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Contenzione di Pluto e Iro composta per il magnifico cavagliero mesere Antonio Fregoso Fileremo poeta facondissimo

1.1Un patente olmo dentro a Culturano
1.2alza superbo li suoi rami al cielo,
1.3che fa publica sala a ogni vilano
1.4con la larga ombra del fronzuto velo.
1.5Qui i rozi amanti con sue ninfe a mano
1.6di sudor bagnan spesso il grosso pelo
1.7ballando sotto quel nei giorni estivi,
1.8rusticamente nel danzar lascivi.
2.1Qui il pretor de la villa tien sua banca,
2.2su la qual ministrar iustizia suole,
2.3non dotta e ornata, ma almen pura e bianca,
2.4lui in sedia stando e io fugendo il sole.
2.5Ivi era per posar mia mente stanca,
2.6quando un cieco con alte sue parole
2.7venne da una gran donna lì guidato,
2.8— Ragion! ragion! — cridando a l'iniuriato.
3.1Mentre questo diceva, ecco alor giongere
3.2il suo avversario tutto pien di sdegno,
3.3qual con parole il cominciava a pongere,
3.4ma il prudente official glie fece segno
3.5che stesse queto e non volesse agiongere
3.6a questo ardente foco più alcun legno,
3.7e cercasse defender sua ragione
3.8con un modesto e con civil sermone.
4.1Sogionse poi: — Se la bilancia retta
4.2degio tener a iudicar fra voi,
4.3l'un parli prima mentre l'altro aspetta,
4.4poi quel risponda a gli argumenti suoi,
4.5e quando arà ciascun sua ragion detta
4.6saprò del dritto iudicar, da poi
4.7che chi una lite vuol ben difinire,
4.8ambe le parte ben convengli audire.
5.1Ma prima il nome vostro me direti,
5.2perché altramente non vorei scoltarvi,
5.3s'io non son chiaro avanti ben chi seti,
5.4perché potresti in vano afaticarvi
5.5non essendo sugeti a' mei decreti;
5.6ma se ragion cognosco poter farvi,
5.7farò iustizia a voi tanto espedita,
5.8che me e l'olmo amarete in vostra vita —.
6.1Alora il cieco altiero incominciava:
6.2— Satisfar son contento a tue richieste,
6.3ben che de apalesarmi assai me aggrava
6.4per ritrovarmi in queste inculte veste.
6.5Sapia che scognosciuto cossì andava
6.6sol per fugir da certe gente infeste,
6.7da le qual mai disvilupar mi posso
6.8poi che una fiata m'han gli artigli adosso.
7.1Ma pria ch'io manifesti a te ch'io sia,
7.2giura, ti prego, de non palesarme
7.3e de non farme iniuria e vilania
7.4e a mio piacer in libertà lassarme —.
7.5Disse el pretor: — Io giuro in fede mia
7.6se non al tuo voler di te impaciarme,
7.7e pur se 'l palesarte ti dispiace
7.8e dubiti di me, partendo tace —.
8.1— Io son quel Pluto, dio de la richezza —,
8.2respose alor, — qual vedi cossì inculto:
8.3vado cossì per più mia sicurezza,
8.4per fugir de' mortali il grande insulto,
8.5ché più stretto me tien chi più m'aprezza;
8.6per me nel mondo è tanto gran tumulto,
8.7fan gli umani per me gran contenzione,
8.8ognun me cerca, ognun me vuol pregione —.
9.1Restò il pretor alora ammirativo
9.2stringendo i labri, alzando ambe le ciglia
9.3come de sentimento fusse privo,
9.4né poteva parlar per maraviglia
9.5e stava tutto in sé dubitativo,
9.6come ch'aspetta ch'altri lo consiglia.
9.7Al fin gli fece pur questa risposta,
9.8con facia ad onorarlo assai disposta:
10.1— Se sei quel Pluto, ho singular piacere
10.2che 'l mio fatal destin m'abia concesso
10.3ch'io possa inante a me un tal dio vedere,
10.4ben ch'io nol possa creder, tel confesso,
10.5che tal grazia dal ciel potessi avere
10.6di veder Pluto non che averlo apresso,
10.7ma facio anch'io come alcun altro dice:
10.8non crede a gran venture uno infelice.
11.1Sii che tu vogli, intendo in ogni modo
11.2invïolata mantener mia fede,
11.3ben che chi vuol richezza, inganno e frodo
11.4abracia e tien coscienza sotto il piede,
11.5e de promisse sue rompe ogni nodo;
11.6pur nondimen alcun gli è che possede
11.7divizie con costumi santi e onesti:
11.8farò a ogni mio poter esser di questi.
12.1E tu che sei, che in colera sì acceso
12.2questo con la tua lingua pungi tanto,
12.3come t'avesse gravemente offeso?
12.4S'egli è Pluton che da' mortali ha il vanto,
12.5se con sua immensa deitate ha preso
12.6per pregion quasi il mondo tutto quanto,
12.7ben che egli nol comprenda essendo ceco,
12.8sei pazzo se de par contrasti seco —.
13.1Respose quel: Son Iro poveretto,
13.2anzi son vero dio di povertate:
13.3però m'ha questo avaro sì in dispetto
13.4e me persegue in villa e in la citate.
13.5Per sorte mia m'aveva un loco eletto
13.6in casa d'uno uom pien di bontate;
13.7io stava in questo albergo assai quïeto
13.8con la felice povertà mia leto,
14.1ma poi che questo ceco, pien d'invidia,
14.2in sua compagnia venne ad abitare,
14.3inde scaciomi con sua nova insidia,
14.4né più l'amico mio mi vuol parlare:
14.5pien l'ha d'orgoglio, d'oro e di perfidia;
14.6però, pretor, non lo doveva fare
14.7caciarme del mio antiquo alogiamento,
14.8che più di lui son degno, per un cento.
15.1E inanti a te son qui per farne prova,
15.2e gli argumenti nostri intenderai
15.3e che ragion contra costui mi mova;
15.4inteso il tutto poi iudicarai
15.5ch'a' mortali di noi più noce o giova,
15.6e se iusta bilancia tu terai,
15.7sì come io credo, io non l'estimo un iota,
15.8ben ch'io mi trovi con la borsa vòta —.
16.1Ma quel pretor ch'avea gentil ingegno,
16.2sorise alquanto tal parole audite,
16.3e disse ad Iro pien di iusto sdegno:
16.4— L'impresa a piacer vostro ormai sequite,
16.5ché ben ch'io me cognosca esser indegno
16.6fra dui dei iudicar di tanta lite
16.7pur dirò il mio parer sincero e netto,
16.8poi che m'aveti confidente eletto —.
17.1Cominciava Iro: — Poi che in possessione
17.2son di parlar, io seguirò mei detti.
17.3Dico: più degno son di te, Plutone,
17.4assai, non poco, per molti rispetti,
17.5e prima una invincibile ragione
17.6io te dirò con argumenti stretti,
17.7che quel più nobil sempre fu estimato
17.8ch'è de più antiquo sangue e magior stato.
18.1Più di te donque son, Pluto, eccellente
18.2perché regnai fine in la età primera
18.3quando vivea di giande quella gente
18.4e la fede era alor bianca e sincera.
18.5Mentre ch'alcuno a te non pose mente,
18.6alor sicuro ognun nel mio regno era;
18.7venisti detro a me con tanti mali
18.8a regnar poi fra' miseri mortali.
19.1Teco Superbia venne e Avarizia,
19.2Lascivia e la Lussuria vergognosa,
19.3Accidia che la mente e il corpo vizia,
19.4l'affannata Ambizion che mai non posa:
19.5tu fusti il condutter d'ogni tristizia,
19.6impossibil seria ogni mala cosa
19.7narrar che in compagnia menò costui:
19.8chi il vizio vuol aver, seco abbi lui.
20.1Quasi ognun che nel tuo favor s'aleva,
20.2cresce enervato, ignavo e senza lena,
20.3e se avvien ch'un disagio un dì riceva,
20.4in pede eretto se sustiene a pena,
20.5tanto ogni poco sconcio quello aggreva;
20.6gionge podagra de lamenti piena
20.7pel vivere lascivo e disoluto,
20.8tal che in vinti anni spesso vien canuto.
21.1Eccetto d'oro, al fin sazio è dil tutto,
21.2né piacer quasi può gustar d'un bene,
21.3ché l'abondanza il gusto gli ha distrutto;
21.4ma i mei sugetti, usati a patir pene,
21.5con ogni cibo grosso, ogni vil frutto,
21.6sua vita facil sana ognun mantene:
21.7l'ampla gola de' tuoi li fa cercare
21.8in India i cibi e nel profondo mare.
22.1Poi questa leve più che secca foglia,
22.2più di te ceca, se ben gli ochi ha aperti,
22.3apetitosa e non sa quel che voglia,
22.4inesorabil né secundo i merti
22.5le genti del favor suo veste e spoglia,
22.6di cui tutti gli effetti sono incerti:
22.7in lochi te conduce alcuna volta,
22.8che stai come persona chi è sepolta.
23.1Prima l'Industria è mia compagna cara
23.2da cui ogn'opra virtüosa nasce;
23.3Sollicitudo, ch'è del tempo avara,
23.4sempre fu meco fine in ne le fasce;
23.5mia donna Povertà, che par sì amara,
23.6i tuoi sugetti, o ceco avaro, pasce:
23.7in fine, ogn'opra degna che si vede
23.8chi non sa che da me quella procede? —.
24.1Colei che fine alora avea taciuto,
24.2Fortuna ch'era guida di Plutone,
24.3vedendolo restar smarito e muto
24.4prese sdegnata la sua protezione.
24.5— Poi che de provocarme t'è piaciuto —,
24.6glie disse, — e perda assai reputazione
24.7a parlar teco, a cui guardar non soglio,
24.8causidica di Pluto or esser voglio.
25.1Misero abitator de l'ospitale,
25.2donque presontüoso hai tanto ardire,
25.3a sì gran dio voler stimarti equale?
25.4Lui è adorato e tu uso a servire,
25.5anzi sei strazio ver d'ogni mortale,
25.6bestia che fine el can cerca fugire
25.7latrando quando vede tua figura,
25.8ch'a ognun la facia tua mette paura.
26.1Mentre sotto l'imperio tuo viveva
26.2quella gente con giande come bruti,
26.3lege alcuna costor non costringeva,
26.4ma erravan come fere disoluti
26.5come il suo istinto natural sporgeva;
26.6fatte son per Pluton lege e statuti,
26.7l'ample citate da le mura cinte
26.8e con tanti ornamenti poi distinte.
27.1Per lui sono i politici costumi,
27.2le civil compagnie, le stanze ornate,
27.3ché abitavano i tuoi fra grotte e dumi
27.4al fango il verno, al caldo sol l'estate:
27.5e donque a lui equale esser presumi,
27.6ché tuoi sugetti vanno a le giornate
27.7seguendo lui come faria il suo cane,
27.8come suoi schiavi mendicando il pane?
28.1I regni e i settri sono in la sua mano,
28.2il credito, l'onor, la gentilezza
28.3e ciò che è di bisogno al stato umano;
28.4la sua potenza ognuno onora e aprezza:
28.5non è paese o populo sì strano
28.6che non se umìli sotto sua grandezza,
28.7e fa con sua possanza costui fare
28.8quel che impossibil quasi a ciascun pare.
29.1Templi e teatri e le superbe torre
29.2son per lui fatte, e non si move sasso
29.3che in opera costui non facia porre;
29.4al pupillo, a l'infermo aflitto e lasso
29.5con el suo gran favor costui socorre;
29.6in lui è la letizia, in lui è il spasso:
29.7i beni tutti in lui son de' mortali,
29.8ma in te nulla è se non suspiri e mali.
30.1Tu chi ceca me dici, o sventurato,
30.2e ch'io guidi il mio Pluto in tal magione
30.3dove staria assai meglio sotterrato
30.4ch'aver comerzio de sì vil persone,
30.5biasmi quel de che laude ho meritato;
30.6mostra sua forza in questo il gran Plutone:
30.7a far ch'un rude, abietto, anzi da niente
30.8ognun l'estimi più che uno eccellente.
31.1Se un omo degno noi faciam felice,
31.2la laude non è nostra, o simpliciotto,
31.3perché più parte della gente dice:
31.4— Virtute esalta questo om sagio e dotto —;
31.5cossì Virtù la gloria ha in nostra vice
31.6e del nostro valor non si fa motto,
31.7ma se onorato è sol per nostro aiuto,
31.8la laude è sola di Fortuna e Pluto.
32.1Mira gran maraviglia, o poveretto,
32.2quanto è de gli altri dei Pluton soprano,
32.3ché se vuol favorir un suo sugetto,
32.4quantunque sia lunatico e insano,
32.5ognun l'onora, ognun gli ha gran rispetto
32.6e gli è parlato con birretta in mano,
32.7ché Pluto a quei che sono a' suoi servizi
32.8spesso dona un mantel che cuopre i vizi.
33.1Cossì chi in questo mondo aver vuol bene,
33.2chi vuole aver virtù, chi vuole onore,
33.3esser di Pluto amico gli conviene,
33.4e mancando da poi dil suo favore,
33.5mai non sente altro se non scherni e pene:
33.6quasi ognun praticar con lui ha orrore,
33.7ognun schiva l'inculta sua presenza
33.8come s'avesse adosso pestilenza —.
34.1— Iniqua, o sol travaglio de' mortali —,
34.2respose Iro, — questa è miseria estrema
34.3ch'hai ditto, la qual seco ha tanti mali,
34.4non Povertà qual porta altro diadema;
34.5non abita tal dea ne gli ospitali,
34.6anzi matre è d'ogni virtù suprema
34.7e i servi nostri son di tal natura,
34.8che non hanno dil tuo furor paura.
35.1E hanno in sé tesor d'un'altra sorte
35.2che quel dil tuo Pluton, crudel tiranna,
35.3il quale a pena toglier gli può morte;
35.4questo non pesa, questo non affanna:
35.5anzi cantando in mezzo a le coorte
35.6de' gran latroni in una vil capanna
35.7non han bisogno di fortezza o muro,
35.8ché in ogni loco è ognun di lor sicuro.
36.1Quanti de' mei sugetti han vilipeso
36.2come vil cosa il tuo Plutone avaro,
36.3tanto avean di saper l'animo acceso:
36.4fatto han come in tempesta il marinaro,
36.5ch'avendo in la sua barca troppo peso
36.6di ricca merce o de tesor più caro,
36.7volendo aver sua nave più espedita,
36.8il tutto getta per salvar la vita.
37.1Mira il degno Abderite, el gran Biante,
37.2il dotto Omer che de' poeti ha il pregio,
37.3il casto Tianeo e il bon Cleante;
37.4virtù cercando, t'ebero in dispregio
37.5Francesco poi da le stigmate sante,
37.6che per la povertà s'è fatto egregio,
37.7e infiniti ch'io potrei narrare,
37.8che te spreziorno sol per sé salvare.
38.1Chi il mondo cerca tutto a parte a parte
38.2magior assai del tuo trova il mio regno:
38.3da noi proceden tutte quante l'arte,
38.4ché la necessità fa acuto ingegno,
38.5e quante virtù mai fur scritte in carte,
38.6pitture, intagli, il mar solcar s'un legno
38.7e tanti altri artifìzi che se vedeno
38.8da mia compagna Industrïa procedeno —.
39.1Voleva ancor sequire il suo sermone
39.2Iro, qual era in colera anche acceso,
39.3quando disse il pretor: — Vostra ragione
39.4a sufficienza chiaramente ho inteso,
39.5ma qui bisognarebbe esser Solone,
39.6perché questa è una causa di gran peso,
39.7non d'omo chi in tal loco a banca sede,
39.8perché dolce de sal più parte il crede.
40.1Da poi ch'io non me sento sufficiente
40.2a iudicar fra voi, meglio è tacere,
40.3ma posso ben pregar continuamente
40.4che 'l ciel te facia, o gran Pluton, vedere,
40.5ché mai fu un dio al par di te eccellente,
40.6se tu potessi un po' di luce avere
40.7per saper poi andar dove bisogna
40.8e non con gente qual ti fan vergogna.
41.1Se vostre lite pur finir volete,
41.2ite a Milano al gran Senato santo:
41.3qui Patri integri e dotti trovarete
41.4e un Preside che sempre ha Virtù a canto,
41.5a cui vostra ragion ambi direte;
41.6benigno ascolta ognun, grazioso è tanto
41.7che mai scontento alcun da lui si parte:
41.8farà iustizia, audite ambe le parte —.
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