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1.1Per tutto è buona stanza, ov'altri goda,
1.2ed ogni stanza al valentuomo è patria.
2.1Gli è vero, Uranio, e troppo ben per prova
2.2tel so dir io, che le paterne case
2.3giovinetto lasciando e d'altro vago
2.4che di pascer armenti o fender solco,
2.5or qua or là peregrinando, al fine
2.6torno canuto onde partii già biondo.
2.7Pur è soave cosa, a chi del tutto
2.8non è privo di senso, il patrio nido,
2.9ché die' natura al nascimento umano
2.10verso il caro paese, ov'altri è nato,
2.11un non so che di non inteso affetto,
2.12che sempre vive e non invecchia mai.
2.13Come la calamita, ancor che lunge
2.14il sagace nocchier la porti, errando
2.15or dove nasce, or dove more il sole,
2.16quell'occulta virtute, ond'ella mira
2.17la tramontana sua, non perde mai;
2.18così chi va lontan da la sua patria,
2.19benché molto s'aggiri e spesse volte
2.20in peregrina terra ancor s'annidi,
2.21quel naturale amor sempre ritiene,
2.22che pur l'inchina a le natie contrade.
2.23O da me più d'ogn'altra amata e cara
2.24più d'ogn'altra, gentil terra d'Arcadia,
2.25che col piè tocco e con la mente inchino,
2.26se ne' confini tuoi, madre gentile,
2.27foss'io giunto a chiusi occhi, anco t'avrei
2.28troppo ben conosciuto, così tosto
2.29m'è corso per le vene un certo amico
2.30consentimento incognito e latente,
2.31sì pien di tenerezza e di diletto,
2.32che l'ha sentito in ogni fibra il sangue.
2.33Tu dunque, Uranio mio, se del cammino
2.34mi se' stato compagno e del disagio,
2.35ben è ragion che nel gioire ancora
2.36de le dolcezze mie tu m'accompagni.
3.1Del disagio compagno e non del frutto
3.2stato ti son, ché tu se' giunto omai
3.3ne la tua terra, ove posar le stanche
3.4membra potrai e più la stanca mente;
3.5ma io, che giungo peregrino, e tanto
3.6dal mio povero albergo e da la mia
3.7più povera e smarrita famigliuola
3.8dilungato mi son, teco traendo
3.9per lunga via l'affaticato fianco,
3.10posso ben ristorar l'afflitte membra,
3.11ma non l'afflitta mente, a quel pensando
3.12che m'ho lasciato addietro e quanto ancora
3.13d'aspro cammin per riposar m'avanza.
3.14Né so qual altro in questa età canuta
3.15m'avesse, se non tu, d'Elide tratto,
3.16senza saper de la cagion, che mosso
3.17t'abbia a condurmi in sì rimota parte.
4.1Tu sai che 'l mio dolcissimo Mirtillo,
4.2che 'l ciel mi die' per figlio, infermo, venne
4.3qui per sanarsi (e già passati sono
4.4duo mesi, e più fors'anco) il mio consiglio,
4.5anzi quel de l'oracolo seguendo,
4.6che sol potea sanarlo il ciel d'Arcadia.
4.7Io, che veder lontan pegno sì caro
4.8lungamente non posso, a quella stessa
4.9fatal voce ricorsi, a quella chiesi
4.10del bramato ritorno anco consiglio.
4.11La qual rispose in cotal guisa a punto:
4.12«Torna a l'antica patria, ove felice
4.13sarai col tuo dolcissimo Mirtillo,
4.14però ch'ivi a gran cose il ciel sortillo.
4.15Ma fuor d'Arcadia il ciò ridir non lice».
4.16Tu dunque, o fedelissimo compagno,
4.17diletto Uranio mio, che meco a parte
4.18d'ogni fortuna mia se' stato sempre,
4.19posa le membra pur, ch'avrai ben onde
4.20posar anco la mente: ogni mia sorte,
4.21s'ella pur fia come l'addita il cielo,
4.22sarà teco comune. Indarno fôra
4.23di sua felicità lieto Carino,
4.24se si dolesse Uranio.
5.1Ogni fatica
5.2che sia fatta per te, pur che t'aggradi,
5.3sempre, Carino mio, seco ha il suo premio.
5.4Ma qual fu la cagion che fe' lasciarti,
5.5se t'è sì caro, il tuo natio paese?
6.1Musico spirto in giovanil vaghezza
6.2d'acquistar fama ov'è più chiaro il grido,
6.3ch'avido anch'io di peregrina gloria,
6.4sdegnai che sola mi lodasse e sola
6.5m'udisse Arcadia, la mia terra, quasi
6.6del mio crescente stil termine angusto;
6.7e colà venni, ov'è sì chiaro il nome
6.8d'Elide e Pisa e fa sì chiaro altrui.
6.9Quivi il famoso Egon di lauro adorno
6.10vidi, poi d'ostro e di virtù pur sempre,
6.11sì che Febo sembrava, ond'io, devoto,
6.12al suo nome sacrai la cetra e 'l core.
6.13E 'n quella parte, ove la gloria alberga,
6.14ben mi dovea bastar d'esser omai
6.15giunto a quel segno ov'aspirò il mio core,
6.16se, come il ciel mi feo felice in terra,
6.17così conoscitor, così custode
6.18di mia felicità fatto m'avesse.
6.19Come poi per veder Argo e Micene
6.20lasciassi Elide e Pisa, e quivi fussi
6.21adorator di deità terrena,
6.22con tutto quel che 'n servitù soffersi,
6.23troppo noiosa istoria a te l'udirlo,
6.24a me dolente il raccontarlo fôra.
6.25Ti dirò sol che perdei l'opra e 'l frutto.
6.26Scrissi, piansi, cantai, arsi, gelai,
6.27corsi, stetti, sostenni, or tristo or lieto,
6.28or alto or basso, or vilipeso or caro,
6.29e, come il ferro delfico, stromento
6.30or d'impresa sublime, or d'opra vile,
6.31non temei risco e non schivai fatica.
6.32Tutto fei, nulla fui. Per cangiar loco,
6.33stato, vita, pensier, costumi e pelo,
6.34mai non cangiai fortuna. Alfin conobbi
6.35e sospirai la libertà primiera,
6.36e dopo tanti strazi, Argo lasciando
6.37e le grandezze di miseria piene,
6.38tornai di Pisa ai riposati alberghi,
6.39dove, mercé di provvidenza eterna,
6.40del mio caro Mirtillo acquisto fei,
6.41consolator d'ogni passata noia.
7.1Oh mille volte fortunato e mille
7.2chi sa por meta a' suoi pensieri, in tanto
7.3che, per vana speranza immoderata,
7.4di moderato ben non perde il frutto!
8.1Ma chi creduto avria di venir meno
8.2tra le grandezze e impoverir ne l'oro?
8.3I' mi pensai che ne' reali alberghi
8.4fossero tanto più le genti umane,
8.5quant'esse han più di tutto quel dovizia
8.6ond'è l'umanità sì nobil fregio;
8.7ma vi trovai tutto 'l contrario, Uranio.
8.8Gente di nome e di parlar cortese,
8.9ma d'opre scarsa e di pietà nemica;
8.10gente placida in vista e mansueta,
8.11ma più del cupo mar tumida e fèra;
8.12gente sol d'apparenza, in cui se miri
8.13viso di carità, mente d'invidia
8.14poi trovi, e 'n dritto sguardo animo bieco,
8.15e minor fede allor che più lusinga.
8.16Quel, ch'altrove è virtù, quivi è difetto:
8.17dir vero, oprar non torto, amar non finto,
8.18pietà sincera, inviolabil fede,
8.19e di core e di man vita innocente,
8.20stiman d'animo vil, di basso ingegno,
8.21sciocchezza e vanità degna di riso.
8.22L'ingannare, il mentir, la frode, il furto
8.23e la rapina di pietà vestita,
8.24crescer col danno e precipizio altrui
8.25e far a sé de l'altrui biasmo onore,
8.26son le virtù di quella gente infida.
8.27Non merto, non valor, non riverenza,
8.28né d'età né di grado né di legge,
8.29non freno di vergogna, non rispetto
8.30né d'amor né di sangue, non memoria
8.31di ricevuto ben, né, finalmente,
8.32cosa sì venerabile e sì santa
8.33o sì giusta esser può, ch'a quella vasta
8.34cupidigia d'onori, a quella ingorda
8.35fame d'avere inviolabil sia.
8.36Or io, ch'incauto e di lor arti ignaro
8.37sempre mi vissi e portai scritto in fronte
8.38il mio pensiero e disvelato il core,
8.39tu puoi pensar s'a non sospetti strali
8.40d'invida gente fui scoperto segno.
9.1Or chi dirà d'esser felice in terra,
9.2se tanto a la virtù nòce l'invidia?
10.1Uranio mio, se da quel dì, che meco
10.2passò la musa mia d'Elide in Argo,
10.3avessi avuto di cantar tant'agio,
10.4quanta cagion di lagrimar sempr'ebbi,
10.5con sì sublime stil forse cantato
10.6avrei del mio signor l'armi e gli onori,
10.7ch'or non avria de la meonia tromba
10.8da invidiar Achille; e la mia patria,
10.9madre di cigni sfortunati, andrebbe
10.10già per me cinta del secondo alloro.
10.11Ma oggi è fatta (oh secolo inumano!)
10.12l'arte del poetar troppo infelice.
10.13Lieto nido, ésca dolce, aura cortese
10.14bramano i cigni; e non si va in Parnaso
10.15con le cure mordaci. E chi pur garre
10.16sempre col suo destino e col disagio,
10.17vien roco e perde il canto e la favella.
10.18Ma tempo è già di ricercar Mirtillo.
10.19Ben che sì nuove e sì cangiate i' trovi,
10.20da quel ch'esser solean, queste contrade,
10.21ché 'n esse a pena i' riconosco Arcadia,
10.22con tutto ciò vien' lietamente, Uranio.
10.23Scorta non manca a peregrin c'ha lingua.
10.24Ma forse è ben ch'al più vicino ostello,
10.25poi che se' stanco, a riposar ti resti.
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