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1.1Cruda Amarilli, che col nome ancora,
1.2d'amar, ahi lasso! amaramente insegni;
1.3Amarilli, del candido ligustro
1.4più candida e più bella,
1.5ma de l'àspido sordo
1.6e più sorda e più fèra e più fugace;
1.7poi che col dir t'offendo,
1.8i' mi morrò tacendo;
1.9ma grideran per me le piagge e i monti
1.10e questa selva, a cui
1.11sì spesso il tuo bel nome
1.12di risonare insegno.
1.13Per me piagnendo i fonti
1.14e mormorando i venti,
1.15diranno i miei lamenti;
1.16parlerà nel mio volto
1.17la pietate e 'l dolore;
1.18e, se fia muta ogn'altra cosa, al fine
1.19parlerà il mio morire,
1.20e ti dirà la Morte il mio martìre.
2.1Mirtillo, Amor fu sempre un fier tormento,
2.2ma più, quanto è più chiuso;
2.3però ch'egli dal freno,
2.4ond'è legata un'amorosa lingua,
2.5forza prende e s'avanza;
2.6e più fiero è prigion, che non è sciolto.
2.7Già non dovevi tu sì lungamente
2.8celarmi la cagion de la tua fiamma,
2.9se la fiamma celar non mi potevi.
2.10Quante volte l'ho detto: «Arde Mirtillo,
2.11ma in chiuso foco e' si consuma e tace».
3.1Offesi me per non offender lei,
3.2cortese Ergasto, e sarei muto ancora;
3.3ma la necessità m'ha fatto ardito.
3.4Odo una voce mormorar d'intorno,
3.5che per l'orecchie mi ferisce il core,
3.6de le vicine nozze d'Amarilli.
3.7Ma chi ne parla, ogni altra cosa tace,
3.8ed io più innanzi ricercar non oso,
3.9sì per non dar altrui di me sospetto,
3.10come per non trovar quel che pavento.
3.11So ben, Ergasto, e non m'inganna Amore,
3.12ch'a la mia bassa e povera fortuna
3.13sperar non lice in alcun tempo mai
3.14che ninfa sì leggiadra e sì gentile,
3.15e di sangue e di spirto e di sembiante
3.16veramante divina, a me sia sposa.
3.17Ben conosco il tenor de la mia stella;
3.18nacqui solo a le fiamme, e 'l mio destino
3.19d'arder mi feo, non di gioirne, degno.
3.20Ma, poi ch'era ne' fati ch'io dovessi
3.21amar la morte e non la vita mia,
3.22vorrei morir almen, sì che la morte
3.23da lei, che n'è cagion, gradita fosse,
3.24né si sdegnasse a l'ultimo sospiro
3.25di mostrarmi i begli occhi e dirmi: «Muori!».
3.26Vorrei, prima che passi a far beato
3.27de le sue nozze altrui, ch'ella m'udisse
3.28almen sola una volta. Or, se tu m'ami
3.29ed hai di me pietate, in ciò t'adopra,
3.30cortesissimo Ergasto, in ciò m'aita.
4.1Giusto desio d'amante e di chi muore
4.2lieve mercé, ma faticosa impresa.
4.3Misera lei, se risapesse il padre,
4.4ch'ella a prieghi furtivi avesse mai
4.5inchinate l'orecchie, o pur ne fosse
4.6al sacerdote suocero accusata!
4.7Per questo forse ella ti fugge, e forse
4.8t'ama, ancor che nol mostri, ché la donna
4.9nel desiar è ben di noi più frale,
4.10ma nel celar il suo desio più scaltra.
4.11E, se fosse pur ver ch'ella t'amasse,
4.12che potrebbe altro far se non fuggirti?
4.13Chi non può dar aita, indarno ascolta,
4.14e fugge con pietà chi non s'arresta
4.15senz'altrui pena; ed è sano consiglio
4.16tosto lasciar quel che tener non puoi.
5.1Oh, se ciò fosse vero, o s'io 'l credessi,
5.2care mie pene e fortunati affanni!
5.3Ma, se ti guardi il ciel, cortese Ergasto,
5.4non mi tacer qual è il pastor tra noi
5.5felice tanto e de le stelle amico.
6.1Non conosci tu Silvio, unico figlio
6.2di Montan, sacerdote di Diana,
6.3sì famoso pastore oggi e sì ricco?
6.4quel garzon sì leggiadro? Quegli è desso.
7.1Fortunato fanciul, che 'l tuo destino
7.2trovi maturo in così acerba etate!
7.3Né te l'invidio, no; ma piango il mio.
8.1E veramente invidiar nol dèi,
8.2ché degno è di pietà più che d'invidia.
9.1E perché di pietà?
10.1Perché non l'ama.
11.1Ed è vivo? ed ha core? e non è cieco?
11.2Benché, se dritto miro,
11.3a lei per altro core
11.4non restò fiamma più, quando nel mio
11.5spirò da que' begli occhi
11.6tutte le fiamme sue, tutti gli amori.
11.7Ma perché dar sì preziosa gioia
11.8a chi non la conosce? a chi la sprezza?
12.1Perché promette a queste nozze il cielo
12.2la salute d'Arcadia. Non sai dunque
12.3che qui si paga ogn'anno a la gran dea
12.4de l'innocente sangue d'una ninfa
12.5tributo miserabile e mortale?
13.1Unqua più non l'udii: e ciò m'è nuovo,
13.2ché nuovo ancora abitator qui sono
13.3e, come vuol Amore e 'l mio destino,
13.4quasi pur sempre abitator de' boschi.
13.5Ma qual peccato il meritò sì grave?
13.6Come tant'ira un cor celeste accoglie?
14.1Ti narrerò de le miserie nostre
14.2tutta da capo la dolente istoria,
14.3che trar porria da queste dure querci
14.4pianto e pietà, non che dai petti umani.
14.5In quella età che 'l sacerdozio santo
14.6e la cura del tempio ancor non era
14.7a sacerdote giovane contesa,
14.8un nobile pastor chiamato Aminta,
14.9sacerdote in quel tempo, amò Lucrina,
14.10ninfa leggiadra a maraviglia e bella,
14.11ma senza fede a maraviglia e vana.
14.12Gradì costei gran tempo, o 'l mostrò forse
14.13con simulati e perfidi sembianti,
14.14del giovane amoroso il puro affetto
14.15e di false speranze anco nudrillo,
14.16misero! mentre alcun rival non ebbe.
14.17Ma, non sì tosto (or vedi instabil donna!)
14.18rustico pastorel l'ebbe guatata,
14.19che i primi sguardi non sostenne, i primi
14.20sospiri, e tutta al nuovo amor si diede,
14.21prima che gelosia sentisse Aminta.
14.22Misero Aminta, che da lei fu poscia
14.23e sprezzato e fuggito sì, ch'udirlo
14.24né vederlo mai più l'empia non volle.
14.25Se piagnesse il meschin, se sospirasse,
14.26pensal tu, che per prova intendi amore.
15.1Oimè, questo è 'l dolor ch'ogn'altro avanza.
16.1Ma, poi che dietro al cor perduto, ebbe anco
16.2i sospiri perduti e le querele,
16.3vòlto, pregando, a la gran dea: «Se mai»
16.4disse «con puro cor, Cintia, se mai
16.5con innocente man fiamma t'accesi,
16.6vendica tu la mia, sotto la fede
16.7di bella ninfa e perfida tradita».
16.8Udì del fido amante e del suo caro
16.9sacerdote Diana i prieghi e 'l pianto,
16.10tal che, ne la pietà l'ira spirando,
16.11fe' lo sdegno più fiero; ond'ella prese
16.12l'arco possente e saettò nel seno
16.13de la misera Arcadia non veduti
16.14strali ed inevitabili di morte.
16.15Perìan senza pietà, senza soccorso
16.16d'ogni sesso le genti e d'ogni etate;
16.17vani erano i rimedi, il fuggir tardo;
16.18inutil l'arte, e, prima che l'infermo,
16.19spesso ne l'opra il medico cadea.
16.20Restò solo una speme, in tanti mali,
16.21del soccorso del cielo e s'ebbe tosto
16.22al più vicino oracolo ricorso,
16.23da cui venne risposta assai ben chiara,
16.24ma sopramodo orribile e funesta:
16.25«Che Cintia era sdegnata e che placarla
16.26si sarebbe potuto, se Lucrina,
16.27perfida ninfa, o vero altri per lei
16.28di nostra gente, a la gran dea si fosse
16.29per man d'Aminta in sacrificio offerta».
16.30La qual, poi ch'ebbe indarno pianto e 'ndarno
16.31dal suo nuovo amator soccorso atteso,
16.32fu con pompa solenne al sacro altare
16.33vittima lagrimevole condotta,
16.34dove, a que' piè che la seguîro in vano
16.35già tanto, ai piè de l'amator tradito
16.36le tremanti ginocchia alfin piegando,
16.37dal giovane crudel morte attendea.
16.38Strinse intrepido Aminta il sacro ferro
16.39e parea ben che da l'accesa labbia
16.40spirasse ira e vendetta. Indi, a lei vòlto,
16.41disse con un sospir, nunzio di morte:
16.42«Da la miseria tua, Lucrina, mira
16.43qual amante seguisti e qual lasciasti,
16.44miral da questo colpo». E, così detto,
16.45ferì se stesso e nel sen proprio immerse
16.46tutto 'l ferro, ed esangue in braccio a lei,
16.47vittima e sacerdote in un, cadeo.
16.48A sì fèro spettacolo e sì nuovo
16.49instupidì la misera donzella
16.50tra viva e morta, e non ben certa ancora
16.51d'esser dal ferro o dal dolor trafitta.
16.52Ma, come prima ebbe la voce e 'l senso,
16.53disse piagnendo: «O fido, o forte Aminta,
16.54o troppo tardi conosciuto amante,
16.55che m'hai data, morendo, e vita e morte,
16.56se fu colpa il lasciarti, ecco l'ammendo
16.57con l'unir teco eternamente l'alma».
16.58E, questo detto, il ferro stesso, ancora
16.59del caro sangue tiepido e vermiglio,
16.60tratto dal morto e tardi amato petto,
16.61il suo petto trafisse e sopra Aminta,
16.62che morto ancor non era e sentì forse
16.63quel colpo, in braccio si lasciò cadere.
16.64Tal fine ebber gli amanti; a tal miseria
16.65troppo amor e perfidia ambidue trasse.
17.1O misero pastor, ma fortunato,
17.2ch'ebbe sì largo e sì famoso campo
17.3di mostrar la sua fede e di far viva
17.4pietà ne l'altrui cor con la sua morte!
17.5Ma che seguì de la cadente turba?
17.6trovò fine il suo mal? placossi Cintia?
18.1L'ira s'intiepidì, ma non s'estinse,
18.2ché, dopo l'anno, in quel medesmo tempo,
18.3con ricaduta più spietata e fiera
18.4incrudelì lo sdegno, onde, di nuovo
18.5per consiglio a l'oracolo tornando,
18.6si riportò de la primiera assai
18.7più dura e lagrimevole risposta:
18.8«Che si sacrasse allora e poscia ogn'anno
18.9vergine o donna a la sdegnata dea,
18.10che 'l terzo lustro empiesse ed oltre al quarto
18.11non s'avanzasse; e così d'una il sangue
18.12l'ira spegnesse apparecchiata a molti».
18.13Impose ancora a l'infelice sesso
18.14una molto severa e, se ben miri
18.15la sua natura, inosservabil legge,
18.16legge scritta col sangue: «Che qualunque
18.17donna o donzella abbia la fé d'amore,
18.18come che sia, contaminata o rotta,
18.19s'altri per lei non muore, a morte sia
18.20irremissibilmente condannata».
18.21A questa, dunque, sì tremenda e grave
18.22nostra calamità spera il buon padre
18.23di trovar fin con le bramate nozze.
18.24Però che dopo alquanto tempo, essendo
18.25ricercato l'oracolo qual fine
18.26prescritto avesse a' nostri danni il cielo;
18.27ciò ne predisse in cotai voci appunto:
18.28«Non avrà prima fin quel che v'offende,
18.29che duo semi del ciel congiunga Amore;
18.30e di donna infedel l'antico errore
18.31l'alta pietà d'un pastor fido ammende».
18.32Or ne l'Arcadia tutta altri rampolli
18.33di celesti radici oggi non sono,
18.34che Silvio ed Amarillide, ché l'una
18.35vien del seme di Pan, l'altro d'Alcide;
18.36né per nostra sciagura in altro tempo
18.37s'incontraron già mai femmina e maschio,
18.38com'or, de le due schiatte; e però quinci
18.39vdi sperar bene ha gran ragion Montano.
18.40E, benché tutto quel che ci promette
18.41la risposta fatale, ancor non segua,
18.42pur questo è 'l fondamento. Il resto poi
18.43ha negli abissi suoi nascosto il Fato,
18.44e sarà parto un dì di queste nozze.
19.1Oh sfortunato e misero Mirtillo!
19.2tanti fieri nemici,
19.3tant'armi e tanta guerra
19.4contra un cor moribondo?
19.5Non bastava Amor solo,
19.6se non s'armava a le mie pene il Fato?
20.1Mirtillo, il crudo Amore
20.2si pasce ben, ma non si sazia mai,
20.3di lagrime e dolore.
20.4Andiamo. I' ti prometto
20.5di porre ogni mio ingegno
20.6perché la bella ninfa oggi t'ascolti;
20.7tu dàtti pace intanto.
20.8Non son, come a te pare,
20.9questi sospiri ardenti
20.10refrigerio del core;
20.11ma son più tosto impetuosi venti
20.12che spiran ne l'incendio e 'l fan maggiore
20.13con turbini d'Amore,
20.14ch'apportan sempre ai miserelli amanti
20.15foschi nembi di duol, piogge di pianti.
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