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1.1Oh quanti passi ho fatti! al fiume, al poggio,
1.2al prato, al fonte, a la palestra, al corso
1.3t'ho lungamente ricercato: alfine
1.4qui pur ti trovo, e ne ringrazio il cielo.
2.1Ond'hai tu nuova, Ergasto,
2.2degna di tanta fretta? hai vita o morte?
3.1Questa non ti darei, ben ch'io l'avessi;
3.2e quella spero dar, ben ch'io non l'abbia.
3.3Ma tu non ti lasciar sì fieramente
3.4vincer al tuo dolor: vinci te stesso,
3.5se vuoi vincer altrui; vivi, e respira
3.6talvolta. Ma, per dirti la cagione
3.7del mio venir a te sì ratto, ascolta.
3.8Conosci tu (ma chi non la conosce?)
3.9la sorella d'Ormino? è di persona
3.10anzi grande che no; di vista allegra,
3.11di bionda chioma, e colorita alquanto.
4.1Com'ha nome?
5.1Corisca.
6.1I' la conosco
6.2troppo bene, e con lei alcuna volta
6.3ho favellato ancora.
7.1Or sappi ch'ella
7.2da un tempo in qua, vedi ventura! è fatta,
7.3non so già come o con che privilegio,
7.4de la bella Amarillide compagna,
7.5onde a lei tutto ho l'amor tuo scoperto
7.6segretamente e quel che da lei brami,
7.7holle mostrato, ed ella prontamente
7.8m'ha la sua fede in ciò promessa e l'opra.
8.1Oh mille volte e mille,
8.2se questo è vero, e più d'ogn'altro amante
8.3fortunato Mirtillo! Ma del modo
8.4t'ha ella detto nulla?
9.1Appunto nulla,
9.2e ti dirò perché. Dice Corisca
9.3che non può ben deliberar del modo,
9.4prima ch'alcuna cosa ella non sappia
9.5de l'amor tuo più certa, ond'ella possa
9.6meglio spiare e più sicuramente
9.7l'animo de la ninfa, e sappia come
9.8reggersi, o con preghiere o con inganni,
9.9quel che tentar, quel che lasciar sia buono.
9.10Per questo solo i' ti venìa cercando
9.11sì ratto. E' sarà ben che tu da capo
9.12tutta la storia del tuo amor mi narri.
10.1Così a punto farò; ma sappi, Ergasto,
10.2che questa rimembranza
10.3(ah, troppo acerba a chi si vive amando
10.4fuori d'ogni speranza)
10.5è quasi un agitar fiaccola al vento,
10.6per cui, quanto l'incendio
10.7sempre s'avanza, tanto
10.8a l'agitata fiamma ella si strugge,
10.9o scuoter pungentissima saetta
10.10altamente confitta,
10.11che, se senti di svellerla, maggiore
10.12fai la piaga e 'l dolore.
10.13Ben cosa ti dirò, che chiaramente
10.14farà veder com'è fallace e vana
10.15la speme degli amanti e come amore
10.16la radice ha soave, il frutto amaro.
10.17Ne la bella stagion che 'l dì s'avanza
10.18sovra la notte, or compie l'anno a punto,
10.19questa leggiadra pellegrina, questo
10.20novo sol di beltade,
10.21venne a far di sua vista,
10.22quasi d'un'altra primavera, adorno
10.23il mio solo per lei leggiadro allora
10.24e fortunato nido, Elide e Pisa,
10.25condotta da la madre
10.26in que' solenni dì che del gran Giove
10.27i sacrifici e i giochi
10.28si soglion celebrar, famosi tanto,
10.29per farne a' suoi begli occhi
10.30spettacolo beato;
10.31ma furon que' begli occhi
10.32spettacolo d'Amore
10.33d'ogn'altro assai maggiore.
10.34Ond'io, che fin allor fiamma amorosa
10.35non avea più sentita,
10.36oimè! non così tosto
10.37mirato ebbi quel volto,
10.38che di subito n'arsi,
10.39e, senza far difesa al primo sguardo
10.40che mi drizzò negli occhi,
10.41sentii correr nel seno
10.42una bellezza imperiosa e dirmi:
10.43«Dammi il tuo cor, Mirtillo».
11.1Oh quanto può ne' petti nostri Amore!
11.2né ben il può saper se non chi 'l prova.
12.1Mira ciò che sa fare anco ne' petti
12.2più semplici e più molli Amore industre.
12.3Io fo del mio pensiero una mia cara
12.4sorella consapevole, compagna
12.5de la mia cruda ninfa
12.6que' pochi dì ch'Elide l'ebbe e Pisa.
12.7Da questa sola, come Amor m'insegna,
12.8fedel consiglio ed amoroso aiuto
12.9nel mio bisogno i' prendo.
12.10Ella de le sue gonne femminili
12.11vagamente m'adorna
12.12e d'innestato crin cinge le tempie;
12.13poi le 'ntreccia e le 'nfiora,
12.14e l'arco e la faretra
12.15al fianco mi sospende;
12.16e m'insegna a mentir parole e sguardi,
12.17e sembianti nel volto, in cui non era
12.18di lanugine ancora
12.19pur un vestigio solo.
12.20E, quando ora ne fue,
12.21seco là mi condusse, ove solea
12.22la bella ninfa diportarsi, e dove
12.23trovammo alcune nobili e leggiadre
12.24vergini di Megara,
12.25e di sangue e d'amor, siccome intesi,
12.26a la mia dea congiunte.
12.27Tra queste ella si stava
12.28sì come suol tra le violette umìli
12.29nobilissima rosa;
12.30e, poi che 'n quella guisa
12.31state furono alquanto,
12.32senz'altro far di più diletto o cura,
12.33levossi una donzella
12.34di quelle di Megara, e così disse:
12.35«Dunque in tempo di giochi
12.36e di palme sì chiare e sì famose,
12.37starem noi neghittose?
12.38Dunque non abbiam noi
12.39armi da far tra noi finte contese
12.40così ben come gli uomini? Sorelle,
12.41se 'l mio consiglio di seguir v'aggrada,
12.42proviam oggi tra noi così da scherzo
12.43noi le nostr'armi, come
12.44contra gli uomini, allor che ne fie tempo,
12.45l'userem da dovero.
12.46Bacianne, e si contenda
12.47tra noi di baci; e quella, che d'ogni altra
12.48baciatrice più scaltra,
12.49li saprà dar più saporiti e cari,
12.50n'avrà per sua vittoria
12.51questa bella ghirlanda.»
12.52Risero tutte a la proposta e tutte
12.53subito s'accordâro;
12.54e si sfidavan molte, e molte ancora,
12.55senza che dato lor fosse alcun segno,
12.56facean guerra confusa.
12.57Il che veggendo allor la megarese,
12.58ordinò prima la tenzone e poi
12.59disse: «De' nostri baci
12.60meritamente sia giudice quella
12.61che la bocca ha più bella».
12.62Tutte concordemente
12.63elesser la bellissima Amarilli;
12.64ed ella, i suoi begli occhi
12.65dolcemente chinando,
12.66di modesto rossor tutta si tinse,
12.67e mostrò ben che non men bella è dentro,
12.68di quel che sia di fuori;
12.69o fosse che 'l bel volto
12.70avesse invidia a l'onorata bocca
12.71e s'adornasse anch'egli
12.72de la purpurea sua pomposa vesta,
12.73quasi volesse dir: «Son bello anch'io».
13.1Oh come a tempo ti cangiasti in ninfa,
13.2avventuroso e quasi
13.3de le dolcezze tue presago amante!
14.1Già si sedeva a l'amoroso ufficio
14.2la bellissima giudice, e, secondo
14.3l'ordine e l'uso di Megara, andava
14.4ciascheduna per sorte
14.5a far de la sua bocca e de' suoi baci
14.6prova con quel bellissimo e divino
14.7paragon di dolcezza,
14.8quella bocca beata,
14.9quella bocca gentil che può ben dirsi
14.10conca d'Indo odorata
14.11di perle orientali e pellegrine;
14.12e la parte che chiude
14.13ed apre il bel tesoro,
14.14con dolcissimo mèl purpura mista.
14.15Così potess'io dirti, Ergasto mio,
14.16l'ineffabil dolcezza
14.17ch'i' sentii nel baciarla!
14.18Ma tu da questo prendine argomento,
14.19che non la può ridir la bocca stessa
14.20che l'ha provata. Accogli pur insieme
14.21quant'hanno in sé di dolce
14.22o le canne di Cipro o i favi d'Ibla;
14.23tutto è nulla, rispetto
14.24a la soavità ch'indi gustai.
15.1Oh furto avventuroso, oh dolci baci!
16.1Dolci sì, ma non grati,
16.2perché mancava lor la miglior parte
16.3de l'intero diletto:
16.4davagli Amor, non gli rendeva Amore.
17.1Ma dimmi: e come ti sentisti allora
17.2che di baciar a te cadde la sorte?
18.1Su queste labbra, Ergasto,
18.2tutta sen venne allor l'anima mia;
18.3e la mia vita, chiusa
18.4in così breve spazio,
18.5non era altro che un bacio,
18.6onde restâr le membra,
18.7quasi senza vigor, tremanti e fioche.
18.8E quando io fui vicino
18.9al folgorante sguardo,
18.10come quel che sapea
18.11che pur inganno era quell'atto e furto,
18.12temei la maestà di quel bel viso.
18.13Ma, da un sereno suo vago sorriso
18.14assicurato poi,
18.15pur oltre mi sospinsi.
18.16Amor si stava, Ergasto,
18.17com'ape suol, ne le due fresche rose
18.18di quelle labbra ascoso.
18.19E mentre ella si stette
18.20con la baciata bocca,
18.21al baciar de la mia,
18.22immobile e ristretta,
18.23la dolcezza del mèl sola gustai.
18.24Ma, poi che mi s'offerse anch'ella e porse
18.25l'una e l'altra dolcissima sua rosa,
18.26(fosse o sua gentilezza o mia ventura,
18.27so ben che non fu Amore),
18.28e sonâr quelle labbra
18.29e s'incontrâro i nostri baci (oh caro
18.30e prezioso mio dolce tesoro,
18.31t'ho perduto, e non moro?),
18.32allora sentii de l'amorosa pecchia
18.33la spina pungentissima soave
18.34passarmi il cor, che forse
18.35mi fu renduto allora
18.36per poterlo ferire.
18.37Io, poi ch'a morte mi sentii ferito,
18.38come suol disperato,
18.39poco mancò che l'omicide labbra
18.40non mordessi e segnassi;
18.41ma mi ritenne, oimè! l'aura adorata
18.42che, quasi spirto d'anima divina,
18.43risvegliò la modestia
18.44e quel furore estinse.
19.1O modestia, molestia
19.2degli amanti importuna!
20.1Già fornito il su' arringo avea ciascuna
20.2e con sospension d'animo grande
20.3la sentenza attendea,
20.4quando la leggiadrissima Amarilli,
20.5giudicando i miei baci
20.6più di quelli d'ogn'altra saporiti,
20.7di propria man con quella
20.8ghirlandetta gentil, che fu serbata
20.9premio a la vincitrice, il crin mi cinse.
20.10Ma, lasso! aprica piaggia
20.11così non arse mai sotto la rabbia
20.12del can celeste allor che latra e morde,
20.13come ardea il cor mio
20.14tutto allor di dolcezza e di desio,
20.15e più che mai ne la vittoria vinto.
20.16Pur mi riscossi tanto,
20.17che la ghirlanda trattami di capo
20.18a lei porsi, dicendo:
20.19«Questa a te si convien, questa a te tocca,
20.20che festi i baci miei
20.21dolci ne la tua bocca».
20.22Ed ella, umanamente
20.23presala, al suo bel crin ne feo corona;
20.24e d'un'altra, che prima
20.25cingea le tempie a lei, cinse le mie.
20.26Ed è questa ch'io porto,
20.27e porterò fin al sepolcro sempre,
20.28arida come vedi,
20.29per la dolce memoria di quel giorno,
20.30ma molto più per segno
20.31de la perduta mia morta speranza.
21.1Degno se' di pietà più che d'invidia,
21.2Mirtillo, anzi pur Tantalo novello,
21.3ché nel gioco d'Amor chi fa da scherzo,
21.4tormenta da dovero. Troppe care
21.5ti costâr le tue gioie; e del tuo furto
21.6e il piacer e 'l gastigo insieme avesti.
21.7Ma s'accorse ella mai di questo inganno?
22.1Ciò non so dirti, Ergasto.
22.2So ben ch'ella, in que' giorni
22.3ch'Elide fu de la sua vista degno,
22.4mi fu sempre cortese
22.5di quel soave ed amoroso sguardo.
22.6Ma il mio crudo destino
22.7la 'nvolò sì repente,
22.8che me ne avvidi appena; ond'io, lasciando
22.9quanto già di più caro aver solea,
22.10tratto da la virtù di quel bel guardo,
22.11qui, dove il padre mio
22.12dopo tant'anni ancor, come t'è noto,
22.13serba l'antico suo povero albergo,
22.14men venni, e vidi, ah misero! già corso
22.15e sempiterno occaso
22.16quell'amoroso mio giorno sereno,
22.17che cominciò da sì beata aurora.
22.18Al mio primo apparir, sùbito sdegno
22.19lampeggiò nel bel viso;
22.20poi chinò gli occhi e girò il piede altrove.
22.21«Misero!», allor i' dissi,
22.22«questi son ben de la mia morte i segni».
22.23Avea sentita acerbamente intanto
22.24la non prevista e sùbita partita
22.25il mio tenero padre,
22.26e, dal dolore oppresso,
22.27ne cadde infermo, assai vicino a morte;
22.28ond'io costretto fui
22.29di ritornar a le paterne case.
22.30Fu il mio ritorno, ahi lasso!
22.31salute al padre, infermitate al figlio,
22.32ché, d'amorosa febbre
22.33ardendo, in pochi dì languido venni.
22.34E, da l'uscir che fe' di Tauro il sole
22.35fin a l'entrar di Capricorno, sempre
22.36in cotal guisa stetti;
22.37e sarei certo ancora,
22.38se non avesse il mio pietoso padre
22.39opportuno consiglio
22.40a l'oracolo chiesto, il qual rispose
22.41che sol potea sanarmi il ciel d'Arcadia.
22.42Così tornaimi, Ergasto,
22.43a riveder colei
22.44che mi sanò del corpo,
22.45(oh voce degli oracoli fallace!)
22.46per farmi l'alma eternamente inferma.
23.1Strano caso nel vero
23.2tu mi narri, Mirtillo, e non può dirsi
23.3che di molta pietà non ne sii degno.
23.4Ma solo una salute
23.5al disperato è 'l disperar salute.
23.6E tempo è già ch'io vada a far di quanto
23.7m'hai detto consapevole Corisca.
23.8Tu vanne al fonte e là m'attendi, dove
23.9teco sarò quanto più tosto anch'io.
24.1Vanne felicemente! Il ciel ti dia
24.2di cotesta pietà quella mercede
24.3che dar non ti poss'io cortese Ergasto.
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