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1.1Perché sì tardi a noi ritorni, o Crati?
1.2Quattro giorni son già, che la tua rete
1.3Senza te sovra i remi al lito pende.
2.1Più tosto io non potei: cotanto irati
2.2Soffiaro i venti e fur l’onde inquiete,
2.3Che sapendo qual fé dal mar s’attende,
2.4Scioglier non volli da Pozzuolo il legno;
2.5Né men venir potea scorto dal piede,
2.6Fatto per gli anni grave in tutto e lento.
3.1Lasciar più senza te ben era indegno
3.2Questa piaggia gentil, di cui non vede
3.3Più bella il sol, né fiede l’onda o ’l vento.
4.1Già mi piacque pescar per queste arene:
4.2Or son a tal, che volentier vorrei
4.3Girmene a qualche alpestra erma pendice.
4.4Passata è la stagion che le Sirene,
4.5Che Teti e Proteo e Glauco e gli altri Dei
4.6Si stavan qui nel buon tempo felice.
5.1Di’, Crati mio, così non torni mai
5.2Vota dal mar la rete, e sempre sia
5.3Fortuna al tuo desir larga e cortese,
5.4Onde fu il luogo in pregio? io so che l’hai
5.5Pur a mente e nel core; et onde pria,
5.6Che ben tu ’l puoi sapere, il nome prese?
6.1Posson cotanto in me le tue parole,
6.2Caro Melanto, e tale è l’immortale
6.3Memoria de la ninfa onesta e bella,
6.4Ch’io tel dirò, mentre ne vieta il sole
6.5Quest’elce, s’or pur mi rimembra tale
6.6Qual l’udi’ ne l’età fresca e novella.
7.1Leucopetra fu già tra le marine
7.2Ninfe la più leggiadra e la più fera,
7.3Di cui la riva intorno e gli orti e ’l prato,
7.4E l’antro che qui vedi, e le vicine
7.5Acque del puro fonte, e ’l bel luogo era.
7.6Di costei, come volse Amore e ’l fato,
7.7Arse Vesevo, et arse ancor Sebeto
7.8Di Partenope figlio e di Nettuno,
7.9E di Vulcano l’altro e di Resina:
7.10E benché fu l’ardor lungo e secreto,
7.11Né mai voce di pianto, o priego alcuno
7.12Piegaro la donzella aspra e ferina,
7.13Anzi l’ira crescea con la bellezza
7.14Che fea le fiamme altrui più vive ardenti,
7.15Onde a ragion da l’altre sue compagne
7.16Pietra chiamata fu da la durezza;
7.17Gli afflitti amanti di dogliosi accenti
7.18Empìano intanto i liti e le campagne;
7.19Né mostro in mar sì novo e sì crudele
7.20Rimase, o scoglio pur sì duro intorno,
7.21Ch’a pianto et a pietà non si movesse
7.22De l’amorose lor triste querele.
7.23Ecco che per l’arena uscita un giorno,
7.24Lasciando fiamme ne’ vestigi impresse,
7.25Cogliendo conche gir sola e romita
7.26Vider la ninfa, e spinti dal desire
7.27Che mosse il piè le son da presso inseme,
7.28Con lagrime e sospir chiedendo aita
7.29Al troppo indegno lor grave martire.
8.1Vorria fuggir la giovenetta; e teme
8.2Che non procacci a se medesma danno.
8.3Infra due sta sospesa; or ferma or spinge
8.4Il piè più oltra; al fin fatta secura
8.5Da la desperazione e da l’affanno
8.6Che in lei varii pensier forma e dipinge
8.7(E pensando divien più sorda e dura,
8.8Anzi più cruda a se stessa e nemica),
8.9Fugge pallida e smorta, ancor che tarda
8.10Fuggir le par, ché fin porger non pote
8.11A quel che brama, e indarno s’affatica,
8.12Ché l’arena a la fuga il piè ritarda:
8.13E piangendo le guancie e ’l crin percote.
9.1Seguon gli amanti, a cui la speme aggiunge,
9.2Come il timor a lei, più lena e forza;
9.3Ma di costoro è più veloce il corso,
9.4Perché lo spron d’amor gli spinge e punge.
9.5Ella in van di campar s’ingegna e sforza,
9.6Ch’or l’un l’è sovra or l’altro, e pur soccorso
9.7Chiama, né mai verun soccorso appare.
9.8Già già par che la stringa or quegli or questi.
10.1Da la fatica al fin vinta ritenne
10.2Il passo, e stanca poi ne viene al mare,
10.3E dice: «O Dio, se mai priego intendesti,
10.4A cui lo scettro in alta sorte venne
10.5De l’ampio ondoso regno, odi il mio solo;
10.6E voi, o figlie di Nereo, ch’alzate
10.7Da l’onde il capo al suon de la mia voce,
10.8Movete ogni onda, e sia fine al mio duolo,
10.9Che venga ad inghiottirmi, o pur cangiate
10.10Quel solo in me, che sì m’offende e noce».
11.1Né disse più, ché fu tronca e percossa
11.2La preghiera dal pianto; e già rivolto
11.3Per tuffarsi ne l’acque avendo il passo,
11.4Ecco le corre un giel per mezzo l’ossa,
11.5Et immobil divien: ché ’l petto il volto,
11.6Fatta exangue e già grave, un novo sasso
11.7Le copre e cinge; e come vedi ancora
11.8In testimon di sua durezza eterno,
11.9Ignuda e Bianca Pietra appare in vista.
12.1Restan, com’ella, fredda selce allora
12.2I gioveni infelici, e sì l’interno
12.3Martire occupa i sensi, e sì gli attrista,
12.4Che pur non sanno ben come dagli occhi
12.5Si sia lor tolta, e come aprir le porte
12.6Debbiano al duol che li consuma et ange.
12.7Chiamano il ciel crudel, crudeli e sciocchi
12.8Chiaman se stessi, e più crudel la morte
12.9Che ’l filo al viver lor non tronca e frange.
12.10Aman la pietra ancor, né mai baciarla
12.11Restan dintorno; e mentre l’un col pianto
12.12La bagna, co’ sospir l’altro l’asciuga,
12.13E s’hanno ardir talor pur di toccarla,
12.14Senton sotto l’alpestro e duro manto
12.15Di lei, che trema ancor, l’antica fuga.
12.16Né di tante fatiche altro lor resta,
12.17Che voglia di morir, né questo ponno
12.18Pur impetrar dal ciel, che giunga a riva:
12.19Che quanto più la vita aspra e molesta
12.20Cercan finir fuggendo il cibo e ’l sonno,
12.21Tanto la vita al duol sempre è più viva;
12.22Né veggion sì riposta arena o scoglio
12.23Ove l’amato e bel nome scrivendo
12.24Non vadan sempre, e ’n questa e ’n quella parte
12.25Lascian memoria ognor d’alto cordoglio
12.26Con lamenti e sospir l’aria rompendo.
13.1Ma perché dir non posso a parte a parte
13.2Quel ch’avenne di lor, ché già dal cielo
13.3Cadut’è l’ombra, un altro dì t’aspetto,
13.4Ma non senza però nassa o tridente,
13.5Ad ascoltar, se pur dai fede al pelo,
13.6E ne fie quest’arena e seggio e letto.
14.1Ahi cor di smalto, ahi cor che nulla sente!
14.2Et è pur dunque ver che in sì tranquilla
14.3Piaggia, che in sì bel lito, un tempo nacque
14.4Ninfa crudel più di Cariddi e Scilla?
14.5Si partì l’uno e l’altro in tanto, e tacque.
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