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1.1Procedendo parlava la matrona
1.2e dicea: – Poi che pel iudizio umano
1.3richezza e onor son la fortuna bona
1.4e povertà l'avversa, saria insano
1.5chi negasse Fortuna esser creata
1.6da quel iudizio, perché è chiaro e piano.
1.7E esser da l'umana opinion nata
1.8chi 'l negarà, però che chiar si vede
1.9per l'opinion richezza ad ognun grata?
1.10A pena il fanciullin può stare in piede,
1.11che a quella il patre lo comincia indure,
1.12né poter dargli cosa meglior crede.
1.13Quanti da poi in le sue età mature,
1.14per aver solamente a quello ateso,
1.15fra dotti ingegni stan come sculture,
1.16e non è sopra a terra il più vil peso
1.17di lor, né cosa al mondo altra far sanno,
1.18ché in l'arte sua solo hanno il tempo speso.
1.19E pur son reveriti e gonfi vanno
1.20di lor richezze, e dignitate e onore
1.21per le divizie sue fra' mortali hanno:
1.22però donde proceda questo errore
1.23vedeti chiaro senza ch'io vel dica,
1.24ché 'l ceco Pluto sol gli fa favore.
1.25Ognuno per il premio si affatica
1.26e chi per una e chi per altra via
1.27cerca de farsi la Fortuna amica:
1.28quel mercatante astuto va in Soria,
1.29quello altro per divizie moglie prende
1.30e a nulla guarda pur che ricca sia;
1.31quello altro sempre ad ingannar attende,
1.32quello altro va a la guerra e quello al foro
1.33e questo de robbar più ognor si accende;
1.34quello altro artegian poi di suo lavoro
1.35cerca di accumular con molta cura:
1.36al fin tutto si fa per avere oro –.
1.37Disse il Curzio: – O donna saggia e pura,
1.38responde, se ti piace, al chieder mio,
1.39e chiarisse mia mente alquanto oscura:
1.40dico che chi levasse quel desio
1.41dil guadagnare fuor de gli uman petti,
1.42sarebbe il mondo guasto e in stato rio.
1.43Industria che fa accuti gl'intelletti
1.44non saria al mondo, e tante cose belle
1.45mancarian tutte e tanti ingegni eletti,
1.46né sarian stati Scopa, Fidia, Apelle
1.47famosi, ché per l'opre sue preclare
1.48il nome suo si alzò fine a le stelle;
1.49né sarian l'onde dil piscoso mare
1.50dal mercator solcate, per volere
1.51con esterne nazioni conversare;
1.52le oriental richezze a mio piacere
1.53in ne la nostra eccelsa e gran cittate
1.54io non potrei (come ora posso) avere;
1.55non sarian le campagne cultivate,
1.56cessarebben tante arti e ornamenti,
1.57per quali le città son così ornate:
1.58non udirian più musici istrumenti,
1.59tante nove invenzion di giorno in giorno
1.60più non apparireben fra le genti.
1.61Non ebbe mai il mondo un magior scorno,
1.62se tal desio cessasse infra' mortali,
1.63per il qual sol mi par ch'io il veda adorno:
1.64sarebbeno gli uman come animali
1.65bruti e inerti e sempre mai oziosi,
1.66menando vita come irrazionali.
1.67Se donque tanti ingegni industrïosi
1.68fra noi per quel desio sono comparsi,
1.69che sarian stati in tutto ottusi e ascosi,
1.70quando si vede alcun poi delettarsi
1.71di quel, non merta biasmo al mio parere,
1.72anzi da ognuno doveria laudarsi –.
1.73Poi suggionse: – Madonna, arei piacere
1.74s'hai altra opinïon, mi festi chiaro,
1.75ché ogni diletto mio ho nel sapere –.
1.76E ella a lui: – Amico, ho troppo caro
1.77far cosa che ti piacia, e in questa amena
1.78ripa sediamo tutti quatro a paro,
1.79ché andando il favellare è troppo pena;
1.80e tutti meco qui reposarete
1.81fin che la mente tua faccia serena:
1.82diletto il spirto e il corpo arà quiete,
1.83mentre ch'io parlarò, e poi sedendo
1.84quel che dir voglio meglio intendarete –.
1.85E così mezzo tutti tre tenendo
1.86la bella scorta nostra, ognun sedeva
1.87mirando nel suo aspetto reverendo,
1.88e come il sol suo viso reluceva,
1.89e quale alme beate, in quella luce
1.90sommo diletto ognun di noi prendeva.
1.91Così cominciò poi la nostra duce:
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