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1.1In qual parte del mondo, in qual sì strano
1.2Lito, in qual piaggia sì riposta et erma
1.3Fuggir potrò, ch’Amor meco non vegna?
1.4Amor, che ognor più forte arma la mano
1.5Contra quest’alma al suo ben sempre inferma,
1.6Superbo e lieto di mia morte indegna.
2.1Lasso, che fia di me? dove non sia
2.2Più Galatea, là dove il sol la chioma
2.3Non spiegò mai, n’andrò; forse che ’l laccio
2.4Rallenterà del cor, forse men fia
2.5Grave di miei dolci martir la soma;
2.6Forse ch’arà pur fin mio lungo impaccio.
2.7Ma che parl’io? Dovunque volgo il piede
2.8Mi seguirà la mente innamorata,
2.9E Galatea ne verrà meco inseme;
2.10Galatea, che nel cor donna si siede,
2.11Zoppo il giudicio, e la ragion legata,
2.12Ma ben vivo il desio, morta la speme.
2.13Non è qui sasso o filo d’alga o d’erba,
2.14Non è qui ninfa o pescator, ch’io sempre
2.15Non chiami al mio soccorso, e pure in seno
2.16Porto il foco che ’l cor nasconde e serba;
2.17Foco, che strugge in dilettose tempre,
2.18Né s’addolcisce in parte il mio veneno.
3.1Lasso, talor dopo lungo furore
3.2L’onda si tace e par che ’l mar s’acquete,
3.3E ’l vento posa et è l’aria tranquilla;
3.4Ma l’amorosa tempesta del core
3.5Trovar non può giamai porto o quiete,
3.6Né del gran foco mio scema favilla.
4.1O Galatea, di te mai non mi dolsi,
4.2Né mi voglio doler, né vo’ biasmarti,
4.3Perché m’abbi sommerso in mar di guai.
4.4Dogliomi ben di me, che troppo io volsi
4.5Tutto darmiti in preda, e troppo amarti,
4.6E senza filo in labirinto entrai.
4.7Anzi quanto più ognor procaccio e bramo
4.8Fuggir da la tua mano, e di me stesso
4.9Farmi signor, via più forte e tenace
4.10Legame stringe il core, e via più chiamo
4.11Mercede invan, che tu sempre più presso
4.12Mi sei per tormi e libertate e pace.
5.1O troppo d’Amor leggi inique e torte!
5.2Eri pur dianzi il ben, la gioia, o Meri,
5.3Del gran Tirreno; or morte si sgomenta
5.4Di te, quasi più fiera orribil morte.
5.5Or tutti i tuoi desiri, i tuoi pensieri
5.6Nascon d’amaro, e più non ti ramenta
5.7De la rete né d’altro; or solo e mesto
5.8Ne vai dì e notte; or se’ la noia e ’l duolo
5.9Di tutto il mar, di tutti i pescatori.
6.1Qui se’, Mopso mio caro? Onde sì presto
6.2Ne vieni? Deh, per Dio, lasciami solo,
6.3Ma bene in compagnia di miei dolori.
6.4Già ti vid’io dov’il superbo lato
6.5Miseno stende al mar vago et altiero
6.6Del bel sepolcro e del suo troppo ardire.
7.1Volea gir oltra, e poi tosto chiamato
7.2Fui da Licota, onde cangiai sentiero,
7.3E qui mi vedi; e certo al tuo languire
7.4Vorrei dar fine e sì ’l veder m’attrista
7.5Uom miser di pietà degno e d’aita,
7.6Ch’al tuo soccorso il sangue io spargerei.
8.1Che fia giamai, che la dogliosa e trista
8.2Alma console, o pur tronchi la vita,
8.3Oimè, più lunga assai ch’i’ non vorrei?
9.1Questo, ch’i’ ti dirò, serbalo a mente,
9.2Ch’è prezioso don di caro amico.
9.3S’io sempre al tuo com’al ben proprio intesi,
9.4Giura di non scoprirlo: ecco presente
9.5Nettuno il vede et ode; e quel ch’i’ dico
9.6Non ti potrà giovar, se tu ’l palesi.
9.7Simeta il disse ad Egla: Egla che fue
9.8Non men dotta che bella; Egla mia poi
9.9Me l’insegnò, quando io la nassa a pena
9.10Alzar potea sul legno, et ambedue
9.11Ad Erpili fur mastre, che co’ suoi
9.12Incantesmi stupir fe’ quest’arene.
10.1Forse qui t’ha condotto il mio destino
10.2Perch’io ritorni in libertate, e possa
10.3Campar al fin dagli amorosi scogli.
11.1Discinto e scalzo a quel colle vicino
11.2Corri, e prendi nel sen quelle sette ossa
11.3Di foca ivi disperse, e dopo cogli
11.4Con la man dietro e gli occhi al ciel rivolti
11.5Quell’alga nera e quello assenzio bianco,
11.6E di spuma del mar gli bagna intorno.
11.7Lega tre fili, e poi che inseme avolti
11.8Con tre nodi gli arai tre volte al fianco,
11.9Di questo lito nel sinistro corno
11.10Al pastor di Nettuno alza un altare,
11.11E sovra vi porrai tutte le spoglie
11.12Ch’ella ti diè, che così Proteo vuole.
11.13Poi tutto nudo, ov’è più alto il mare,
11.14T’attuffa, e su risorgi, e con le foglie
11.15Di verbena t’asciuga al novo sole,
11.16E di’ cantando al fin queste parole:
12.1«A te che in fiume, in sasso
12.2Ti muti, in angue, e in foco,
12.3Proteo pastor del mar, su questa riva
12.4I’ alzo questo altare, e dal più basso
12.5Fondo de l’acque invoco,
12.6Perché pietoso del mio lungo affanno
12.7Mi cangi in quel ch’io era oggi è terzo anno,
12.8Quando sciolto ne giva.
12.9Odi, Proteo, odi, Proteo, esci a la riva.
13.1E tu che di quest’onde
13.2Pescator fosti, or Dio
13.3Se’, vecchio Glauco; e voi che per la riva
13.4Ven gite, o ninfe, e voi che ’l mare asconde,
13.5Uscite fuor, mentr’io
13.6Vi chiamo, uscite; e pietà mova e sforze
13.7Amor, perché la fiamma in tutto ammorze
13.8Ch’al cor sempre è più viva.
13.9Odi, Proteo, odi, Proteo, esci a la riva.
14.1Com’io spargo ne l’acque
14.2Queste ossa, e così sparte
14.3Sen vanno in altra piaggia, in altra riva;
14.4Così dal dì che Galatea mi piacque
14.5Or tutti in altra parte
14.6Vadano i miei pensier, tutti i desiri;
14.7Né più la cara libertà sospiri
14.8L’alma d’ogni ben priva.
14.9Odi, Proteo, odi, Proteo, esci a la riva.
15.1Come di mia nemica
15.2Oggi queste spoglie ardo
15.3Sovra l’altar ch’io sacro in questa riva,
15.4Così il desio ch’in me move e nutrica
15.5Un bel sereno sguardo,
15.6In tutto si dilegue; onde d’altrui
15.7Non fia più no, ma quel che dianzi io fui,
15.8Né mal mio grado viva.
15.9Odi, Proteo, odi, Proteo, esci a la riva.
16.1Come quest’alga e quella
16.2di ciascun filo io spoglio,
16.3E questo assenzio spargo in questa riva;
16.4Così te Galatea, da questa ancella
16.5Alma divello e toglio,
16.6E rompo et apro i ceppi e la prigione,
16.7E mi rendo a me stesso, a la ragione,
16.8Di cui donna mi priva.
16.9Odi, Proteo, odi, Proteo, esci a la riva.
17.1Come dispiego e snodo,
17.2Né dopo li raccolgo,
17.3Questi tre fili intorno a questa riva;
17.4Così del cor l’indissolubil nodo
17.5In tutto i’ tronco e sciolgo,
17.6Che fece Galatea d’un bel crin d’oro
17.7Per man d’Amor, del cui vago lavoro
17.8Natura in sé gioiva.
17.9Odi, Proteo, odi, Proteo, esci a la riva’.
18.1Poi che così cantato arai tre volte,
18.2E girato l’altar tre volte, e sparso
18.3Il cenere raccolto, un lauro ancora
18.4Ardi, che suol mostrar le cose occolte;
18.5Il quale a pena fia pur tocco et arso,
18.6Che l’udirai scoppiar tre volte: allora
18.7T’inchina, e ’l don ricevi, e saprai come
18.8In te più Galatea non viva, o regni:
18.9Utile exempio agli altri amanti, e specchio.
19.1Sempre lodato, o Mopso, il tuo bel nome
19.2Sarà da tutti i pescator più degni.
19.3Ecco ch’io t’obedisco, e m’apparecchio.
20.1Va pur, Meri, va pur; troppo guadagno
20.2Farai, prima ch’asconda il sol la fronte.
20.3Io parto: ecco Licota il mio compagno,
20.4Che ne porta per ber l’acqua dal fonte.
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