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CXCII

Rime

PoeTree.it

1.1Nelle fiorite piagge, e fertil piano
1.2d'ombrose selve e folti boschi pieno,
1.3che la bell'Adda press'Insubria bagna,
1.4Pan dio d'Arcadia venne, poi che 'n vano
1.5seguì Siringa che d'Amor il seno,
1.6superba e ritrosetta, discompagna.
1.7E 'n la ricca campagna,
1.8d'antiche quercie in mezz'ai santi orrori,
1.9l'albergo elesse e eterno nome diede
1.10al bel Pandino, erede
1.11oggi di più felici e veri onori,
1.12di virtù nido e seggio a casti Amori.
2.1Quivi la bella e glorïosa donna,
2.2ch'a' nostri giorni di virtute e grazia,
2.3e di beltate albergo si ritrova,
2.4stassi con sparso crine in nera gonna
2.5e sol di lagrimar s'appaga e sazia,
2.6tant'in lei doglia il duol ognor rinova,
2.7il duol a cui non giova
2.8altrui conforto: sì l'affligge e sface
2.9la morte di un figliuol, tal ch'ella suole,
2.10dall'uno all'altro sole,
2.11piagnendo sempre priva d'ogni pace
2.12starsi, qual neve al sol che si disface.
3.1Onde chiavate insieme ambe le mani,
3.2con gli occhi fissi al ciel si lagna e grida,
3.3tal ch'a pietate il marmo può piegarse.
3.4E dice sospirando: – ahi sciocchi e vani
3.5nostri pensieri, e pazzo chi si fida
3.6in ciò ch'ogni momento suol cangiarse!
3.7Invide Parche e scarse,
3.8che 'l caro mio figliuol sì tosto a morte
3.9tiraste, con sì duro e orrendo caso,
3.10che dall'orto all'occaso
3.11del sol, non fu già mai sì fiera sorte
3.12tra quanti qui n'ancide l'empia morte.
4.1Come non puotè in me tanto la doglia
4.2ch'i' ne morissi, allor ch'i' vidi il sangue
4.3da quelle membra uscir sì caldo fore?
4.4I' vidi, ahimè, la pargoletta spoglia
4.5d'alto cadendo pallidetta e esangue
4.6restar come tra l'erbe un secco fiore.
4.7Ben è ver che non more
4.8di doglia alcun. I' pur dovea morire
4.9allor che 'l vidi. I' pur morir dovea
4.10quando mancar vedea
4.11il caro mio figliuolo in tal martìre,
4.12che 'n me non può per tempo mai finire.
5.1Questa è pur doglia, ch'ogni doglia avanza;
5.2e sovra ogni credenza in me può tanto,
5.3ch'i' ne torrei morir per minor pena.
5.4E peggio si è, che for d'ogni speranza
5.5i' vivo, che cessar mai debbia il pianto
5.6ch'esce dagli occhi miei con larga vena.
5.7Ahi vita amara, e piena
5.8d'aspri tormenti! I' veggio ben ch'omai
5.9sperar non debbo più diletto o gioia,
5.10ma sol angoscia e noia,
5.11che con dogliosi e sempiterni lai,
5.12mi tengan sempre fin ch'io viva in guai.
6.1Ché se per morbo il mio figliuol la vita
6.2finit'avesse, a poco a poco quale
6.3suol avvenir in tal' età sovente,
6.4forse ch'all'aspro mio dolor aìta
6.5darei. Ma quand'i' penso all'alte scale,
6.6cagion della rovina sì repente,
6.7mancami allor la mente,
6.8né come viva resti dir saprei.
6.9Ahimè figliuolo, ahimè figliuol mio caro,
6.10in tanto duol amaro
6.11il resto lasci delli giorni miei,
6.12che se morta non fossi i' ne morrei.
7.1Or quando mai potrò, figliuol, vederti,
7.2che senza te la vita non m'aggrada,
7.3ove mai sempre il cor doglioso geme?
7.4Lassa, che non feci io per ritenerti?
7.5Ma non puotè Esculapio, o Apollo, a bada
7.6l'alma tener in tante doglie estreme.
7.7Non valse il colto seme
7.8a piena luna, e meno il suco d'erbe,
7.9né tra le pietre il verde e fin smeraldo.
7.10Né lo bel diaspro il caldo
7.11sangue fermò, che dalle piaghe acerbe
7.12correa, qual rio che larga vena serbe.
8.1Ind'io mirando que' begli occhi, quelli
8.2occhi tuoi dolci,ombrar eterna notte,
8.3e 'l dolce ragionar finir in tutto,
8.4più di te morta, i già leggiadri e belli
8.5lumi bagnai, con lagrime interrotte
8.6da fier singhiozzi e sospiroso lutto.
8.7E 'l viso bel distrutto,
8.8e la soave bocca in ogni lato
8.9baciai più volte, stand'intenta allora
8.10ch'uscisse l'alma fora,
8.11acciò cogliessi almen lo spirto amato
8.12sulle tue labbra con l'ultimo fiato.
9.1Dunque, figliuol, l'acerbo mio cordoglio
9.2s'hai teco quell'amor che 'n terra avevi,
9.3mira dal ciel, e vieni a consolarmi.
9.4Tu sai che giustamente pur mi doglio,
9.5da poi che fur i giorni tuoi sì brevi,
9.6ch'assai più tempo lieta dovean farmi.
9.7Ahimè, perché donarmi
9.8non volle grazia il ciel, ch'a questo passo
9.9teco, figliuol à–. Qui tacque, né più disse:
9.10ch'ambe le luci fisse
9.11al ciel avendo, il corpo quasi casso
9.12parve di vita, ed ella farsi un sasso.
10.1Turbosse allor il cielo
10.2per non veder che 'l cor di duol si svella
10.3fra le più belle donne alla sì bella.
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