemelli tuoi.
65.1Mentre tra sé si duol, vede un castello,
65.2ch'indi vicin la fronte a l'aria alzava;
65.3gliel mostra il Sol che dal celeste ostello,
65.4serenando le nubi, omai spuntava.
65.5I passi il paladin drizza ver' quello,
65.6i cui piedi il Tireno irriga e lava,
65.7e fuvi accolto dal signor cortese,
65.8e d'esser giunto presso Roma intese.
66.1Fu d'arme, di cavallo e di scudiero
66.2non men provisto il buon figliuol d'Amone,
66.3e tutto ciò ch'a lui facea mistiero
66.4ebbe anco in dono dal gentil barone.
66.5Tolto commiato poi, prese il sentiero
66.6verso la Francia, ove d'andar dispone,
66.7e trovò presso un fonte il terzo giorno
66.8un cavalier di lucid'arme adorno.
67.1Questi ad annoso pin tenea legato
67.2per l'aurea briglia il suo destrier gagliardo,
67.3e nel medesmo tronco era attaccato
67.4vago ritratto ov'ei fissava il guardo.
67.5Fu da l'invito eroe rafigurato
67.6tosto l'amata imago e 'l suo Baiardo;
67.7poi, risguardando il cavalier non manco,
67.8vide Fusberta a lui pender dal fianco.
68.1Quel marinar che sul battel fuggito
68.2de l'irato Nettuno avea lo sdegno,
68.3abbandonando il paladin schernito
68.4in periglio maggior, nel maggior legno,
68.5come salvo fu giunto al molle lito,
68.6di vender il suo furto ei fe' disegno;
68.7e poi del prezzo con costui convenne
68.8col quale a caso a riscontrar si venne.
69.1Rinaldo a lo straniero allor richiese
69.2gli arnesi suoi con parlar dolce umile.
69.3Quelli, ch'era superbo e discortese,
69.4disse: — Il far doni è fuor d'ogni mio stile.
69.5S'elle son tue, con l'arme il fa' palese,
69.6ché l'adoprar parole è cosa vile. —
69.7L'altro, intendendo ciò, punto non bada,
69.8scendendo in terra ad impugnar la spada.
70.1Scese egli del corsier, ché non vorrebbe
70.2avere in pugna alcuna alcun vantaggio,
70.3sapendo che colui non mai potrebbe
70.4spingere il suo Baiardo a fargli oltraggio.
70.5Allor ne lo stranier lo sdegno crebbe,
70.6e l'aversario suo stimò mal saggio,
70.7poi ch'ardisce affrontarsi a paro a paro
70.8con lui sì forte e sì ne l'arme chiaro.
71.1Rinaldo prima 'l brando in opra mise,
71.2ma schivò 'l colpo il cavaliero estrano;
71.3poscia alzando la spada aspro sorrise,
71.4e disse: — Or guarda chi ha più dotta mano. —
71.5La percossa crudel ruppe e divise
71.6lo scudo, e mezzo ne mandò sul piano;
71.7poi dichinando ne la manca coscia
71.8gli fe' quivi sentir gravosa angoscia.
72.1Non a tanta ira è mai Nettun commosso,
72.2se lui Maestro od Aquilon percote,
72.3in quanta salse il paladin percosso,
72.4sì ch'accese di sdegno ambe le gote.
72.5Divien lo sguardo ardente e l'occhio rosso,
72.6ch'altrui sol di timore atterrar puote;
72.7or che farà quel formidabil brando,
72.8che con impeto tal vien giù calando?
73.1A forza apre la strada al colpo orrendo
73.2l'elmo, e 'n due pezzi o 'n tre riman partito;
73.3si riversa l'estrano al pian cadendo,
73.4piagato no, ma ben de' sensi uscito.
73.5Disse Rinaldo allor: — Chiaro comprendo
73.6ch'abbiam questa battaglia ormai fornito. —
73.7Indi Fusberta e 'l bel ritratto prese,
73.8e sul caro destrier d'un salto ascese.
74.1Quelli lieto il riceve, e del su' amore
74.2mostra con l'annitrir segno evidente,
74.3e con mille altri aperti indizii fuore
74.4scopre il piacer che dentro 'l petto sente.
74.5Così fa can fidele al suo signore,
74.6il qual di lusingarlo usi sovente,
74.7che d'intorno li salta, e con la bocca
74.8e con la coda dolce il bacia e tocca.
75.1Già si partia Rinaldo, allor che scorse
75.2lo scudo suo per mezzo esser diviso,
75.3onde il destrier di novo in dietro torse,
75.4là 've giaceva il cavalier conquiso;
75.5e fe' che 'l suo scudier quello gli porse
75.6del superbo baron, ché gli er'aviso,
75.7che fino fosse e là temprato dove
75.8Bronte sopra l'incude il braccio move.
76.1Era quivi intagliata una donzella
76.2da così dotta e maestrevol mano,
76.3che giamai non fu vista opra sì bella:
76.4divin pareva e non sembiante umano.
76.5Viva rassembra, e 'l moto e la favella
76.6mancava solo a l'artificio strano;
76.7ma se non parla ancor, se non s'è mossa,
76.8par che non voglia, e non che far no 'l possa.
77.1Sì vivo in quello il finto al ver somiglia,
77.2benché di spirto sian le membra casse,
77.3ch'altri mirando in lei si meraviglia
77.4ch'ella non parli, più che se parlasse.
77.5Allor il vago scudo il guerrier piglia,
77.6e meglio era per lui che no 'l pigliasse,
77.7ch'ove solo lo tolse a sua difesa,
77.8gli fe' poi, lasso! al cor mortal offesa.
78.1Tolto lo scudo, il cavalier s'accinge
78.2prontissimo di novo a la sua via;
78.3e così caldo Amor lo sferza e spinge,
78.4che non si ferma mai né si disvia
78.5mentre ch'Apollo il mondo orna e dipinge,
78.6o per tornare o per partir s'invia.
78.7Sol quando è d'aurei fregi il ciel contesto,
78.8posa, né dorme ben, né bene è desto.
79.1In pochi giorni scorse il bel paese
79.2che quinci il mare e quindi l'alpe serra.
79.3Indi, varcando i monti, al pian discese,
79.4e vide lieto la natia sua terra;
79.5poi, giunto omai presso Parigi, intese
79.6ch'il magno re co' suoi mastri di guerra,
79.7e con le dame sue l'alta regina,
79.8avean la stanza lor molto vicina.
80.1Come fu presso, il pian ripieno scerse
80.2d'illustri cavalieri e di donzelle,
80.3i quai d'oro, d'acciaro e di diverse
80.4sete ornavan le membra altere e belle:
80.5altre vermiglie, altre turchine o perse,
80.6candide queste e verdeggianti quelle;
80.7e 'l sol, che riflettendo indi splendea,
80.8di nova iride vaga il ciel pingea.
81.1Ma sendo visto il paladin Rinaldo
81.2sul gran Baiardo in sì feroce aspetto,
81.3che ne venia sì ne la fronte baldo
81.4che mostrava l'ardir chiuso nel petto,
81.5e sì sovra 'l destrier fondato e saldo
81.6che parea muro in terra soda eretto,
81.7vario parlar tra quei di Carlo nacque,
81.8e ciascuno il lodò, ch'a ciascun piacque.
82.1Ma 'l superbo Grifon, che difendea
82.2per amor di Clarice a tutti il varco,
82.3sentendo ciò ch'altri in su' onor dicea,
82.4contra gli andò quanto trarebbe un arco;
82.5e perché nel pensier prefisso avea
82.6di far tosto di lui Baiardo scarco,
82.7gridò: — Giura, guerrier, ch'a la mia dama
82.8cede in beltà qual ha più pregio e fama! —
83.1Grifon già per amor avea servito
83.2gran tempo inanzi d'Olivier la suora,
83.3ma 'l foco suo negletto ed ischernito
83.4fu da l'altera giovinetta ognora;
83.5onde per longa prova al fin chiarito,
83.6ch'accôr tentava in rete il vento e l'ora,
83.7stolto! a servir Clarice egli avea preso,
83.8né potea ciò Rinaldo avere inteso;
84.1onde rispose: — Vil timor non deve
84.2giamai la lingua altrui torcer dal vero,
84.3né periglio o fatica, ancorché greve
84.4si convien d'ischivare a cavaliero.
84.5Dico dunque ch'oltraggio il ver riceve
84.6da te non poco, e ciò mostrarti spero:
84.7bella è la dama tua, ma molto cede
84.8a chi fe' del mio cor soavi prede. —
85.1A l'arme, ai fatti orrendi al fin si venne
85.2da le minaccie e da l'altere voci:
85.3di qua, di là le due massicie antenne
85.4vengon portate da le man feroci.
85.5Par ch'abbiano i cavalli al fianco penne,
85.6così a l'incontro van ratti e veloci;
85.7l'aria si rompe, e trema ancor la terra
85.8al primo cominciar de l'aspra guerra.
86.1Pose il suo colpo a vòto il Maganzese
86.2incauto troppo, e corse l'asta in fallo;
86.3ma lui Rinaldo a mezzo scudo prese,
86.4e lo sospinse fuor del suo cavallo.
86.5Sendo percosso e 'l suol premendo, rese
86.6alto rimbombo il lucido metallo,
86.7come suol squilla che sonando invita
86.8a sanguinosa guerra ogn'alma ardita.
87.1Rinaldo allor dal degno stuol è cinto
87.2e supplicato a tôrsi via l'elmetto,
87.3tal che da' prieghi lor forzato e vinto
87.4di compiacerli è mal suo grado astretto.
87.5Si scioglie al fin que' lacci ond'era avinto
87.6l'elmo, e scopre la chioma e 'l vago aspetto:
87.7né men bello e leggiadro or si dimostra,
87.8ch'apparso sia possente e forte in giostra.
88.1Tosto fu conosciuto il cavaliero
88.2al discoprir del volto e del crin d'oro,
88.3e chiare voci di letizia diero
88.4con replicato suon l'amico coro,
88.5ché già del suo valore il grido altero
88.6era giunto a l'orecchie a tutti loro.
88.7La gloria sovra lui si spazia intanto,
88.8battendo l'ali d'or con dolce canto.
89.1Ad onorar Rinaldo ognun s'accinge,
89.2e di farsegli grato ognun procaccia:
89.3altri la man gli tocca, altri gli cinge
89.4il collo e il petto con amiche braccia;
89.5altri, cui caldo amor più innanzi spinge,
89.6pien d'un dolce disio lo baccia in faccia;
89.7ma il padre Amone al petto alquanto il tiene,
89.8e sente alto diletto ir fra le vene.
90.1Lasciato il padre il cavaliero invitto,
90.2de' suoi regi a bacciar se 'n va la mano;
90.3quei, mostrando l'amor nel volto scritto,
90.4l'accoglion lieti e con sembiante umano.
90.5Fan le donne tra lor dolce conflitto
90.6in onorare il vincitor soprano;
90.7e in quanto è lor da l'onestà concesso,
90.8gli mostra ognuna il suo voler espresso.
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