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Canto quinto

Rinaldo

PoeTree.it

1.1Già sparito era 'l carro, e nube densa
1.2sparso per l'aria avea d'oscura polve,
1.3che più sempre s'ingrossa e si condensa,
1.4sì ch'il puro seren del cielo involve,
1.5quando alzato il corsier con furia immensa
1.6calci accopiando in giro si rivolve,
1.7ed è presto a lo spron, presto a la mano,
1.8ché non gli noce più l'incanto strano.
2.1Rinaldo alquanto il cor dal duolo oppresso
2.2solleva, poi che 'n piè risorto il vede,
2.3e per lo segno c'han le rote impresso
2.4altamente nel suol lo sprona e fiede.
2.5Quel cangia i passi sì veloce e spesso
2.6che non serba il terreno orma del piede,
2.7e ne l'aria sospeso augel rassembra,
2.8che con l'ali sostenga alto le membra.
3.1Ma fermezza maggior la nube prende
3.2a poco a poco, e maggior spazio abbraccia,
3.3tal che vista mortal più non s'estende,
3.4benché di lince fosse, oltra duo braccia.
3.5Intanto pioggia ruinosa scende,
3.6e si turba del ciel la vaga faccia:
3.7il paladin non sa dove si vada,
3.8né però punto neghittoso bada;
4.1ma con giudizio di Baiardo il corso
4.2regge ed indrizza, e sempre inanzi passa,
4.3lo sprone oprando e rallentando il morso,
4.4sì che 'l cavallo respirar non lassa.
4.5Al fine, allor che a' suoi corsieri il dorso
4.6Febo disgrava e sotto 'l mar s'abbassa,
4.7s'aprì la nube e 'n aria si disperse,
4.8ed ei né 'l carro né l'Ispano scerse.
5.1Nulla egli vidde se non piante ed ombre,
5.2e la Senna ch'altera il suol diparte.
5.3Or chi fia mai che con la penna adombre,
5.4e co l'inchiostro pur dissegni in parte
5.5qual varia passion l'animo ingombre
5.6al cavaliero in sì remota parte?
5.7Ciò ben eccede ogni poter mortale:
5.8tu sol sei, Febo, al gran soggetto eguale.
6.1Fu per uscir di sé, fu per passarsi
6.2col proprio ferro il tormentato core;
6.3fu per morir di duol, fu per gittarsi,
6.4sì che s'immerga nel profondo umore.
6.5Sospiri accesi a stuol per l'aria sparsi,
6.6gemiti tratti dal più interno fuore,
6.7stridi e querele in lamentevol suono:
6.8di quel ch'ei sente i minor segni or sono.
7.1Ma la speranza, che non prima manca
7.2in tutto altrui che manchi ancor la vita,
7.3benché debole sia, benché sia stanca,
7.4e quasi oppressa omai, non che smarita,
7.5pur quanto può s'inalza e si rinfranca
7.6e gli è contro al dolor schermo ed aita;
7.7e tai cose nel core a lui ragiona,
7.8ch'a fatto in preda al duol non s'abbandona;
8.1ma determina in fin di gir cercando
8.2Clarice bella ovunque Apollo illustri,
8.3e quando il verno imbianca i campi, e quando
8.4Flora gli orna di rose e di ligustri,
8.5né, perché a lui più volte il sol girando
8.6rapporti in sen gli anni fugaci e i lustri,
8.7lasciar l'impresa, se non trova prima
8.8lei che de' suoi pensier si siede in cima;
9.1ché poi non teme, se trovar la puote,
9.2di non la riaver mal grado altrui,
9.3benché quanti guerrier son tra Boote
9.4ed Austro fusser giunti ai danni sui;
9.5ché già gli son l'alte sue forze note,
9.6e da l'amor l'ardir s'avanza in lui.
9.7Con tal pensier la via prende a traverso
9.8negli amorosi suoi pensier sommerso.
10.1Così ne va ne le sue cure involto,
10.2e se tallor riscontra alcun per via,
10.3no 'l mira e non gli parla, e quasi tolto
10.4la favella e 'l veder par che gli sia;
10.5ma fisso e intento ne l'amato volto
10.6tutt'altro e insieme sé medesmo oblia;
10.7e se pur scorge alcun, a lui novella
10.8richiede sol de la sua donna bella.
11.1Mentre da' suoi martiri accompagnato
11.2camina pur, venir d'appresso sente
11.3voce che sembra d'uom mesto e turbato,
11.4che gli fiede l'orrechie in suon dolente.
11.5L'animoso guerrier verso quel lato
11.6sprona l'agil cavallo immantinente,
11.7forse anco scorto da speranza vana,
11.8che dagli amanti mai non s'allontana;
12.1ed un vago e bellissimo garzone
12.2vide che sotto un pin steso giacea,
12.3ed era di sua età nella stagione
12.4sacra e dicata a la ciprigna dea,
12.5quando a sua voglia Amor di noi dispone:
12.6né del fiorir del pelo in lui parea
12.7pur segno alcun, ma netto e bianco il mento
12.8avea, qual terso avorio o puro argento.
13.1Involto in pastoral candida pelle
13.2sparsa di nere macchie egli si stava,
13.3e le chiome qualor lucide e belle
13.4mirto ed alloro in un gli circondava;
13.5i ben formati piè, le gambe snelle
13.6sino al ghinocchio ricoprendo ornava
13.7di cuoio azuro, e quel con aurei nodi
13.8era da poi legato in mille modi.
14.1Tal forse Endimione a Cinzia parve,
14.2qualor dal primo giro ella discese,
14.3di sogni cinta e di notturne larve,
14.4e seco l'ore dolcemente spese.
14.5Tal fuor de l'ocean sovente apparve,
14.6d'un candido splendor le gote accese,
14.7la stella cara a l'amorosa diva,
14.8che 'l giorno estinto innanzi tempo aviva.
15.1In così dolci modi e sì pietosi
15.2si lamentava il pastorello adorno,
15.3ch'avria commossi ancor gli orsi rabbiosi
15.4ove affetto gentil non fa soggiorno.
15.5Avea le guancie e gli occhi rugiadosi,
15.6gli occhi ch'apriano quasi un novo giorno;
15.7e co' caldi sospir l'aria accendea,
15.8che dal profondo del suo cor traea.
16.1— Lasso! dicea, perché venisti, Amore,
16.2Amor d'ogni mio bene invidioso,
16.3con le tue fiamme a tormentarmi il core
16.4e turbar la mia pace e 'l mio riposo?
16.5Deh! qual gloria te aspetti e qual onore,
16.6s'io tale schermo alcun non far pur oso,
16.7s'a pena l'arco steso, a pena accinto
16.8eri a ferir, ch'io mi rendei per vinto?
17.1Chi crederia che gli tuo' strali infesti
17.2fussero a pastoral rustico petto,
17.3non sendo quei di Giove unqua molesti
17.4a l'ignobil capanna, al basso tetto?
17.5Ma poi che far, oimè! tu pur volesti
17.6così vil pruova in così vil suggetto:
17.7non dovevi il mio core in luoco porre
17.8u' senza speme ognor se stesso aborre.
18.1Tu, perfido signor, tu disleale,
18.2che sotto ombra di ben copri il mal vero,
18.3oggetto desti impare e diseguale,
18.4onde a pieno m'affliga, al mio pensiero.
18.5Deh! mie stelle crudeli, or quando tale
18.6scempio fu visto e così strano e fero?
18.7Ché dove in altri amor da speme nasce,
18.8dal non sperar in me s'aviva e pasce.
19.1Segue il rozo monton la pecorella,
19.2scorto da speme, per gli erbosi campi;
19.3segue il colombo a la diurna stella
19.4la cara amica ed a' notturni lampi;
19.5combatte il toro a la stagion novella
19.6da speme tratto, e par che d'ira avampi:
19.7sempr'è speranza, ov'è d'amor il foco,
19.8quella in me no, ma sì ben questo ha loco. —
20.1Mentre in soavi note ei si dolea,
20.2stava Rinaldo a le querele intento,
20.3e la pietà che del fanciullo avea
20.4maggior in lui rendeva il suo tormento,
20.5ch'a pensar ai suoi casi il conducea,
20.6al suo perduto bene, al gaudio spento.
20.7Poi che si tacque, a lui cortese disse,
20.8le luci avendo nel bel volto fisse:
21.1— Vago garzon, che 'n sì bel modo fuora
21.2mostri l'alto dolor che in te s'asconde,
21.3e ti lagni d'amor, ti lagni ancora
21.4de l'empie stelle a te poco seconde,
21.5e nel tuo lamentar parte tallora
21.6tocchi de le mie piaghe alte e profonde:
21.7deh! se il ciel ed Amor ti sia cortese,
21.8la cagion del tuo duol fammi palese.
22.1Io sono un cavalier cui similmente
22.2è il destino ed Amor crudo e spietato,
22.3ché vivo ognora in mezzo 'l fuoco ardente,
22.4poco a me stesso e meno ad altri grato.
22.5Narra dunque il tuo duol securamente
22.6ad uom che da egual pena è tormentato,
22.7perché recar ciascun dessi a guadagno
22.8ne le sventure sue trovar compagno. —
23.1A quei detti cortesi il giovinetto,
23.2verso Rinaldo alzando il viso bello,
23.3per cui rigando il puro avorio schietto
23.4scendea nel grembo un tepido ruscello,
23.5gli disse: — Cavalier, s'hai pur diletto
23.6d'udir quanto Amor siami iniquo e fello,
23.7e quanto la Fortuna empia ed acerba,
23.8dal corsier scendi e posati in su l'erba;
24.1ch'io te 'l dirò, poiché, qual dici, sei
24.2servo d'Amore, ed ei di te fa scempio.
24.3Ma vedrai bene al fine che i casi miei
24.4son senza paragone e senza essempio,
24.5e che quel duolo onde gir carco déi,
24.6è null'a par del mio gravoso ed empio.
24.7Ben caro avrò che tu mi narri poscia
24.8qual passion t'affliga e quale angoscia.
25.1Là dove già l'alta Numanzia sorse,
25.2ch'osò ben spesso al gran popol romano
25.3co l'intrepido ferro audace opporse,
25.4e fe' del latin sangue umido 'l piano,
25.5dove or per abitar usan raccôrse
25.6solo i pastor del territorio ispano,
25.7nacqui io, ma sotto stella iniqua e ria,
25.8del più ricco uom ch'in quelle parti sia.
26.1Siede ivi un tempio a maraviglia adorno,
26.2ch'a Venere sacrar nostri maggiori,
26.3dove sempre di maggio il primo giorno
26.4vengono cavalier, vengon pastori,
26.5donne e donzelle dal vicin contorno
26.6a porgere a la dea solenni onori;
26.7né questo antiquo stil ponto è dismesso,
26.8perch'or s'adori il gran Macone in esso:
27.1anzi premii son posti a qual più dotta
27.2gagliarda mano il pal di ferro tira,
27.3a chi il nemico al gioco della lotta
27.4con maggior forza ed arte alza e raggira,
27.5a chi con l'arco di più certa botta
27.6ferisce il segno, ov'altri indarno mira,
27.7a chi con ratto piè gli altri precorre,
27.8a chi la lancia più leggiadro corre.
28.1Le donne poi, che son di basso stato,
28.2menano insieme vaghe danze a gara;
28.3l'altre ch'in maggior grado ha 'l ciel locato,
28.4e che di stirpe son nobile e chiara,
28.5si baciano a vicenda; e chi più grato
28.6il bascio porge, in ciò più dolce e cara
28.7a giudizio commun rapporta il pregio,
28.8ch'orna la sua beltà di nuovo fregio.
29.1Soleano già, quando concesso ei n'era
29.2da' secoli miglior più libertate,
29.3i giovanetti ch'a la primavera
29.4erano giunti di lor verde etate,
29.5anch'essi intrar confusamente in schiera
29.6con le vaghe donzelle inamorate,
29.7e insieme gareggiar nel dolce gioco:
29.8ma ciò l'uso corresse a poco a poco.
30.1Avenne, ed or passato è il secondo anno,
30.2ché i dì non sol, ma l'ore in mente anch'aggio,
30.3ch'al tempio venne per mio eterno danno
30.4la vaga Olinda il dì primo di maggio:
30.5la vaga Olinda, mio gravoso affanno,
30.6c'ha bellissimo il volto, il cor selvaggio,
30.7Olinda ch'è del nostro re figliuola,
30.8di cui chiaro romor per tutto vola.
31.1Lasso! non prima in lei gli occhi affisai,
31.2che per l'ossa un tremor freddo mi scorse.
31.3Pallido ed aghiacciato io diventai
31.4allora, e fui de la mia vita in forse;
31.5quasi in un tratto ancor poi m'infiammai,
31.6e contra il giel l'ardore il cor soccorse,
31.7spargendo il volto d'un color di fuoco,
31.8né dentro o fuor potea trovar mai luoco.
32.1Non conobbi io l'infirmità mortale
32.2a segni, ohimè! ma nel bel volto intento,
32.3misero! dava a l'amoroso male
32.4esca soave e dolce nutrimento.
32.5Ben me n'avidi al fin, ma che mi vale,
32.6s'ogni rimedio era già tardo e lento,
32.7ed ogni sforzo van, ché 'l crudo Amore
32.8s'era in tutto di me fatto signore?
33.1Conosceva il mio error, vedeva aperto,
33.2quanto a lo stato mio si sconvenisse
33.3in donna di tal sangue e di tal merto
33.4l'insane voglie aver locate e fisse,
33.5e che era ben per sentiero aspro ed erto
33.6fuggir pria ch'altro mal di ciò seguisse:
33.7ma mi sforzava il micidial tiranno
33.8gir volontario a procacciarmi danno.
34.1Non così fonte di chiar'acqua pura
34.2a stanco cervo ed assettato aggrada,
34.3né tanto al gregge il prato e la pastura
34.4piace ch'è sparsa ancor da la rugiada,
34.5né tanto il rezo e la fresca ombra oscura
34.6a peregrin ch'errando il luglio vada,
34.7quanto sua dolce vista a me piacea,
34.8bench'ella fosse di mia morte rea.
35.1L'ora de' giuochi era venuta intanto,
35.2ed al palo tirar si cominciava,
35.3e già fra gli altri omai la palma e 'l vanto
35.4un gagliardo pastor ne riportava.
35.5Siegue la lotta: io che mostrarmi alquanto
35.6al mio gradito amor pur desiava,
35.7corro al certame; e tal fu la mia sorte
35.8che giudicato fui d'ognun più forte.
36.1Si giostrò poscia, e i giuochi anco si fêro
36.2de le donzelle; ed io che vidi allora
36.3molte che baci a la mia donna diero,
36.4e che gli ricever più cari ancora,
36.5arsi di dolce invidia, e col pensiero
36.6mi formai grate frodi ad ora ad ora,
36.7perché mi parve, inganno aventuroso,
36.8d'esser fra loro al bel gioco amoroso.
37.1Ultimamente al corso poi si venne,
37.2di cui teneva Olinda il pregio in mano;
37.3io m'accinsi al certame, e non ritenne
37.4il corpo stanco l'appetito insano.
37.5M'aggiunse ai piedi Amor veloci penne,
37.6e mi rendè l'andar facile e piano,
37.7tal che gli altri precorsi, e giunsi dove
37.8sedean l'alte bellezze altere e nove.
38.1Come fui sì vicino al mio bel sole,
38.2un gelato tremor tosto m'assalse,
38.3tal ch'io mi dibattea sì come suole
38.4tenero giunco in riva a l'acque salse.
38.5Quasi lasciò le membra vuote e sole
38.6l'alma, che gli occhi bei soffrir non valse.
38.7Al fin mi porse Amor cotanto ardire
38.8che 'n parte sodisfeci al mio desire;
39.1e con sùbita astuzia, di cadere
39.2fingendo, nel bel sen quasi mi stesi.
39.3Or chi potria mai dir quanto piacere
39.4e qual dolcezza in quel istante io presi?
39.5Ma non deggio di ciò punto godere,
39.6da poi che fu cagion che più m'accesi:
39.7ché se caldo era pria, non fu in me dramma
39.8da indi in qua se non di fuoco e fiamma.
40.1Poi tolsi il pregio, e lieve in tôrlo strinsi
40.2la man che quel tenea bianca e gentile,
40.3e in questa di rossor le guancie tinsi,
40.4ed a terra chinai lo sguardo umile.
40.5Or veder pòi quant'oltre io mi sospinsi,
40.6io di nissun valore uom basso e vile,
40.7verso dama sì degna e sì sovrana,
40.8e s'Amor mi rendea la mente insana.
41.1Ma già dal ciel Apollo era sparito,
41.2onde ancor seco il mio bel sol spario,
41.3ed io restai di tenebre vestito,
41.4preda del duol che soffro ognor più rio.
41.5Oh pur, oimè! di queste membra uscito
41.6se 'n fusse allor l'infermo spirto mio,
41.7ch'a maggior pene ed a più fera sorte
41.8tolto m'avria quell'opportuna morte.
42.1Quella inquieta notte in quanti e quanti
42.2angosciosi martir, lasso! passai;
42.3quanti trassi dagli occhi amari pianti,
42.4quanti dal petto arsi sospir mandai,
42.5non credendo i celesti almi sembianti
42.6e gli occhi belli riveder più mai:
42.7ma vietò questo per maggior mio male
42.8l'atrocissimo mio destin fatale.
43.1Perciò ch'Olinda, a chi il paese piacque
43.2per lo ciel che temprato era e sereno,
43.3per l'amene selvette e limpid'acque,
43.4e' bei colli che 'l fan vago ed ameno,
43.5perché di caccie, a cui da ch'ella nacque
43.6ebbe il cor volto, è copioso e pieno,
43.7in un castel che signoreggia intorno
43.8tutto il paese, elesse far soggiorno.
44.1E quinci ella uscia poi sovente fuori
44.2coi primi rai, con l'aura matutina,
44.3allor che le verdi erbe e i vaghi fiori
44.4aprono il seno a la celeste brina,
44.5cinta da cavalier, da cacciatori,
44.6e da schiera di dame pellegrina;
44.7ed or seguiva i lepri e i cervi snelli,
44.8or tendea reti ai semplicetti augelli.
45.1Io c'ho tutti i miei dì cacciando spesi
45.2con quei che sono in ciò dotti e maestri,
45.3e ch'era annoverato in quei paesi
45.4tra i più veloci e tra i più cauti e destri,
45.5oltre che sapea i luochi ove son presi
45.6più facilmente gli animai silvestri,
45.7ne la sua compagnia tosto raccolto
45.8fui con grate parole e lieto volto.
46.1Sempre era seco e gli pendea dal lato,
46.2e per felice allor mi riputava,
46.3ch'avea il suo cane a lassa o l'arco aurato,
46.4o la carca faretra io le portava;
46.5felicissimo poi se m'era dato
46.6toccar le veste ond'ella cinta andava.
46.7Così ne vissi insin ch'il solar raggio
46.8portò di nuovo il dì primo di maggio.
47.1Ma 'l crudo Amor, ch'altrui piacer perfetto
47.2non fa sentire, insin ch'al fin s'arriva,
47.3e traendo di questo in quel diletto
47.4l'uom, sempre in lui più il desiderio avviva,
47.5mi sospinse a mortale infausto effetto,
47.6onde ogni mio tormento in me deriva,
47.7e 'l lume di ragion sì mi coperse,
47.8ch'egli dal bene il mal punto non scerse.
48.1Deliberai, feminil vesta presa,
48.2tra le donzelle anch'io meschiarmi, quando
48.3vengono insieme a placida contesa,
48.4l'una soavi baci a l'altra dando,
48.5per poter poscia, oh temeraria impresa!
48.6cagion ch'or sia d'ogni mio bene in bando,
48.7congiunger con la mia la rosea bocca,
48.8onde Amor mille strali aventa e scocca.
49.1E mi pensava ben poter ciò fare
49.2sicuramente, perché 'l pelo ancora,
49.3che suol più ferma età seco apportare,
49.4non mi spuntava da le guancie fuora.
49.5Vesti trovai d'oro fregiate e care,
49.6e molti altri ornamenti in poco d'ora;
49.7e solo il tutto ad un compagno dissi,
49.8con cui d'estremo amor congionto vissi.
50.1Così al tempio ne venni ove si fêa
50.2l'amoroso duello, e già col volto
50.3in un candido vel, quanto potea
50.4senza sospetto dar, chiuso ed involto.
50.5De le donne lo stuol che concorrea
50.6insieme al dolce gioco era sì folto,
50.7che non fu chi 'l mio nome a me chiedesse,
50.8o in conoscermi pur cura prendesse.
51.1Onde tra lor sicuro io mi meschiai,
51.2donna creduto da le donne anch'io.
51.3Molte abbracciai di lor, molte basciai
51.4con poca gioia e con minor disio,
51.5sin ch'ad Olinda al fin pur arrivai,
51.6stabile oggetto d'ogni pensier mio,
51.7cui com'edera tronco il collo cinsi:
51.8indi le labbra disiose spinsi.
52.1Con voglia così ingorda affettuosa,
52.2con sì fervidi baci e con sì spessi,
52.3spinto da forza interna ed amorosa
52.4ne le sue labbra le mie labbra impressi;
52.5ch'allor quasi stupita e sospettosa
52.6ella fissò ne' miei gli occhi suoi stessi,
52.7onde io cangiai pur nel medesmo istante
52.8in color mille il timido sembiante.
53.1Il che forse il sospetto a doppio rese
53.2maggiore in lei di quel che prima egli era,
53.3tal che più fiso a rimirarmi prese,
53.4ed al fin mi conobbe, ahi, sorte fera!
53.5onde le luci di furore accese.
53.6Disse con voce in un bassa ed altera:
53.7“Come a tal tradimento unqua pensasti?
53.8Come, falso villan, tant'oltra osasti?
54.1Sgombra orsù via di qua, togliti ratto
54.2dal nostro regno, e più non t'accostarli;
54.3e s'a l'audace o scelerato fatto
54.4quelle pene non do che dovrei darli,
54.5e sì placidamente ora ti tratto,
54.6fo per non dar materia onde altri parli:
54.7ben la tua morte a me saria gradita,
54.8non meno, anzi via più de la mia vita.”
55.1Ma perché, lasso! ti racconto a pieno
55.2quel che duro già fu tanto a patire?
55.3E ch'or è duro a ricordar non meno,
55.4sì che 'l cor sento in mille parti aprire.
55.5Uccider mi vols'io, ma pose freno
55.6a la man disperata ed al desire,
55.7dopo molta fatica e mille preghi,
55.8quel mio compagno a cui null'è ch'io neghi.
56.1Ed a venir in Francia ei mi dispose,
56.2ov'è, se pur il ver la fama dice,
56.3un antro a cui fra l'opre alte e famose
56.4null'altro al mondo oggi agguagliarsi lice;
56.5ch'ivi a' suoi servi le future cose
56.6da un aureo simulacro Amor predice,
56.7e con certe risposte util consigli
56.8dà ne l'aversitati e ne' perigli.
57.1Ed oggi a punto, allor che s'apre il giorno,
57.2tra via mi disse uom vecchio e peregrino,
57.3che quinci presso sotto un colle adorno
57.4giacea lo speco, e m'insegnò il camino.
57.5Or dimmi tu, guerrier, qual danno o scorno
57.6ti faccia Amor o 'l tuo crudel destino:
57.7ch'ambo da poi n'andremo al loco sacro
57.8per richieder consiglio al simulacro. —
58.1Rinaldo i casi suoi più brevemente
58.2narrogli, e 'nsieme poi la via pigliaro;
58.3né molto gir ch'altero ed eminente
58.4il colle e poi lo speco ancor miraro.
58.5Occupava l'entrata un foco ardente;
58.6alta colonna di forbito acciaro
58.7gli stava a dirimpeto in terra fitta,
58.8e v'era tal sentenza in carmi scritta:
59.1“A' leali d'Amor concesso è 'l passo,
59.2agli altri no, per mezo il vivo foco.”
59.3Era 'l colle d'un netto e vivo sasso,
59.4vago e lucente del color di croco,
59.5opra d'incanto, e dimostrava al basso,
59.6tutte scolpite in apparente loco,
59.7le vittorie d'Amor, gli alti trofei,
59.8ch'egli acquistò contra celesti dei.
60.1Florindo, ch'il pastor tal nome avea,
60.2ch'era ne l'amor suo fido e leale,
60.3sùbito entrò dove più il foco ardea
60.4con grand'ardire a la gran fede eguale;
60.5ed andar per un aere a lui parea,
60.6sottilissimo e puro e forse quale
60.7è l'elemento men condenso e greve,
60.8ch'agli altri sorvolò spedito e lieve.
61.1Il cavalier che rimirava intento
61.2de' favolosi dei gli antichi amori,
61.3entrar vedendo senza alcun spavento
61.4Florindo tra le fiamme e tra gli ardori,
61.5a seguirlo non fu pigro né lento,
61.6ma 'l feroce destrier lasciando fuori
61.7a Vulcan si credette: indi per quello
61.8entrò sicuro nel sacrato ostello.
62.1Da tre leggiadri e vaghi sacerdoti
62.2ch'a la cura del loco erano eletti,
62.3del faretrato arcier fidi e devoti,
62.4ambi furo raccolti i giovinetti,
62.5ed a l'altar menati, u' preghi e voti
62.6dovean porger al dio con puri affetti,
62.7come da quei ch'ivi gli avean condutti
62.8erano a pieno ammaestrati e instrutti.
63.1Ma il paladino in cui verace fede
63.2per rara grazia ognor cresce ed abonda,
63.3ciò si sdegna di far, perché non crede
63.4che divin nume in sé quel or nasconda,
63.5ma spirto aereo o de l'inferna sede,
63.6che narrando il futuro altrui risponda:
63.7onde in disparte alquanto ei si ritira,
63.8e 'l vaneggiar di quei tacendo mira.
64.1E ben avria l'idol, sdegnato alquanto,
64.2ogni risposta al cavalier negato,
64.3ma da Merlino allor, che fe' l'incanto,
64.4a risponder mai sempre ei fu sforzato;
64.5e per simil cagion, tanto né quanto
64.6del ver tacer altrui gli era vietato:
64.7ché 'l saggio mago il tutto già previsto
64.8e similmente al tutto avea provisto.
65.1Un candido torel, che sotto 'l peso
65.2del grave aratro non gemeva ancora,
65.3ed avea nuovamente il petto acceso
65.4di quel soave ardor che n'inamora,
65.5sendo a giacer sovra l'altar disteso,
65.6sacrificaro al dio ch'ivi s'adora;
65.7ed a te poscia, o sua vezzosa madre,
65.8due colombe bianchissime e leggiadre.
66.1Finito il sacrificio, ecco si scuote
66.2lo speco, e par che 'l suol dal fondo treme;
66.3e con strano romor di voci ignote
66.4tutto d'intorno omai rimbomba e geme:
66.5così s'Austro lo fiede e lo percuote,
66.6il mare irato orribilmente freme.
66.7Crolla la statua il capo e batte l'ali,
66.8sonangli a tergo l'arco e gli aurei strali.
67.1Quinci il dio così poi la lingua scioglie:
67.2— Segui, Rinaldo, il tuo desir primiero
67.3di venir chiaro in arme; e fia tua moglie
67.4Clarice allora, e pago il tuo pensiero.
67.5Fu Malagigi, a ciò che più ti invoglie
67.6a l'onorato marzial mestiero,
67.7quel che sul carro te la tolse, e poi
67.8salva ed illesa l'ha renduta a' suoi.
68.1E tu, Florindo, segui l'arme ancora,
68.2ché esse ti conduranno al fin bramato,
68.3perché, se ben no 'l sai né 'l cognosci ora,
68.4sei di sangue reale al mondo nato. —
68.5Ad oracolo tal rimase allora
68.6dubioso ognun di lor, ma consolato,
68.7e scacciò de' martir la schiera folta
68.8che intorn'intorno al cor se gli era accolta.
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