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Canto nono

Rinaldo

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1.1Tonda due volte avea la faccia adorna
1.2mostrata a noi la dea che nacque in Delo,
1.3ed altretante con l'argentee corna
1.4era apparita men lucente in cielo;
1.5duo segni scorsi avea colui ch'aggiorna
1.6il mondo, indi sgombrando il fosco velo,
1.7da che Florindo e 'l gran figliuol d'Amone
1.8uccisero i guerrier del padiglione;
2.1quando in un vago piano, ove da colte
2.2piante scendea l'ombra soave e grata,
2.3ritrovar vaghe dame in schiera accolte,
2.4che tenean di guerrier scorta onorata.
2.5Molte eran le donzelle, poi di molte
2.6rare eccellenze era ciascuna ornata,
2.7e degli abiti l'arte e la ricchezza
2.8congiunta aveano a la natia bellezza.
3.1Una però così tra tutte loro
3.2come Diana infra le ninfe splende,
3.3qual volta in care danze il vago coro
3.4guida e per Cinto il passo altera stende,
3.5che spiega a l'aure liete i bei crin d'oro,
3.6e la faretra agli omeri sospende:
3.7Latona intanto un tacito dolzore
3.8correr si sente per le vene al core.
4.1Come da lunge in sì superbo aspetto
4.2apparir costei vede i duo baroni,
4.3che ben ciascun d'esser guerrier perfetto
4.4sembra, e cui rado alcun si paragoni,
4.5mandagli ambo a pregar per un valletto
4.6che si voglian provar co' suoi campioni,
4.7perch'ella veder brama a chiara giostra
4.8s'è 'l lor valor qual la sembianza mostra.
5.1Vanne il valletto u' la donzella il manda,
5.2e l'imbasciata ai duo guerrieri espone.
5.3Gli dà grata risposta e gli dimanda
5.4chi sia la dama il buon figliuol d'Amone.
5.5E quegli allora: — A noi costei commanda
5.6ed a la Media freno e leggi impone:
5.7Floriana si noma, e sin ad ora
5.8marital nodo non la stringe ancora. —
6.1Ciò detto, a la regina egli rapporta
6.2che i duo baron son di giostrar contenti.
6.3La dama allora i suoi guerrieri esorta,
6.4e desta in lor brame di gloria ardenti
6.5con dolci detti e con maniera accorta,
6.6ch'al cor son caldi stimoli pungenti:
6.7tal ch'a gara onorata ognun di questi
6.8primo esser tenta che la lancia arresti.
7.1Galasso il poderoso e 'l destro Irnante
7.2si mosser prima al fin di questa parte,
7.3ma tosto rivoltaro al ciel le piante
7.4per man de' duo stranier più cari a Marte.
7.5Dopo costoro Albernio ed Odrimante,
7.6venuti onde le piagge il Tigre parte,
7.7stampar la terra con le spalle: e colto
7.8fu sotto 'l petto quel, questi nel volto.
8.1Eran quivi fra gli altri Argo ed Androglio,
8.2compagni in guerreggiar d'alta possanza,
8.3ma d'alterezza tal, di tanto orgoglio,
8.4ch'assai cedea la forza all'arroganza.
8.5Questi avean ne lo scudo orrido scoglio
8.6che frange l'onde e sovra 'l mare avanza,
8.7intorno a cui scritto era in auree note
8.8un cotal motto, “Rompe chi il percote”;
9.1volendo indi inferir che 'l lor valore
9.2ad ogni incontro fier saldo restava,
9.3e che, più ch'al ferito, al feritore
9.4de la percossa il danno al fin tornava.
9.5Ahi! qual superbo, ahi! qual fallace errore
9.6il lume di ragion loro adombrava,
9.7ché, vinti or da Florindo e da Rinaldo,
9.8debil pianta sembrar, non scoglio saldo.
10.1Lucindo e Floridan, duo cavalieri
10.2per giovenil bellezza a dame grati,
10.3insieme furon poi dagli stranieri
10.4lunge da' lor cavalli al pian gettati;
10.5e lor fêr compagnia molti guerrieri,
10.6de la corte i più degni e più pregiati,
10.7onde sol degli estrani ogni donzella
10.8con meraviglia e con onor favella.
11.1Ma sovra tutti la gentil regina
11.2è d'ammirarli e d'onorarli vaga:
11.3ogni cosa ch'è in lor le par divina,
11.4e 'n tutto pienamente ella s'appaga.
11.5Pur a Rinaldo più l'affetto inchina,
11.6di quel ch'avenir dee quasi presaga,
11.7e più le sembra del compagno destro,
11.8più forte ed in ferir meglior maestro.
12.1Come uom cui già novella febre algente
12.2deggia assaltar tra breve spazio d'ora,
12.3un lieve freddo non continuo sente
12.4scorrersi per le membra ad ora ad ora:
12.5così costei ne l'alma e ne la mente
12.6prova de l'amor nuovo, ignoto ancora,
12.7i leggieri principii, i primi affetti,
12.8ch'oprano a volta in lei diversi effetti.
13.1Ella, e non bene la cagion n'intende,
13.2d'ogni bel colpo suo lieta diviene,
13.3e se tal volta alcun lui punto offende,
13.4il sangue se l'aggiaccia entro le vene:
13.5sempre nove bellezze in lui comprende,
13.6sempre più fisso in lui lo sguardo tiene,
13.7e sol brama veder se corrisponde
13.8a quel ch'appar, quel che l'elmetto asconde.
14.1Ma diè Fortuna al suo desire effetto,
14.2ché l'ultimo guerrier che al pian conquiso
14.3cadde, a Rinaldo fe' sbalzar l'elmetto,
14.4rompendo i ferrei lacci a l'improviso.
14.5Al sùbito apparir del vago aspetto
14.6parve che le s'aprisse il Paradiso,
14.7e vide entro lo spazio d'un sol volto
14.8quanto in mill'altri è di beltà raccolto.
15.1Sembrava a lei ch'Amor quivi spiegato
15.2tutte le sue vittrici insegne avesse,
15.3e quale in carro suol di palme ornato
15.4trionfator alter lieto sedesse;
15.5pareale ancor che nel suo manco lato
15.6tutte l'auree quadrella indi spendesse,
15.7e l'annodasse al collo un forte laccio,
15.8grave insolito sì, ma caro impaccio.
16.1Bionda chioma, neri occhi e nere ciglia,
16.2lucidi e vivi quelli e queste arcate,
16.3fronte ben larga adorna a meraviglia
16.4d'alterezza viril, di maiestate;
16.5guancia leggiadra in un bianca e vermiglia,
16.6piume nascenti allor crespe ed aurate,
16.7naso aquilin, de' regi segno altero,
16.8traggon tutti in stupor del cavaliero:
17.1oltre ciò larghe spalle ed ampio petto,
17.2braccia lunghe, snodate e muscolose,
17.3ventre piano, traverso, ai fianchi stretto,
17.4gambe diritte ed agili e nerbose,
17.5mobil vivacità ch'in giovinetto
17.6grazia aggiunge e decoro a l'altre cose,
17.7grata fierezza, altero portamento,
17.8unite con mirabil tempramento.
18.1Qual meraviglia è poi se la regina,
18.2in cui brame gentil sol trovan loco,
18.3già fatta omai d'Amor preda e rapina,
18.4esca diviene di sì nobil foco?
18.5Sent'ella farsi il cor nuova fucina,
18.6e crescervi la fiamma a poco a poco;
18.7pur come sia del suo mal propio vaga,
18.8d'arder più sempre e di languir s'appaga.
19.1Non può soffrir la giovinetta amante
19.2ch'indi il suo caro ben faccia partita;
19.3ma con benigno e placido sembiante
19.4a seco rimaner ambo gli invita.
19.5Preghiere aggiunse poi sì calde e tante
19.6ch'ella, da loro al fin pur obbedita,
19.7s'invia ver' la citate, e per lo freno
19.8gli conduce Rinaldo il palafreno.
20.1Il palagio real fra tanto adorno
20.2con magnifica pompa a pien si rende:
20.3chi razzi aurati per le mura intorno
20.4a l'eburnee cornici alto sospende;
20.5chi bei tapeti, che potriano scorno
20.6far a tutt'altri per le soglie stende;
20.7chi loca al lume suo dipinti quadri,
20.8vivi ritratti degli estinti padri.
21.1La mense altri apparecchia, e i bianchi lini
21.2stesi per lungo poi vi mette sopra;
21.3vi mette vasi preciosi e fini,
21.4ma varii di materia e varii d'opra,
21.5ove dei re di Media i pellegrini
21.6fatti, perché atro oblio lor non ricopra,
21.7veggonsi impressi in puro argento ed oro
21.8con ordin lungo e con sottil lavoro.
22.1Giunta al tetto real, di sella tolta
22.2fu la regina dal figliuol d'Amone,
22.3e fu per troppa gioia al core avolta
22.4sorgiunta ancor da nova passione,
22.5quasi allor se n'uscio l'alma disciolta
22.6da la terrestre sua bella prigione;
22.7ma qual più dolce e più soave morte
22.8le potea dar benigno cielo in sorte?
23.1Floriana ad ognor cortese stile
23.2usava di serbar con gli stranieri,
23.3ma più che mai cortese e più gentile
23.4or si dimostra ad ambo i cavalieri.
23.5Amor il fa che, s'è 'l cor basso e vile,
23.6desta in lui nobil brame, alti pensieri;
23.7ma s'è regio e sovran, via più l'accende
23.8a virtù vera, e più pregiato il rende.
24.1L'istesso fanno i suoi baroni ancora,
24.2né sembra d'onorargli alcun restio,
24.3perciò che il lor voler dipende ognora
24.4da quel di lei, come da fonte rio.
24.5Ma venut'era omai la solita ora
24.6che ne conduce natural desio
24.7a ristorar con cibi il corpo stanco,
24.8perché al lungo digiun non venga manco.
25.1S'assidono a le mense, e Floriana
25.2ponsi a l'incontro il suo gradito amante;
25.3e come suol nocchier la tramontana,
25.4mira i begli occhi e 'l dolce almo sembiante,
25.5e d'un'esca d'amor fallace e vana
25.6pasce la mente afflitta e l'alma errante:
25.7il corpo no, ch'ov'è un maggior desire,
25.8l'altro minor non fassi allor sentire.
26.1Museo fra tanto al suon de l'aurea cetra
26.2scioglie la dotta lingua in dolci accenti,
26.3e, col favor ch'egli da Febo impetra
26.4dona principio ai musici concenti,
26.5soave sì ch'un cor d'orsa e di pietra
26.6avria commosso e raffrenato i venti,
26.7allor che 'l sasso cavo Eolo disserra,
26.8e desta l'ira in lor, gli accende a guerra.
27.1Canta egli come da la massa informe
27.2trasse Natura il seme de le cose,
27.3e come in vaghe e ben composte forme
27.4il mondo qual veggiam tutto dispose,
27.5dando perpetue leggi e certe norme
27.6a fuoco, ad aria, a terra, ad acque ondose,
27.7in un giungendo con discorde pace
27.8quanto appar fuori, e quanto ascosto giace.
28.1Segue ch'essendo ormai l'età de l'oro,
28.2de l'argento e del rame ite in disparte,
28.3per dar Giove a' mortal giusto martoro
28.4fe' sommerger la terra in ogni parte;
28.5e che da Pirra e dal consorte foro
28.6le fatal pietre dopo 'l tergo sparte,
28.7onde il genere uman fu ricovrato,
28.8stuol duro, a le fatiche avezzo e nato.
29.1Né tacque le tue fiamme, o biondo dio,
29.2né le piaghe ch'Amor ti fe' profonde,
29.3e qual cangiò lungo il paterno rio
29.4Dafne le braccia, e i crin in rami e 'n fronde;
29.5come in giuvenca poi fu convers'Io,
29.6come giunse del Nilo a l'alte sponde;
29.7d'Argo non meno e di Siringa disse
29.8l'aspra sorte che loro il ciel prescrisse.
30.1Tai cose ancor, ma con più dolce canto,
30.2ho già, Veniero, a te spiegar sentito,
30.3e visto uscir del salso fondo intanto
30.4i marin pesci ed ingombrare il lito;
30.5e, quasi astretti da ben forte incanto,
30.6i varii augei per appagar l'udito
30.7ne l'impeto maggior frenare il volo,
30.8e fermartisi intorno a stuolo a stuolo.
31.1Trae, già cenato, de la notte l'ore
31.2Floriana in parlar vario e giocondo;
31.3e non men per l'orecchie il lungo amore
31.4bee che per gli occhi, e 'l manda al cor profondo.
31.5Molte cose or di Carlo, or del valore
31.6chiede d'Orlando, sì famoso al mondo;
31.7de' propi fatti suoi chiede non meno,
31.8ch'ei l'esser suo l'avea già detto a pieno.
32.1Dolce lo prega: — Deh, se non vi pesa,
32.2ditemi quel ch'ancor fanciullo essendo
32.3fêsti di vostra madre a la difesa,
32.4l'onor quasi perduto a lei rendendo;
32.5io già sentii parlar di questa impresa,
32.6se pur con la memoria al ver m'apprendo,
32.7anzi il mio genitor, da un cavaliero
32.8ch'allor tornava a noi dal franco impero. —
33.1Rinaldo a lei: — Benché non punto sia
33.2di sì degni uditor degno il soggetto,
33.3per me narrato il tutto ora vi fia,
33.4poiché sono a ciò far da voi costretto.
33.5A la mia volontade, a l'età mia
33.6risguardo aggiate voi, non a l'effetto:
33.7ch'assai picciolo fu, ma pur allora
33.8scorsi i tre lustri io non aveva ancora.
34.1Ginamo di Baiona il Maganzese
34.2già fu rival del mio parente Amone,
34.3ch'ambo avean l'alme per Beatrice accese
34.4allor che l'uno e l'altro era garzone.
34.5Costor dopo diverse altre contese
34.6vennero insieme a singolar tenzone,
34.7dove Ginamo, da vil tema spinto,
34.8cesse ad Amon l'amata e diessi vinto.
35.1Ma l'odio contro Amon serbò rinchiuso
35.2sempre, che al cor gli fu continuo tarlo,
35.3e, com'è di sua stirpe invecchiato uso,
35.4cercò di vita a tradimento trarlo:
35.5pur sempre il suo desir restò deluso.
35.6Al fin dopo gran tempo il magno Carlo
35.7nel suo natal corte bandita tenne,
35.8facendo alcuni dì festa solenne.
36.1Il re mirando la fiorita corte,
36.2un dì ch'a caso a mensa ritrovosse,
36.3a nova voglia aprio del cor le porte;
36.4indi così ver' gli altri a parlar mosse:
36.5“O de' miei fidi schiera invitta e forte,
36.6arme e sostegni miei, mie guarde e posse,
36.7vorrei ch'alcun di voi qui si vantasse
36.8d'alcuna cosa ch'a mio pro tornasse.”
37.1Ciascun di quei baroni allor si diede
37.2un vanto, altri superbo, altri modesto.
37.3Sorse il mio genitor fra quelli in piede
37.4per sé vantare, e 'l vanto suo fu questo,
37.5d'aver tre figli in cui di già si vede
37.6nobile spirto a fatti eroici desto,
37.7che fian sempre con lui fida difesa
37.8del franco Impero e de la santa Chiesa.
38.1Fu di mio padre il vanto a Carlo grato,
38.2e bene a tutti il fe' palese e piano,
38.3ch'il vaso ov'era el sol di bere usato
38.4porse cortese a lui di propria mano.
38.5Da quest'atto sentissi il cor piagato
38.6profondamente il reo cugin di Gano,
38.7Ginamo, ch'in mal far seco concorse,
38.8ch'allor, sendo presente, il tutto scorse.
39.1Non può soffrir l'iniquo e fraudolente
39.2ch'ad Amon più ch'a lui si faccia onore,
39.3tal che più cresce e più diviene ardente
39.4per novell'esca il vecchio odio e 'l rancore;
39.5e gli è tanto accecata al fin la mente,
39.6voler di Dio, da l'ira e dal furore,
39.7che con maligno sùbito consiglio
39.8così parla ad Amon, turbato il ciglio:
40.1“Amon, non vo' ch'altero e glorioso
40.2tu ne vada di quel che non è tuo:
40.3sappi che sempre al mio voler bramoso
40.4ebbe Beatrice ancor conforme il suo,
40.5e diemmo spesso effetto di nascoso
40.6a quel ch'era il voler d'ambo noi duo,
40.7sì ch'inde nacquer poi quei tre garzoni
40.8che miei sono; e tua moglie or mi perdoni.
41.1Perdoni a me se t'ho la cosa aperta
41.2e di quanto è tra noi narrato il tutto,
41.3e tu perdona a lei, che ben lo merta,
41.4poiché n'è nato così nobil frutto.
41.5E s'unque hai la d'amor possanza esperta,
41.6sai ch'a tai falli a forza è l'uom condutto.
41.7Ti prego ancor ch'a me tu renda i miei
41.8figli, ché loro omai nutrir non déi.
42.1E se non che sin qui m'ha ritenuto
42.2di non turbar altrui giusta cagione,
42.3tu da me stesso avresti ciò saputo
42.4già molto prima in altra occasione.
42.5Pur or, più d'ogni cosa, ha in me potuto
42.6paterno affetto e degna ambizione.”
42.7Così disse egli, e 'l suo dir molto spiacque
42.8al saggio re, che non però si tacque.
43.1Ma più ch'ad altro penetrar ne l'imo
43.2petto queste parole al padre mio;
43.3pur gli rispose irato: “Io falso estimo
43.4quanto tu dici, e te malvagio e rio.
43.5Né questo, o conte, è 'l tradimento primo
43.6ch'uscir da Maganzesi ho vedut'io,
43.7ed ad oltranza, quando più t'aggrada,
43.8ciò ti vo' mantener con questa spada.”
44.1“Ah!, rispose colui, l'uom saggio deve
44.2ogni cosa tentar prima che l'arme;
44.3e chi non serva ciò, più stolto e lieve,
44.4né credo errar, che coraggioso parme.
44.5Io, benché a te serà noioso e greve,
44.6già non vo' rimaner di discolparme,
44.7e dimostrar che son leale e vero,
44.8qual conviensi a mio pari, a cavaliero.”
45.1Così disse, e mostrò poscia al cospetto
45.2di tutti quei baron due ricche anella
45.3ch'avea fatto a Beatrice, ad altro effetto,
45.4credo, involar per una sua donzella.
45.5Indi, stendendo quei, con lieto aspetto
45.6guarda il mio genitore e gli favella:
45.7“Amon, conosci questi? Eccoti il segno
45.8che del suo amor mi fa Beatrice degno.
46.1Questi, no 'l puoi negar, già fur tuo dono,
46.2allor che lei mal grado tuo sposasti,
46.3e questi chiari testimoni sono
46.4ch'a torto menzonier tu mi chiamasti.
46.5Or l'oltraggio commune io ti perdono,
46.6e credo ben che ciò per pena basti.
46.7Misero, a che riguardi? Eccoli, prendi,
46.8mirali bene, e 'l vero ormai comprendi.”
47.1Qual divenisse Amon, quale il suo core
47.2fosse, chi dirà mai? Si parte tosto,
47.3e come 'l tira il sùbito furore,
47.4ad uccider la moglie ei va disposto.
47.5Ma da più messi in breve spazio d'ore
47.6di ciò quella avisata è di nascosto,
47.7la qual, noi tre fratei menando seco,
47.8si sottrasse a quel primo impeto cieco.
48.1Gissene presso il padre, ove si stesse
48.2dal non giunto furor d'Amon sicura,
48.3fin che con chiare prove ella potesse
48.4mostrargli la sua fe' candida e pura,
48.5e quel error ch'in lui sì fermo impresse
48.6lingua maligna e perfida natura.
48.7Venne a trovarla Malagigi poi,
48.8ch'era nipote a lei, cugino a noi.
49.1La dispose ed indusse egli a mandarmi
49.2co' miei germani insieme a la reale
49.3corte, acciò ch'ivi io provocassi a l'arme
49.4Ginamo come falso e disleale.
49.5Ella volse però prima giurarmi
49.6d'esser stata ad Amon sempre leale,
49.7chiamando in testimonio il Re del cielo,
49.8e tenendo la man su l'Evangelo.
50.1Giunto a la corte, quel fellon sfidai,
50.2che qual figliuol accôr già mi volea;
50.3ma lo rispinsi indietro e gli mostrai
50.4nel volto aperto quel che 'l cor chiudea.
50.5Ei, che mi vide sì fanciullo omai,
50.6de la mia morte dentro si godea,
50.7ma pur sotto diverso e finto volto
50.8l'interno affetto suo teneva occolto.
51.1Io, cui troppo spiaceva ogni dimora,
51.2prendo l'ordin dal re di cavaliero,
51.3e similmente i miei fratelli allora
51.4il degno grado da lui dar si fêro.
51.5Indi torno a sfidar Ginamo ancora,
51.6ed a chiamarlo falso e menzogniero:
51.7ond'ei, come di me molto gli caglia,
51.8mostra venir sforzato a la battaglia.
52.1Drizzò la lancia: a me resse la mano
52.2la ragion che m'empiea d'alto ardimento.
52.3A quel debile il braccio e 'l colpo vano
52.4rese il gran torto e 'l fatto tradimento,
52.5tal che ferito a morte ei va sul piano:
52.6resto in sella io, né pur la lancia sento.
52.7Ahi! giustizia di Dio, com'opri spesso
52.8ch'il ver risorga, e resti il falso oppresso!
53.1Per ucciderlo allor corro veloce:
53.2come lo veggio tal per terra steso,
53.3mi richiede Ginamo in umil voce
53.4d'esser da tutti anzi che mora inteso.
53.5Io, poiché l'indugiar nulla mi noce,
53.6in concerderli ciò non sto sospeso,
53.7perché inanzi il morir confessi e dica
53.8sé traditor, Beatrice esser pudica.
54.1E 'l fece ben, perché 'l suo rio trattato
54.2e' modi suoi fur da lui tutti espressi.
54.3La genitrice mia ne l'onorato
54.4suo primo nome allor così rimessi.
54.5Io giurai poi, sendo dal re lodato
54.6che senza brando oprar ciò fatto avessi,
54.7non oprar brando, no 'l togliendo a forza
54.8a guerrier di gran fama e di gran forza. —
55.1Così dicea Rinaldo, e la donzella
55.2pendea dal suo parlar con dolce affetto.
55.3Poi che chiuse le labbra a la favella,
55.4sorse essa in piè, cangiato il vago aspetto,
55.5e da lui pur si svelle al fine, e 'n quella
55.6sentio svellersi il cor da mezzo il petto.
55.7Misera! mentre dal suo ben si parte,
55.8lascia a dietro di sé la miglior parte.
56.1Del suo lungo viaggio il terzo almeno
56.2trascorso già l'umida notte avea,
56.3e 'n maggior copia da l'oscuro seno
56.4sonni queti e profondi a noi piovea;
56.5la regina però, cui rio veleno
56.6tacito per le vene ognor serpea,
56.7non dava gli occhi stanchi in preda al sonno,
56.8ché le cure d'amor dormir non ponno:
57.1ma rivolgea ne l'agitata mente
57.2del novo amator suo l'alma beltate,
57.3e 'l valor così raro ed eccellente
57.4in così verde e giovenile etate,
57.5le grazie sì diverse unitamente
57.6per meraviglia giunte ed adunate.
57.7Fra tai pensieri ancor le sovenia
57.8quel che già le predisse una sua zia.
58.1Costei ch'era gran maga, e degli aspetti
58.2del cielo cognoscea tutti i secreti,
58.3prevedendo i maligni e i buoni effetti
58.4che in noi deggiano oprar gli alti pianeti,
58.5le disse già che d'amorosi affetti,
58.6senza che mortal cura unqua ciò vieti,
58.7arder dovea per un baron cristiano
58.8d'alta bellezza e di valor sovrano;
59.1e che sarebbe a quel larga e cortese
59.2del suo fior virginal non pria toccato,
59.3sì ch'indi poi, compito il nono mese,
59.4ne saria doppio e nobil parto nato,
59.5duo gemelli ch'a chiare e nuove imprese
59.6già destinava il lor benigno fato:
59.7maschio l'un, ma viril femina l'altra,
59.8ne l'arte militar perita e scaltra.
60.1Mentre priva la mente è di riposo,
60.2prive di quello son le membra ancora.
60.3Sempre le tiene in moto, e del noioso
60.4letto cerca ogni parte ad ora ad ora.
60.5Drizza ai balcon sovente il desioso
60.6guardo, onde veggia s'anco appar l'aurora,
60.7e se tra le fissure entra alcun lume,
60.8tanto a noia le son le molli piume.
61.1Come il ciel si comincia a colorare,
61.2e le ferisce gli occhi il novo giorno,
61.3non vuol gli altrui servigi ella aspettare:
61.4da sé si veste e rende il corpo adorno,
61.5troppo ogni dama sua pigra le pare,
61.6e le fa dolce ma pungente scorno;
61.7e la compagnia loro a pena aspetta,
61.8ch'a ritrovar se 'n va gli ospiti in fretta.
62.1Qual parer suol tra le minori piante,
62.2ricco di nove spoglie, alter cipresso,
62.3ch'alzando sovra quelle il verdeggiante
62.4crine, vagheggia il bel ch'orna se stesso;
62.5tale a lei parve il suo gradito amante,
62.6tra molti in mezzo passeggiando messo,
62.7che col bel volto sovra ognun s'ergea,
62.8e mille rai di gloria indi spargea.
63.1Ella dolce il saluta e 'l mena poi
63.2per Acatana, sua real cittade.
63.3Gli mostra i tempii che gli antiqui eroi
63.4ornar di palme ne la prisca etade,
63.5i gran sepolcri de' maggiori suoi,
63.6i bei palagi e le diritte strade,
63.7le mura, l'alte torri e le fortezze,
63.8e tutto il suo potere e le ricchezze.
64.1Ma il cieco mal nutrito ognor s'avanza,
64.2tal ch'ella a morte corre e si disface;
64.3né più regger d'amor l'alta possanza
64.4puote, o da lui trovar pur breve pace.
64.5Si cangia d'or in or ne la sembianza,
64.6apre a parlar la bocca e poi si tace,
64.7e la voce troncata a mezzo resta,
64.8gli occhi travolge, e move or piedi or testa.
65.1Sovente ancor con interrotto suono
65.2profondamente sin dal cor sospira;
65.3le lacrime talor sugli occhi sono,
65.4ma vergogna le affrena e le ritira;
65.5or quasi fuor di sé col volto prono
65.6stassi, or quasi sdegnosa il ciel rimira;
65.7ma s'induce a la fin quell'infelice
65.8a scoprir il suo male a la nutrice.
66.1— Cara Elidonia mia, tu che già desti
66.2a le mie membra il nutrimento primo,
66.3e col tuo sangue aita a me porgesti,
66.4cui, non avendo io madre, in madre estimo:
66.5tu mi soccorri or che novelli infesti
66.6desir se 'n vanno del mio core a l'imo,
66.7e 'l non ben noto male è in me sì forte
66.8che m'ha condutt'ormai vicino a morte.
67.1Misera, tutto 'l male in me procede
67.2da l'un de' duo stranier, ma dal maggiore:
67.3non vedi tu quanto in bellezza eccede
67.4ciascun mortale e in grazia ed in valore?
67.5Ahi! come, oimè! di lui l'imagin siede
67.6ed affissa si sta dentro 'l mio core,
67.7come ogn'atto di lui mi sta presente,
67.8come il suo dir mi sona or ne la mente!
68.1Sol l'orecchie appagate e gli occhi miei
68.2son dal dolce parlar, dal vago aspetto:
68.3madre, te 'l dirò pur, madre, vorrei
68.4spenger la sete de l'acceso affetto.
68.5Ma che dico io? La terra s'apra, e 'n lei
68.6nel suo fondo maggior mi dia ricetto,
68.7anzi, santa onestà, ch'a te faccia onta,
68.8e se poi morir deggio, eccomi pronta. —
69.1Qui dà fine al parlar, raffrena il pianto,
69.2onde avea pregni i lumi, e 'l viso inchina.
69.3L'antica donna tra sé volge intanto
69.4ciò che già detto fu da l'indovina,
69.5e ben cognosce a varii segni or quanto
69.6immenso sia l'amor de la regina.
69.7Muta e sospesa sta breve ora, e poi
69.8così dolce risponde ai detti suoi:
70.1— Figlia e signora mia, che tal ti tegno,
70.2non puote opporsi al ciel forza mortale,
70.3più che de' venti a l'orgoglioso sdegno
70.4in mezo il mar pin disarmato e frale;
70.5né d'un sol punto mai passare il segno
70.6che le prescrive il suo destin fatale.
70.7Parlo così, ché 'l variar de' tempi
70.8di ciò m'ha mostro mille e mille essempi.
71.1Quando tu possa de l'amor novello
71.2sveller dal petto il radicato germe,
71.3ed a desir più glorioso e bello
71.4volger la mente e le speranze inferme,
71.5fallo, sottrati a questo iniquo e fello
71.6tiranno, ancidi il velenoso verme
71.7che attoscar la tua onestà procura,
71.8senza cui di beltà poco si cura.
72.1Ma se non puoi, come a più segni espresso
72.2veder già parmi, a che t'affligi in vano?
72.3Se di sforzar il ciel non t'è concesso,
72.4questo è difetto del poter umano;
72.5e poiché n'è per un error promesso
72.6da la verace maga un ben sovrano,
72.7non invidiare a te medesma, a noi,
72.8quei duo, che nascer denno, illustri eroi. —
73.1Così diss'ella, e con que' detti sciolse
73.2a la regina di vergogna il freno;
73.3le diè speranza e di timor la tolse,
73.4crescer la fiamma e 'l duol fe' venir meno:
73.5onde tosto a pensar allor si volse
73.6di far il suo desir contento a pieno,
73.7e di mandar per alcun modo un poco
73.8nel figliuolo d'Amon del suo gran foco.
74.1Fa pria tentar, ma con maniere accorte,
74.2di trarre il paladin ne la sua fede,
74.3con promesse di tôrlo in suo consorte,
74.4e di locarlo ne la regia sede;
74.5ché quando giunse il re suo padre a morte,
74.6libera autoritate in ciò le diede:
74.7ma poi che ciò colui punto non muove,
74.8cerca novi partiti e strade nove.
75.1Cerca d'accrescer con lo studio e l'arte
75.2la natural beltà ch'in lei risplende:
75.3l'auree chiome in vago ordine comparte,
75.4ed adornarsi il rimanente attende;
75.5poi lieta si contempla a parte a parte
75.6ne l'acciar che l'imago al vivo rende;
75.7così augellin dopo la pioggia al sole
75.8polirsi i vanni e vagheggiarsi suole.
76.1Ella mostra or co' guardi, or coi sospiri
76.2al cavalier le piaghe sue profonde,
76.3e quai ferventi Amor caldi desiri
76.4dai begli occhi di lui nel cor le infonde,
76.5onde Rinaldo in amorosi giri
76.6le luci volge e 'n parte a lei risponde:
76.7ché se ben altro ardor gli accende il petto,
76.8d'amar donna sì bella è pur costretto.
77.1Nel palagio reale era un giardino
77.2ove ogni suo tesor Flora spargea;
77.3da le stanze ivi sol del paladino
77.4e da quelle di lei gir si potea.
77.5Quivi sovente il fresco matutino
77.6Floriana soletta si godea:
77.7la porta uscendo e intrand'ognor serrava,
77.8ché star remota a lei molto aggradava.
78.1Mentre una volta al crin vaga corona
78.2tesse ella quivi d'odorate rose,
78.3e presso un rio che mormorando suona
78.4se 'n giace in grembo a l'erbe rugiadose,
78.5e seco intanto e col suo ben ragiona,
78.6dicendo in dolci note affettuose:
78.7— Ahi! quando serà mai, Rinaldo, ch'io
78.8appaghi ne' tuoi baci il desir mio? —,
79.1sorgiunge il paladino ed ode a punto
79.2i cari detti de la bella amante.
79.3Ahi! come allora in un medesmo punto
79.4cangiar si vede questo e quel sembiante;
79.5ben ciascun sembra dal disio compunto,
79.6e mira l'altro tacito e tremante:
79.7lampeggia, come 'l sol nel chiaro umore,
79.8negli umidi occhi un tremulo splendore.
80.1L'un nel volto de l'altro i caldi affetti
80.2e l'interno voler lesse e comprese:
80.3rise Venere in cielo, e i suoi diletti
80.4versò piovendo in lor larga e cortese;
80.5e forse del piacer de' giovinetti
80.6sùbita e dolce invidia il cor le prese,
80.7tal che quel giorno il suo divino stato
80.8in quel di Floriana avria cangiato.
81.1Il paladino in così dolce vita
81.2trasse più dì con la real donzella,
81.3tal che l'antica fiamma era sopita,
81.4e sol gli ardea il cor l'altra novella.
81.5Al fin l'astrinse a far quinci partita
81.6strana ventura che gli avenne in quella,
81.7la qual il primo ardor di nuovo accense,
81.8ed il secondo quasi a fatto spense.
82.1L'alma stella d'Amor in ciel spiegava
82.2cinta di rai l'aurata chioma ardente,
82.3e 'l sol di nova luce il crin s'ornava
82.4per mostrarsi più bello in oriente,
82.5quando a Rinaldo, che col sonno dava
82.6dolce ristoro ai membri ed a la mente,
82.7apparve in sogno giovinetta donna,
82.8dogliosa agli atti e involta in bianca gonna;
83.1ma splendor tal l'ornava il mesto viso,
83.2così la fronte avea vaga e serena,
83.3che ne la prima vista ei fugli aviso
83.4veder l'Aurora che 'l bel dì rimena;
83.5pur dopoi rimirando in lei più fiso,
83.6benché 'l suo lume sostenesse a pena,
83.7esser Clarice sua certo gli parve,
83.8vera e non finta da mentite larve.
84.1Crede vederne i rai del viso, e crede
84.2de la favella udir le dolci note:
84.3quel, secondo gli par, la vista fiede,
84.4questa così l'orecchie a lui percote:
84.5— Ahi! che sincero amor, che pura fede
84.6di cavalier, se tal nomar si puote
84.7chi le parole sue commette al vento,
84.8fraude usando in chi l'ama e tradimento!
85.1Dunque, Rinaldo, t'è di mente uscita
85.2chi te sempre ritien fisso nel core?
85.3Dunque hai d'altra beltà l'alma invaghita,
85.4e sprezzi il primo via più degno amore?
85.5Deh! torna, torna a me, dolce mia vita,
85.6ch'io tua mercé languisco a tutte l'ore.
85.7Queste lacrime, oimè! questi sospiri,
85.8segno ti sian degli aspri miei martiri.
86.1Ma se 'l mio duol non curi, e non t'aggrada
86.2l'amor, crudele, il proprio onor ti muova:
86.3ahi! si dirà Rinaldo in Media or bada,
86.4e lascivi pensier ne l'ocio cova,
86.5e per una pagana e lancia e spada
86.6posto in non cale, ei preso ha legge nova. —
86.7Così detto, a sua vista ella si tolse,
86.8e meschiata ne l'aria si dissolse.
87.1Svegliasi il cavaliero, e gli occhi intorno
87.2per veder la sua dama indarno gira;
87.3s'infiamma intanto di vergogna e scorno,
87.4ed apre il petto a nobil sdegno ed ira;
87.5face il desir primiero in lui ritorno,
87.6e quell'altro si fugge e si ritira;
87.7le veste e l'arme insieme in fretta prende,
87.8ed adorno di lor tosto si rende.
88.1Di Clarice il ritratto ecco veduto
88.2a caso viene al paladino in questa;
88.3egli lo sguarda e sta pensoso e muto,
88.4e come sia di pietra immobil resta.
88.5Dopo gran spazio al fin, qual rinvenuto
88.6da lunga stordigion l'uomo si desta,
88.7tal con sùbito moto egli si scosse,
88.8e la voce e le mani insieme mosse:
89.1— Come, o mio ben, come ho potuto io mai
89.2fare al tuo tanto amore torto cotale?
89.3Deh! poiché in merto io ti cedeva assai,
89.4esser deveati almeno in fede eguale;
89.5ma, ché 'l tuo fallo non punisci omai,
89.6cavalier traditore e disleale?
89.7Ahi! qual pena maggior posso soffrire,
89.8che 'l duol che nasce in me dal mio pentire? —
90.1Così detto, il compagno in fretta chiama,
90.2e fallo armar de la ferrigna spoglia;
90.3indi lo prega che per quanto ei l'ama
90.4allor allor con lui quinci si toglia.
90.5Quel, che servirlo e compiacerlo brama,
90.6si mostra obediente a la sua voglia;
90.7ben dolce il prega a dirgli la cagione,
90.8né glien'è scarso il buon figliuol d'Amone.
91.1Come accorto nocchiero i dolci accenti
91.2fugge de le Sirene, e tutte sciôrre
91.3fa le sue vele dispiegate ai venti,
91.4ed ogni remo appresso in uso porre,
91.5così quei cari preghi e quei lamenti,
91.6che lo potrian dal suo pensier distôrre,
91.7schiva Rinaldo, e tacito se n'esce,
91.8ma pur di Floriana assai l'incresce:
92.1ché, benché quel ardor già spento sia,
92.2non è però ch'egli non l'ami ancora;
92.3e l'alta sua beltà, la cortesia,
92.4e l'altre sue virtù pregia ed onora;
92.5e ben quel duolo mitigar vorria,
92.6ch'assalir délla in breve spazio d'ora;
92.7ma perciò ch'in se stesso ha poca fede,
92.8parte sì ch'altri allor non se n'avede.
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