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1.1– Sì come è donator di la letizia
1.2sacco col delettoso suo liquore,
1.3ch'a chi tropo ne beve dà tristizia,
1.4gustandolo con modo alegra il core,
1.5e chi superchio poi talor ne prende
1.6gli noce ne la vita e ne l'onore,
1.7così chi del desio troppo si accende
1.8dil guadagnar, quella ansietà eccessiva
1.9come fa il vino il core umano offende:
1.10di probitate e caritate il priva,
1.11né di la fama sua più si ne cura,
1.12tanto gli è quella sete d'or nociva.
1.13E così cangia quel desio natura:
1.14di bono in avarazia si converte,
1.15ché l'onestà trapassa e la misura
1.16e sono in quello mille fraudi inserte,
1.17quale hanno guasto il vivere modesto
1.18e hanno al vizio mille strade aperte.
1.19Non è più quasi ormai guadagno onesto
1.20per il falso iudizio de gli umani,
1.21che sol cerca oro e più non cura il resto.
1.22Quanti infortuni e quanti casi strani
1.23per questo a molti intervenir vedete,
1.24sempre summersi in pensier tristi e vani;
1.25e d'oro cessarà l'ardente sete
1.26a quello il qual considerar ben vuole
1.27nostre testure esser di ragno rete!
1.28E chi potesse adimandar al Sole
1.29di questo mondo, quanto il teria vano
1.30sentendo sua risposta e sue parole!
1.31– là dove è quel gran monte, fu già piano –,
1.32direbbe, – e dove è mar, glì fu già sciutto,
1.33e quella terra fu già corpo umano,
1.34e qui un regno già fu, ch'ora è destrutto,
1.35e là un fiume latissimo e profondo,
1.36cui già abondante fonte, or secco è in tutto.
1.37Quel piano così fertile e iocondo
1.38per altri tempi era palude amplissima,
1.39ma recordo non è di quella al mondo.
1.40In questa parte una città bellissima
1.41sedea, ch'ora di lei non s'ha memoria,
1.42e molto populata fu e ricchissima.
1.43Quivi ebe un tal monarca una vittoria,
1.44che 'l tempo ingordo ha la sua fama estinta,
1.45né più di gesti soi si lege istoria.
1.46Così dal tempo è ancor la fama vinta –.
1.47O amici, se ben longo secul giova
1.48di lauro aver la dotta fronte cinta,
1.49quanti poemi fur, ch'or non si trova
1.50indizio alcun di lor, ché 'l tempo edace
1.51consuma il tutto, come ancor renova!
1.52Quanti bei visi ha già l'ora fugace
1.53guasti coi nomi soi famosi e chiari,
1.54più che quel per cui Troia a terra iace!
1.55Quante arte, quanti ingegni singulari
1.56estinti son, ché alcun vestigio loro
1.57più non appare e già furno preclari!
1.58Quante età belle più che quella d'oro
1.59sono passate, quante religioni
1.60mutate con altri inni e altro coro!
1.61Non son perpetui di Fortuna i doni,
1.62perché il tutto mutabile si vede,
1.63senza che più con voi qui ne ragioni:
1.64però chi troppo gli ama e a lei crede,
1.65se ritrova ingannato in spazio breve,
1.66ché ogni cosa a la fine al tempo cede.
1.67Chi una gran massa facesse di neve,
1.68farla durar credendo eternamente,
1.69certo sarebbe troppo insano e leve;
1.70e così debbe l'om saggio e prudente
1.71stimar le cose sol quanto conviene
1.72e amar quelle poi modestamente.
1.73Ma quasi ognuno ormai pazza mi tiene,
1.74per dire il vero, e il vulgo mi è inimico,
1.75qual tien bona fortuna il sommo bene:
1.76e se pur ora in vano io mi affatico,
1.77come a Casandra al fin poi crederanno
1.78per esperienza a quel che qui vi dico,
1.79e come il villan fa meco faranno,
1.80che non crede a' recordi del patrone,
1.81fin che creder convengli con suo danno,
1.82ché non gli può caper sotil raggione
1.83nel rude petto e il suo mal costume
1.84segue con ostinata opinïone.
1.85Non terrà la Fortuna per suo nume
1.86chionque gli orechi a mie parole presta
1.87e chiara fa sua mente col mio lume,
1.88vita non sprezzarà proba e modesta,
1.89né patirà per aver oro quello
1.90sia maculata la sua fama onesta
1.91ma con virtù si farà ricco e bello –.
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