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1.1Gentil città, che con felici augùri
1.2dal monte altier che forse ben per sdegno
1.3ti mira sì, qua giù ponesti i muri,
2.1come del meglio di Toscana hai regno,
2.2così del tutto avessi! ché 'l tuo merto
2.3fòra di questo e di più imperio degno.
3.1Qual stil è sì facondo e sì diserto
3.2che de le laudi tue corressi tutto
3.3un così lungo campo e così aperto?
4.1Del tuo Mugnon potrei, quando è più asciutto,
4.2meglio i sassi contar che dir a pieno
4.3quel ch'ad amarti e riverir m'ha indutto,
5.1più presto che narrar quanto sia ameno
5.2e fecondo il tuo pian, che si distende
5.3tra verdi poggi insin al mar Tirreno;
6.1o come lieto Arno lo riga e fende,
6.2e quinci e quindi quanti freschi e molli
6.3rivi, tra via, sotto sua scorta prende.
7.1A veder pien di tante ville i colli,
7.2par che 'l terren ve le germogli, come
7.3vermene germogliar suole e rampolli.
8.1Se dentro un mur, sotto un medesmo nome,
8.2fusser raccolti i tuoi palazzi sparsi,
8.3non ti sarian da pareggiar due Rome.
9.1Una so ben che mal ti può uguagliarsi,
9.2e mal forse anco avria possuto prima
9.3che li edifici suoi le fussero arsi
10.1da quel furor che uscì dal freddo clima
10.2or de' Vandali, or de' Eruli e or de' Goti,
10.3all'italica rugine aspra lima.
11.1Dove son se non qui tanti devoti,
11.2dentro e di fuor, d'arte e d'ampiezza egregi
11.3tempii, e di ricche oblazion non vuoti?
12.1Chi potrà a pien lodar li tetti regi
12.2de' tuoi primati e' portici e le corti
12.3de' magistrati e publici collegi?
13.1Non ha il verno poter ch'in te mai porti
13.2di sua immondizia, sì ben questi monti
13.3t'han lastricata sino alli angiporti.
14.1Piazze, mercati, vie marmoree, ponti,
14.2tali belle opre de' pittori industri,
14.3vive sculture, intagli, getti, impronti;
15.1il popul grande e di tanti anni e lustri
15.2l'antique e chiare stirpi, le ricchezze,
15.3l'arte, li studi e li costumi illustri,
16.1le leggiadre manere e le bellezze
16.2di donne e di donzelle, a cortesi atti
16.3senza alcun danno d'onestade avezze;
17.1e tanti altri ornamenti che ritratti
17.2porto nel cor, meglio è tacer ch'al suono
17.3di tanto umile 'vena se ne tratti.
18.1Ma che larghe ti sian d'ogni suo dono
18.2Fortuna a gara con Natura, ahi lasso!
18.3a me che val se in te misero sono?
19.1se sempre ho il viso mesto e il ciglio basso,
19.2se di lacrime ho gli occhi umidi spesso,
19.3se mai senza sospir non muto il passo?
20.1Da penitenzia e da dolore oppresso
20.2di vedermi lontan da la mia luce
20.3trovomi sì, ch'odio talor me stesso.
21.1L'ira, il furor, la rabbia mi conduce
21.2a biastemiar chi fu cagion ch'io venni,
21.3e chi a venir mi fu compagno e duce,
22.1e me che senza me di me sostenni
22.2lasciar, oimè! la meglior parte, il core,
22.3e più all'altrui ch'al mio desir m'attenni.
23.1Che di ricchezza, di beltà, d'onore
23.2sopra ogn'altra città d'Etruria sali,
23.3che fa questo, Fiorenza, al mio dolore?
24.1Li tuoi Medici, ancor che sieno tali
24.2che t'abbian salda ogni tua antica piaga,
24.3non han però rimedio alli miei mali.
25.1Oltra que' monti, a ripa l'onda vaga
25.2del re de' fiumi, in bianca e pura stola,
25.3cantando ferma il sol la bella maga
26.1che con sua vista può sanarmi sola.
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