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1.1Ite, voi che chiudeste
1.2l'orribil fèra, a dar l'usato segno
1.3de la futura caccia; ite svegliando
1.4gli occhi col corno e con la voce i còri.
1.5Se fu mai ne l'Arcadia
1.6pastor, di Cintia e de' suoi studi amico,
1.7cui stimolasse il generoso petto
1.8cura o gloria di selve,
1.9oggi il mostri, e me segua
1.10là dove in picciol giro,
1.11ma largo campo al valor nostro, è chiuso
1.12quel terribil cinghiale,
1.13quel mostro di natura e de le selve,
1.14quel sì vasto e sì fèro
1.15e per le piaghe altrui
1.16sì noto abitator de l'Erimanto,
1.17strage de le campagne
1.18e terror dei bifolchi. Ite voi dunque,
1.19e non sol precorrete,
1.20ma provocate ancora
1.21col rauco suon la sonnacchiosa Aurora.
1.22Noi, Linco, andiam a venerar gli dèi.
1.23Con più sicura scorta
1.24seguirem poi la destinata caccia.
1.25Chi ben comincia, ha la metà de l'opra,
1.26né si comincia ben se non dal cielo.
2.1Lodo ben, Silvio, il venerar gli dèi,
2.2ma il dar noia a coloro,
2.3che son ministri degli dèi, non lodo.
2.4Tutti dormono ancora
2.5i custodi del tempio, i quai non hanno
2.6più tempestivo o lucido orizzonte
2.7de la cima del monte.
3.1A te, che forse non se' desto ancora,
3.2par ch'ogni cosa addormentata sia.
4.1O Silvio, Silvio! a che ti die' natura
4.2ne' più begli anni tuoi
4.3fior di beltà sì delicato e vago,
4.4se tu se' tanto a calpestarlo intento?
4.5Ché s'avess'io cotesta tua sì bella
4.6e sì fiorita guancia,
4.7«Addio, selve!» direi;
4.8e seguendo altre fère
4.9e la vita passando in festa e 'n gioco,
4.10farei la state a l'ombra e 'l verno al foco.
5.1Così fatti consigli
5.2non mi desti mai più: come se' ora
5.3tanto da te diverso?
6.1Altri tempi, altre cure.
6.2Così certo farei, se Silvio fussi.
7.1Ed io, se fussi Linco.
7.2Ma, perché Silvio sono,
7.3oprar da Silvio e non da Linco i' voglio.
8.1O garzon folle, a che cercar lontana
8.2e perigliosa fèra,
8.3se l'hai via più d'ogni altra
8.4e vicina e domestica e sicura?
9.1Parli tu daddovero o pur vaneggi?
10.1Vaneggi tu, non io.
11.1Ed è così vicina?
12.1Quanto tu di te stesso.
13.1In qual selva s'annida?
14.1La selva se' tu, Silvio,
14.2e la fèra crudel, che vi s'annida,
14.3è la tua feritate.
15.1Come ben m'avvisai che vaneggiavi!
16.1Una ninfa sì bella e sì gentile,
16.2ma che dissi una ninfa? anzi una dea,
16.3più fresca e più vezzosa
16.4di mattutina rosa,
16.5e più molle e più candida del cigno,
16.6per cui non è sì degno
16.7pastor oggi tra noi che non sospiri,
16.8e non sospiri in vano,
16.9a te solo dagli uomini e dal cielo
16.10destinata si serba;
16.11ed oggi tu, senza sospiri e pianti,
16.12o troppo indegnamente
16.13garzon avventuroso! aver la puoi
16.14ne le tue braccia, e tu la fuggi, Silvio?
16.15e tu la sprezzi? e non dirò che 'l core
16.16abbi di fèra, anzi di ferro il petto?
17.1Se 'l non aver amore è crudeltate,
17.2crudeltate è virtute, e non mi pento
17.3ch'ella sia nel mio cor, ma me ne pregio,
17.4poi che solo con questa ho vinto Amore,
17.5fèra di lei maggiore.
18.1E come vinto l'hai
18.2se nol provasti mai?
19.1Nol provando l'ho vinto.
20.1Oh! s'una sola
20.2volta il provassi, o Silvio,
20.3se sapessi una volta
20.4qual è grazia e ventura
20.5l'esser amato, il possedere amando
20.6un riamante core,
20.7so ben io che diresti!
20.8«Dolce vita amorosa,
20.9perché sì tardi nel mio cor venisti?»
20.10Lascia, lascia le selve,
20.11folle garzon; lascia le fère, ed ama.
21.1Linco, di' pur, se sai:
21.2mille ninfe darei per una fèra
21.3che da Melampo mio cacciata fosse.
21.4Godasi queste gioie
21.5chi n'ha di me più gusto; io non le sento.
22.1E che sentirai tu, s'amor non senti,
22.2sola cagion di ciò che sente il mondo?
22.3Ma credimi, fanciullo:
22.4a tempo il sentirai,
22.5che tempo non avrai.
22.6Vuol una volta Amor ne' còri nostri
22.7mostrar quant'egli vale.
22.8Credi a me pur, che 'l provo:
22.9non è pena maggiore
22.10che 'n vecchie membra il pizzicor d'amore,
22.11ché mal si può sanar quel che s'offende,
22.12quanto più di sanarlo altri procura.
22.13Se 'l giovinetto core Amor ti pugne,
22.14Amor anco te l'ugne:
22.15se col duol il tormenta,
22.16con la speme il consola;
22.17e s'un tempo l'ancide, alfine il sana.
22.18Ma s'e' ti giugne in quella fredda etade,
22.19ove il proprio difetto
22.20più che la colpa altrui spesso si piagne,
22.21allora insopportabili e mortali
22.22son le sue piaghe, allor le pene acerbe;
22.23allora, se pietà tu cerchi, male
22.24se non la trovi; e, se la trovi, peggio.
22.25Deh! non ti procacciar prima del tempo
22.26i difetti del tempo;
22.27ché, se t'assale a la canuta etade
22.28amoroso talento,
22.29avrai doppio tormento,
22.30e di quel che, potendo, non volesti,
22.31e di quel che, volendo, non potrai.
22.32Lascia, lascia le selve,
22.33folle garzon; lascia le fère, ed ama.
23.1Come vita non sia
23.2se non quella che nutre
23.3amorosa insanabile follia!
24.1Dimmi: se 'n questa sì ridente e vaga
24.2stagion che 'nfiora e rinnovella il mondo,
24.3vedessi, in vece di fiorite piagge,
24.4di verdi prati e di vestite selve,
24.5starsi il pino e l'abete e il faggio e l'orno
24.6senza l'usata lor frondosa chioma,
24.7senz'erbe i prati e senza fiori i poggi,
24.8non diresti tu, Silvio: «Il mondo langue,
24.9la natura vien meno?». Or quell'orrore
24.10e quella maraviglia, che devresti
24.11di novità sì mostruosa avere,
24.12abbila di te stesso. Il ciel n'ha dato
24.13vita agli anni conforme, ed a l'etate
24.14somiglianti costumi; e, come Amore
24.15in canuti pensier si disconvene,
24.16così la gioventù d'amor nemica
24.17contrasta al ciel e la natura offende.
24.18Mira d'intorno, Silvio:
24.19quanto il mondo ha di vago e di gentile,
24.20opra è d'Amore. Amante è il cielo, amante
24.21la terra, amante il mare.
24.22Quella, che là su miri innanzi a l'alba
24.23così leggiadra stella,
24.24ama d'amor anch'ella e del suo figlio
24.25sente le fiamme, ed essa, che 'nnamora,
24.26innamorata splende.
24.27E questa è forse l'ora
24.28che le furtive sue dolcezze e 'l seno
24.29del caro amante lassa.
24.30Vedila pur come sfavilla e ride.
24.31Amano per le selve
24.32le mostruose fère; aman per l'onde
24.33i veloci delfini e l'orche gravi.
24.34Quell'augellin, che canta
24.35sì dolcemente e lascivetto vola
24.36or da l'abete al faggio
24.37ed or dal faggio al mirto,
24.38s'avesse umano spirto,
24.39direbbe: «Ardo d'amore, ardo d'amore».
24.40Ma ben arde nel core
24.41e parla in sua favella,
24.42sì che l'intende il suo dolce desio.
24.43Ed odi a punto, Silvio,
24.44il suo dolce desio
24.45che gli risponde: «Ardo d'amore anch'io».
24.46Mugge in mandra l'armento, e que' muggiti
24.47sono amorosi inviti.
24.48Rugge il leone al bosco,
24.49né quel ruggito è d'ira:
24.50così d'amor sospira.
24.51Alfine, ama ogni cosa,
24.52se non tu, Silvio; e sarà Silvio solo
24.53in cielo, in terra, in mare
24.54anima senza amore?
24.55Deh! lascia omai le selve,
24.56folle garzon; lascia le fère, ed ama.
25.1A te dunque commessa
25.2fu la mia verde età, perché d'amori
25.3e di pensieri effeminati e molli
25.4tu l'avessi a nudrir? né ti sovviene
25.5chi se' tu, chi son io?
26.1Uomo sono, e mi pregio
26.2d'esser umano; e teco, che se' uomo,
26.3o che più tosto esser dovresti, parlo
26.4di cosa umana; e, se di cotal nome
26.5forse ti sdegni, guarda
26.6che nel disumanarti
26.7non divenghi una fèra, anzi che un dio.
27.1Né sì famoso mai né mai sì forte
27.2stato sarebbe il domator de' mostri,
27.3dal cui gran fonte il sangue mio deriva,
27.4s'e' non avesse pria domato Amore.
28.1Vedi, cieco fanciul, come vaneggi!
28.2Dove saresti tu, dimmi, s'amante
28.3stato non fosse il tuo famoso Alcide?
28.4Anzi, se guerre vinse e mostri ancise,
28.5gran parte Amor ve n'ebbe. Ancor non sai
28.6che, per piacer ad Onfale, non pure
28.7volle cangiar in femminili spoglie
28.8del feroce leon l'ispido tergo,
28.9ma, de la clava noderosa in vece,
28.10trattare il fuso e la conocchia imbelle?
28.11Così de le fatiche e degli affanni
28.12prendea ristoro, e nel bel sen di lei,
28.13quasi in porto d'Amor, solea ritrarsi,
28.14ché sono i suoi sospir dolci respiri
28.15de le passate noie e quasi acuti
28.16stimoli al cor ne le future imprese.
28.17E come il rozzo ed intrattabil ferro,
28.18temprato con più tenero metallo,
28.19affina sì, che sempre e più resiste
28.20e per uso più nobile s'adopra;
28.21così vigor indomito e feroce,
28.22che nel proprio furor spesso si rompe,
28.23se con le sue dolcezze Amor il tempra,
28.24diviene a l'opra generoso e forte.
28.25Se d'esser dunque imitator tu brami
28.26d'Ercole invitto e suo degno nipote,
28.27poi che lasciar non vuoi le selve, almeno
28.28segui le selve e non lasciar Amore,
28.29un amor sì legittimo e sì degno,
28.30com'è quel d'Amarilli. Che se fuggi
28.31Dorinda, i' te ne scuso, anzi pur lodo,
28.32ch'a te, vago d'onore, aver non lice
28.33di furtivo desio l'animo caldo,
28.34per non far torto a la tua cara sposa.
29.1Che di' tu, Linco? ancor non è mia sposa.
30.1Da lei dunque la fede
30.2non ricevesti tu solennemente?
30.3Guarda, garzon superbo,
30.4non irritar gli dèi.
31.1L'umana libertate è don del cielo,
31.2che non fa forza a chi riceve forza.
32.1Anzi, se tu l'ascolti e ben l'intendi,
32.2a questo il ciel ti chiama,
32.3il ciel ch'a le tue nozze
32.4tante grazie promette e tanti onori.
33.1Altro pensiero appunto
33.2i sommi dèi non hanno! appunto questa
33.3l'almo riposo lor cura molesta!
33.4Linco, né questo amor né quel mi piace.
33.5Cacciator, non amante, al mondo nacqui.
33.6Tu, che seguisti Amor, torna al riposo.
34.1Tu derivi dal cielo,
34.2crudo garzon? Né di celeste seme
34.3ti cred'io, né d'umano;
34.4e, se pur se' d'umano, io giurerei
34.5che tu fussi più tosto
34.6col velen di Tisifone e d'Aletto
34.7che col piacer di Venere concetto.
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